FIDUCIA CIECA

PRIMA PARTE:
SARAI TU I MIEI OCCHI

“Il tuo segreto è al sicuro stanotte?
e noi siamo fuori dalla visuale?
il nostro mondo andrà in rovina?
troveranno il nostro nascondiglio?
questo è il nostro ultimo abbraccio?
il mondo smetterà di crollare?”

/Resistance - Muse/

Scoprire la loro sede criminale non fu dopotutto un effettivo passo in avanti, considerando le pessime conseguenze.
Anzi, riflettendoci bene quello poteva essere considerato più un passo indietro che uno in avanti…
Il posto era una specie di baita in montagna dispersa in un bosco ed in uno spettacolo della natura da togliere il fiato. Guardandolo da fuori nessuno poteva sospettare che quello in realtà fosse un laboratorio dove gente discutibile facesse i propri affari, affari poco puliti, anzi per nulla.
In realtà la squadra ci era arrivata per caso, non certo con la consapevolezza che andando in quel luogo disperso avrebbero trovato la loro base, però così era stato e nel giro di attimi si erano ritrovati a giocare a guardie e ladri.
Letteralmente, in effetti…
McGee e Ziva stanarono ogni ‘topo’ all’interno e, senza mettersi minimamente d’accordo, quindi con la sola naturalezza istintiva, Gibbs e Tony si trovarono ad inseguire due all’esterno.
Un esterno decisamente ampio e spazioso.
Gibbs non ci aveva pensato un secondo a fermarsi e chiamare i rinforzi e lasciar fare a una squadra di esperti, la foresta circostante e le ore pomeridiane che andavano via via proseguendo sempre più rapidamente, ma soprattutto la poca conoscenza del posto e la temperatura non proprio estiva, non lo bloccarono nemmeno un istante.
Andando dritto per la sua strada, quella che lo portava ad inseguire quei due da lui definiti ‘cervelloni assassini’ che avevano messo la propria sapienza a servizio del campo sbagliato, ovvero quello del male, non aveva nemmeno rallentato e Tony non aveva potuto che andargli dietro nella speranza di prenderli subito e non perdersi nei meandri di quel bosco sempre più intricato e pericoloso.
Non si erano parlati né messi d’accordo, non emettevano un suono -cosa unica e rara per uno che normalmente non faceva che parlare di continuo anche nei momenti più sbagliati-, si limitavano a correre loro dietro e seguire le tracce fresche. Forse Tony stesso sentiva qualcosa di strano in quella rincorsa insolita in un posto da film dell’orrore, non poteva dirlo, non ebbe nemmeno il tempo di rifletterci…
Non dubitava che Gibbs li avrebbe presi, fra l’altro imbracciava un fucile e lui con un’arma simile era più letale di una bomba atomica. Ciò di cui dubitava inconsciamente era che tutto potesse filare liscio prima che qualcosa andasse storto!
Non che fosse un veggente, ma stando tanto in sua compagnia alla fine un po’ delle sue capacità divinatorie le aveva prese ed infatti puntuale il momento arrivò.
Erano troppo vicini e con poca visuale per usare per l’appunto le capacità infallibili da cecchino di Gibbs, per cui con uno scatto virtuoso ed incosciente, piazzatosi sopra di loro in una zona boscosa con una discesa fra radici intrecciate che li nascondeva bene, si buttò letteralmente addosso ai due.
Tony rimase indietro ad imprecare sul fatto che avesse cinquant’anni e che facesse quelle cose che lui che ne aveva quaranta non riusciva a fare. Più che altro non voleva, troppo legato alla sua pelle.
Gibbs planò su uno dei due che gli fece da materassino, non aspettandoselo questi non riuscì a spostarsi e si fece fortemente male alla gamba, rimasto a terra immobilizzato e stordito, l’altro cercò di scappare fregandosene altamente del suo compagno ormai spacciato. Fu allora che Gibbs si allungò e si tuffò per afferrare anche lui, messo troppo male per usare pistola o fucile. Gli prese la gamba e lo buttò a terra. In quello giunse anche Tony per una strada più sicura e meno suicida ma fu tardi.
Fu tardi perché quei criminali usavano la scienza per i loro sporchi giochi, in pratica erano dei chimici al servizio di aguzzini della peggiore specie e pur di cavarsela avrebbero usato ogni arma in loro possesso. Peccato che le loro armi non fossero le stesse di un agente federale.
