CAPITOLO VI:
NUOVO INTERESSE
 
Ingoiò il primo sorso di thé alla menta mentre si avvicinava a passi tranquilli a casa di Mitsui. Tenendo fra le dita il cartoncino della sua bevanda preferita, si guardava intorno osservando con curiosità il quartiere del nuovo ragazzo caduto sotto il suo interesse.
Non erano delle gran belle strade, girava gente decisamente poco raccomandabile, per lo più bande di teppisti. Ricevendo a sua volta delle occhiatacce eloquenti, decise di rivolgere la sua attenzione a ciò che stava per fare.
Aveva pensato di andare personalmente da lui per comunicargli l'anticipo dell'orario degli allenamenti del giorno dopo, una scusa come un altra per vederlo, ma non solo.
Anche un importante tassello per i suoi obiettivi!
Giunse davanti al suo palazzo, era nella media rispetto agli altri. Si fermò davanti al cancello del piccolo giardino cercando nei campanelli il cognome 'Mitsui'.
Aveva abbastanza faccia tosta per dire che passava di lì per caso....
Esattamente quando mise il dito sul tasto giusto, una voce sconosciuta alle sue spalle lo interruppe facendolo girare con la sua tipica flemma. Vedendo uno di quei gruppi di prima pensò che a volte la sua fortuna era veramente ceca... anche se, tutto sommato, se le cose fossero andate in un certo modo non sarebbe stato poi tanto male...
"Forse sono stato troppo con Sakuragi e mi ha contagiato! Ma che diamine, non ho mica l'aria litigiosa come la sua!"
Suo malgrado non mostrò paura e portandosi il thé alla bocca bevve sfacciatamente un altro sordo che lo rinfrescò.
- Posso fare qualcosa per voi? - Chiese quindi con una certa gentilezza incosciente.
Il fastidio si lesse subito nei loro occhi e circondandolo presto, risposero con durezza:
- Si, regalaci qualcosa per divertirci! -
"Ed io dovevo venire da Mitsui per forza di sera? Forse me le cerco..."
Ma fu una riflessione più ironica che altro. Continuò sempre a ricambiare i loro sguardi mostrando la sua tipica sicurezza e pacatezza, non aveva davvero timore e si chiesero perché.
In risposta bevve ancora, poi notando una figura familiare in lontananza, alla fine della strada, disse cordiale:
- No. - Solo questo. Con una tale decisione che lasciò sconcertati i ragazzi che arrivarono a pensare che fosse un karateka in grado di farli fuori da solo!
- No? Allora facciamo da soli! -
Disse uno di loro. Fu un lampo. Alzò il pugno e lo scagliò contro il bel viso di Sendoh che schivò al volo mostrando dei buoni riflessi. La mossa non piacque agli altri ed uno di loro reagì immediatamente afferrandolo per le spalle e colpendolo allo stomaco, il thé rimasto gli finì addosso ed il cartoncino cubico con la cannuccia cadde a terra rannicchiato a causa del pugno ricevuto. Fu calpestato nuovamente mentre lo stesso individuo colpiva Akira al volto con una ginocchiata e di seguito un altro ancora rincarò la dose.
Fu un attimo troppo veloce per fargli rendere conto di quel che accadeva o per provare dolore.
Il moro sentì solo il fiato mozzarglisi col primo incasso, nei due secondi seguenti cercò solo di capire cosa accadeva. Ne ebbe una vaga idea quando smisero di dargli addosso e lo stordimento iniziale scemò lasciando il posto alle prime fitte infuocate sul viso e sullo stomaco.
Si piegò sulle ginocchia coprendosi confuso la faccia, non capendo se quello che gli colava sulle mani fosse proprio sangue o cosa.
Quando la mente riprese a funzionare così come gli altri sensi, sentì rumori di lotta proprio davanti a sé, quindi con fatica aprì un occhio e poi l'altro guardando se fosse proprio quello che pensava.
Mitsui li stava picchiando.
"Non pensavo sarebbero stati così veloci, dannazione. Se lo sapevo avrei temporeggiato ancora un po'! Cavolo, non sono mica abituato a queste cose... non avevo mai ricevuto un solo pugno, figurati tre! Che male!
Non sono proprio tipo da pestaggio, io!"
