/NOTE: partecipa al contest indetto sul forum di EFP da Lily Blackrose chiamato Yaoi Contest Capitan Tsubasa. Casualmente veniva fornita una coppia ed un elemento e noi dovevamo scrivere combinandoli insieme. Nonostante la coppia che mi è capitata non penso sia mai stata usata da nessuno e che io stessa non ci abbia mai pensato a scrivere di loro insieme, ho colto la sfida per un semplice fatto… sono due personaggi che mi piacciono molto e che ho spesso messo in rapporti nelle long fic che ho scritto, noto che in realtà interagiscono piuttosto bene ed ero seriamente incuriosita di vedere come mi sarei districata se avessi dovuto scrivere di loro due insieme. Bè, c’è chi giudicherà per me, quindi non aggiungo altro nella speranza che la fic piaccia. Buona lettura. Baci Akane

LA CARICA DEL FULMINE



 /Thunderstruck - AC-DC/


Quegli incontri di nazionale erano diventati sempre più rognosi, ormai.
Rognosi per un motivo nello specifico, in realtà.
Alla loro età, nel fiore della giovinezza, l’età in cui si maturava e si intraprendevano le strade decisive, ritrovarsi in patria coi vecchi compagni che principalmente erano tutti amici e rivali dai tempi delle elementari, era come tornare indietro nel tempo o mettersi in vetrina.
In un caso o nell’altro era comunque una seccatura, specie per qualcuno.
Quel qualcuno era nella fattispecie Genzo Wakabayashi.
Finché era in un periodo in cui le cose gli andavano bene era un conto, ma quando poi era in uno in cui andavano malissimo, bè, la minestra cambiava eccome!
Quello era il periodo out.
Capitava che andasse tutto bene, insomma era uno che si faceva andare bene le cose in un modo o nell’altro, ma non era di certo un super uomo.
Lasciarsi in ogni caso non era mai piacevole per nessuno, men che meno per uno che stava col proprio compagno da anni, ormai.
Sostanzialmente l’unico problema per lui attualmente era legato alla vita sentimentale, in squadra andava bene, era sempre in forma e non aveva di che lamentarsi, ma con Karl non era affatto rose e fiori e se non lo era di conseguenza il mondo per lui diventava nero, coi compagni i rapporti si incrinavano perché li trattava malissimo e diventava addirittura feroce in allenamento.
Per chiunque la riunione con la nazionale sarebbe capitata nel momento perfetto, giusto per staccare dal suo ormai ex ragazzo, invece per lui era solo un’ulteriore tortura perché rivedere i suoi vecchi amici avrebbe significato esporre tutte le novità dell’ultimo periodo e per lui le novità erano pessime, non aveva voglia di dire che andava tutto bene anche se ogni singola stupidissima cosa gli pesava e non aveva principalmente interesse nel far sapere il minimo fatto personale a nessuno, nemmeno a chi considerava il suo migliore amico.
Oltretutto la maggior parte di loro erano felici, si erano fidanzati o comunque erano in fase di conoscenza ed a parte questo molti avevano intrapreso una carriera calcistica soddisfacente e quindi vedevano tutto luminoso.
Certo lui la carriera calcistica l’aveva trovata molto prima, ormai vi era abituato e non la vedeva come motivo di particolare gioia e gaudio.
Comunque il problema principale era che non riusciva a non pensare a Karl e a quanto fosse difficile stare con lui.
Sospirò nell’uscire dal campo. Il primo giorno di tortura era andato, ora doveva solo sforzarsi fino all’ora in cui avrebbe potuto posare la testa sul cuscino ed ignorare tutto.
Certo era capitato in camera con Jun Misugi ma sarebbe potuto essergli andato peggio… fra tutti era quello più discreto, sapeva stare al suo posto e capiva al volo quando non era aria.
Tsubasa, ad esempio, era invadente ed appena l’aveva visto con la nuvoletta nera sulla testa aveva cominciato a dire se avesse avuto qualcosa, cosa gli fosse successo e di raccontargli tutto. Non l’aveva fatto solo perché poi si era distratto vedendo altri compagni arrivare e lui ne aveva approfittato per defilarsi.