Prima che Tony potesse agguantarlo e immobilizzarlo o almeno puntargli una pistola contro, questo individuo buttò una fiala in faccia a Gibbs, questi colto di sorpresa mollò la presa e l’altro riuscì a scappare buttandosi giù da un piccolo dirupo che fece perdere momentaneamente di lui le tracce.
- INSEGUILO! - Tuonò Gibbs. Ma fu quest’ordine insolito che fermò invece Tony.
Sì, perché che lui ordinasse a qualcuno di inseguire un criminale che gli aveva fatto personalmente qualcosa indicava solo che non poteva farlo per primo, cosa pressoché inaudita per uno come lui.
Per questo venne meno all’ordine diretto del suo capo per vedere cosa gli fosse successo.
La luce del giorno stava ormai rapidamente calando ma soprattutto le fronde degli alberi impedivano di vedere come si doveva, Tony mise da parte la pistola e tirò fuori la pila quindi gliela puntò contro.
Era ancora steso sull’altro uomo che era stato placcato e che si lamentava come in una litania, dedusse con poco interesse che doveva avergli minimo rotto un piede.
Quando notò che il suo corpo era intatto, illuminò il viso e fu allora che capì perché non gli diceva di tutto vedendolo lì a soccorrerlo piuttosto che ad inseguire l’altro criminale.
Perché non lo vedeva.
- J-Jethro… - Gli sfuggì il suo nome ma Gibbs non lo notò altrimenti gli avrebbe dato uno scappellotto. Davanti ad estranei soprattutto non poteva chiamarlo per nome, tanto meno con la squadra.
Non fece nulla poiché dopo essere rimasto stordito qualche istante ed essersi sistemato sul terreno, si era preso il viso fra le mani e strofinandosi gli occhi aveva cominciato a capire lui stesso cosa fosse successo.
Non era calata improvvisa una coltre di nebbia assassina, come succedeva nei film dell’orrore. Era lui che vedeva tutto annebbiato.
Quello che vide Tony prima che si coprisse furono i suoi occhi vacui e per un momento credette di morire, lo credette davvero perché ormai la sensazione la conosceva bene, avendola sfiorata molte volte. Un tuffo alla bocca dello stomaco che gli faceva credere d’avere il cuore in una morsa d’acciaio, un pallore istantaneo, sudore gelido ed il fiato che proprio non voleva saperne di uscire. Attimi, attimi atroci.
- Cosa diavolo è quella roba che mi ha buttato in faccia? - Chiese Gibbs rivolto all’uomo steso accanto che si teneva la caviglia piagnucolando.
Sentendo che non rispondeva si mollò il viso e lo prese per il collo stringendo, fu allora che si degnò di rispondere:
- Un composto chimico che se buttato sugli occhi brucia momentaneamente la retina impedendo la vista per un paio d’ore. - Tony impallidì molto più di Gibbs il quale parve essere giunto già alla conclusione del ‘un paio d’ore’, il che significava che doveva solo aspettare per riprendere a vedere al di fuori di quella fastidiosa nebbia.
Tony si arenò e prendendo l’uomo per il collo al posto del suo compagno, lo scosse agitato come difficilmente finiva per essere a lavoro:
- Che conseguenze ha? Dopo quanto torna a vedere? Non lascia residui e complicazioni di alcun tipo? Ci vuole qualcosa per aiutare la vista o torna da sola e basta? PARLA DANNAZIONE! -
Gibbs rimase basito nel sentirlo così fuori di sé e nonostante potesse comprenderlo, a lui premeva molto di più seguire le tracce dell’altro fuggitivo finché erano fresche e lui era vicino, ormai c’erano, non potevano permettersi di perderlo, non dopo il danno che gli aveva provocato.
- C-ci sarebbe un collirio che aiuterebbe la vista a tornare prima, ma in ogni caso non è un composto letale e se aspetta gli tornerà da sola entro ventiquattro, trenta ore al massimo… dopo comunque è meglio usi quel collirio lo stesso per qualche giorno per aiutare la vista ad assestarsi. - doveva aver capito che non era il caso di scherzare… era consapevole che erano in mezzo al bosco, esattamente nel nulla.
Tony imprecò e questa volta più di Gibbs che invece si stava già alzando, quando lo vide lo aiutò venendo subito respinto malamente e ammonito:
- Ammanettalo, legalo e assicurati che non scappi… -
- Non potrei nemmeno volendo! - ringhiò l’altro lamentandosi per il dolore al piede.