Poi semplicemente rimase inebetito a guardare come il bel moro se la cavava egregiamente da solo contro quei ragazzi.
"Però... meraviglioso!" Riuscì a riprendersi quel tanto che bastò per fargli realizzare che effettivamente non era affatto un brutto spettacolo.
Per nulla.
Per Mitsui fu pane per i suoi denti visti i due anni passati nel mondo dei poco di buono. Recentemente aveva deciso di rimettere la testa a posto ma rimaneva comunque un cercaguai da non far arrabbiare e mentre Akira lo guardava dare una sonora lezione a qui teppisti, si convinse che non era solo molto interessante ma decisamente di più!
Quando la banda di delinquenti se ne fu andata con la coda fra le gambe, il senpai si precipitò dal compagno ancora rannicchiato a terra, con le mani sul volto colpito. I dolori cominciavano a localizzarsi al labbro e all'occhio.
Se avesse immaginato che il suo approccio sarebbe finito così, ne avrebbe pensato un altro!
La prima cosa piacevole che sentì oltre a tutto il male bruciante e martellante, furono le mani di Mitsui sui suoi polsi che gli spostavano le sue per vederlo in volto.
- Ehi, Sendoh! Come stai? - L'idea di essere stato salvato da lui era bella ma il modo in cui ora si sentiva fisicamente lo era di meno!
La sua voce, comunque, era delicata e premurosa, cosa non da lui!
Gli piacque ovviamente.
Forse perché a chiunque vedere Sendoh picchiato faceva un certo effetto.
Lui non era uno da aggredire, era buono come il pane... in ogni situazione non andava mai alle mani, risolveva sempre tutto con le parole o con una semplice risata distensiva. Allentava qualunque tensione cavandosela sempre con diplomazia. Fargli del male fisico era come sparare sulla croce rossa.
- Sono stato meglio... - Rispose impastato per muovere il meno possibile la bocca sanguinante grazie al labbro spaccato, lo stesso sangue che si era trasportato sui palmi delle sue mani.
- Guarda qua... non sono stati molto leggeri! -
Commentò l'altro osservando da vicino quello che normalmente era un bel volto dai lineamenti distesi.
Akira tentò il sorriso ma una fitta lo fece desistere.
- Tu dici? - Sussurrò con ironia, il meglio che riuscì a fare.
Gli piaceva che si preoccupasse per lui ma al contempo gli dispiaceva, si sentiva come un peso anche se era comunque piacevole visto che ora l'attenzione di Mitsui era su di sé.
Il ragazzo più grande di un anno sorrise per lui con un certo rammarico, in fondo era successo davanti a casa sua...
- Dai, vieni che ti medico un po'... - Alzandosi lo affiancò prendendolo per un braccio, poi lo tirò su con decisione ma delicatezza e senza mollarlo un istante lo condusse con attenzione dentro al suo palazzo.
Sendoh nonostante tutto riuscì anche a godere di quel momento di contatto. Era più forte di lui, doveva tirare fuori il lato positivo da ogni cosa, anche la peggiore o la più faticosa!
E poi... la miglior cura, non era l'amore?
- A proposito... che ci facevi davanti a casa mia a quest'ora? E' un quartiere pericoloso... - Chiese nell'ascensore sgangherato. Continuava a tenerlo per il braccio pensando di vederlo cadere disteso a terra da un momento all'altro.
- Passavo di là e siccome c'era una comunicazione del club, stavo per suonare e dirtela ma sono stato interrotto. - Questa scusa avrebbe retto se Mitsui fosse stato Sakuragi e non avrebbe conosciuto la zona di Sendoh, più lontana di lì. Ad ogni modo decise di tenersi l'interrogativo per sé e non indagare, quindi si concentrò sulla comunicazione che gli puzzò tanto di scusa bella e buona:
- Quale avviso è? -
- Gli allenamenti di domani mattina sono stati anticipati di tre quarti d'ora. - Il silenzio cadde per un attimo, silenzio in cui entrambi pensarono quanto ingenuo fosse l'altro.
A distrarli arrivò l'odore di menta che notarono dopo un po' che si sentiva:
- Cos'è? Menta? -
- Si, bevevo il thé alla menta ma me l'hanno rovesciato addosso quando mi hanno colpito. - Ammise Sendoh toccandosi la maglia bagnata sul punto dello stomaco. Andando in giro con la giacca della divisa slacciata e sotto la maglietta, fu ovvio arrivare alla logica conclusione: si sarebbe anche dovuto cambiare, con SOMMO dispiacere!
