NOTE: è tipo da una vita che non scrivo one shot yaoi e ne sono stupita io stessa, immagino chi si troverà a leggerla! Questa situazione non nascondo che è ispirata da due miei amici che hanno effettivamente le caratteristiche sia fisiche che caratteriali dei miei due protagonisti, ma soprattutto il rapporto è apparentemente come quello da me descritto, a livello esterno. Io da brava slasher che sono, inguaribile insana deviata, devo deviare e contaminare il mondo e non ho potuto non vedere il loro bellissimo rapporto d’amicizia come qualcosa di più che poi ho scritto in questa semplicissima shot. Non ha pretese ed è molto leggera e distensiva, ma soprattutto specifico che i nomi li ho cambiati e naturalmente la situazione l’ho modificata a mio piacimento. Loro due soli sanno se poi alla fine stanno davvero insieme o no, ma è vero che si comportano in quel modo in pubblico ed io non posso non pensarci… ma io sono io!
Che dire? Spero di allietare le vostre ferie, per chi lo è, o il vostro lavoro, per chi rimane a casa!
Ringrazio chi leggerà e commenterà.
Buona lettura.
Baci Akane

POLI OPPOSTI


/You’re all i have - Snow Patrol/
Non era la stanza ad essere più scura del solito, eppure sembrava proprio che avessero chiuso saracinesche e luci.
I poveri nuovi arrivati notarono subito una strana tensione nell’aria, dalle facce dei presenti sembrava che fosse appena morto qualcuno…
- Ma cosa è successo? - Chiese una ragazza ad un’amica che era lì da prima.
- Brie è di cattivo umore… - Rispose con una faccia che era tutta un programma… era evidente la sua esasperazione e la voglia di uccidere il suddetto Brie, cosa che naturalmente si guardava bene dal fare visto il temperamento del ragazzo. Di certo a rimetterci poi sarebbe stata lei.
Brie era Gabriele e tutti lo chiamavano così perché Gabry o Lele sarebbe stato troppo comune per uno così fuori dal comune. Solo una persona preferiva ‘Gabry’ ed infatti era l’unico a chiamarlo in quel modo.
- Oh, capisco… - Disse poi l’altra comprensiva: - Quando lui è di cattivo umore è la fine! -
- Sì! - Fece subito l’amica con fare melodrammatico ed alzando gli occhi al cielo: - Se è di buon umore è spassoso e coinvolgente, fa proprio morire dal ridere e stare con lui è un piacere, ma se è nero vien solo da appenderlo al muro! Chissà che diavolo ha poi da essere così! Non è che sia successo chissà che… - Il monologo logorroico sarebbe continuato a lungo se il protagonista dei suoi lamenti non si fosse intromesso con un ringhioso e poco fine commento:
- La piantate di perdere tempo a dire cagate e vi date da fare invece, cazzo? I bambini arrivano a momenti e noi come sempre siamo fottutamente in ritardo! -
Quella che era stata brutalmente interrotta era anche una delle migliori amiche di Gabriele, quindi lo conosceva bene ma soprattutto aveva una certa confidenza con lui infatti non si intimidì per nulla e accesa come una fontana di fuochi d’artificio, disse puntandogli il dito medio davanti alla faccia:
- Vaffanculo, Brie! Io parlo quanto mi pare e piace, e poi sto anche lavorando, quindi non rompere i coglioni! - Gabriele le lanciò uno sguardo assassino -e già di norma i suoi sguardi non erano molto dolci, se poi erano assassini erano letali- e mandandola platealmente a quel paese con un gesto secco braccio, la superò uscendo dal caseggiato che usavano per il centro estivo dei bambini.
Loro ed alcuni altri giovani facevano volontariato di pomeriggio come animatori e prima che l’orario dei giochi cominciasse, doveva già essere tutto pronto per l’attività del giorno.
Gabriele era sempre il più entusiasta, quello che si faceva in mille e che si divertiva a farlo, però se era per qualche arcano ed oscuro motivo incazzato, non c’era niente da fare. Era la bestia più nera mai esistita in tutte le galassie dell’universo. E, come si era visto, non esitava un istante a rispondere male.
- Si può sapere che cazzo hai? - Fece affacciandosi alla porta mentre lui ormai si allontanava a passo di carica. Non fece in tempo a sentire una qualunque risposta che assistette ad un miracolo vero e proprio…
Francesco, un altro animatore del gruppo, era appena arrivato e non era nemmeno sceso del tutto dalla bici -nonostante i diciannove anni il ragazzo si muoveva sempre rigorosamente in bici- che Gabriele acceso come un albero di natale gli si catapultò addosso stringendoselo come uno dei bambini che facevano giocare; lo salutò più felice ed entusiasta che mai, come se fosse una delle giornate più belle della sua vita.
- FRA, SEI ARRIVATO! -
- Voglio ucciderlo! - Grugnì Silvia inferocita nel vedere l’umore del suo amico cambiare dal giorno alla notte in un battito di ciglia.
- Non è normale, quel ragazzo, eh? Soffre di personalità multipla secondo me… - Ribatté l’altra ragazza che aveva visto la scena.
- Ma che cazzo ne so… sarà innamorato di Checco! - Borbottò ancora col piede di guerra Silvia, girandosi per lasciarlo perdere.
Checco era Francesco per tutti tranne che per Gabriele che lo chiamava invece, come si era notato dal suo urlo disumano, ‘Fra‘. Lui doveva sempre differenziarsi.
La risata dell’amica che la seguiva la risollevò:
- Questa è bella, sta attenta che non ti senta Brie altrimenti ti demolisce! - Il temperamento di Gabriele era famoso. Metteva passione in tutto quello che faceva esagerando al massimo, quindi di conseguenza anche le reazioni erano tremende.
- Figurati, ormai c’è Checco, sarà uno zuccherino per tutto il giorno! - Rispose pratica conoscendo bene ormai le dinamiche del duo più famoso in circolazione.
Era un classico… tanto Gabry era agitato, tanto Checco era calmo… la sua era una flemma contagiosa, riusciva a trasmetterla persino all’esagitato Gabriele che si limitava a non trucidare il prossimo nel caso fosse in fase ‘bestia nera‘.
Ovviamente erano solo amici.
Solo.
Se due amici si salutavano con un abbraccio simile…
I due ragazzi si sciolsero e Checco ridendo chiese all’amico, capendo al volo che aveva qualcosa che non andava:
- Gabry, cosa è successo? - E per l’appunto l’unico che chiamava Gabriele in quel modo era lui.
Questi posò il suo sguardo deciso su quello gentile dell’altro ed osservandolo si dimenticò anche di essere stato arrabbiato per qualcosa.
I capelli neri e corti erano come al solito spettinati, gli occhi del medesimo colore di pece brillarono quando alzò le spalle menefreghista ed allo stesso modo, diretto e semplicistico, rispose:
- Nulla di che… dai, dobbiamo cominciare! -
Francesco fu poi preso a braccetto e trascinato dal frenetico amico che non gli diede nemmeno il tempo di respirare. Del resto sapeva che se l’avesse lasciato fare avrebbe fatto tutto con tempi lunghi il doppio.
Francesco si fece ovviamente fare e senza trovarci il minimo problema nell’essere trascinato da una parte all’altra dell’ampio cortile come fosse un cagnolino, rimase ad ascoltare i lunghi discorsi di Gabriele che aveva improvvisamente trovato una parlantina più che sciolta…
Nel frattempo, in un altro angolo di quello stesso posto, altre due animatrici più giovani che avevano sedici anni, solo un anno meno di Gabriele, li stavano fissando intensamente e con aria concentrata sembravano impegnate in una conversazione estremamente complicata.
- Chi preferisci dei due? -
- Brie senza dubbio! - Fece l’altra che aveva le idee chiare da un po’, a tale proposito.
- Io non saprei… - Cosa che la prima non aveva.
