CAPITOLO IV:
L’ESTATE DELLA DECISIONE

/No sounds but the wind - Editors/
Giungi ad un punto in cui non arrivi.
Non arrivi più a fare la cosa giusta.
La ragione ti dice cosa dovresti fare, gli sbagli che devi evitare. Ti dà un quadro completo della situazione e tu puoi valutare ogni errore.
Ma la verità poi è una ed unica.
Sei lì e ti rendi conto che hai impiegato già tutte le tue forze a fare quella stramaledetta cosa giusta e che ora ti manca solo una cosa.
Una.
Arrenderti a ciò che desideri veramente.
Superare le tue paure.
Sei lì, dunque, davanti al tuo bel bivio e speri di non soccombere.
La ragione ti grida cosa è giusto tu faccia in virtù di ciò che ti spaventa ma l’istinto ed ogni altra parte recondita di te, invece, dice di fare tutt’altro.
Lasciarsi andare.
Spesso la cosa più naturale eppure complicata al tempo stesso.
Allora su quel bivio ti chiedi.
Vale davvero la pena scappare da ciò che desideri con tutto te stesso?
Vale davvero la pena stare da cani per evitare di affrontare le tue mancanze e le tue debolezze?
Le tue paura?
Lì Alex si trovò a farsi quella domanda senza trovare l’ombra di una risposta.
Nulla di logico per lo meno.

Come da lui richiesto, Denise gli aveva mandato dei messaggi al cellulare durante tutto l’anno, anche se non continui.
Nonostante erano state motivo di grandi litigate con Anna, non le aveva mai chiesto di smettere e tanto meno aveva cambiato numero.
Non gli era mai importato di dover sentirsi le sue urla e risponderle a tono. Pur di sentirla ancora era stato disposto a passare anche quelle tensioni con la fidanzata.
Si era chiesto un sacco di volte se non fosse ora di smetterla e perché andasse avanti in quel modo. Anche se solo mentre frequentava l’università, viveva con Anna e stava ancora con lei. La sua vita era quella. Che senso aveva rimanere attaccato a qualcosa che gliela rendeva impossibile e logorava il loro rapporto?
Il senso non lo trovò, non ne fu capace.
Provò ad analizzarsi a lungo ma senza risultato.
Alla fine aveva provato a contemplare l’idea di aver paura.
Già, ma di cosa?
Non riusciva a capirlo.
Che cosa temeva a tal punto che non gli permetteva di mandare al diavolo una delle due parti e dedicarsi anima e corpo all’altra?
Avrebbe voluto tagliare con Anna, non provava dei sentimenti talmente forti da consacrarlo a lei. Non era più di un forte affetto.
Però Denise era lontana lo stesso e lui aveva finalmente appena cominciato ad andare bene nella strada che a fatica aveva trovato, scelto ed imboccato. Gli era sempre andata male, ora finalmente le cose in quel senso giravano, come poteva mandare a quel paese tutto per l’ennesima volta rivelando di essere un buono a nulla che non voleva combinare niente nella vita?
Lui voleva farcela, costruirsi il suo futuro, darsi da fare… ma se avrebbe continuato a mollare e cambiare non ci sarebbe riuscito.
Rimanere lì per lui era un gesto di maturità.
E lo era anche sforzarsi di far andare una relazione che proprio non voleva andare, non da parte sue per lo meno.
Più l’anno era passato e più lui, ricevendo di volta in volta solo dei semplici messaggi da Denise, aveva capito di volerne di più, molto di più.
E che quei sogni erotici che aveva su di lei ogni tanto non erano cose campate per aria ma dei solidi desideri che ormai non riusciva più ad ignorare.
Poteva fare sesso con chi voleva, oltre che con Anna.
Non smetteva mai di voler farlo con Denise.
Non era solo uno stupido sfizio erotico fine a sé stesso, se così fosse stato una qualunque simile a lei sarebbe bastata e prima o poi sarebbe finita.
Era qualcosa di più che lo prendeva al punto da fargli pensare a lei nonostante la distanza e tutti gli ostacoli.
Nonostante non fosse mai successo davvero nulla fra loro.
Non era una situazione facile e nemmeno normale.
Alex se ne rendeva conto di volta in volta.
Non c’era verso di trovare una soluzione, però.