A Mitsui piacque quell'odore e si chiese se anche il suo sapore fosse così buono. E se la sua bocca sapesse proprio di menta.
Ma rimase il pensiero di un attimo interrotto dall'apertura dell'ascensore del suo piano, il quinto.
I cigolii cessarono e loro uscirono dall'abitacolo in latta claustofobico, poco sicuro ma intimo. Si diressero alla porta dove il numero tendeva a cadere girandosi verso il basso. Era il venti.
Lì davanti Hisashi lo mollò per tirare fuori le chiavi e cercando nelle tasche della tuta comoda le trovò quasi subito nonostante i suoi pensieri fossero altrove e non su ciò che faceva.
Casa sua era un appartamento di settanta metri quadri in uno stile un po' retrò. L'ingresso aveva il consueto specchio, la consueta scarpiera ed il consueto mobile di disimpegno. I colori cupi dell'intero arredamento erano vivacizzati da tende, tappeti, tovaglie e quant'altro sui toni dell'arancio, del giallo e del rosso. La cucina era sui toni del verde chiaro mentre le camere da letto erano azzurre. Ce n'erano due. Il bagno era verde acqua.
- Mia madre è a lavoro, fa la barista e ha il turno dalle sei a mezzanotte. - Avvisò Mitsui indicandogli la propria camera di fronte a quella della madre.
Sendoh non chiese nulla del padre e lui non disse che era divorziato e che viveva dall'altra parte del Giappone senza mai vederlo.
- Mi lavo un attimo le mani... - Disse dirigendosi nel bagno dalla porta aperta. Il compagno annuì aggiungendo:
- Prendo la cassetta dei medicinali. - per poi sparire in uno sgabuzzino minuscolo alla ricerca del contenitore ben nascosto sotto qualche altra scatola.
Akira, i cui dolori ormai erano terminati abbastanza, dopo essersi pulito le mani e aver accuratamente evitato lo specchio, andò in quella che doveva essere la camera del senpai e la osservò, era matrimoniale. Era semplice e personalizzata da dei poster di famosi giocatori dell'NBA.
Solo una foto si distingueva: una gigantografia dove ritratti v'erano lui da piccolo insieme ai genitori. Somigliava un po' ad entrambi.
Si perse in quel bambino sorridente e felice dai composto capelli neri e lo sguardo vispo, poi la voce di quel bambino ormai cresciuto lo fece trasalire.
- E' di un bel po' di tempo fa... - Disse solo questo sedendosi sul letto e facendo cenno di raggiungerlo. Il ragazzo non se lo vece ripetere e accomodandosi accanto pensò che anche lui rappresentava un mistero che non si sarebbe svelato da solo tanto facilmente.
Gli piacque ancor di più.
- Non sono un granché delicato, ti avverto... - Mugugnò Mitsui subito armeggiando con il cotone e il disinfettante. L'altro riuscì finalmente a sorridere anche se con un certo sforzo, quindi lui si fermò con la medicazione a mezza strada proprio prima di posarla sul labbro inferiore spaccato e gonfio. Ne fu piacevolmente sorpreso. Aveva sempre un bel sorriso perfino in situazioni spiacevoli.
Dopo qualche secondo, però, proseguì cercando di fare più piano che poteva. Gli tolse prima il sangue colato sul mento e successivamente, tenendogli lo stesso punto con due dita dell'altra mano, passò il cotone imbevuto di acqua ossigenata sul punto leso. Fu incredibilmente un momento di strana intimità, nonostante la fitta bruciante di dolore fece trattenere il fiato alla 'vittima'. Il 'medico' non si fermò ma anche quando ebbe finito non tolse le dita dal suo mento, seguendo un istinto di piacere per quel piccolo e innocente contatto.
Rimase a guardargli la bocca ora pulita dove si notava il taglio e per un momento gli tornò in mente la menta. Akira stesso rimase immobile in silenzio, aspettando che procedesse, sperando che prendesse l'iniziativa, poi lo vide riscuotersi da solo passando all'angolo dell'occhio già livido.