- Poi chiama Ziva e McGee, dagli le coordinate per prenderlo e muoviamoci! - Concluse Gibbs perentorio cercando a tentoni il fucile che gli era caduto poco distante da lì ed imbracciandolo.
Tony lo guardò stupito poiché sapeva dove voleva andare a parare nonostante una persona assennata avrebbe pensato a ben altro…
- Torniamo indietro e chiamiamo i rinforzi! - Lo disse ben sapendo quale sarebbe stata la risposta.
Gibbs non lo guardò poiché non poteva, però fu la stessa cosa dal tono che usò:
- DiNozzo datti una mossa! - Quando lo chiamava per cognome era per ristabilire la già abbondantemente stabilita autorità e Tony capì che non ci sarebbe stato niente da fare, peccato che non poteva evitare di fargli presente che:
- Ma ti ricordi che non ci vedi e che sta venendo buio e che siamo in un bosco? -
La risposta fu ovvia, come immaginato, solo che gli fece impressione sentirglielo dire:
- Sarai tu i miei occhi! -
Da un lato non poté che farsi cogliere da un incosciente e narcisistico senso d’orgoglio per averglielo sentito dire, ma dall’altra era consapevole di ciò che questo avrebbe significato.
Solo più guai. Tanti. Molti. Inimmaginabili!
Per un momento si chiese se potesse considerarlo uno scherzo, ma quando sentì la sua mano posarsi sulla propria spalla -e non c’era da chiedersi come riuscisse a sapere dov’era- capì che tanto valeva muoversi e sbrigarsi.

Date le dovute indicazioni a Ziva, i due si mossero più in fretta possibile nonostante il buio quasi pesto che ormai calava. Per un momento Tony aveva contemplato l’idea di lasciare il compito del segugio alla ragazza ben addestrata per quel genere di cose, ma poi aveva sentito Gibbs spingerlo nonostante non ci vedesse, per cui rinunciò all’idea di chiedergli tempo.
Le urla del prigioniero li accompagnarono per un bel po’ fino a che non ci furono solo i rumori del bosco.
- Stai seguendo le tracce? - Chiese Gibbs più scorbutico di sempre. Tony non era molto pratico di quel genere di cose poiché solitamente si limitava a farlo fare a Ziva, la vera esperta, tuttavia sapeva come si faceva. Stando con Gibbs era difficile non sapesse fare qualcosa, effettivamente… quello che invece si chiedeva era come facesse lui a non inciampare visto che non ci vedeva…
- La pianti di saltellare? - L’ammonì impaziente Gibbs stringendo la presa.
- Non saltello, inciampo… sai, il terreno non è liscio e fantastico come una strada di città! - Si lamentò Tony il quale, appunto, non capiva come ci riuscisse a camminare così dritto pur non vedendoci.
- Smettila di lamentarti e sbrigati che altrimenti lo perdiamo e tanto valeva tornare indietro! - Stavano andando avanti apposta perché sapevano di essergli vicini, altrimenti quel suicidio non l’avrebbero affrontato…
Forse.
Per Gibbs l’unica differenza dalle molte escursioni che si era trovato a fare da giovane, specie coi marine, era che quella la faceva senza vedere.
Ah sì… era anche la prima da solo con Tony. Solitamente lo mandava con Ziva o qualcun altro, insieme non ne facevano mai anche perché tendeva a stare da lui separato in modo che mentre uno cercava sul campo, l’altro dirigesse le indagini.
Una volta erano andati insieme nel deserto ma erano stati accompagnati dallo sceriffo del posto, quindi non era stata la stessa cosa.
Si sarebbe divertito se non fossero stati lì a seguire un criminale scienziato che l’aveva accecato.
Occhi o non occhi si sarebbe anche divertito, certo.
Gibbs era Gibbs, un risaputo sadico se si trattava di torturare il suo compagno e torturare Tony era il passatempo preferito da tutti.
Gli diede poi il fucile prendendosi in mano la pistola.
- Lo dovrai usare tu. - Disse ricordandosi che quello poteva servire solo se uno la mira la poteva prendere. Si seccò di dover cedere il testimone a qualcuno ma fu sollevato che almeno quello fosse Tony. A nessun altro avrebbe potuto darlo.
