CAPITOLO V:
IL GRIDO

/ A place for my head - Linkin Park /
Quando la porta della sua stanza si spalancò, una ventata fresca e profumata entrò creando contrasto con l’aria pesante e calda.
Prima di girarsi, Mikael sapeva già chi era arrivato e sebbene fosse profondamente infuriato con lui, non riuscì a soffocare in sé un moto di felicità nel saperlo di nuovo fra i vivi.
Aveva dovuto andarsene per farlo risvegliare.
Questo dimostrava quanto per lui non era mai contato davvero.
A questa svelta considerazione, il rosso si girò di scatto e con gli occhi pericolosamente scarlatti, stringendo i pugni e tirando ogni muscolo del proprio corpo, fece violenza su sé stesso per trattenere ogni cosa in sé.
La voglia impellente di saltargli addosso per abbracciarlo e quella di picchiarlo brutalmente, il bisogno di gridare e di piangere insieme, la felicità che lottava con la rabbia.
Parole su parole. Dalle positive alle negative.
Non sapeva da cosa cominciare, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare.
Voleva fare troppo.
Voleva esplodere.
Voleva tutto e nel caos interiore che lo invase mentre vedeva la figura alta, bella e dannatamente sexy di Raphael avvicinarsi, quel suo far violenza su sé stesso per contenere qualcosa paragonabile a mille bombe atomiche, visti i suoi abituali modi di fare esagerati già nella normalità, lo devastò.
Il bell’arcangelo freddo come il vento gelido d’inverno, si fermò a due metri da lui, rimase dritto e fermo nella sua eleganza quasi letale e si mise a scrutarlo in silenzio come fosse un genitore superiore che biasimava il figlio in torto.
Era da molto che non si guardavano eppure per Raphael era stato come un lampo, il suo tempo passato sospeso in quel nulla dove solo il vento soffiava per rigenerarlo, gli aveva fatto perdere la cognizione di ogni cosa.
Tutto il contrario di Mikael che invece aveva passato troppo tempo da solo ad aspettarlo, in preda al vortice dei suoi pensieri che si susseguivano egoisti e crudeli.
Gli aveva fatto troppo male per passarci semplicemente sopra.
Per dimenticare e ricominciare come niente fosse.
E guardando i suoi occhi superbi e gelidi di quell’azzurro ghiaccio quasi trasparente, rivisse in un istante tutto quello che aveva passato prima della sua decisione di andare da Lucifero.
Infinite ore fermo ad aspettare il risveglio della persona che aveva capito di amare, la totale solitudine mentre la vita fuori riprendeva a scorrere, il Paradiso si ricostruiva, gli angeli ricominciavano dalla distruzione.
E lui là a sperare nel risveglio dell’unica ragione per rimanere là.
Una ragione che non era più con lui.
Che l’aveva abbandonato per scegliere un’altra. Non la voleva. Non l’aveva voluto. Si era sacrificato per una donna, non per lui.
E tutti quei pensieri, quelle consapevolezze insinuanti, si erano trasformate in realtà affilate come spade. Spade che l’avevano trafitto.
Raphael amava un’altra persona, una donna, non lui.
Aveva fatto la sua scelta da solo.
Perché aspettarlo?
Era stato tradito e abbandonato ancora.
Lui che aveva appena superato lo scoglio del tradimento di suo fratello, ora si trovava di nuovo davanti agli stessi terribili momenti, quelle sensazione struggenti, la follia che si riaffacciava.
Essere catapultato ai secoli indietro, quando Lucifero se ne era andato lasciandolo; rivivere la propria dannazione.
Tutto come allora, tranne che questa volta la causa di tanta sofferenza che giorno dopo giorno, lenta e strisciante, si era riaffacciata in lui, era stato Raphael.
Quando quel flash arrivò anche tutto quello che per un attimo aveva tentato di contenere prese il sopravvento tutto in una volta e, come una serie ravvicinata di bombe atomiche, esplose inarrestabile.
Non provò più a gestire quell’enormità interiore. Si lasciò trasportare come era nel suo carattere, preso totalmente dai propri sentimenti di una portata inimmaginabile.
E quando Raphael disse con freddo distacco pieno di rimprovero:
- Come minimo merito una spiegazione al tuo comportamento infantile! -
Mikael in un nano secondo si surriscaldò portando la temperatura del suo corpo e del suo sangue ad ebollizione, cominciando ad assumere le sfumature calde del fuoco stesso, la sua aura divenne del medesimo colore accesa mentre emetteva delle insolite e mai viste lingue di fuoco tutt’intorno a lui.