- Ma dai, Brie è obiettivamente più bello… con quell’aria selvaggia… quei lineamenti aggressivi e decisi da bel tenebroso… i capelli e gli occhi neri… -
- Sì però Checco ha il carattere dalla sua… -
- Ma fisicamente non è nulla di speciale… voglio dire… i suoi capelli biondi, ricci e selvaggi sono la fine del mondo, ma poi ha un viso molto semplice. -
- Ti dico che non è l’aspetto che piace di lui, è buono, gentile, in gamba… così accomodante… così calmo… sta bene con tutti, non si lamenta mai… invece Brie a volte lo strozzeresti… -
- Sì, ha un carattere pessimo… cioè se è di buon umore è fantastico e fa ridere tutti e non sta fermo un secondo, ma altrimenti diventa uno stronzo di prima categoria! -
- E’ che esagera sempre in tutto quello che fa… -
- Ci mette una tale passione nelle cose… -
- Sarebbe perfetto il carattere di Checco nel corpo di Brie… e magari ci aggiungerei la grinta e l’entusiasmo del secondo… -
- E’ vero… - La ragazza rise: - Checco è meraviglioso ed un ragazzo d’oro ma ha una flemma che a volte fa venire il nervoso. Non si scompone mai! -
La chiacchierata andò avanti a lungo fino a che non furono chiamate per cominciare l’attività pomeridiana coi bambini a cui, naturalmente, partecipò in modo particolarmente attivo e protagonista Gabriele che si trascinò come al solito un Francesco che comunque l’assecondò pur se coi suoi tempi.
In realtà se serviva si dava una mossa, sapeva essere molto veloce ed era portato per tutti gli sport, come l‘amico, però non era un esagitato, se poteva scegliere faceva tutto con calma.
Peccato che Gabry non gli desse questa opportunità e con un ‘Fra’ di qua ed un ‘Fra’ di là se lo chiamò per tutto il tempo senza dargli un solo attimo di tregua. Certo, visto che Gabriele fermo non ci sapeva stare, perché mai Francesco doveva starci?
No, lui doveva seguirlo e fare quel che faceva lui, assolutamente!
Il bello era che Francesco lo faceva senza mai lamentarsi, dimostrando una pazienza infinita.
E come se non ne avessero avuto abbastanza, concluse le ore regolari del centro estivo, i due si fermarono come ormai di consueto per una delle loro solite partite con gli amici.
Quel giorno era il basket di cui Gabriele era particolarmente patito e soprattutto molto bravo. A Francesco semplicemente veniva tutto, sempre con la sua solita tranquillità che quando voleva sapeva mettere da parte per darsi da fare davvero.
Di fatto dopo Gabriele era quello più veloce e prestante nelle attività fisiche, nonostante l’aria da bradipo costante!
Alla fine rimasero nel campetto da basket solo loro due, come se Gabriele avesse a sua volta diciannove anni invece che diciassette e potesse fare quello che voleva come l’altro.
No, insomma… se Francesco si fermava ancora, si fermava anche lui, tutto lì.
E poi si divertivano così tanto… perché andare a casa?
Il tramonto dopotutto era così bello e l’estate nel pieno del suo caldo.
Andare a casa era proprio fuori discussione e siccome pareva comandare Gabriele, rimasero anche quel giorno ad oltranza a giocare a basket da soli.
Erano molto bravi e Gabriele adorava lo spettacolo… prima che avevano giocato in squadra insieme avevano stracciato gli altri con delle combinazioni splendide, quelle cose che due facevano senza guardarsi e mettersi d’accordo, trovandosi al millimetro ed immediatamente.
Riuscivano a fare certe giocate che sembravano quasi da professionisti, per questo gli altri si opponevano sempre a farli stare nella stessa squadra. Naturalmente non c’era mai verso per dividerli. Più che altro Francesco era accomodante e faceva quello che volevano gli altri, ma siccome la volontà maggiore era rappresentato da un unico individuo, ovvero Gabriele, tutti, lui compreso, finivano per fare quello che voleva il moretto insistente e rompiscatole.
Dirgli di no poi era impossibile, non perché battesse di continuo come un martello pneumatico, bensì semplicemente non si smuoveva.
Diceva una volta una cosa e non si poteva discutere o fare altrimenti, cominciava direttamente per la sua strada e che lo seguissero o meno non gli interessava.
Tanto sapeva che alla fine gli venivano comunque dietro, era in ogni caso quello più ascoltato -non che fosse facile non ascoltarlo in effetti- e seguito. In poche parole nonostante i diciassette anni e quindi non fosse il più grande nel gruppo, era il leder. Un leder naturale.
Di sicuro non si poteva non dargli retta.
- Tregua? - Chiese Francesco leggermente stanco dopo l’intera giornata passata a far tutto l’impossibile sempre per colpa di Gabriele. Erano ormai soli e dovevano decidere se seguire l’esempio degli altri e andare a casa o se rimanere lì ancora.
Naturalmente non ci furono dubbi.
- Che tregua e tregua! Avrai tempo stanotte per riposare! Dai, su, una sfida uno contro uno! Subito! - Fece cominciando a battere le mani fra un palleggio e l’altro. Vide però che Francesco rimaneva seduto a terra nel campetto di cemento e che col viso tutto rosso e sudato ed i riccioli biondi scompigliati sulla fronte lo guardava chiedendogli pietà, così si mise a girare la palla sul dito cambiandola di mano in mano come fosse uno scoiattolo che aveva appena bevuto caffè.
Anche Gabry era sudato e visibilmente provato, eppure sembrava avere ancora mille energie…
Francesco non se ne capacitava proprio…
- Ma dove le trovi tutte queste forze? Sarò io troppo vecchio ormai… - Scherzò non capendo come facesse a non esaurirsi mai. Dopotutto non era stato fermo un secondo nemmeno lui, quel giorno. Come tutti gli altri precedenti.
Gabriele sorrise orgoglioso prendendola per un complimento, poi si rabbuiò:
- Macchè vecchio, hai solo due anni più di me! Sei solo troppo scarso, è diverso! - Pareva sensibile all’argomento di differenza d’età ma solo se si parlava di quella fra loro due…
Francesco che non sapeva nemmeno cosa fosse l’orgoglio, alzò le braccia in segno di resa:
- Sì, allora è proprio così, basta che mi lasci respirare! - Disse infatti ancora stremato nella speranza che l’ascoltasse.
Naturalmente non ci fu verso e con un tiro al volo dalla linea dei tre punti che andò a segno come se il canestro fosse scontato e di poca importanza, si buttò a pesce sull’amico seduto a terra. Naturalmente lo uccise per qualche secondo togliendogli il fiato.
Non che fosse enorme, Gabry, anzi… era nella media come corporatura, magari anche un po’ troppo magro, però con tutto lo sport ed il movimento che faceva di forza e muscoli ne aveva a sufficienza e riceverlo sullo stomaco a quel modo non fu di certo una passeggiata infatti rimase immobile senza nemmeno riuscire a lamentarsi e respirare.
- Non puoi tirarti indietro, Fra, è la nostra solita sfida! Alzati, scansafatiche! -
Normalmente non doveva insistere tanto, ma quel giorno Francesco doveva essere effettivamente stanco. Bè, in quel momento era proprio morto…
Gli ci vollero quei secondi per riprendersi, secondi durante i quali Gabriele si accomodò sopra di lui come fosse un materassino e col gomito sul suo petto, appoggiò il mento al palmo e lo fissò da vicino come se fosse una creatura rara.
- Quanto ci metti a riprenderti? Sei una piaga, Fra! Su, sbrigati! - Naturalmente non gli diede comunque tregua e quando il poveretto sotto si decise a riaprire gli occhi e a tornare alla vita, si ritrovò il suo bel viso tenebroso a pochi centimetri dal suo intento a fissarlo con quell’aria inquietante e maligna, la sua solita. Quel ghigno ormai era perennemente stampato sulle sue labbra e ci stava anche piuttosto bene, doveva ammetterlo.
Si riscosse da quel pensiero fugace e dimostrando una forza non indifferente si alzò come non avesse nessuno steso sopra. Improvvisamente aveva trovato tutte le energie pur di non sentire più il suo corpo sopra il proprio.
A volte veniva da chiedersi se per caso Gabry avesse dei gusti che non riguardassero il basket e lo sport in generale. Pareva vivere per esso, per lo meno lui ne era convinto.
Ovvero…
“Ma avrà qualcuno di animato che gli piace? O è consacrato unicamente al basket?”
Domanda legittima visti i propri gusti, invece.
