Note: già mentre leggevo la ‘Canzone di Shannara’ ho iniziato a pensare che Jair sarebbe stato da dio in coppia con Garet Jax. Avevo cercato di fare una fic con un happy end, ma non funzionava: Jair si presta bene ad interpretazioni romantiche, ma sinceramente non ce lo vedo Garet Jax, il Maestro d’Armi, il Mercenario, l’assassino per eccellenza, mettersi a tubare come un piccione con Jair! -.- ’’ Così dopo aver letto la parte finale del libro in cui Jair scappa dalle prigioni in cui Stige lo aveva messo con l’aiuto di Slanter e Jax, mi è venuta in mente questa fic in cui Garet mostra di tenere a Jair, anche se non si mette a fare proclami d’amore.
La parte in corsiva è una frase originale del libro, è la descrizione che Foraken da a Jair di Garet Jax. Spero di essere riuscita nell’intento che mi ero prefissata, ma comunque questa è una fic senza pretese, scritta solo per divertirmi un po’.
Adesso mi sto appassionando alla figura di Walker Boh, magari ci scappa una fic *.*
Ringrazio tutti quelli che leggo e quelli che commenteranno.
Buona lettura. ^.^


Come Un Falco


Jair sollevò lo sguardo al cielo plumbeo: il sole doveva essere tramontato da poco, ma con quelle condizioni non si riusciva a capire. Erano giorni che non vedeva altro che oscurità ed acqua, erano giorni che soffriva la fame ed il freddo, ed iniziava ad esserne decisamente stanco…
Dalla mattina non avevano fatto altro che correre per mettere quanta più distanza possibile tra loro e quelli che li stavano inseguendo, ma appena la luce aveva iniziato a calare pericolosamente Slanter aveva proposto di fermarsi per qualche ora, giusto il tempo di riprendere fiato e farne riprendere a lui. Infondo grazie a Stige erano giorni che non consumava un pasto decente e stava precipitando inesorabilmente verso il limite delle sue forze...
Doveva tenere duro e resistere: per Brin, dispersa chissà dove ed assediata dalla disperazione più profonda, che l’avrebbe condotta verso la corruzione da cui avrebbe dovuto trarla fuori con la terza magia donatagli dal Re del Fiume… e per i suoi compagni di viaggio, che stavano rischiando la vita solo per scortarlo alle Sorgenti del Cielo per adempiere ad una profezia in cui forse non credevano neppure…
Riabbassò lo sguardo passandolo sui suoi compagni di viaggio: ancora non riusciva a credere che era libero dalle carceri del Dun Fee Aran! Slanter era comparso nella cella proprio mentre Stige stava per costringerlo a rivelare l’origine della sua magia… e se Garet non fosse intervenuto bloccandolo al muro con i suoi coltelli…
Lo sguardo di Jair si fermò a lungo sulla figura nera del Maestro D’Armi che se ne stava seduto tra Stige e Foraken, con la schiena contro il tronco dell’albero e la testa china. Sembrava che stesse dormendo, ma era pronto a scommettere che percepiva ogni più piccolo movimento che avveniva attorno a lui. Uno come lui era sempre all’erta.
Ripensò alla prima volta in cui aveva incontrato Garet Jax, quando quella pattuglia di Gnomi Cacciatori l’aveva catturato nelle foreste dell’Anar… fin dal momento in cui aveva scorto quell’uomo biondo e vestito di nero abbeverarsi alla sorgente, lo aveva avvertito come un’ancora di salvezza!
Ed ancora quella sensazione a vibrargli dentro.
Quel miscuglio assordante e pulsante, che conteneva decine di sentimenti diversi e nessuno di essi alla fin fine.
Lo aveva avvertito la prima volta quando a Capaal Garet gli aveva appoggiato le sue mani enormi e pesanti sulle spalle e lo aveva fissato con un misto di orgoglio e qualcosa che si avvicinava alla tenerezza. Guardando quelle iridi grigie come le acque di un lago in una gelida alba invernale, aveva avvertito un vuoto formarsi nel suo petto, mentre il cuore aveva perso un battito per poi iniziare a martellargli dentro.
All’inizio aveva pensato che fosse solo un senso di orgoglio e sicurezza ad averlo come suo protettore, ma nel buio di quella fetida cella aveva intuito che c’era dell’altro.
Garet Jax era stato il suo unico pensiero dal momento in cui il Mwelleret lo aveva catturato nelle gallerie sotto Capaal e trascinato nelle prigioni del Dun Fee Aran.
Era stato Garet Jax l’unico avrebbe voluto vedere in quei momenti!
Si era stranamente sorpreso a fissare la porta metallica aspettando che fosse mandata in pezzi per poi vedere la sagoma scura come un’ombra del Maestro d'Armi fare il suo ingresso per portarlo via.
Beh… i pensieri che erano partiti da li in poi avevano acceso una luce diversa e decisamente ‘interessante’ sui suoi sentimenti verso il suo protettore.
Ora che Jax lo aveva salvato e poteva osservarlo tranquillamente, si vergognava dei suoi stessi desideri verso quell’uomo…
… poi, come avesse avvertito il suo sguardo, Garet sollevò la testa incrociando i suoi occhi azzurri: preso alla sprovvista Jair sobbalzò e distolse lo sguardo, non senza essere prima miseramente arrossito.