Fu così veloce quel cambiamento esteriore che l’altro nemmeno conoscendolo a fondo era riuscito a fare nulla.
I suoi occhi rosso scarlatto ridotti a due fessure demoniache, dopo di ché il suo urlo irruppe devastante e terribile.
Un urlo carico di tutti i sentimenti che provava da anni e che aveva sempre cercato di trattenere, di gestire, di vivere in un altro modo. Sentimenti e pensieri.
Visioni di abbandono e tradimenti.
Amori non corrisposti.
La mancanza di qualcuno che lo amasse.
La solitudine.
Tutti quelli che lui aveva amato avevano sempre scelto altri. Questo uscì insieme al suo grido da brivido che si udì in tutto il castello.
I vetri di ruppero in mille pezzi, le mura, i pavimenti ed i soffitti creparono cominciando a far cadere calcinacci.
E lui con quel suo solo urlo, senza dire una parola o prendere a pugni nessuno, trasmise in maniera completa ed esauriente il suo stato d’animo, ogni pensiero, ogni sentimento, ogni verità.
Raphael si raggelò svuotandosi di ogni ragione, intenzione e considerazione.
Non riuscì a muoversi, a respirare, a piangere, a fare la minima espressione o gesto.
Nulla.
“Dio… cosa gli ho fatto?”
Solo allora, senza che lui tirasse fuori mezza spiegazione, l’arcangelo del vento comprese ogni cosa e il senso di colpa spazzò via tutto quello della ragione che era convinto di possedere fino ad un istante prima.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma nemmeno un suono vi uscì e guardando shockato l’angelo rosso infiammato davanti a sé, non una sola intenzione sensata gli si formò nella mente.
Quando Mikael smise di urlare facendo tremare tutto, tirò fuori le proprie ali grandi e bianche che spuntarono immediate dalla schiena, quindi senza aggiungere altro si voltò e volò via dalla finestra rotta.
Raphael rimasto solo fu trovato immobile in piedi a guardare la direzione in cui lui era sparito.
Setsuna e Cry corsero lì allarmati sfoderando una serie di domande a raffica che non furono nemmeno sentite, mentre Belial con un sorrisetto soddisfatto, vicino alla porta osservava quel che rimaneva della stanza ora a pezzi e distrutta solo con l’onda d’urto dei sentimenti devastanti del fratello di Lucifero.
“Degno sangue.”
Pensò con una certa ammirazione di fondo solo per il semplice fatto che aveva tirato fuori una tale furia devastante negativa.
Il suo piano non era andato poi tanto male. Dopo di quello magari quel tipo non si sarebbe più fatto vivo nemmeno lì…
- Bene… direi che dopo aver sistemato tutto il casino fatto dal vostro amichetto, potete anche andarvene. Non intendo essere ancora indulgente sulla presenza di un arcangelo qua. - Disse supponente e con sufficienza, senza nascondere quella soddisfazione evidente.
- E Mikael allora? - Ringhiò contro Setsuna esasperato da quel suo atteggiamento subdolo e per nulla chiaro… non si capiva cosa diavolo volesse quel satana travestito da pagliaccio!
- Lui ormai non è più un arcangelo… - La risposta fu del calibro di una spada che si conficcava nella carne.
Tutti e tre rimasero colpiti da quelle parole che sebbene in condizioni normali non sarebbero state calcolate, lì capirono perfettamente che potevano benissimo essere verità.
Non poteva essere che il dolore e l’odio di Mikael fossero talmente grandi da superare la sua purezza di creatura alata.
Lui era il capo delle Potestà, se con la sua legione si univa ai diavoli sarebbe stata la fine per il Paradiso.
Ma non era solo questo, non per Setsuna che non era per nulla interessato al destino dell’aldilà, né per Cry che era un demone lei stessa, né per Raphael che non si era mai seriamente interessato al suo mondo.
- Devi fare qualcosa, devi inseguirlo! Non puoi lasciarlo andare così! Potrebbe essere la fine! - Si, ma la fine di cosa?
Seppure le mani forti di Setsuna lo scuotevano con agitazione per farlo reagire, Raphael era come se non sentisse nulla, privo di volontà, ancora profondamente colpito da quell’urlo tremendo.