Si era salvato grazie al fatto che tutti lo ritenevano semplicemente un tipo troppo addormentato per pensare alle ragazze, poi siccome aveva diciannove anni e non era mai stato con nessuna avevano detto che era solo troppo timido per provarci per primo.
Cose abbastanza vere, era timido per fare il primo passo ed un po’ era anche pigro per darsi tanto da fare in quel modo per una cosa simile. Però non era proprio vero che fosse addormentato.
Era più che altro riservato, ci teneva troppo alla propria sessualità. Essere gay non era facile nemmeno nel nuovo millennio dove ormai gli omosessuali vivevano con tranquillità allo scoperto senza problemi.
Ci teneva se non altro alla sua privacy. Anche nel caso che gli sarebbe piaciuta una ragazza e che fosse stato eterosessuale, nessuno avrebbe mai avuto idea di chi lei fosse, tanto meno che una lei nel suo cuore potesse esserci; questo perché era bravissimo a mascherare con la sua flemma e la sua presunta aria da addormentato e di ragazzo timido, i suoi reali gusti. Nessuno aveva mai idea di chi o cosa gli piacesse, sembrava piacergli tutto visto che stava con tutti e non discriminava nessuno. Non c’era uno con cui non parlasse volentieri, uno con cui non stesse senza problemi. Di conseguenza a Francesco piacevano tutti e nessuno. Dire quali fossero i suoi gusti precisi era impossibile. Un autentico enigma… un enigma che gli altri non sapevano nemmeno fosse tale, convinti che fosse poi solo la persona più semplice del mondo e quindi solo timido e addormentato, appunto!
Gabriele era più un libro aperto, se uno gli piaceva lo si vedeva subito, non era capace di tenersi niente dentro e comunque era troppo spontaneo per mascherare o nascondere qualcosa.
Il punto era che ciò che per tutti era evidente -e su questo non v’erano dubbi o inganni- non lo era a quanto pareva per Francesco che sembrava convinto che Gabriele fosse semplicemente iperattivo e che non sapesse riposarsi.
Ma si sbagliava, perché certe cose solo dall’esterno erano chiare, dall’interno mai per niente.
Un classico, dopotutto…
Loro due non facevano eccezione.
Gabriele si alzò con uno scatto atletico appena si sentì scrollare di dosso da Francesco e contento come una pasqua corse a recuperare la palla. Sorrideva felice più che mai ed il suo bel viso parve illuminato di luce propria, Francesco per un momento si chiese se davvero tanta gioia fosse tutta per una stupida sfida a basket o magari per lui, ma la presunzione stava in lui quanto l’orgoglio, quindi non contemplò oltre questo fatto considerandolo impossibile.
Gabriele era semplice. Quello che gli piaceva era quello che faceva, non c’erano altri motivi per cui facesse qualcosa.
Vero, ma non completo.
Solo che fra i tanti pregi di Francesco c’era un difetto che in quei momenti diventava un ostacolo gigantesco.
Si sottovalutava come non mai.
Troppo.
Dopo essersi sistemato in attacco, Gabriele non ci mise un secondo di più ad aspettare che si preparasse, partì immediatamente e con un palleggio basso e velocissimo, col baricentro che sfiorava quasi il pavimento, tirò fuori alla bellezza delle sette e mezza di sera un movimento ubriacante di gambe.
Francesco esitò nell’osservarlo mentre cercava di dribblarlo per andare subito a canestro:
- Ma come diavolo fai a muoverti così dopo la giornata che abbiamo avuto? - Già, come faceva?
Gabriele non considerò né la giornata effettivamente stancante, né il fatto che avrebbe dovuto dimostrare almeno un po’ di pesantezza nei movimenti. Per lui era naturale muoversi così se giocava da solo con la persona con cui stava meglio.
Si limitò a dirsi questo, ancora troppo lento di comprendonio.
Ebbene sì, Gabriele era di un’ottusità unica. Agiva d’istinto e faceva ciò che voleva ancora prima di capire perché lo volesse… era uno di quelli che si rendeva conto delle cose evidenti dopo molta fatica.
Per questo ciò che per esterni era evidente, per chi era dentro non lo era per niente.
Perché loro si limitavano a viverlo senza staccarsi e guardarsi con obiettività, troppo coinvolti, troppo presi.
Gabriele sapeva solo che adorava stare con Francesco più che con chiunque altro e che quando arrivava era felice ed il malumore andava via. Questo bastava.
Non si fermava mai a chiedersi il motivo di una cosa, troppo da pensatori, quelle cose lì… lui odiava pensare, preferiva agire ed essere il primo.
Oh, questo sì.
Detestava perdere ed era competitivo come la morte con la vita!
- Avanti, Fra, datti una mossa, rammollito! Mi fai vincere troppo facilmente così! - Lo istigò con cattiveria senza pensare realmente ciò che diceva. Sapevano che era un gioco nel gioco, per loro, e scacciando ogni domanda e dubbio, Francesco si mise a ridere e scuotendo la testa si decise a dargli retta, come sempre del resto.
Ignorarlo era impossibile!
O meglio non ci riusciva proprio…
- Gabry Gabry… tu giochi col fuoco! - Rispose poi divertito mettendosi d’impegno a marcarlo. Quando cominciò annullò ogni tipo di ragionamento e divenne istinto, contagiato dall’amico che lo era in ogni istante della sua vita, quindi si trovò euforico ad agire in quel modo. Euforico a potersi brutalmente appiccicare all’altro come gli piaceva fare nel tentativo di prendergli la palla e fermarlo.
Un tentativo serio, in realtà, visto come lo marcava pressante incastrando alla perfezione le loro gambe piegate fino a spingersi e abbracciarsi contemporaneamente.
Gabriele cercava di mantenere le distanze per la palla, quindi gli dava solo il fianco, ma Francesco sembrava gli bastasse visto che non lo mollava nemmeno per far passare uno spillo.
“Tanto non si accorgerà di niente, per noi è normale fare così!”
Se lo diceva sempre quando arrivava ad un certo punto… il timore di passare il limite c’era sempre, ma ponderato e controllato com’era sarebbe stato impossibile in qualunque caso.
Gabriele, dal canto suo, non trovava niente di più bello e appagante di quelle loro sfide personali, col tramonto che faceva atmosfera colorandoli d’arancio ed il campo da basket interamente per loro.
Qualcosa che avrebbe potuto continuare a fare in eterno, specie se Francesco si impegnava tanto dandogli del filo da torcere. Perché a lui piaceva conquistarsi le cose e poi, naturalmente, ottenerle.
Così fu, dopo una lotta praticamente infinita dove sembrava ballassero al ritmo della palla che veniva velocemente schiacciata sul cemento, che Gabriele con quel suo ghigno che a Francesco parve sensuale, decise di usarlo fallosamente come scaletta capendo che altrimenti nessuno dei due avrebbe prevalso, non se facevano così sul serio.
Senza nemmeno dare all’altro il tempo di capire cosa stesse facendo, Gabriele si appoggiò alla sua spalla con una mano e con il piede salì sulla sua anca, con le gambe in quella posizione che facevano da scaletta non fu difficile. Infine con un’agilità che ogni volta lasciava tutti senza parole, lo saltò per tutta la sua altezza che era più elevata della propria.
In sospensione sopra la sua testa, proprio mentre stava per tirare a canestro, Francesco decise che il punto non era valido e sapendo che comunque l’avrebbe fatto e se lo sarebbe preso lo stesso, decise che fallo per fallo tanto valeva scendere al suo livello. Quindi contagiato dai suoi modi da schizzato, lo afferrò al volo per la vita e lo cinse buttandolo giù.
Gabriele che non si aspettava un gesto simile tirò comunque di riflesso mentre veniva scaraventato giù e siccome ormai la palla sembrava in sincronia con la propria volontà, il canestro lo fece nonostante il placcaggio brutale.
Dopo di che l’impatto fu inevitabile ed il dolore anche.
Non che Francesco nascondesse lati violenti, anzi, ma semplicemente Gabriele aveva quel dono, ovvero tirargli fuori la cosiddetta cattiveria che ci stava, cioè quella fra amici che si metteva in quel genere di giochi.