Proprio non la vedeva, a meno che lei non si fosse trasferita là da lui e tutto sarebbe andato magicamente a posto.
Non ci avrebbe mai sperato.
E lentamente il fosso in cui sprofondò non fu più una sciocchezza ignorabile.

L’estate successiva lei arrivò in Sicilia e la cosa che lasciò tutti straniti fu che non si precipitò come suo solito a salutare la famiglia di Alex e di conseguenza nemmeno lui.
Sembrava intenzionata a non farlo e questo lasciò tutti basiti ma nessuno osò intromettersi e chiederle come mai. Ormai il loro triangolo era di dominio pubblico e anche se non si impicciavano, avrebbero dato tutto per sapere cosa fosse successo durante l’anno.
Che si fossero visti?
Che avessero fatto qualcosa?
Eppure no, nulla di tutto quello.
Semplicemente la ragazza dai lunghi capelli biondi che le arrivavano quasi al fondoschiena inanellandosi morbidamente, si era stufata di sentirsi male ogni volta che doveva vedere Alex.
Le era bastato che sua cugina la informasse che stava ancora con Anna, per decidere.
Ormai non aveva più senso vedersi e continuare a corteggiarsi a quel modo facendo finta di nulla davanti a lei. Nemmeno da soli si toccavano più, non osavano consapevoli di avere una coscienza e di essere ormai adulti.
Non erano più dei bambini e ciò che era giusto era giusto.
Ed allora non potevano torturarsi così, visto che era questo, ormai, vedersi.
Le era difficile non correre da lui ad abbracciarlo ridendo come aveva sempre fatto, ma non aveva scelta.
Aveva deciso e quando lo faceva non si smontava in alcun modo!
Però non aveva fatto i conti con l’altra parte…

Appena ad Alex arrivò voce che Denise era arrivata da un paio di giorni e che non era venuta a salutarlo come al solito, ci rimase male.
Anzi, malissimo.
Per un momento interminabile era rimasto lì dov’era fra gli altri che facevano il solito casino e lui, di norma il re della confusione, era stato in silenzio, fermo, inespressivo a pensare.
Pensare perché, cosa significasse, come fosse possibile, se fosse vero…
Ma anche dopo, quando si riscosse e riprese a fare come sempre il buffone casinista, le cose non cambiarono.
Non smise un secondo di chiedersi cosa fosse successo.
Pensava a lei e una marea di domande gli arrivavano prepotenti senza risposta.
Lei aveva deciso.
Però come mai questo repentino cambiamento?
Gli aveva continuato a scrivere per tutto l’anno, anche se non sempre. Ed ora?
Ora niente.
Veniva e spariva.
D’istinto sarebbe andato da lei a chiedere spiegazioni ma riflettendoci, cosa strana per lui, non aveva trovato una sola reale ragione valida per farlo.
Non stavano insieme, non ci erano stati e mai ci sarebbero stati, probabilmente, visto che nessuno dei due sembrava intenzionato a cambiare la propria vita.
Avevano dimostrato di piacersi, di stare bene insieme, di avere un feeling speciale, ma poi non era mai stato oltre una bella e speciale amicizia.
Nemmeno un bacio.
No, non aveva diritti su di lei.
Se non voleva andare a trovarlo era libera di farlo, non aveva diritto di chiederle perché e presentarsi da lei lesionando la sua decisione.
Però non capiva ancora da dove derivasse il suo blocco primordiale, la sua paura, il suo timore.
Perché non buttarsi, perché trattenersi, perché non lasciare Anna ed andare da lei e basta.
Non si capiva.
Non si era mai capito ed ora meno di sempre.
Allora basta.
Era ora di finirla una volta per tutte, voltare pagina, smetterla, vivere davvero come aveva deciso e non per finta, non a metà.

Nelle loro convinzioni granitiche ci passarono il resto delle due settimane che lei, come di rito, stava lì in vacanza.
Fino all’ultimo giorno.

La sua ultima sera Denise la passava sempre in spiaggia a guardarsi il mare di notte illuminato solo dalla luna e da quelle stelle tempestose e meravigliose.
Anche quella volta lo fece, nonostante per l’occasione fosse addirittura sola.
Quell’anno non era scesa tutta la famiglia, Eleonora era uscita col suo ragazzo mentre tutti gli altri diecimila cugini per un motivo o per l’altro non avevano potuto accompagnarla.