- RAPHAEL! SE LO AMI DEVI FARE QUALCOSA! - Urlò allora il giovane ormai uomo pronto anche a prenderlo a pugni se necessario. Cosa che non gli sarebbe dispiaciuta poi molto visti i loro trascorsi!
Queste parole infine lo penetrarono e come se si svegliasse, il biondo sempre composto si rivoltò contro Setsuna e scrollandoselo di dosso con apparente freddezza, gridò esasperato a sua volta:
- LO AMO E GUARDA COSA GLI HO FATTO! - Dopo quelle parole dette più a sé stesso, parole che fecero calare il silenzio di nuovo, proseguì ancora come fosse solo, come se si facesse quel famoso esame di coscienza che non aveva mai avuto il coraggio di fare: - L’ho… l’ho spinto ad unirsi ai demoni… a suo fratello, Lucifero… il mio amore l’ha divorato al punto da riempirlo di odio… non è un amore positivo, questo. È un amore che sporca e schiaccia. Quel suo grido è il risultato del nostro amore. A questo punto è meglio lasciarlo andare. È meglio che gli stia lontano. Io… l’ho solo rovinato… più di quanto fece Lucifero. -
E sullo sbigottimento generale per quella sua confessione sconvolgente ed inaspettata, sul suo smarrimento assoluto, si avvertì la presenza paurosamente simile a quella di Mikael, solo più oscura e gelida.
- Si parla del diavolo… - Mormorò con un ghigno ironico Setsuna voltandosi svelto verso la porta che dava direttamente sulla camera personale del Re delle Tenebre. Sebbene avrebbe dovuto sentirsi in soggezione come la stessa Cry e addirittura Raphael erano, lui era contento di rivederlo. Contento come avesse il suo senpai Kira davanti.
La figura alta, snella e ben modellata del freddo e algido Lucifero era immobile ad osservare la scena. I lunghi capelli neri gli incorniciavano il bellissimo viso sensuale ed oscuro, gli occhi grigi specchi di un vuoto in cui nessuno aveva mai trovato spazio per sé. Nessuno ad eccezione di suo fratello.
Ma questo non l’avrebbero mai saputo.
L’aria si raffreddò brutalmente nonostante si trovassero nell’Utero, tutti si fecero seri, Belial si inchinò e Setsuna quasi raggiante si avvicinò con nemmeno la minima paura in corpo.
Le mani ai fianchi, gli occhi puntati nei suoi.
Era identico a Sakuya ma sapeva che non era lui. Non c’era quella costante malizia nel suo sguardo, però lo percepiva lo stesso. Il suo senpai era lì dentro da qualche parte e per lui Lucifero sarebbe sempre stato il suo amico.
- Ehilà, è da molto che non ci vediamo… - Disse sfacciato come niente fosse.
Lucifero allora lo scrutò indecifrabile senza lasciar trasparire nulla, quindi dopo aver ammirato la sua crescita e percepito la sua forza insieme a quella addormentata di Alexiel, si decise a parlare mantenendo quella sua aria irraggiungibile e distante:
- Salve a te Setsuna. - Si guardò bene dal chiamarlo in uno degli altri modi che lo facevano imbestialire. Spesso era stato chiamato Alexiel o Salvatore, ma ora che la sua vita aveva ripreso a scorrere normale non intendeva accettare quei soprannomi non suoi.
Lucifero come leggesse in lui lo comprese e lo scambio dei loro occhi, vivi e vuoti, parlarono per loro.
- Vorrei parlare da solo con Raphael. -
Questo stupì ancora tutti i presenti, lo fissarono cercando di intuire le sue intenzioni. Il re dei diavoli ed un arcangelo che si parlano da soli non è certo una situazione normale!
Sebbene tutti ebbero una serie di dubbi sull’esito di quell’incontro, nessuno osò opporsi nel giro di un istante i due si trovarono da soli.
Raphael non si mosse dalla finestra rotta e poco dopo il moro lo raggiunse calpestando i vetri in pezzi ed i calcinacci. Gli si mise davanti a coprire la visuale dell’esterno, con quel chiarore flebile alle spalle che gli creava un alone suggestivo.
I due rimasero a guardarsi per un po’ ed in quegli attimi entrambi si resero conto che Raphael aveva ripreso il suo sangue freddo solo grazie alla presenza dell’antico nemico.
Per quel disprezzo che non aveva mai superato. Lucifero aveva fatto tanto male a Mikael e per questo non l’avrebbe mai perdonato.