Nonostante il tonfo sordo delle ossa del ragazzo volante contro il cemento e del placcatore che lo schiacciava giù perché era caduto a sua volta troppo sbilanciato, Gabriele si perse il dolore alle ginocchia, alla spalla e alla fronte per… ridere!
- Ecco il tuo lato violento che amo! Per questo ti stuzzico, per farti diventare cattivo, perché so che puoi esserlo e sei fantastico! - Poi però cominciò a sentirsi effettivamente come un tamburo su cui un musicista batteva e si prese la fronte fra le mani rimanendo immobile ad imprecare poco finemente com’era nel suo stile.
Naturalmente non si mosse perché l’amico gli stava sopra e lo teneva ancora stretto per la vita. Naturalmente. Non che in realtà la forza per scrollarsi anche un elefante di dosso l’aveva sempre e comunque!
Francesco rendendosi conto di aver esagerato e che Gabriele imprecava dopo aver riso, si preoccupò e capendo di avergli fatto male un nodo cominciò a salirgli dentro. Non poteva accettare l’idea di essere stato lui a fargli qualcosa… a nessuno ma a lui nello specifico…
Prima ancora che smettesse di imprecare, si scostò il necessario per riuscire a rigirarselo mantenendoselo sotto. Lo girò e gli prese i polsi spostandoli dal viso, quando vide la sua faccia sgranò gli occhi sconvolto e mortificato.
- Cazzo, Gabry, scusami, non pensavo fossi così sbilanciato da cadere di faccia… - Il sangue usciva ma fortunatamente non copioso e solo dalla fronte.
Nel tentativo di salvarsi il naso aveva sbattuto la fronte, ma non era niente di grave.
Più oscene le ginocchia sbucciate indegnamente, mentre la spalla solo contusa.
Alla sua espressione profondamente preoccupata, Gabriele smise di lamentarsi solo per sollevarlo, detestava vederlo così.
- Ma dai, non preoccuparti, non è niente… mi faccio sempre male, io, per me è normale cadere e rovinarmi da qualche parte! - Era vero, questo non toglieva il fatto che fosse stato lui a ferirlo quella volta e non poco… la fronte presentava un bel taglio e non si doveva prendere alla leggera una botta simile.
- Certo che devo preoccuparmi, è colpa mia e guarda qua che roba che hai… - Era sinceramente risentito verso sé stesso e Gabriele lieto di tale stato tutto per lui, la visse come una cura per il proprio ego, il corpo non contava!
Si tirò così su a sedere e nel sentirsi di nuovo una fitta alla testa fece una smorfia spontanea e fu così che Francesco gliela prese fra le mani per osservare per bene la ferita alla fronte. Dei sottili rivoletti continuavano a scendere sul suo viso che continuava a cambiare espressioni… ora erano di dolore, ora divertite e solo lui sapeva cos’avesse tanto da ridere!
- E’ una brutta botta, non mi piace… - Fece infatti premuroso. Gabriele, forse proprio per quella brutta botta o magari perché inconsciamente non aspettava altro, rimanendo incastrato alle sue gambe e così vicino a lui e al suo viso, si sconnesse e disse la prima cosa che gli venne in mente, come gli venne. Come faceva il più delle volte in effetti.
- E allora curami così poi stai tranquillo! - Non ci pensò che avrebbe potuto suonare vagamente equivoco, la disse e basta e poi se ne inorgoglì pure. Dall’espressione imbarazzata di Francesco probabilmente aveva detto qualcosa di giusto… sì, perché se lui faceva quella faccia, non poteva che aver fatto qualcosa di perfetto!
L’imbarazzo di Francesco era il suo pane e poteva nutrirsi di esso così raramente che quando succedeva ne prendeva a piene mani. Era qualcosa su cui non ragionava, semplicemente gli piaceva stuzzicarlo fino ad imbarazzarlo. Tutto lì.
Il perché non gli interessava!
Francesco cercò comunque di tornare pratico e non considerare il senso nascosto di quella frase che di certo per Gabriele non aveva significato altro che quello, ovvero un invito a curarlo. Anche se poi gli era parso di captare un tono allusivo e malizioso, oltre che una luce su quei suoi occhi decisi e penetranti.
- E… con cosa ti curo? Il centro estivo è chiuso e non ci sono fontane qua vicino… - Disse riconoscendo il problema, specie che anche le sue ginocchia gridavano vendetta.
A questo punto l’espressione di Gabriele accentuò il proprio sadismo e addirittura con un che di seducente che ora fu impossibile ignorare, disse con lo stesso ghigno sensuale di prima:
- Leccami! - Francesco arrossì. Era davvero troppo ambiguo ora e non pensare male, malissimo e super male era impossibile… Inghiottì a vuoto con un’ondata di calore che lo invase all’istante bruciandogli le connessioni neuronali.
- Scherzi? - Chiese spontaneo non credendo possibile che glielo stesse dicendo davvero, come non credesse possibile che un ragazzo più piccolo di lui di due anni riuscisse a ridurlo in quello stato…
Gabriele proseguì con quella sua aria dannatamente sensuale e senza avere il minimo controllo sulle proprie espressioni abbassò appena la testa per porgergli la fronte ferita che effettivamente pulsava malignamente. Certamente la sua soglia del dolore era alta, ma ora cominciava ad avere un paio di fastidi.
Non si accorgeva di ciò che stava provocando in Francesco, specie perché era molto bravo a controllarsi -ad eccezione del colore del viso che era rosso- e normalmente non si capiva comunque se fosse in difficoltà o meno.
Alla fine dopo qualche istante passato a fissare la brutta ferita sanguinante che lui stesso gli aveva procurato, sospirò accondiscendente. Dopotutto glielo aveva fatto lui, era giusto che in qualche modo rimediasse.
Sì, ma non poteva essere ipocrita con sé stesso, non era giusto.
“Ne sto spudoratamente approfittando… credo solo che si stia divertendo a torturarmi. Lui è Gabriele, si diverte a torturare tutti… mi piace per questo, anche. “
Non aveva più voglia di mentire a sé stesso, la trovava una cosa da ragazzini, lui ormai era arrivato al punto da accettare i propri istinti ed anche di controllarli.
Fu così che pregando di non esagerare -visto che quando era con Gabry alla fine il controllo in qualche modo lo perdeva sempre comunque- continuò a tenergli il viso fra le mani e appoggiando le labbra sulla fronte proprio sul taglio che sanguinava, le schiuse e cominciò a succhiare e leccare per ripulirlo. Non che fosse una specie di vampiro, fu semplicemente il gesto che stava compiendo sul ragazzo che gli piaceva.
Gabriele era abbastanza grande per assumersi le responsabilità delle proprie azioni e comunque non stavano facendo niente, non di sicuro di male.
Si auto convinse in tutti i modi che non fosse nulla, che Gabriele non gli stesse tenendo le mani sui fianchi per non farlo scappare improvvisamente ma solo perché non sapeva dove metterle. Qualunque motivo ci fosse lo bruciava e gli stava dando alla testa, come il proprio gesto di succhiargli la fronte.
Quando lo sentì abbastanza bene sotto la lingua, si staccò appena per controllare e vedendo che aveva circa smesso di uscire, notò l’altro sangue che era precedentemente colato in mezzo agli occhi e lungo la guancia e non resistette. Non per il sangue, ovviamente, ma perché leccarlo era qualcosa che gli stava dando alla testa.
A parte il sapore di ferro in gola, c’era anche il salato della sua pelle sudata e non sarebbe dovuto essere particolarmente piacevole, ma lì, per terra, incastrati l’uno davanti all’altro a tenersi vicendevolmente, non capì più niente e di fatto andò in tilt. Gli capitava ogni tanto ed era poi deliziosamente spontaneo.
Non era tipo da prendere iniziativa in nessun caso, mai, però lì stava solo dando una mano ad un amico.
Che per caso gli piacesse era un extra.
Così distaccato dalla realtà e dalla coscienza, tornò sul suo viso e questa volta direttamente con la lingua. Percorse la piccola scia del sangue e lo ripulì con una natura sensuale spontanea ed innata che stordì entrambi ma soprattutto Gabriele che ancora immobile a trattenere il respiro, si godeva il momento chiudendo gli occhi.