Tony capì l’importanza di quel gesto ed anche quanto comunque gli seccasse lasciarglielo, quindi non disse niente, nemmeno tentò di sdrammatizzare nonostante gli venissero in mente dozzine di film ambientati con la trama di base da guardie e ladri nei monti e nei boschi.
Fortunatamente abbastanza ben equipaggiati e con munizioni in abbondanza, proseguirono per un po’ fino a che divenne difficoltoso anche per Gibbs.
Avevano passato gran parte del tempo in silenzio, concentrati sulle difficili operazioni che dovevano compiere -uno dirigere uno lupo bianco e l’altro captare ogni segnale circostante- e attenti oltretutto a non fare troppo rumore, ma arrivati ad un certo punto divenne praticamente impossibile proseguire e la notte era inoltrata.
Il buio era più profondo che mai e la luce della sola torcia elettrica non bastava ad illuminare le tracce. Notarono con sollievo che la temperatura era abbastanza buona anche se non delle migliori e costatando che non avrebbe piovuto e che proseguendo si sarebbero probabilmente persi -o comunque confondere le tracce di qualche animale vista la scarsa abilità di Tony in quel genere di cose già col giorno, figurarsi di notte-, Gibbs ordinò di fermarsi e accamparsi qualche ora, fino ai primi chiarori dell’alba.
Dopo aver avvertito Ziva, Tony scelse una zona più riparata delle altre, un angolo coperto da tre grossi alberi che creavano una specie di parete ideale per evitare le folate di vento fugaci che ogni tanto gli si presentavano, acese un piccolo fuoco e sistemati più comodi che poterono, condivisero uno degli snack da cui Tony per sicurezza non si separava mai.
Una volta di più fu contento di sé stesso per l’utilità che stava dimostrando e sapendo che non avrebbe certo ricevuto complimenti da Gibbs, sospirò perdendosi per un momento a fissare la natura circostante.
- Com’è? - chiese il compagno sapendo perfettamente che cosa stesse facendo.
L’altro non se ne stupì e rispose stringendosi nelle spalle. Era strano non avere più la sua mano sopra.
- Nero. - Era vero, non si distingueva molto, solo qualche fronda più in là. A quel punto, coi rumori notturni dei vari animali fra cui civette e grilli che rendevano il tutto alquanto inquietante, si riaccese dopo essersi miracolosamente spento per delle ore, troppo intento a non perdere le tracce e a non scontentare il lupo posato sulla spalla. - Hai presente Mowgli, il film, quando stanno nella giungla per arrivare alla città d’oro? - Non attese risposte ovvie, non importava che lo sapesse o no, importava che a quella domanda Gibbs accennò ad un piccolo sorriso divertito. - e’ proprio uguale! Solo che non so ululare per zittire tutti gli animali… - Disse poi riferendosi al momento in cui Mowgli l’aveva fatto.
- Ne sono lieto! - Commentò da finto burbero rilassandosi contro il tronco dietro di sé. Tony si girò a guardarlo, alla luce del fuoco si vedeva chiaramente la sua espressione ed era vero ciò che aveva percepito dal suo comportamento e dal suo tono. Non era per niente teso o angosciato, anzi, sembrava quasi come se fosse la situazione più normale del mondo e non poté che chiedersi come potesse riuscirci, poi si rispose che lui era Leroy Jethro Gibbs e che era speciale e diverso proprio per quella capacità di sorprendere tutti, persino lui che lo conosceva meglio degli altri.
- Come sono gli occhi? - Chiese quasi con delicatezza e sussurrando sapendo che dovevano essere il più discreti possibile.
Gibbs si strinse a sua volta nelle spalle sminuendo la propria condizione, come se non fosse assolutamente quella la cosa più importante.
- Bruciano meno. - Il che significava che gli davano ancora fastidio e che non vedeva ancora.
Non indagò sapendo che si sarebbe innervosito e bisognoso di rilassarsi guardò il fucile sperando di non doverlo usare e di vincere sul loro nemico con un metodo meno alla Gibbs e più alla Tony, ovvero con furbizia.
- Hai freddo? - quella domanda da lui non se l’aspettò e preso contromano rispose sinceramente…
- Un po’… - Era vero, era fresco ma si stava abbastanza bene grazie al fuoco. Poi si rese conto di quanto insolita fosse quella domanda da parte sua, un’attenzione che solitamente non aveva mai e prima di ogni altra considerazione si ritrovò col braccio intorno alle proprie spalle. Non se ne rese conto gli si era già accoccolato contro e la beatitudine che riuscì a provare avrebbe giurato di non poterla mai sentire in una condizione simile. Sorpreso di sé stesso quanto del suo compagno, si ritrovò anche a sorridere come un ebete sollevato dal fatto che Gibbs non lo potesse vedere.
