FIORE NELL'ACQUA

X CAPITOLO


Il sudore ricopre ogni centimetro della sua pelle, i capelli trattenuti dalla fascia sono completamenti bagnati così come la tuta da ginnastica che fascia il suo corpo sottoposto ad uno sforzo troppo grande perfino per lui.
Ma Mikael fa finta di niente e continua a correre ignorando la fatica, il sudore, la stanchezza… soltanto così riuscirà a non pensare a Nikolas e ai quattro giorni che ha passato senza avere la più piccola notizia da parte sua.
Continua a macinare chilometri mentre il cuore sembra scoppiargli nel petto e non soltanto a causa della fatica fisica.
Il ricordo delle parole di Nikolas, delle sue spalle rigide, del suo tono tagliente non gli da tregua.
Anche tu sei stato duro con lui “
La sua testa riprende a parlare per conto suo, è da quando sta correndo che lotta con quella voce fastidiosa che lo costringe ad analizzarsi a fondo.
Si, va bene, forse è vero…”
Senza forse…”
Senza forse, OK… ma in quel momento l’ho pensato veramente, per un breve istante mi sono sentito uno qualunque, buono soltanto per scopare…”
Sai bene che non è vero, Niki ti ama…”
In quel momento non lo dimostrava… “
Si stava difendendo da un dolore troppo grande “
Anche io maledizione… anche io!!!”
E finalmente la voce sta zitta, lasciando spazio soltanto al suo dolore.
Quando ritorna a casa è distrutto dalla fatica, riesce a trascinarsi sotto la doccia , lo sguardo indifferente di sua madre gli scivola addosso, chiusa ormai in un mondo tutto suo dove esce soltanto per litigare con suo padre.
Ed è mentre è sotto il getto bollente dell’acqua che sente il suo cellulare che suona.
Lo lascia suonare, infischiandosene… almeno fino a quando pensa che forse al di là ci può essere Nikolas.
Allora impreca ad alta voce e si infila l’accappatoio.
Chiaramente, quando arriva al tanto sospirato apparecchio non suona più ma, dal displey, riesce a capire chi era che lo stava chiamando… Niki.
Lo scaraventa sul letto, arrabbiato con se stesso per aver corso a quel modo pensando che potesse essere lui, con Niki che lo fa impazzire così… e ancora con se stesso perché glielo permette.
Si costringe ad asciugarsi con calma e a rivestirsi con altrettanta calma, poi si stende sul letto, afferra il cellulare e compone il numero dell’unico ragazzo capace di fargli perdere la ragione a quel modo.

Non risponde. Spegne il cellulare irritato, aveva voglia di sentirlo. Si rende conto di essere un controsenso vivente, prima lo manda via e non si fa sentire per quattro giorni, poi pretende che a ogni suo cenno si precipiti.
Assurdo.
Eppure…
cos’è quest’ansia insopportabile che sente dentro? Doveva stare da solo per raccogliersi, e non saprebbe dire quanto questo sia servito. Il pensiero di Mika lo tormentava, delle parole che gli aveva detto.
Non il loro significato, lui la pensava veramente così, sapeva che magari a Mika poteva non piacere questo modo di affrontare i problemi ma lui era fatto così.
Era il tono che lo preoccupava.
Non avrebbe dovuto usare quel tono stizzito, chissà cos’aveva pensato! Oddio… dalla reazione alle sue parole neanche il senso doveva essergli piaciuto molto… ok. Avrebbe dovuto parlargli e chiarire tutto.
Ma ora non può.
Chiude il cel e senza dire una parola aspetta sua sorella che esce in silenzio dalla camera e insieme si avviano in ospedale.
Ospedale.
Il luogo dove fantasmi tristi attendono il loro destino in un castello fatto di illusioni e di morte.
Odiava il fetido colore bianco di quel luogo e odiava l’odore di morte che vi respirava.
O forse odiava il fatto che sua madre vi stava morendo all’interno.
Impercettibile ma inesorabile la sua malattia la stava mangiando e con lei avrebbe divorato tutta la felicità che avevano provato.
E che avrebbero potuto provare.
Sente il respiro di Charity al suo fianco e la mostruosa ingiustizia di tutto quello gli cade addosso, chi aveva stabilito che doveva andarsene? Chi aveva deciso che la loro vita poteva essere strappata e poi buttata via come un pezzo di carta senza valore? Chi? Risposta non c’è, forse è caduta nel vento. Ogni valore è saltato, chi, che cosa, ha veramente valore?
Non lo sa neanche lui.
E ora guardando il volto di sua madre,/guardandolo/ sente che non ce la fa più. Ha bisogno di lei e sente la sua mancanza come una colpa, le sue parole, il suo calore, il suo amore…chi lo amerà dopo che lei non ci sarà più? Vede il pianto di Char /silenzioso e bellissimo/ lo vede ma è incapace di fare un solo gesto per consolarla. Può solo fuggire da quella stanza, fuggire e correre a rotta di collo verso casa di Mika.
L’unica persona che ancora poteva salvarlo.
Forse.
Fiocchi di neve cadono sull’anima, muti testimoni della purezza del cielo, sembra che perfino lui pianga cristalli di ghiaccio.
Arriva davanti alla sua porta senza fiato e ricoperto interamente di neve, arriva e si ferma un attimo indeciso, adesso che è li non sa assolutamente cosa potrà fare o dire Mikael. Ma questo problema non sembra porsi visto che la porta si spalanca e due occhi neri come la notte si puntano nei suoi.