Possibile che fosse arrivato a quel punto?

Chiuse gli occhi ascoltando il battito cupo del suo cuore nel petto…
… si, era decisamente arrivato al punto di non ritorno!

« È come cercare di capire un… un falco. Lo vedi, vedi quello che è, quello che fa. Sei curioso, vorresti cogliere l’essenza del suo essere. Ma non ci riuscirai mai… veramente. Dovresti essere lui per capirlo.»

Eppure lui voleva capire!
Voleva sapere chi fosse veramente quell’uomo biondo dallo sguardo di ghiaccio, veloce e potente come nessun’altro in quel mondo.
Era sicuro che non si riducesse tutto alla leggenda che lo circondava!
Era sicuro che c’era di più! Doveva esserci di più!
Garet Jax non poteva essere solo l’assassino letale e spietato che appariva!
Si sarebbe accontento anche di una piccola finestra che gli permettesse di osservare al di la di quello sguardo d’acciaio.
Guardare per un attimo l’uomo che c’era dietro il mito!
Perché Garet Jax era ciò che appariva e molto altro ancora che non lasciava scorgere a nessuno!
Perché Garet Jax era fascino allo stato puro!
E lui era stato lentamente e completamente assoggettato da quel fascino!

Imprecando contro se stesso ed il pessimo tempismo per certe cose, si appoggiò meglio contro il tronco, avvolgendosi nel mantello per proteggersi dall’acqua e dal gelo. Aveva passato nottate simili grazie a Stige e sperava di non doverne sopportare altre! Sentiva l’acqua gelida scorrergli in ogni parte del corpo, l’erba umida e fredda appiccicarsi ai suoi vestiti rubandogli calore… e quel che era peggio era che con tutti gli Gnomi che gli davano la caccia, non potevano nemmeno accendere un fuoco!
E così lui aveva scelto quell’albero un po’ discosto dagli altri, ma che gli offriva un po’ di riparo con quella piccola spaccatura nel tronco in cui si era accoccolato.
- Non dovresti stare così distante dagli altri!- la voce di Garet lo sorprese.
Jair sobbalzò spaventato: non lo aveva sentito arrivare!
Ma infondo di cosa doveva sorprendersi? Lo sapeva benissimo che quell’uomo era più silenzioso di un fantasma!
Si voltò verso di lui: scorgeva appena la sua figura imponente nel buio di quella notte priva di stelle. E se ne rammaricò: gli piaceva la figura di Garet Jax! Era rassicurante e minacciosa allo stesso tempo! Gli dava la certezza che sarebbe andato tutto bene, qualsiasi pericolo li minacciasse…
Era come una roccia saldata al terreno: niente lo avrebbe mai distolto dal proteggerlo!
- Scusami! – mormorò Jair mettendosi seduto – Ma almeno qui riesco a stare un po’ all’asciutto…- rispose indicando il piccolo squarcio nel tronco in cui è rannicchiato.
- Non avresti dovuto farlo comunque!- fu la secca risposta del Maestro D’Armi.
Jair abbassò la testa colpevole. Perché continuava a sentirsi uno stupido moccioso davanti a quell’uomo? Eppure avrebbe voluto semplicemente che lo vedesse come un adulto con cui avere un confronto alla pari…
Già, ma esisteva al mondo un adulto che avrebbe potuto sostenere un confronto alla pari con Garet Jax? Ne dubitava profondamente…
Risollevò lo sguardo e sorprendentemente scoprì che il Maestro D’Armi era ancora in piedi davanti a lui e lo stava fissando… Jair si diede dello stupido: probabilmente stava solo ponderando quanta infantile sventatezza esistesse in lui! E magari stava addirittura rimpiangendo di aver accettato di seguirlo in quella follia. La figura snella del Maestro d’Armi che si avvicinava di più lo distolse dai suoi pensieri. Con un crescendo di stupore Jair lo vide fermarsi a pochi centimetri da lui e poi accovacciarsi ad osservare il buco in cui era seduto.
- Però! Un bella tana, non c’è che dire!- e nel dirlo sorrise in un modo strano, pericoloso e malizioso insieme.
- Quando ero nella Valle facevo spesso cose simili. Scappavo nel bosco e cercavo sempre nuovi nascondigli. Rone dice che ho un vero talento nel trovare tane e anfratti in cui nascondermi. Infatti lui e Brin non sono mai riusciti a trovarmi!- sorrise orgoglioso.
Solo quando aveva smesso di parlare si rese conto che Garet non aveva mai staccato lo sguardo da lui, che quelle iridi grigie non si erano perse un solo movimento del suo viso e delle sue labbra. Si imbarazzò ancora di più.