Chiudendoli per abbandonarsi a quella piccola cura che sapeva di diverso e di strano e che non l’avrebbe mai dimenticata.
Per quanto ottuso fosse, era impossibile non percepire quel qualcosa in più con cui Francesco glielo stava facendo. Non era un semplice leccargli via il sangue e ripulirlo al metodo dei vecchi tempi, quando per un taglio era più che sufficiente leccarsi la ferita.
Era qualcosa di più, di molto di più e Gabriele lo percepì all’istante impossibilitato a far finta di nulla ,a completamente bloccato non lo fermò ed anzi sperò andasse avanti. Oltre la guancia.
Nell’esatto istante in cui si trovò a sperarlo, una scarica elettrica caldissima lo attraversò e tendendosi per poco non si eccitò pericolosamente.
“Vorrei solo che mi baciasse.”
Lo pensò immediatamente, non era un tipo che girava intorno alle cose una volta che le capiva. Era ferocemente diretto prima di tutto con sé stesso, ma quel pensiero non ebbe il potere di mandarlo subito in crisi, perché impulsivo com’era Gabriele si limitò a seguire il proprio volere momentaneo impedendosi ancora una volta le riflessioni che l’annoiavano.
Senza esitare spostò le mani dai suoi fianchi ed alzandole sul suo viso e prendendolo come Francesco stava facendo, sempre rigorosamente con gli occhi chiusi, il fiato svanito e un’emozione evidente, gli diresse il volto e le sue labbra verso le proprie.
Quando le trovò se le prese e non gliele mollò più.
Allacciato alla sua bocca, la fece sua trovando subito la lingua che sapeva del proprio sangue e della propria stessa pelle. Gli piacque quel mescolamento di sapori e con decisione ed irruenza tipici suoi fu il suo turno di togliergli il fiato e spiazzarlo.
Fra tutte le cose che da lui si sarebbe aspettato -e di cose uno da lui se ne aspettava molte visto che tipo era- quella di certo non era nella lista.
Completamente catapultato malamente in un altro splendido mondo, dopo il primo istante di stupore e shock non poté che rispondere con la sua tipica calma in contrapposizione alla sua esuberanza. C’era passione anche in quel semplice gesto e non poté che affondare ulteriormente in lui e dimenticarsi particolari insignificanti come differenze d’età, uguaglianze di sesso e luoghi pubblici.
O che non aveva mai pensato di interessargli in quel senso e che probabilmente Gabriele stesso non sapeva veramente cosa stesse facendo.
Non considerò più niente se non che lo voleva e lo stava avendo. Per una volta le cose andavano semplicemente come voleva lui e poteva viverle e basta senza preoccuparsi di nasconderle e mascherarle con un sorriso gentile che risolveva sempre tutto.
Si trovò addirittura ad accarezzargli la schiena e circondargli la vita con le braccia per stringerlo a sé ulteriormente.
Fu sconvolgente non tanto per Francesco stesso quanto proprio per Gabriele.
Quando si rese conto che si stava paurosamente eccitando, che gli piaceva da matti, che avrebbe voluto farlo ancora e che le sue mani l’accarezzassero ancora, anche sotto la maglia, sembrò vagamente tornare in sé con la domanda più che normale:
“Sono impazzito? “
Ma pur senza risposta, si separò immediatamente scuotendo la testa a scatti e convulsamente nel caos più completo.
Aprirono entrambi gli occhi, quelli di Gabriele erano più scuri e tenebrosi che mai, immersi nella confusione e nei dubbi più cupi, mentre quello di Francesco addirittura spaventati oltre che dispiaciuti.
Non avrebbe voluto succedesse in quel modo, senza nemmeno essersene resi conto e con delle evidenti ovvie conseguenze disastrose, ma non fu capace di dire nulla. In fondo l’aveva baciato Gabry ma aveva cominciato lui a leccargli il resto del viso per pulirlo dal sangue. Di certo entrambi avrebbero avuto qualcosa da dire, ma sul cosa Francesco non si sarebbe minimamente pronunciato, convinto che Gabriele non avesse alba di che cosa fosse appena accaduto e soprattutto del perché.
Infatti, proprio come da lui capito e previsto, il ragazzo più giovane si separò e si alzò quasi brutalmente sciogliendosi in fretta dall’amico immobile e mortificato, come se fosse colpa sua.
Non dissero nulla, Gabriele se ne andò confuso e inquieto, zoppicante, e Francesco rimase lì a terra per altri minuti interminabili a pensare all’accaduto assurdo, prendendosi infine il viso fra le mani fino a chiedersi cosa mai avesse fatto e perché avesse rovinato tutto.
Convinto che così era stato.

Quando il giorno dopo tornarono al solito orario, al solito posto, come di consueto per le tre ore di giochi coi bambini, Gabriele era -sempre come di consueto- già al centro da un’ora abbondante. Arrivava sempre molto prima degli altri e andava via molto dopo, la sua vita sembrava tutta in quel posto, coi bambini e col campo da basket.
Il centro era un caseggiato piuttosto spazioso e attrezzato con tutto l’occorrente per intrattenere una mandria di bambini vivaci ed era situato in un grandissimo cortile recintato, nel cortile c’era un campetto da pallavolo e uno da basket il quale però veniva usato anche per il calcio viste le due porte sotto i canestri. Per il resto c’era uno spazio libero dove si potevano fare altri giochi.
Gabriele arrivava ogni giorno alle due, mentre gli altri animatori, tutti volontari, alle tre. Il centro estivo aveva inizio alle quattro e terminava alle sette, il suddetto giovane, invece, andava via mai prima delle otto se non anche dopo!
Sembrava non aver bisogno di nutrirsi, riposarsi e ricaricarsi in alcun modo, nemmeno di prendere respiro.
Arrivava alle due con la sua palla da basket personalizzata dell’NBA di cui era un patito e a torso nudo viste le ore più calde in cui giocava -fortunatamente il campo era circondato da degli alberi che facevano ombra- faceva un personale allenamento.
Giocava a basket in una squadra giovanile che ovviamente aveva i campionati solo durante l’anno accademico, dunque in estate interrompeva gli allenamenti e lasciava i ragazzi liberi di riposarsi, poi le ultime due settimane di agosto facevano il ritiro prima della ripresa del campionato.
Gabriele ovviamente non sapeva cos’era il termine riposo perché non poteva non fare le sue due orette d’allenamento giornaliero, almeno si limitava a farle spezzate...
Era ormai da mezz’ora abbondante che partiva da metà campo e arrivava a canestro con qualche tiro spettacolare, sia che fossero schiacciate, che tiri dalla tecnica elevata, che magari di quelli più semplici ed elementari, la sua bravura era comunque indiscutibile ed il suo talento era senza pari.
Francesco si incantava sempre a guardarlo giocare, spesso si appostava fuori dal cortile dove l’amico non lo notava e l’osservava giocare, consapevole che se l’avesse visto l’avrebbe costretto a giocare con lui.
Naturalmente non sempre, solo quando aveva del tempo libero e riusciva ad arrivare prima anche lui.
Quel giorno il tempo libero l’aveva e come altre volte aveva fatto, si era appostato a guardarlo.
Gli piaceva e non solo come ragazzo e persona ma anche in ciò che faceva. Si capiva quanto adorasse il basket solo per come giocava e come in tutto quello che faceva, metteva passione anche in un semplicissimo allenamento solitario.
Non faceva mai niente svogliato e Francesco lo ammirava, anche se non ci pensava proprio a diventare frenetico ed energetico.
Non si fermava un secondo comunque nemmeno lui, però era diverso perché faceva tutto con calma… quando Gabriele non lo stressava e non lo obbligava invece a sbrigarsi e a tirare fuori la sua forza, velocità e prestanza fisica!
All’ennesimo Alley-oop di successo a cui poi Gabriele finì per appendersi al ferro e dondolare per prendere fiato -e nel farlo si alzava e abbassava facendo flessioni sulle braccia!- lo sguardo gli cadde sull’angolo esterno del cortile dove Francesco era comodamente appostato ad osservarlo e quando lo vide la presa gli sfuggì. Per poco non cadde di sedere, ma con dei buoni riflessi riuscì ad arrivare a terra di piedi.