Nonostante fosse sola aveva deciso di scendere ugualmente, indecisa se fare il bagno o meno.
Almeno il mare l’avrebbe salutato e sarebbe anche rimasta stesa qualche minuto a guardare il cielo che tanto adorava di notte.
Quell’estate era comunque stata molto ombrosa e sulle sue, tanto valeva esserlo fino alla fine, si era detta.
Così assorta e pensierosa si era stesa nell’asciugamano guardando distrattamente in alto.
“E’ giusto così.” Si diceva  riferendosi ad Alex.
Eppure la speranza di vederlo arrivare nonostante non gli avesse detto nulla, era alta.
Il tempo passato non era poco, quando una voce la salutò avvicinandosi e facendola quasi urlare di spavento.
Quando si tirò su e lo vide, il cuore cominciò a martellarle nel petto come un matto mentre il respiro divenne quasi affannato. Incontrollate scosse l’attraversavano mentre cercava di rimanere ferma ed impassibile.
- Che ci fai qua? - Chiesero insieme con un tono sulla difensiva. - Io?! Tu piuttosto! - Continuarono all’unisono. Alla fine si zittirono, presero un profondo respiro e attesero che l’altro parlasse.
Denise rimase seduta a terra mentre Alex in piedi.
Se fosse stato giorno avrebbero notato i coloriti altrui rendendosi conto dell’imbarazzo di cui erano preda e che però controllavano egregiamente come loro solito.
Lei più di lui, comunque.
- Io faccio l’ultima notte qua ogni anno. - Disse allora lei cercando di domare le ciocche di capelli che col vento scendevano sul viso.
A lui cominciarono a fischiare le orecchie mentre tutto il corpo si intorpidiva.
- Vai via domani? - Quasi non riuscì a chiederlo e mentre lo fece si disse se avesse parlato davvero o l’avesse solo pensato.
Alla sua risposta capì.
- Si. - Un sussurro quasi colpevole.
Dicendolo la ragazza capì quanto idiota fosse stato evitarlo e non solo per quella conclusione ironica e assurda, ma perché vedendolo aveva compreso improvvisamente una cosa. Quella verità l’aveva investita come un treno sconvolgendola profondamente: si sarebbe pentita fino all’inverosimile di non averlo visto.
L’osservò nella penombra mentre sembrava cercasse di accusare il colpo.
Sempre la sua corporatura atletica e piacevole come il suo viso che a tratti avevano un fascino suo, ad altri sembrava buffo come i vestiti che indossava. I capelli ricci e scuri erano corti e quindi non più selvaggi mentre sul viso c’era un po’ di barba trascurata dai giorni passati.
Gli piaceva.
Riusciva a piacergli lo stesso, dopo un anno che non lo vedeva, dopo la sua convinzione di cosa fosse giusto, dopo le delusioni provate, dopo tutto quel che era e non era stato.
Sospirò.
Se quella era la risposta del destino alla sua decisione, perdeva tempo.
Non sarebbe mai successo nulla fra loro, ne era convinta.
Sarebbe stato troppo bello e sbagliato.
- Cosa… - iniziò Alex confuso guardandola senza essersi ripreso, poi si corresse cercando di trovare una frase sensata nella sua mente nel panico: - perché non sei venuta a salutarmi e a dirmi che eri arrivata? Potevi scrivermi, sarei venuto io… - Come se fosse ovvio, naturale, sensato…
- Ma Alex… non stiamo insieme. Perché dovevo farlo? - e forse a volte le parole dovrebbero essere abolite in certe situazioni.
Questa frase ebbe lo stesso effetto di una pallottola in pieno stomaco.
Il ragazzo non capì dove fosse e cosa facesse per alcuni istanti durante i quali cercava di dare un senso a ciò che aveva udito, poi come inorridito e convinto, disse:
- Ma come… che c’entra che non stiamo insieme… siamo amici, ci vediamo sempre ogni anno e molto volentieri… perché quest’anno non hai voluto? -
Però ormai lei era stufa e quando Denise era stufa diventava ancora più dura, fredda e cinica del solito.
- Perché quest’anno non sarebbe stato volentieri. Non sarebbe stato bello. E tu lo sai perfettamente. -
Non si mossero, rimasero fermi nelle loro posizioni ma lei distolse lo sguardo non riuscendo più a guardarlo.