- Forse sono i miei sensi da elfo…- aggiunse un po’ più sommessamente.
- Forse…- concordò Garet Jax.
Appena un sussurro che raggiunse a fatica il ragazzo, trapassando il rumore di quella pioggia torrenziale.
Jair continuava a fissare confuso l’ombra davanti a sé: che accidenti stava succedendo? Garet Jax non si era mai avvicinato tanto a lui…
Accadde tutto con la stessa velocità del lampo che aveva appena squarciato il nero del cielo.
Senza sapere come Jair si era ritrovato con le labbra di Garet Jax sulle sue in un bacio leggero, il ragazzo fu talmente sorpreso che rimase li, imbambolato con gli occhi aperti, a fissare quel viso attaccato al suo. Garet Jax si allontanò appena da lui e lo fissò negli occhi azzurri, Jair ricambiò lo sguardo, cercando di leggere in quelle iridi grigie una spiegazione a quel gesto: non poteva assolutamente essere così facile! Il Maestro D’Armi non poteva assolutamente provare quello che provava lui… ed allora perché?
Nel buio di quella notte senza stelle le iridi di Garet Jax lo fissavano ferme, limpide, come due lune, gli stava offrendo l’occasione di vedere cosa ci fosse al di la, di toccare un frammento della sua anima, come non aveva concesso a nessuno di fare.
Lentamente Jair si sporse avanti e carezzò le labbra di Garet Jax con le sue: sapeva che per lo spadaccino era solo un diversivo, un modo per ingannare la noia di quella notte uggiosa, che quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta, che ne sarebbe uscito devastato, ma, esattamente come la falena che vola verso la fiamma e brucia, non riuscì ad impedirsi di rispondere a quel bacio, di stringere le braccia alle spalle e di lasciarsi sollevare da quel nascondiglio e di venire trasportato qualche metro più in la, per non farsi sentire dai compagni di viaggio. Voleva solo lasciarsi bruciare senza pensare a niente! Erano giorni che non pensava ad altro che ai suoi doveri verso Brin, ad arrivare il prima possibile alle sorgenti del fiume arcobaleno, ora, per una manciata di minuti, voleva pensare solo a se stesso…
E Garet Jax riuscì a realizzare quel desiderio.
Quelle mani che si inerpicavano sulla sua pelle, premendo appena, saggiandone la consistenza, e quella bocca che lo tormentava senza sosta con morsi, baci e lappate, strapparono Jair dal suo corpo per catapultarlo in un mondo fatto di colori densi e forti, che esplodevano in abbacinanti giochi pirotecnici davanti i suoi occhi chiusi dalle palpebre. Sentì lava scorrergli al posto del sangue, per poi sciogliergli la pelle in una massa gelatinosa bollente.
Quando i suoi muscoli avevano imparato a flettersi in quel modo? Quando aveva imparato ad urlare in quel modo lascivo?
Avvertì come se la sua anima esplodesse in mille pezzi che vagarono per un indefinibile istante nel nulla cosmico, prima di ricomporsi in un nuovo ordine.
In quell’ultimo bacio con cui Garet aveva sfiorato le sue labbra, Jair comprese che nemmeno la prigionia a cui lo aveva costretto Stige, lo aveva cambiato tanto!
Ritornarono al campo, dagli altri, poco prima dell’alba: Garet Jax era tornato a rinchiudersi nel suo mutismo, dietro le profonde trincee della sua anima introversa, Jair camminava accanto a lui in silenzio, il corpo indolenzito, e la dolorosa sensazione di essere stato usato come un oggetto dall’uomo per cui aveva scoperto di provare un sentimento dannatamente simile all’amore. Già prima di toccarlo aveva compreso che sarebbe finita in quel modo, ma ripeterselo, in quel momento, decisamente non aiutava, anzi!
Il ragazzo della Valle si allontanò a piccoli passi traballanti per ritornare a rintanarsi nel rifugio che aveva guadagnato la sera prima, per concedersi un po’ di quel sonno a cui aveva rinunciato quando aveva deciso di darsi al Maestro d’Armi, per provare a scacciare i ricordi che continuavano a rimbalzargli da un lato all’altro del cervello.