- Non fare quella faccia che appena si alza il chiaro ci muoviamo di nuovo. - No, decisamente non aveva bisogno della vista per vederlo. Gibbs sapeva già tutto di lui, anche cosa stesse pensando in quel momento e dandogli voce glielo dimostrò sicuro: - Sì che è personale. Mi ha accecato, dannazione. È personale sì, questa maledetta storia. E devo essere io a prenderlo. -
- Immagino che ormai io e te siamo la stessa persona… - Disse ironico Tony alludendo al fatto che tecnicamente sarebbe stato lui a prenderlo e fermarlo.
- Ovvio. - Rispose Gibbs con non poco orgoglio nella voce.
Il compagno allora si girò di scatto sorpreso da quell’ammissione che detta da lui era una di quelle rare dichiarazioni che poco si concedevano, infine vedendolo così ben disposto nei suoi confronti, decise di approfittarne poiché era quello che faceva sempre:
- E com’è non vederci e affidarsi totalmente a qualcun altro? Voglio dire, per uno che di solito non si fida nemmeno della propria ombra riflessa per terra… - Domanda legittima che chiunque si sarebbe fatto ma che nessuno avrebbe osato fargli. Ma nessuno aveva la sua faccia tosta.
Gibbs sembrò pensarci qualche istante e come se vedesse davvero qualcosa, dopo un po’ rispose sempre con quella naturalezza che Tony adorava immensamente.
- Non sei mica uno qualunque. - La risposta più facile e scontata ma vera e diretta. Tony ne rimase colpito e gli piacque mica poco, per un momento si chiese dunque se sarebbe stato il momento ideale. Bè, di certo lo era per lui e decidendo che il resto del mondo civilizzato poteva rimanere al di là di quel bosco fitto e che almeno da quella situazione scomoda qualcosa di buono doveva prenderselo, lo fece e basta.
Consapevole che Gibbs non vedeva ancora niente e che doveva essere strano, gli girò il viso con un dito e avutolo di fronte gli carezzò le labbra con le proprie.
Doveva essere strano per l’altro farlo senza guardare, si disse. E magari un giorno ci avrebbe provato anche lui, perché no.
Ma sicuramente all’aperto, di notte, in una foresta, all’inseguimento di un criminale, quella sarebbe stata la prima e ultima!
Gibbs accolse la sua bocca ben volentieri e prendendogli il viso con una mano, si lasciò guidare da qualunque istinto in quel momento volesse prevalere.
Vinse quello più piacevole di tutti e Tony ne fu più che contento.
Schiusero insieme le labbra e con le lingue si vennero incontro, in quell’intreccio non c’era più una momentanea cecità incombente e tanto meno un inseguimento o lo status di pericolo.
Non c’era più niente se non loro, le labbra e lo stare bene insieme, semplicemente bene e così tanto da riuscire a vivere anche momenti di tensione come se fosse normale amministrazione.
Tony decise poi di curare il compagno a modo suo e senza farsi prendere da falsi pudori e simili, scivolò fuori dalla sua bocca e seguendo la linea della mascella, giunse all’orecchio, lo delineò delicato con la lingua e poi salì sugli occhi chiedendosi se gli avrebbe dato fastidio. Domanda stupida. Era lui, in ogni caso non si sarebbe lamentato, specie considerando la natura di quel gesto.
Gibbs non si mosse, respirava al minimale e rimase fermo a lasciarlo fare.
Sentì le sue labbra percorrerlo sui lineamenti del viso e giungere agli occhi ed una volta lì lo sentì ricoprirlo di piccoli baci leggeri estremamente dolci.
Dolci vista la situazione ed il motivo per cui lo faceva.
Volendo semplicemente che non smettesse, risalì anche con l’altra mano sulla sua nuca e immergendo le dita fra i capelli corti ora non più sudati, se lo tenne a sé in quel chiaro muto messaggio.
Era bello sentire la sua bocca contro le proprie palpebre, gli pareva per assurdo quasi che non gli bruciassero più.