Un’altra pallottola per lui.
Il fiato spezzato.
Quello era stare male per i sentimenti?
E mentre se lo chiedeva la verità lo schiaffeggiò impietosa.
La risposta alla sua domanda.
“Di cosa ho paura? Di soffrire per amore. Tanto semplice quanto atroce. Non sono capace di rendere felice qualcuno davvero, sono inadatto al ruolo di persona seria, però non è che ho paura di far soffrire lei, ho paura di soffrire io. Ecco perché non mi impegno mai con nessuna e sto con Anna, una che sono sicuro di non amare.”
Lucido e sconfitto.
Avrebbe voluto dire qualcosa ma per la prima volta la sua maschera cadde davvero e senza che se ne accorgesse e lo capisse, le sue guance si trovarono rigate di lacrime. Lacrime che scendevano dagli occhi castani.
Aveva appena capito che l’unica cosa che voleva davvero nella vita era una ragazza che si era stufata di lui ancora prima di stare insieme.
E che lei aveva perfettamente ragione.
Quando la ragazza realizzò che stava piangendo il mondo perfetto che si era costruita attorno, tutto il suo bel castello indistruttibile e meraviglioso, crollò come fosse fatto di carta e senza capire cosa stava facendo, lo fece e basta.
Si tirò su in ginocchio e afferrandolo per le mani lo tirò giù davanti a lei sull’asciugamano, anche lui nella sua medesima posizione. Quindi l’abbracciò forte facendogli sprofondare il viso nel suo collo.
Rimasero così senza nemmeno respirare per un tempo che non contarono, poi le mani di Denise, dolci e delicate, cominciarono a carezzargli la nuca dove i  ricci arruffati si infilavano fra le dita. Se li era tagliati e le dispiaceva, li adorava quando erano lunghi e indomabili.
Scese poi sul collo e sulla schiena. Non sapeva cosa dire. Sentiva solo le sue lacrime bagnarle la pelle scoperta del collo, tremava appena, cercava di sopprimere i propri singhiozzi, di trattenersi, ma il risultato era che sarebbe scoppiato da un momento all’altro.
Sapeva che non era una buona idea abbracciarlo in quel modo ma lì per lì non riusciva più a connettere corpo a cervello.
Pensare una cosa e trovarsi a fare tutt’altro.
E la bocca che non emetteva il minimo suono.
“Sentirà i miei battiti impazziti…” Pensò confusa e quasi spaventata. Scoprirsi a sua volta significava tanto, troppo, non voleva, non era pronta, non doveva proprio. E non doveva nemmeno stringerlo. Ma quando lui si aggrappò con disperazione alla sua vita lo sentì scivolare giù fino a sedersi sui propri talloni, più basso rispetto a lei lasciò che il viso rimanesse contro il suo petto, sul suo seno generoso e morbido.
Cosa stava succedendo?
Provò a chiederselo ma tutti i sensi si ingigantirono mandandola in tilt e come fossero entrambi in trance si abbandonarono semplicemente a quelle sensazioni incredibilmente belle e sbagliate, a quegli istinti che li spingevano l’uno verso l’altro per approfondire e andare oltre.
Ormai non sentivano più nemmeno le rispettive menti che cercavano di farli tornare in loro.
Sentì le mani di Alex infilarsi lentamente sui suoi fianchi, sotto la maglietta leggera e attillata dallo scollo pericolosamente esagerato, scosse elettriche la fecero rabbrividire e non per il vento che le scostava i capelli.
Il suo viso premuto sui suoi seni, attraverso la stoffa sottile che venne alzata lasciando che la sua bocca chiusa si poggiasse di nuovo lì attraverso il reggiseno nero in pizzo che glielo sosteneva alimentando i suoi sensi.
I respiri affannati contro quel pezzo di pelle sensibile, altri brividi.
Non riuscì ad allontanarlo o a togliere le proprie mani dalle sue spalle che risalirono di nuovo sul suo collo e sulla sua nuca.
Si erano trattenuti troppo a lungo.
Rimase ferma anche quando sentì i gancetti slacciarsi e il suo seno libero. Prese fiato sorpresa sentendo finalmente le labbra a contatto coi suoi capezzoli e la lingua che glieli tormentava.
Si sentiva male.