Dopo di che tolse la mano dal mento, a malincuore, e gli porse del ghiaccio.
- Per quello ormai c'è poco da fare. - Commentò con voce insolitamente roca.
Il più giovane sorrise nuovamente, questa volta con dolcezza e gratitudine mentre prendeva la busta gelata avvolta da uno straccio in stoffa e se la posava piano sullo zigomo.
- Va più che bene quel che hai già fatto per me. - Hisashi si trovò spiazzato da quel compagno di squadra che conosceva così poco e che improvvisamente si era interessato a lui.
Ammaliato era il termine adatto. Sembrava quasi più grande di lui, aveva dei modi di fare particolari, sapeva sempre quel che voleva e nulla di quel che faceva era fatto a caso.
Ma non lo vide come un approfittatore, non in quel momento in cui gli parve semplicemente più bello del solito così scarmigliato e malconcio.
Forse sapeva adattarsi ad ogni situazione e persona...
Non smisero di guardarsi negli occhi, così vicino da sentire i rispettivi respiri.
- Ti chiedo solo un altra maglietta perché questa è tutta di thé alla menta. - Fu Sendoh con delicatezza ad interrompere il silenzio.
L'altro si riscosse capendo il senso della richiesta in un secondo momento, quindi si alzò dispiaciuto per prendergli ciò che gli aveva chiesto.
- Tieni. - Gliene porse una pulita e si risedette dov'era prima, continuando a guardarlo con indiscrezione, come calamitato da lui.
Il moro dai capelli a punta si sfilò l'indumento superiore rimanendo seduto a torso nudo senza il minimo imbarazzo, successivamente sapendo l'effetto che aveva dopo quanto provato, si soffermò sul proprio stomaco guardando e toccando il punto in cui era stato colpito qualche minuto prima. Il livido si presentava già. Strinse le labbra e un po' contrariato disse:
- Guarda qua che roba... - Mitsui guardò.
E inghiottì.
- Già. - Riuscì solo a dire. La gola gli si seccò e non trovò altro da dire. Ma pensò.
"Vedo proprio... che roba, porco cane! Ha un anno meno di me e guarda che addominali, dannazione!" Fu con dispiacere che lo vide mettersi la maglia con gesti lenti, quasi languidi in un certo senso. "Stava così bene senza... " Tuttavia continuò a non dire nulla, limitandosi a fissarlo insistente.
Erano ancora vicini ed avevano finito le operazioni post rissa, ormai cosa rimaneva?
Entrambi un idea ce l'avevano...
Akira in un istante soppesò le possibilità e decise che il suo compagno era un meraviglioso piatto prelibato da gustare per bene e con calma dopo aver capito tutti gli ingredienti che lo componevano. Quindi con un notevole sforzo anche per sé stesso, fece un ultima cosa prima di andarsene.
Una cosa strategica.
Gli sfiorò il suo viso.
Avvicinò ulteriormente il proprio al suo e alzando un dito gli toccò delicato le sopracciglia perennemente corrucciate, poi scese lento e languido sullo zigomo ed infine sulle labbra piegate con stupore all'ingiù. L'assorbì con gli occhi imprimendosi quei lineamenti aggressivi nella mente, dopo di che sussurrò:
- Sei davvero bello, perfino con queste espressioni che sembrano sempre arrabbiate. -
Le sue labbra erano morbide e calde.
"Come sarà baciarlo?" Se lo chiese mentre immobile non procedette oltre.
Non sostituì la bocca alle dita e anche se avrebbe voluto, si trattenne.
"Non ora. Non ancora. "
Si disse.
Hisashi rimase immobile senza fiato, in quell'istante inaspettato, attendendo qualcosa di più, che andasse oltre.
Aspettando qualcosa che non accadde.
- Ora devo andare. Tolgo il disturbo. Grazie ancora, Mitsui. Ti devo un favore. - Così dicendo tolse il dito e dopo i mille brividi, un senso di mancanza e disapprovazione lo colse. Stava meglio prima. Eppure guardò le sue spalle allontanarsi e lasciarlo desideroso di quel bacio non avvenuto, stralunato per quel contatto insolito.
Sendoh non era solo ciò che mostrava la superficie. Quanto c'era da scoprire?
Rimasto solo, il ragazzo se lo chiese e si rispose che l'avrebbe scoperto presto.