- Fra, che ci fai lì? Perché diavolo non entri e non giochi? Cos’è, hai paura di farmi male di nuovo? - Cominciò così a parlare disinvolto come se ieri poi non fosse successo niente.
Eppure mentre si allenava, l’aria truce l’aveva avuta eccome, si vedeva che aveva pensato a qualcosa di complicato; ora sembrava invece tutto passato!
Francesco rimase spiazzato da quella sua reazione e quando lo vide avvicinarsi alla recinzione che li divideva composta da sbarre metalliche distanziate l’una dall’altra da un paio di centimetri e aggrapparsi ad una di esse con la mano esattamente dove già stava la sua, gli venne un colpo che per poco non lo sconnesse col mondo.
Non osò dire nulla ed anzi si dimenticò di rispondere, infatti Gabriele ripeté asciugandosi distrattamente il viso con l’avambraccio comunque altrettanto sudato.
Francesco si perse per un istante ad osservare le goccioline di sudore che correvano sulla sua pelle lucida e constatò che lo sport gli faceva un gran bene. Non aveva il fisico di un giocatore professionista, ma si avvicinava già nonostante i diciassette anni.
Anche se rimaneva un po’ troppo magro, la vita infatti era stretta mentre le spalle più larghe.
- OHI, FRA, CI SEI? - Fece poi Gabriele spazientito stringendo la mano sulla sua per riscuoterlo dal suo mondo dei sogni.
Ogni tanto l’amico si assentava…
Con quello tornò brutalmente fra loro ma non dimostrò un particolare atteggiamento sconvolto e ancora l’imbarazzo profondo che provava per il bacio di ieri riusciva a controllarlo. Merito delle sbarre? Magari sarebbe andata bene se l’avesse piantata di tenergli la mano a quel modo…
- Sì, sì, ci sono, stavo pensando… - E non era difficile intuire a cosa, dopo come si erano lasciati la sera prima…
Gabriele però la faccia tosta l’aveva insita nel DNA e come se godesse nel torturarlo, lo provocò. Del resto Francesco aveva sempre quell’aria così imperturbabile e perennemente serena. Insomma, non era possibile esserlo sempre ed in ogni situazione e lui stesso aveva visto che ogni tanto si turbava anche lui. Erano momenti rari, ma lui ci riusciva a farlo uscire di carreggiata. Anche se poco, ma ci riusciva.
- A cosa? -
“Razza di idiota, lo sai a cosa pensavo!”
Era anche vero che nonostante le sue espressioni fossero tranquille e positive in ogni istante della sua esistenza e quindi mascherassero i suoi reali stati d’animo e le sue preferenze, Gabriele era uno dei pochi che riusciva a capire quando appunto dentro gli si agitava qualcosa di particolare. Non riusciva quasi mai ad inquadrarlo di preciso, ma sapeva che l’aveva. In quei casi bastava stuzzicarlo un po’ per ottenere quello che voleva.
Francesco tossicchiò e cercò di liberare la mano per tornare ad appropriarsi dei propri ragionamenti logici e razionali, ma non ci riuscì perché l’altro sembrava intenzionato a non farlo scappare.
Alla fine con le spalle al muro ed i suoi occhi inquisitori che lo penetravano in quel suo tipico modo ubriacante, si decise a rispondere sinceramente. Tanto valeva esserlo, a quel punto… e poi era venuto presto proprio per chiarire ed evitare tensioni in mezzo agli altri.
- A ieri sera. - Gabriele fece un’espressione stranissima e senza farsi interpretare nemmeno dall’altro, disse spigliato e deciso come sempre:
- Dai, vieni di qua che facciamo due tiri, la nostra sfida è ancora a metà ed io devo vincere in modo schiacciante su di te, lo sai! -
Era vero, era una sua mania, ma non solo con lui…
- Tu vuoi sempre vincere in modo schiacciante e non solo su di me, ma su tutti! - La sua famosa competitività…
Fu da un lato sollevato nel capire che Gabriele non voleva parlarne, probabilmente era il suo modo -stranamente indiretto per uno estremamente diretto- per dirgli che era stata una cosa X senza significato. Certamente aveva sperato in qualcosa di più, ma non era tipo da allarmarsi, non apertamente, se veniva rifiutato.
Anche perché in vita sua non era ancora successo, di essere rifiutato da chi gli piaceva, visto che non si era mai dichiarato e che non aveva ancora avuto storie.
Certamente essere gay per uno così riservato che mai e poi mai si esponeva in alcun modo, non era una passeggiata!
Gabriele allora gli lasciò andare la mano e Francesco si affrettò a fare il giro per entrare dal cancello poco distante da lì, mentre lo varcava disse bello forte e chiaro, sempre col ghignetto sadico ben stampato in faccia:
- MA E’ QUANDO STO SU DI TE CHE MI PIACE! SUGLI ALTRI NON E’ LA STESSA COSA! -
Per poco non mise male il piede e non se lo slogò.
Rossissimo in viso, questa volta Francesco non poté mascherare in alcun modo l’imbarazzo che, come al solito, solo Gabriele era in grado di tirargli fuori. Fortunatamente non c’era anima viva in zona e tossendo come un forsennato finse di avere un attacco di bronchite acuta.
Ovviamente le risa dell’amico denotarono che non ci aveva creduto per nulla, alla bronchite!
Lì per lì Francesco era di nuovo disorientato… a volte era convinto non volesse altro che un’amicizia da lui, altre sembrava ci provasse. Certamente Gabriele era una persona ottusa, ma non ingenua. Non era uno di quelli che usava doppi sensi senza rendersene conto, anzi.
Quindi?
Non ne venne comunque a capo in quei pochi secondi e quando si ritrovò Gabriele davanti, ancora a torso nudo e con l’aria accattivante che gli donava in modo particolare, prese la palla che gli tirò:
- Devi cominciare tu, ieri ho fatto io il punto. - Al ricordo di come l’aveva fatto, notò il taglio sulla fronte che naturalmente non aveva incerottato e che grazie al sudore non stava godendo di ottima salute. Era ancora rosso vivo e probabilmente con qualche piccola infezione, ma non sanguinava.
Abbassò poi gli occhi castani sulle ginocchia e le vide anch’esse senza cerotti o bende ma entrambe esageratamente sbucciate. Non sanguinavano come ieri nemmeno quelle, ma avrebbero ringraziato se fosse stato fermo e se le avesse tenute in modo più appropriato.
Scosse la testa rassegnato e indicando le sue povere ginocchia che ormai erano abituate ad essere trattate così male, disse pacifico:
- Dovresti aver più cura di loro… almeno delle bende potevi metterle! Così si infettano e non guariranno più! -
La risata allegra di Gabriele ebbe il potere di rilassarlo e dimenticando per un momento i trascorsi precedenti, si accinse a cominciare il seguito della loro sfida.
Qualunque cosa volesse Gabriele questa volta non era chiara ed era un evento storico unico perché solitamente invece era sempre chiaro e diretto, ma ad ogni modo Francesco non era uno che si scomponeva eccessivamente. Se il mondo crollava si spostava più in là, non tentava di reggerlo come invece era solito fare l’altro.
Se Gabriele lo ricambiava bene, altrimenti gli bastava continuare in amicizia e prima o poi qualcuno per lui l’avrebbe trovato. Questa la sua semplice convinzione granitica.
Francesco cominciò a palleggiare mantenendosi dritto e placido. Nessuna posizione da guerra o d’attacco, nemmeno di un po’ più basso per partire in quarta come giocando a basket si doveva teoricamente fare. Il suo tipico modo di essere, pensò Gabriele divertito mettendosi invece basso e a gambe larghe per bloccargli il passaggio. Aveva l’espressione più risoluta di questo mondo, come se fossero in una partita ufficiale di campionato.
Francesco tornò a dimenticarsi di tutti i pensieri e le intenzioni, per un attimo fu come se non ci fossero precedenti e si sentì semplicemente bene, fu così che si mosse, sempre con calma e senza correre, ma proprio verso Gabriele che era pronto a fermarlo serissimo.