Che cosa l’ha distolto dai libri non lo sa nemmeno lui.
Domani ha compito di letteratura e, normalmente, nemmeno le cannonate lo distolgono dai suoi doveri \ obblighi autoimposti\,
eppure si ritrova davanti alla porta dell’appartamento senza sapere il perché.
Niente ha disturbato il silenzio assoluto di casa sua.
Sua madre non c’è e lui non ha la più pallida idea né del perché né del dove sia… e nemmeno gliene importa.
Suo fratello è al lavoro e neanche la radio è accesa.
Eppure qualcosa lo ha fatto balzare in piedi improvvisamente, come se una voce lo avesse chiamato, come se si fosse accesa una luce rossa nella sua mente… si ritrova a spalancare la porta, turbato profondamente dall’ansia che sente dentro di sé.
Non gli era mai capitata prima una cosa del genere.
E invece di trovarci il nulla assoluto davanti a lui c’è Nikolas, gli occhi enormi che sembrano divorare ogni cosa intorno a lui, il viso bianco, ancora più pallido del solito e la neve che lo ricopre completamente, dalle scarpe ai jeans alla giacca bianca sembra scampato a stento ad una bufera… per non parlare dei capelli completamente bagnati, quasi gocciolanti, con i fiocchi di neve che riluccicano come tante gemme preziose incastonate nell’ebano dei suoi capelli.
Il cuore si ferma improvvisamente… per un attimo eterno sembra che non possa più riprendere il suo battito… poi
- Niki… ma cosa…- e tutto riprende il suo scorrere normale, anche il suo cuore che, dolorosamente, riprende a pulsare nel suo petto mentre Nikolas si abbandona tra le sue braccia con gratitudine.

E non dirà nulla, anche perché non ne ha la forza ma soprattutto… non ne sente il bisogno.
Quando il silenzio ha parole più forti e belle di qualsiasi discorso.
Quando non ci sarà bisogno di spiegare nulla perché i suoi silenzi parlano, parlano raccontando la storia di un ragazzo felice a cui viene strappato tutto improvvisamente, come farebbe un mostro in una fiaba dell’orrore.
È li, tra le braccia di Mika e tutto il resto non conta più, tutta la sofferenza o i problemi, finché potrà restare così.
Gli uomini sanno che dovranno soffrire e anche morire, ma si ostinano a nascere, testardi testimoni della speranza di un mondo intero.
Gli uomini sono stupidi e scemi, ma Niki, stringendosi tra le braccia del suo ragazzo, pensa che in fondo anche lui fa parte di quegli uomini stupidi e scemi e che anche se sapeva che avrebbe dovuto soffrire, e che soffrirà ancora, non può fare a meno di vivere avvicinando il suo cuore a quello di Mika.
Ed è lui che ad un certo punto lo prende in braccio e, come se fosse una piuma, lo trasporta in camera posandolo sul letto. Fiocchi di neve scendono come pallidi fantasmi di una spensieratezza ormai dispersa e posandosi sull’anima attendono il loro destino.
Niki che si lascia fare tutto come una bambola di pezza pregandolo silenziosamente di non lasciarlo nemmeno per un istante.

Profuma di neve, e di vento.
Ha le guance fredde, la pelle bagnata dalla neve ormai sciolta e un tremito incontrollabile lo scuote.
Ma i suoi occhi sono asciutti, completamente asciutti.
Mikael si stende accanto a lui dopo aver chiuso a chiave la porta della sua camera per evitare che qualcuno venga a ficcarci il naso.
Pura utopia, lo sa benissimo, nessuno verrà a cercarlo li dentro ma lui lo spera ancora, dopo tanti anni di indifferenza.
Patetico”.
Lo abbraccia senza dire una sola parola e una tenerezza infinita lo invade, corre attraverso il suo corpo partendo dal suo cuore e finendo nelle sue mani che lo accarezzano con dolcezza senza prendere nulla.
Regalando soltanto.
Donando gratuitamente amore e tenerezza.
E calore umano.
Affonda il viso nel collo di Nikolas appoggiando dolcemente le labbra sulla pelle tenera, passando le mani tra i suoi capelli, pettinandoli.
Continua baciandogli il viso con tocchi delicati come le ali di una farfalla.
E Nikolas beve avido tutte quelle piccole tenerezze che lo fanno sentire amato, desiderato, vivo.
Soprattutto vivo.
Mikael si riscopre capace di donare un amore così grande e puro da guarire ogni cicatrice di un cuore ferito che sanguina senza un attimo di tregua.
Quell’amore che trovi soltanto da tua madre quando ti sembra di non farcela più.
Quando sei così teso e stanco da sperare di spezzarti subito, immediatamente.
Per non soffrire mai più.
Amante, padre e madre… questo sono l’uno per l’altro.
Non pensava di poter provare un sentimento così grande per nessuno.
Non più.