L’ultimo barlume di lucidità svanì quando le mani dell’altro scesero alla sua vita, di nuovo, raggiungendo i pantaloni.
Fu allora che staccò completamente i contatti e si trovò con profondo stupore ad assecondarlo.
Gli prese la maglietta e gliel’alzò togliendogliela. Si staccarono brevemente e si guardarono negli occhi seri ed emozionati coi cuori che pulsavano più che mai e il sangue che scorreva velocissimo nelle loro vene insieme all’adrenalina. Avevano caldo nonostante non lo fosse del tutto.
Dopo quell’istante in cui comunicarono senza essere coscienti, Denise si abbassò come lui e cercò le sue labbra raggiungendole con le proprie. Si unirono e piegando le teste di lato si premettero maggiormente aprendo le bocche, venendosi incontro con le lingue e trovandosi.
Quando anche quel contatto fu completo ogni cellula, organo e legamento possibile andò a fuoco al contrario del cervello che fu attraversato da ulteriori scariche elettriche.
I respiri mescolati mentre si muovevano in un crescendo frenetico, facendosi risucchiare da quella spirale.
Qualunque cosa stessero facendo era terribilmente piacevole.
E non avrebbero smesso.
Con dolcezza e sicurezza Alex la fece stendere sull’asciugamano e dimenticandosi del luogo, senza nemmeno sentire la brezza che carezzava la loro pelle, finì di spogliarla cominciando finalmente ad assaggiarla. Facendo ciò che in molte notti di molti anni aveva sognato di fare, saziando quella sua sete di lei, della sua pelle, del suo sapore, soddisfando ogni sua immaginazione.
Quando ebbe fra le labbra la sua parte inferiore, l’idea che fossero impazziti non li sfiorò più e forse si chiesero solo perché non l’avessero fatto prima.
Il piacere che provò lei in quel momento fu indescrivibile. Queste sue attenzioni, questi preliminari, queste cure, questi assaggi furono probabilmente la parte migliore e forse fu complice il fatto che Alex in quelle cose ci sapeva fare o che magari a lungo aveva pensato a come darle piacere. I sospiri di Denise arrivarono in poco tempo alimentando Alex che rimase ad occuparsi di quella sua parte con molta esperienza.
Quando la sentì raggiungere il culmine risalì sui suoi seni riprendendo da dove si era interrotto prima, quindi si impossessò nuovamente della sua bocca baciandola con più desiderio ed intensità, un insieme che cresceva fino a raggiungere vette altissime.
Senza pensarlo, fu lei a cercare febbrile il bottone dei jeans che indossava lui e slacciandoglieli si tirò su sfilandoli. Non aveva la minima idea di cosa facesse e lasciandosi muovere dal suo istinto e dalla propria eccitazione, lo spinse giù cominciando a ricambiare quanto lui le aveva appena fatto.
Forse era davvero il posto più sbagliato, o forse quello più giusto, l’unico possibile.
Come una specie di dimensione fra due mondi opposti, un luogo in cui stare soli e fare quel che volevano in libertà, lasciandosi andare ad ogni remora, facendo solo quel che desideravano profondamente.
Senza vergognarsene, senza blocchi alcuni.
Quando anche lui cominciò a reagire, e non tardò molto, sentendo il proprio limite sopraggiungere, con molto sforzo la staccò dal suo inguine quindi cercando le sue labbra le trovò mentre la spostava rimettendola giù.
Si scambiarono i rispettivi sapori e con le dita lui cominciò a prepararla all’atto successivo che li avrebbe completati.
Credeva di non riuscirci in tempo, credeva che sarebbe impazzito prima, credeva di non avere il diritto di sporcarla in quel modo, credeva di star rovinando tutto… eppure mai come ora era disposto a rischiare ogni cosa, anche lei.
Succhiandole il labbro si rese conto che era al limite massimo, quindi conducendo le sue gambe attorno ai propri fianchi si accostò al bacino. Prima di entrare si tirò su sui gomiti e osservandola si perse un attimo, i loro occhi non erano mai stati così caldi e dolci, sembravano lucidi, brillavano di un’emozione viva. Entrambi erano consapevoli dell’importanza di quel che stava per succedere ma nessun dubbio, nessuna domanda. Solo certezza.
Era giusto.
Solo lì se lo dissero.