Sentitosi soddisfatto, Tony scese sul collo e su di esso gli mormorò roco e sensuale:
- Mi occupo io di te… - E lo fece, ma non fu tanto quello quanto il come ma soprattutto che lo facesse proprio.
Gibbs era consapevole di non essersi mai sentito più strano di così e non vederlo ma sentirlo e basta era qualcosa di pazzesco per lui abituato a tenere tutto sotto controllo. Però era altrettanto pazzesco che non gli servissero comunque gli occhi poiché era come vedere lo stesso. Affidarsi solo al senso del tatto fu un’esperienza fuori dal comune che mai avrebbe dimenticato, ma soprattutto sapere. Conoscere Tony così a fondo da sapere tutto lo stesso fino a figurarselo ugualmente, il suo viso carico di desiderio che lo faceva impazzire, la sua pelle alla luce del fuoco che appariva arancione, i suoi occhi emozionati che comunicavano sentimenti di cui si vergognava.
Quello fu ancora più incredibile, in una maniera indescrivibile.
Gli aprì la giacca mimetica imbottita e gli alzò la maglia e la camicia per raggiungere con le mani la sua pelle, il suo addome si tese per poi rilassarsi al suo contatto, riconobbe le sue dita e le sentì muoversi lente e sensuali con estrema sicurezza. Era proprio il suo modo di fare, di esplorarlo pur conoscendo a memoria il suo corpo sin nei dettagli, di cogliere i suoi molti punti deboli.
Sentì le sue labbra scendere ed unirsi alle mani che poi slacciavano i pantaloni, lo inumidiva con la bocca e l’assaggiava con la lingua ma quando lo fece non solo con la pelle sensibile del suo basso ventre ma bensì anche col suo inguine, Gibbs premette la testa all’indietro, contro il tronco, e sospirò immergendo entrambe le dita sulla sua nuca per tenerselo addosso.
Lo sentì eccitarsi a quella decisa ed evidente richiesta e quindi aumentare l’intensità della sua bocca sul proprio membro, lo sentì accendersi e gli parve di immaginarselo di nuovo mentre chino su di sé gli dava piacere in quel modo.
Strano, estremamente strano, senza la vista il senso del tatto gli parve moltiplicato rispetto al solito ed ogni percezione sulla pelle gli arrivò mille volte più forte. Completamente destabilizzato e sentendo il piacere come un’estasi senza precedenti, raggiunse l’apice con profonda sorpresa e tremendamente scosso. Non l’avrebbe certo dimenticato, specie considerando che probabilmente sarebbe stata effettivamente l’unica volta così.
Si tese e tremò vistosamente in un orgasmo particolarmente sentito e violento e Tony risalì soddisfatto dopo essersi appropriato con orgoglio del suo sapore, quindi raggiunte le sue labbra tornò ad unirsi ad esse con calma e lentezza esasperante ed un pizzico di dolcezza che metteva solo in rari momenti.
Era bello trovarsi fino a quel punto nonostante la situazione difficile, era bello sapersi certi dell’esito comunque positivo di quel momento complicato.
Era bello riuscire a stare insieme ugualmente nonostante tutto, tanto da riuscire ad avere un orgasmo simile e a godere l’uno dell’altro fino in fondo, senza remore e controlli.
Gibbs ricevette di nuovo la sua lingua volentieri e lo cinse tenendolo a sé come se potesse scappare dopo un atto del genere.
Non era per quello, era perché senza poterlo vedere le mani diventavano i suoi occhi e più lo toccava più riusciva a guardarlo diversamente. Era davvero strano ma estremamente meraviglioso e sconvolgente.
Gibbs era sempre più certo, mentre lo baciava abbracciandolo, che non si sarebbe mai più sentito così.
Nudo e vulnerabile eppure sicuro e tranquillo poiché era con la persona che amava e non solo per il sentimenti che li univa ma perché la fiducia era tale che lo rendeva completamente consapevole che non gli sarebbe successo niente finché sarebbe stato con lui.
E non servì dirsi che si amavano o che sarebbe andato tutto bene, non servì cercare di tranquillizzarsi perché erano già talmente calmi e sicuri che nulla avrebbe potuto aiutarli più di così.
Fu allora che senza dirsi assolutamente niente e senza interrompere quel concerto spettacolare della natura che li circondava e che non li inquietava grazie all’unione appena raggiunta, che si coprirono alla meglio e messi più comodi si addormentarono per riposare almeno qualche ora.