La mamma stesa in quel letto
/stesa/
e la mente che fugge a pezzi dal solo pensiero della morte. Prima era un fantasma intangibile, in fondo era come se fosse andata in vacanza e non realmente in ospedale, ma adesso… adesso il suo viso pallido e le occhiaie l’avevano scaraventata nella realtà.
Non era neanche riuscita a parlare.
Li ha guardati in silenzio e cercando di sforzarsi, ma poi le è venuto da tossire e…e Niki non ce l’ha fatta ed è scappato. Ha visto gli occhi di sua madre piangere senza lacrime, ha visto il petto sobbalzare ma non ce l’ha fatta. Voleva accarezzarla e rassicurarla ma è scappata anche lei.
Via.
Lontano.
Perché?
Dio perché?
Si rannicchia appallottolandosi dietro la struttura in ferro che sostiene il canestro e asciugandosi gli occhi rabbiosamente, è stata una stupida.
Chissà quando le ricapiterà un occasione così, chissà quando suo padre le permetterà di vederla ancore…ma non era questo il vero problema… se avesse voluto sarebbe andata senza chiedere nessun permesso, figuriamoci!
Ma lei lo vuole?
Stringe le gambe più forte cercando di scaldarsi e lascia che i lunghi capelli neri le ricadano davanti al viso, ricoprendolo e nascondendola.

Stringe la palla da basket a se, pensando allo strano regalo di Char e a come in fondo sia riuscito ad incuriosirlo, a strappare quasi il suo interesse. Tenace e testarda. Non aveva mai fatto mistero di essere innamorata di lui ma non aveva mai creduto di poterla ricambiare. Beh a dire la verità non sapeva nemmeno lui cosa provava…ma quando mai l’aveva saputo? Sapeva che voleva un mondo di bene a Niki e ovviamente anche a quella che lui aveva sempre visto come sua sorella e basta. Arriva al campetto di basket, senza sapere nemmeno lui esattamente cosa ci fa’ con quella palla in mano e vede una figura rannicchiata in un angolino del campo, proprio sotto il canestro, un’inconfondibile chioma nera le scende davanti al viso e lui non ha bisogno di vederla in volto per capire chi è. Si avvicina piano, silenzioso come sempre, come se un solo rumore potesse spezzarla, si avvicina e gli si inginocchia di fronte, non ha bisogno di parole per capire, il suono, qualsiasi suono, sarebbe stato inutile.
E lui odia le cose inutili.
Quindi alza una mano /piano come un fiocco di neve/ e la posa su di lei. Realizza in un attimo quanto sono morbidi e quanto ha desiderato quel contatto, senza saperlo neanche, senza neanche sospettarlo! Pazzesco. Ma perché poi si sente triste solo a immaginare cosa potrebbe esserle accaduto? Non che ci volesse un genio comunque, oggi andavano in ospedale, gliel’aveva detto Char proprio poche ore prima, ormai Niki non usciva di casa e nemmeno lui riusciva a parlargli più. La mano scivolò sotto il suo mento per alzarglielo e vide gli occhi gonfi e rossi, quei bellissimi occhi dello stesso colore di un bosco d’estate, ricordava ancora lo sguardo omicida quando un incauta persona si era azzardata ad insinuare che erano verde marcio….meglio per lei se non fosse mai nata!

Guarda stravolta Fede e d’impulso lo abbraccia, ha bisogno di qualcuno che la scaldi adesso, ha bisogno di Fede.
Apre la bocca per parlare ma la richiude subito, se solo pronuncia una parola è sicura di scoppiare a piangere.
Ed è come se Fede in qualche modo lo avesse capito, la prende in braccio, non facendo il minimo sforzo e la stringe a se per riportarla a casa. Stringendola in modo da non vedere le lacrime che scendono, in modo da permetterle di piangere e sentirsi consolata senza essere vista. Passa le mani attorno al suo collo, affondando il viso nell’incavo della spalla, schiacciando il viso contro il giaccone e piangendo silenziosamente.
Ora può farlo.
Ora c’è Fede.