L’accarezzò delicato scostandole alcune ciocche bionde dal viso raddolcito e catturato da lui. Poi si chinò, le sfiorò le labbra con le sue ed infine scivolò in lei.
Rimase un attimo fermo aspettando che si abituasse e che allentasse i muscoli, quando questo successe si decise a muoversi e riprendere il suo viaggio in Denise che si aggrappò alle sue spalle.
L’attirò a sé e per ogni sua anche più piccola spinta si tirava di più. La testa alzata, il viso contro il suo collo, le unghie nella sua carne, il volto contratto per il dolore e il piacere insieme, i gemiti soffocati che a tratti uscivano liberatori, le gambe strette con forza intorno a lui.
E un intensità di piacere paragonabile a nulla, per Alex.
Fu una cosa al di là di ogni aspettativa. Era esperto di quel genere di cose, aveva fatto sesso in tutti i modi, gli era sempre piaciuto. Ma quello lo trovò davvero diverso.
E solo allora capì la differenza, perché null’altra lo soddisfava. Perché farlo con dei sentimenti di mezzo ti faceva toccare quel famoso cielo di cui tutti parlavano, che lui aveva sempre schernito dicendo che non fosse possibile.
Perse presto la testa continuando a muoversi, crescendo, andando sempre più veloce e più in profondità appoggiato sulle braccia tese come ogni altra parte del suo fisico curato e sportivo. La pelle di entrambi, diversa per carnagione, era imperlata di sudore nonostante la notte fresca nella spiaggia aperta.
Prese fra le labbra il lobo del suo orecchio ed iniziò a succhiare tenendo contro di sé con una mano la nuca bionda.
Premuti l’uno sull’altro il più possibile senza più coscienza di loro stessi se non del loro piacere potente.
Il culmine li investì con lei che incontrollata affondava i denti nell’incavo del suo collo e finiva addirittura per graffiarlo con le unghie, affogata in un piacere violento ed incontrollabile che mai aveva provato e pensato possibile.
Lui le venne incoscientemente dentro con una doppia scarica elettrica per la passione che ci aveva messo, per questa sua reazione inaspettata ed eccitante.
Ogni cosa andò a fuoco e teso si trovò a tremare mentre l’esplosione avveniva in lui, unito completamente a lei.
Dopo un tempo infinito si sciolse cadendo sfinito su Denise che l’accolse circondandolo delicata ed ansimante quanto lui, altrettanto sconvolta e accaldata.
Lasciò che si sistemasse con la testa di nuovo sul suo petto, fra i suoi seni, e che la coprisse col resto del corpo mentre distrattamente si coprivano con i vestiti abbandonati lì accanto.
Ascoltarono i rispettivi battiti, i respiri, il calore della pelle ed ogni altra funzione che lenta cercava di stabilizzarsi.
Non seppero per quanto stettero fermi ed in silenzio in quel modo ma alla fine le loro menti tornarono lucide più che mai e stupiti profondamente, trovarono semplicemente la risposta a tutte le loro domande ed i loro tormenti.
“Siamo semplicemente innamorati… “
Un pensiero che però non espressero mai a voce, non in quella notte che li accolse nel loro caos interiore.

Quando Denise, una volta a Udine, si trovò Alex davanti casa con tanto di valigie, non avrebbe mai creduto fosse possibile.
Certo, gli aveva detto che c’era una lontana probabilità che fosse incinta, ma da lì ad averne la certezza e a trasferirsi ce ne passava…
Ci avrebbe giurato, la ragazza, che mai e poi mai lui sarebbe venuto. Che quella decisione non l’avrebbe mai presa.
Che non avrebbe mai cambiato per l’ennesima volta la sua vita.
Ed invece eccolo lì col suo solito perenne sorriso radioso che questa volta non nascondeva più nessuna ombra.
- Non sono qua solo per quello. - Gli disse Alex sapendo a cosa stava pensando. - Anche, ma non solo. - Non spense il suo sorriso ma la sicurezza traboccò dal suo sguardo adulto e serio: - Ti amo, voglio stare con te. -
Quella volta toccò a Denise piangere.

FINE

NdAkane: Ed ero tentata di finirla così:
“Dopo quella volta, Alex e Denise non si videro più!”
Ma penso che sarebbe stato davvero stronzo da parte mia… no?
^_-