Quando gli giunse ad un soffio e per avanzare avrebbe dovuto cambiare posizione ed impegnarsi, Francesco veloce e fluido prese la palla fra le mani ed alzandola davanti al viso la tirò sopra la testa di Gabriele insaccandola nella retina che frusciò.
Lo sfidante che non si aspettava subito un gesto simile, rimase a bocca aperta a guardare la palla entrare così presto. Un secondo. Quello dopo era già lì che gridava come un ossesso imbufalito:
- Stronzo, cos’è questa, una sfida? Ma guarda tu! Non si fa così, ci si scontra per bene, quella era la strada più semplice… - E mentre continuava a parlare andò a prendersi la palla e piazzandosi dall’altra parte, in attacco, davanti a Francesco che rideva e si preparava a difendere sempre fra i suoi brontolii, continuò… - No, perché anche io posso fare così e fregarti… - così dicendo tirò a sua volta. Naturalmente Francesco intuì che voleva fare la stessa sua mossa quindi saltò per parare la palla, peccato che la sfiorò con la punta delle dita dal momento che Gabriele, prevedendo a sua volta che lui l’avrebbe intercettato, fece un gancio e con una cupola perfetta si prese il punto successivo. - Ma mica ti piacerebbe! Così non c’è gara, non c’è competizione, non c’è lotta! - Concluse convinto e sempre inferocito Gabriele allargando le braccia per sottolineare le sue ragioni.
Francesco a bocca aperta guardò prima la palla entrare nel cerchio di ferro e poi l’amico che ancora rimaneva seriamente offeso di quel metodo per affrontare lo scontro, quindi non poté che scoppiare fragorosamente a ridere piegandosi sulle ginocchia e tenendosi la pancia con le braccia.
- Che cazzo ti ridi, coglione? -
A quello naturalmente l’altro rise più forte e Gabriele dopo averlo osservato perplesso per un po’ con le mani ai fianchi, venne contagiato e scuotendo il capo si mise a ridere a sua volta indicandolo con un gesto della mano che sembrava dire ‘ma guarda questo stronzo!’.
Francesco completamente rilassato e con la mente in tabula rasa -non che gli fosse difficile farlo, era particolarmente bravo a mettere da parte le cose a cui teneva per fare ciò che andava fatto- dopo degli abbondanti minuti a ridere, si alzò ed andò a prendersi la palla.
- Così sono ancora in vantaggio io, ma è come se questi due punti non ci fossero perché ho sempre due inizi io contro uno solo tuo. Tocca ancora a te. - Fece Gabriele intenzionato a non mollare la famosa sfida e tenendoci come al solito a mettere in chiaro la sua supremazia su quello che faceva.
Il ragazzo dai capelli biondi e ricci tutti in disordine sulla fronte ed intorno al viso non aveva certo sperato che quello gli fosse bastato e già pronto per ricominciare, si rimise nella stessa posizione di prima, ovvero dritto e placido.
Palleggiò come se niente fosse, quindi quando vide l’altro di nuovo in posizione seria da difesa e lo sentì incitarlo come suo solito, cioè…
- Dai, impegnati, cazzo, altrimenti non mi diverto. Devo vincere come si deve e non me ne fotte che sei scoglionato e non c’hai voglia, tu giochi ed anche bene e così quando io ti vinco sarò contento e soddisfatto! - Capì che sembrava quasi un fattore vitale per il proprio sostentamento…
Fu così che si decise a dargli retta e ad accontentarlo, quindi improvviso come se l’avessero punto si abbassò e si preparò ad un attacco vero e proprio.
Nel vederlo fare sul serio, Gabriele si illuminò contento e preparandosi a prenderlo e fermarlo cominciarono uno scontro degno di questo nome.
Come ieri passarono i primi abbondanti minuti a cercare inutilmente di prevalere l’uno sull’altro, poi quando capirono che non ci sarebbe stato verso, Francesco cominciò a muoversi veloce a destra e sinistra cercando di seminarlo in corsa e dribblarlo.
All’inizio Gabriele gli stette dietro senza il minimo problema -di fatto il giocatore serio di basket era il moretto, l’altro si dilettava per hobby, anche se si dilettava molto bene-, poi parve rallentare di proposito.
Davvero di proposito.
A Francesco non sfuggì il particolare e gli sembrò quasi che volesse farlo passare, ma non gliene importò sul momento. Ne approfittò spudoratamente capendo che pur di superare Gabriele si doveva cogliere tutto quello che arrivava, quindi sorpassandolo con uno scatto, sembrò riuscire a prendersi la visuale per il canestro e quando saltò per un tiro in sospensione, si sentì stringere e spingere a terra brutalmente.
All’ultimo riuscì a girarsi per cadere di fianco invece che di faccia così evitò l’impatto brutale col cemento come ieri era successo alla faccia e alle ginocchia di Gabriele, in un secondo momento si mise supino sulla schiena e completamente sotto l’amico che lo abbracciava schiacciandolo giù con un’espressione accattivante e risoluta, lo vide infine ghignare e scalarlo come se avesse a che fare con una montagna.
Francesco non ebbe poi tempo di realizzare niente, nemmeno di chiedersi se fosse una vendetta per il giorno prima -cosa probabile visto il tipo vendicativo- oppure un’altra mossa.
Una mossa di tipo meschino… o furbo, dipendeva dai punti di vista.
Non ebbe comunque il tempo di pensare e realizzare e per uno che non faceva quasi niente senza farlo, fu complicato capire che cosa ci facessero poi le labbra di Gabriele sulle proprie -sempre come la sera prima- e soprattutto perché le loro lingue si fossero intrecciate ed ora stessero giocando.
Ci fu un momento in cui fece naturalmente tutto Gabriele, un momento indefinito che divertì molto il ragazzo, poi Francesco realizzò che lo stava di nuovo baciando a dispetto di quello che era sembrata la sua decisione e non si pose domande.
Solo rispose a tono, proprio perché solo Gabriele riusciva a farlo agire istintivamente in certi momenti, momenti che poi erano i migliori.
Risalendo con le mani sulla sua schiena nuda e sudata se lo strinse contro e sentì solo vagamente quelle di Gabriele ai lati del suo viso che glielo tenevano fermo, quindi con l’emozione ed il desiderio che subito salirono immediati continuarono semplicemente su quella via tremendamente piacevole come fosse una cosa che facevano regolarmente.
Poi lo realizzò dopo parecchio tempo.
Gabriele l’aveva letteralmente preso, sbattuto per terra e se l’era baciato.
Come si scherzava per dire ad uno che voleva visceralmente un’altra persona: ‘lo prendi, lo sbatti a terra e te lo baci!’
Proprio così.
Del resto era un tipico comportamento da Gabriele, c’era da dirlo…
Dopo che ebbe la supremazia della sua bocca come fosse una seconda sfida un po’ anomala -e Francesco ovviamente gliela lasciò più che volentieri senza la minima intenzione di lottare per averla perché gli piaceva troppo lasciarsi fare-, Gabriele uscì dalle sue labbra continuando ad assaggiare voglioso anche il resto della sua pelle.
Percorse la mascella e giunse al lobo che succhiò un po’, poi si spostò poco più in basso, sul collo, quel punto che sapeva di lui in modo ubriacante. Era salato per la sudata appena fatta e pulsava caldo ed eccitato. Sentì le sue mani risalire sulla nuca ed immergersi fra i capelli neri bagnati e spettinati, gli chiese di non smettere senza esprimere il minimo suono. Questo funse da interruttore e accendendosi davvero -perché quello per i suoi canoni era stato solo un antipasto- scese in basso separandosi dal suo collo. In poco fu all’altezza dell’inguine e con dita agili glielo liberò dai vestiti il necessario per farlo suo con la bocca.
Come se facesse quello dalla mattina alla sera, se non ci fosse il minimo problema non solo a fare sesso orale con un altro del suo stesso sesso -cosa che non aveva mai fatto e mai contemplato che un giorno si sarebbe trovato a fare-, ma anche che andasse benissimo all’aperto in un posto dove a breve sarebbe venuta un sacco di gente. Bambini compresi.
Erano quasi le tre del pomeriggio ed il sole scaldava, ma non era quello che li rendeva così bollenti e frenetici.
C’era quella voglia che gli dava alla testa, quella voglia l’uno dell’altro, di assaggiarsi ancora, di prendersi, aversi ed esplorare quei territori sconosciuti e sorprendentemente piacevoli.