Ma ora era sul suo stesso piano.
Gli aveva provocato lo stesso dolore.
Non aveva nessun diritto di rimproverargli nulla, lo sapeva, però non aveva nemmeno l’obbligo di ascoltarlo, tuttavia rimase serio davanti a lui curioso di sapere cosa dovesse dirgli.
Un confronto, il loro, che non era mai stato.
- Ho sempre dei buoni motivi per fare ciò che faccio e preferisco conoscerli solo io. - Introdusse Lucifero con calma gelida ed un velo di mistero costante.
- Motivi buoni per te. - Rispose con altrettanta freddezza e calma Raphael riprendendosi di attimo in attimo davanti alla persona che più di tutte non gli piacevano per ciò che aveva fatto a Mikael. Non si sarebbe però lasciato andare a scenate esagerate non da lui, per questo il loro si poteva considerare di certo un confronto interessante.
- Ciò che conta è ciò che voglio e per quello sono sempre disposto a sacrificare chiunque e qualunque cosa. - Continuò imperturbabile l’altro.
- Me ne ero accorto. - Questa volta sfoderò un velo di ironia che non riuscì a trattenere. Non diceva certo delle novità.
- Inoltre ciò che decido sia mio lo è irremovibilmente. -
- Anche questo era risaputo. - Appuntò il biondo sempre più ironico. Parlare con lui era motivo di forte ripresa nonostante lo shock precedente. Quell’opportunità non sarebbe mai più tornata, ne era certo.
- Mikael ora è mio. - Un’altra frase della portata di una lama affilata che affonda. L’angelo non fece ancora una piega ma dentro di sé un pericoloso nervoso cominciava a farsi di nuovo strada. Come osava parlare così uno che faceva del proprio gemello un oggetto di comodo?
- Non mi pare che tu la pensassi così quando l’hai tradito ed abbandonato, secoli fa. - Anche la sua frase sarebbe stata della portata di una spada se il destinatario sarebbe stato meno imperturbabile. Lucifero, invece, continuò con tranquillità lontanamente sorniona.
- Come ho già detto avevo i miei buoni motivi. -
- Ed ora cos’è cambiato? - Finalmente si decise di fargli una domanda, anche se quella che avrebbe voluto porgli davvero era un’altra. Una che sapeva non avrebbe comunque ottenuto risposta.
Lucifero continuò enigmatico senza muoversi, risultando ugualmente seducente anche in quel modo:
- Lui è cambiato. -
Il silenzio tornò ad appesantire un momento molto strano.
Per un attimo parvero due persone qualunque che parlavano di uno che interessava ad entrambi e non due nemici di razze diverse.
- Normalmente non permetto a nessuno di mia proprietà di scegliere da sé ma per lui faccio un eccezione. Così come ha deciso di venire da me, ora deciderà se rimanere o meno. Non farò nulla. Mikael è libero. -
Quelle parole risuonarono nella sua mente come echi in un’enorme stanza. Ad ogni riascolto trovava un nuovo significato e come se un puzzle complesso e mai completato si fosse concluso in ogni sua parte, Raphael rimase di stucco a comporre l’impossibile ed intricata immagine di Lucifero che, dopo un vago ammiccamento, o quel che sembrava esserlo, se ne andò lasciandolo solo davanti alla finestra.
Era rimasto di stucco davanti a quella specie di ammissione. Considerava Mikael diverso dagli altri, gli aveva dato dei privilegi non indifferenti per uno come lui. Non lo considerava un suo mezzo ma un essere a sé. Nessuno poteva vantarsi di lasciare quell’uomo senza nessuna conseguenza, ma l’arcangelo rosso poteva.
Così come era stato accolto dopo tutta la loro storia passata carica di rifiuti e  di spalle.
I due fratelli si erano finalmente riuniti, le cose fra loro erano andate a posto e qualunque motivo avesse avuto Lucifero per tradirlo a quel tempo, ora si erano chiariti e lui sapeva bene che stare con lui era sempre stato tutto ciò che il rosso aveva sempre desiderato più di ogni altra cosa.
Era davvero la cosa giusta cercare di farlo ragionare e convincere a tornare in Paradiso insieme?
Con che diritto?
Ora era davvero felice mentre quello che gli aveva fatto male era proprio lui.
Mai come ora Raphael si era trovato nell’incertezza più assoluta.