Fece appena pochi passi che si sentì afferrare l’avambraccio in una stretta ferrea, si volse incrociando con il suo sguardo stanco e stupito quello dello spadaccino. Lo sguardo argenteo di Garet Jax era quello di sempre, sicuro e deciso, impermeabile e distante, ma ora, mentre incontrava gli occhi azzurri, simili a quelli spauriti e confusi di un cervo braccato, del Ragazzo del Valle, lasciarono sciogliere un po’ del ghiaccio che li rivestiva facendo trapelare all’esterno uno sguardo strano, come non se n’erano mai visti su quel volto impassibile.
Jair vi lesse dolcezza. Con quello sguardo Garet Jax gli stava comunicando che non era stato uno sfizio da togliersi. Il Maestro d’Armi lasciò la presa sul braccio del ragazzo e si portò le mani al collo dove slacciarono una catenina che fece scivolare nel palmo della mano di Jair.
L’erede di Shannara osservò inebetito la schiena di Garet Jax allontanarsi senza mai voltarsi, mentre ritornava dietro quel muro che c’era tra loro e che non avrebbe mai dovuto scavalcare per il bene di entrambi, ripristinando le distanze tra loro.
Solo quando ritornò ad accucciarsi nel buco nel tronco Jair si concesse di guardare l’oggetto che premeva tagliente contro la sua pelle: attaccato ad una catenina dalla maglia finissima, c’era un disco con al centro una pietra rossa come sangue. Sapeva cos’era, gliene aveva parlato una volta Rone: era una medaglia al valore che Tyrsis concedeva solo agli uomini che si erano distinti per coraggio, onore e valore.
Perché gli aveva regalato una cosa simile?
Non riusciva a capire il significato nascosto dietro quel gesto, aveva la mentre troppo confusa e scombussolata per riuscirci. E poi lui non era un grande pensatore come Rone.
Ma forse poteva interpretarlo come un attestato di stima, una sorta di riconoscimento al suo coraggio, alla tenacia che aveva dimostrato davanti tutte le prove che stavano ostacolando il suo cammino. E forse fu quell’interpretazione, e non il desiderio di avere con sé, addosso, qualcosa appartenuto a quell’uomo che era stato suo amante per una notte, a convincerlo a chiudere quella catenina attorno al suo collo.
Rimase ancora un attimo ad osservare la nebbia che iniziava ad alzarsi, avvolgendo ogni cosa come ovatta, respirando a fondo l’aria umida e satura dell’odore di marcio di quella mattina appena sorta. Lentamente stava ritornando in sé, il vecchio Jair sereno e deciso da ritrovare e salvare Brin stava riprendendo il comando, relegando in un angolo il ragazzino affamato d’affetto che quella notte aveva stretto tra le braccia Garet Jax. Aveva intrapreso quel viaggio, superando insidie e fatiche che avrebbero fiaccato chiunque, aveva sfidato Nani, Elfi ed Uomini pur di mettersi alla ricerca di sua sorella, non poteva permettersi cedimenti, non ora che si avvicinavano al Maelmord ed alle Sorgenti del Cielo: ora che la missione volgeva al termine aveva bisogno di tutta la concentrazione di cui dispone per riuscire. Per Brin e per se stesso.
Solo quando quella storia sarebbe terminata e lui e sua sorella sarebbero tornati alla valle, si sarebbe permesso di ritornare su quella notte, di analizzarla, cercare di interpretarla, starci anche male; ma da quel momento in poi no, avrebbe dovuto dimenticare.
Strinse ancora una volta il ciondolo del Maestro d’Armi da sopra i vestiti, quando lo lasciò libero riuscì a sorridere sereno, per la prima volta da quando quel viaggio aveva avuto inizio.

La sagoma scura e nociva del Maelmord si innalzava davanti a loro, stagliandosi nitida contro il cielo. Jair, Slanter, Garet Jax, Foraken ed Edain Elessedil, la osservarono attentamente, quasi come se intuissero che in quel luogo si sarebbe deciso il loro destino. La partita era troppo dura e la posta in palio troppo elevata, ma loro non avevano alcuna intenzione di retrocedere: avrebbero combattuto ed avrebbero accettato quello che sarebbe accaduto!
Jair e Garet Jax incrociarono un’ultima volta lo sguardo: il Ragazzo della Valle traendo il coraggio di cui aveva bisogno, il Maestro d’Armi rassicurandolo che avrebbe fatto qualunque cosa per proteggerlo. Durò solo un istante, ma per loro fu sufficiente.
Quando staccarono gli sguardi e mossero il primo passo verso il Maelmord, seppero che quello era stato il loro addio.