I gemiti di Francesco si unirono alle sue mani sulla nuca che gli premeva il capo sull’inguine e fu benzina su un fuoco ormai abbondantemente divampato.
L’esplosione fu un piacere sconvolgente e senza pari.
Francesco che non aveva ancora avuto la fortuna di provare un godimento simile per merito di altri se non della sua stessa mano, ne rimase sconvolto e scosso per un po’, poi quando si sentì sistemare e ricoprire di nuovo dal corpo morbido e magro di Gabriele e le sue mani tornarono sul suo viso, si riprese riuscendo, una volta agganciati i suoi occhi neri e penetranti incredibilmente seri, a chiedere ciò che avrebbe dovuto fare la sera prima:
- Perché l’hai fatto? - Che poi avesse gradito e ne fosse contentissimo era un altro discorso, ma doveva saperlo visto che era convinto di non poter aspirare a traguardi simili.
Gabriele lo fissò come se fosse la domanda più stupida del mondo, quindi con un tono ovvio ed aria logica, disse diretto e spontaneo:
- Perché ne avevo voglia, ovvio, no? - Poi si oscurò e corrugò la fronte: - E tu perché hai accettato e risposto? - Cioè, non perché lo voleva anche lui? Per un momento Gabriele temette che l’avesse fatto solo per la sua leggendaria gentilezza. Era così accomodante che era capace di farsi fare una cosa simile per non far rimanere male il prossimo.
Possibile?
Francesco arrossì ed imbarazzato come non mai cercò di sfuggire dalla sua presa e da quella posizione asfissiante per nascondersi e respirare, ma non ci fu verso così semplicemente rispose arrendendosi. Per una volta avrebbe dovuto ammettere ciò che provava, lasciarsi andare, esprimersi sul serio…
- Perché mi piaci… - Semplice com’era in realtà Francesco nel profondo ma in modo diverso da come lo era Gabriele. Lui lo era platealmente e diretto, l’altro lo era segretamente e solo con sé stesso.
Gabriele sorrise contagioso, contento di quella risposta che non solo nutrì il suo ego ma anche i suoi stessi sentimenti.
- E’ lo stesso per me! - La cosa più naturale del mondo, non un solo problema nell’ammetterlo.
E dire che Francesco invece aveva tanti problemi a vivere la sua natura… come faceva Gabriele?
- Ma come fai? Per me è sempre stato così difficile vivere questo mio… essere… - Chiese spontaneo capendo che poteva davvero dire tutto e togliere ogni sicura e muro.
- Bè, ieri ti ho baciato perché mentre mi leccavi la fronte volevo farlo, mi sono reso conto che ti ho provocato tutto il tempo senza accorgermene e che lo faccio di continuo non per puro spirito di sadismo come pensavo, ma perché semplicemente mi piaci e ti voglio. È stato quel contatto più forte degli altri a farmelo capire, infatti poi il bacio me ne ha dato conferma. Solo che mi ci è voluta la notte per assimilare e rifletterci… sai, non sono abituato a pensare alle cose che faccio. Le faccio e basta. Poi capito che mi piacevi e che ti volevo ancora… bè, ti ho preso! - Questo era precisamente il suo stile.
Francesco ancora era sconvolto, nessuno, specie uno di diciassette anni, poteva prendere qualcosa così bene. Nessuno.
- Ma non è possibile prendere così semplicemente e bene una cosa del genere… non sono una ragazza! - Lo sottolineò trovandosi per assurdo a pensare che la cosa non fosse evidente.
Gabriele ridacchiò:
- Questo l’ho notato cinque secondi fa… - Disse alludendo al suo inguine ora rilassato.
Francesco arrossì e il compagno continuò stringendosi nelle spalle. Capiva cosa intendeva e perché fosse tanto sconvolto, probabilmente lui l’aveva nascosto così bene proprio perché l’aveva presa male. Ma per lui era diverso, lui lo era. - Che ti posso dire, Fra… sei tu… non potevo che prenderla bene! Cioè, se mi fossi preso la cotta per un altro, uno chiunque fra i miei amici, lì sì che l’avrei presa di merda… ma sei tu… è questo che mi ha facilitato la cosa… non che immaginassi tu mi ricambiassi, anzi. In tutta onestà pensavo di beccarmi un gentilissimo ‘no, io non sono così, mi spiace’. Però hai risposto eccome e non per gentilezza. Cazzo, sono al settimo cielo. Però dico che l’ho presa bene perché comunque in ogni caso non avresti reagito male e mi avresti aiutato. Poi che io mi esprimo come un animale e che non uso le parole ma i gesti è una mio caratteristica, lo sai… - Era tutto vero ed era anche un discorso che così poteva accettarlo eccome. Conosceva Gabriele per capire che non erano parole tanto per dire e che non lo stava prendendo in giro. Lui ragionava ed era davvero così.
Alla fine si trovò a sospirare ancora steso sotto di lui, quello suonava tanto come un’accettazione ed una magnifica resa. Non che avesse avuto dubbi… nel momento in cui aveva risposto al suo bacio e l’aveva stretto a sé aveva subito capito che provava la stessa cosa solo che era stato troppo timido per provarci seriamente.
- Allora, ci proviamo? - Disse infatti come per dire che capiva ed accettava il tutto, seppure fosse ancora profondamente frastornato e gli paresse di essere in uno dei suoi sogni.
- Ovvio, no? - Rispose scontato Gabriele con un’espressione buffa che finalmente fece sorridere divertito Francesco. A quello poi l’altro non resistette e premendogli con irruenza le labbra sulle sue, mise le cose ulteriormente e definitivamente in chiaro. Da lì poi non sarebbe più scappato!

Il giorno dopo Francesco arrivò ad attività iniziata e Gabriele come di consueto si illuminò come un albero di natale. Da che era a fare una cosa da una parte a che appena lo vide corse come una scheggia raggiungendolo all’istante, quindi gli si catapultò fra le braccia e lo cinse fino a strozzarlo. Scena ormai consueta da molto, ancora prima che si mettessero insieme. Gabriele aveva sempre salutato Francesco in quel modo. Solo lui ovviamente.
Francesco ricambiò automaticamente senza farci caso, come sempre, e nel mentre continuò a parlare con un’amica preso dal suo discorso.
- Che c’è? - Volle ovviamente sapere il prezzemolo Gabriele.
- Mi chiedevo… ma quanti nomi con la P italiani ci sono? Cioè, Paolo, Pietro, Piero… esclusi tutti i Pierfrancesco, Piersilvio, Pertizio e Piercaio vari… non ce ne sono altri, no? -
La ragazza ne tirò fuori un altro:
- Patrizio! -
- Giusto… - Poi guardò di nuovo Gabriele per vedere se gliene venivano, lui ci pensò quei due centesimi di secondo, poi con le mani ai fianchi ed alzando le spalle disse ovvio e spiccio come suo solito:
- Ma tanto che te ne frega, mica devi far figli! - E con questo li piantò poco interessato a quell’inutile discorso.
Francesco rise scotendo il capo imitato dall’amica che non aveva idea dei retroscena, quindi la lasciò seguendo il compagno che già pensava a qualcos’altro. Quando gli passò accanto, senza fermarsi e disinvolto, disse al volo:
- Certo che non ne devo fare, sto con te. - Uscita grandemente gradita dal destinatario che illuminato a giorno rise appendendosi al collo per dietro facendosi trascinare da lui che, ridendo a sua volta e senza il minimo problema a portarselo dietro come un sacco di patate, quasi non cadde a sentire la sua risposta:
- A meno che la scienza non faccia miracoli e non dia la possibilità di procreare anche fra uomini, non vedo proprio come il problema dei nomi ai figli ti possa interessare! -
Peccato che lui il tono non l’aveva sussurrato ma detto col suo solito fare squillante e allegro.
Fortunatamente non fu sentito ma improvvisamente si rese conto che dopo aver passato anni a cercare di nascondere la propria natura e ciò che era nel profondo, ora non gli importava più e questo perché semplicemente era finalmente stato accettato da qualcuno.
Quello che per lui più di tutti ormai contava.

FINE