Dovendo comunque stare in camera con qualcuno ed essendoci camere da tre e da due, aveva cercato la soluzione più congeniale. Quella da due perché così avrebbe avuto un seccatore in meno la notte e Misugi perché era quello più sulle sue rispetto agli altri.
Non aveva avuto molti contatti con lui, nemmeno da piccoli. Non avevano mai giocato l’uno contro l’altro ed insieme solo in nazionale qualche volta, quando le presenze di entrambi avevano corrisposto. A volte lui era stato fuori per infortunio, altre Misugi aveva avuto affari col proprio cuore… al momento sembrava essere guarito, questo non l’aveva reso più rompiscatole di prima.
Jun era strano, si vedeva che era un tipo molto sicuro di sé e dalle idee chiare, il classico dirigente. Nel settore in cui era ferrato, nella fattispecie il calcio, diventava il classico regista. Tirava fuori idee, le indicava agli altri, dava consigli sempre buoni… ma nonostante questo non sembrava un secchione fastidioso e pedante. Veniva a tutti naturale ascoltarlo, non si imponeva e diceva le cose in un modo che la gente finiva per assecondarlo e fare come diceva lui.
Per questo alla fine fra tutti scelse di stare in camera con lui.
Hyuga non se ne parlava, Taro e Tsubasa per fortuna dovevano recuperare il tempo perso, Hikaru era circondato da tutto il mondo ed era occupato a far casino come suo solito, il gruppetto della vecchia Toho non si separava nemmeno su richiesta scritta… la conseguenza era stata abbastanza ovvia.
Tetro più che mai si era ritrovato a liquidare tutti con ringhi e grugniti poco umani, capendo che aria tirava l’avevano presto lasciato in pace e molti avevano semplicemente dato delle pacche comprensive a Jun come a dire che non lo invidiavano. Lui aveva sorriso sornione senza far capire cosa gli passasse per la testa.
Per un momento Genzo si era ricreduto sul suo conto. Era troppo enigmatico quel tipo… aveva la scatole piene di gente che si murava dietro all’impassibilità o, nel suo caso specifico, a sorrisini incomprensibili.
Forse avrebbe dovuto chiedere precisamente una camera per uno!
Varcata la soglia per primo, per nulla intenzionato a conversare -men che meno con uno con cui alla fin fine non l’aveva mai fatto- cominciò a spogliarsi con gesti seccati e sbrigativi.
Non serviva parlare e se era fortunato l’altro l’avrebbe accontentato.
Occhieggiò Jun di sottecchi per non farsi notare e quando lo vide fare altrettanto si sentì sollevato. L’aveva capito perfettamente e fortunatamente lo stava accontentando.
Come da lui sperato andarono a dormire senza esprimere una sola sillaba, come se non ci fosse nemmeno il bisogno di capire se la voce funzionasse ancora.
Non si diedero nemmeno la buonanotte, non fecero niente, come dei perfetti estranei e a Genzo sembrò strano.
Non era abituato a quel genere di vita da ritiri calcistici. Ne aveva fatti tanti, era sempre un po’ al centro di tutti, in qualche modo. Non era un casinaro come Hikaru, Tsubasa o altri però riusciva sempre ad essere quello più ascoltato e calcolato.
Aveva il vanto di instaurare il rapporto che voleva con chi voleva, se gli piaceva qualcuno sapeva diventargli amico, se voleva sedurlo e divertirsi poteva anche quello… insomma, era la prima volta che non c’era verso di creare contatti, come se Jun gli fosse totalmente disinteressato.
Era quello in cui aveva sperato, ok, però ora, stranamente, gli stava davvero sulle scatole quell’atteggiamento, quell’essere ignorato, quel non creare curiosità per la sua super vita in Germania con il kaiser!
La sera successiva fu la stessa identica storia ma Genzo, al contrario di quella precedente, si era dimostrato molto più seccato che tetro, ma Jun non aveva ancora reagito né parlato. Come se nemmeno se ne accorgesse.
Per un momento a Genzo era parso di essere di nuovo con Karl e cominciando a montarsi dentro sempre più nervoso, si era detto che se fosse continuata così avrebbe fatto qualcosa perché quindici giorni in quelle condizioni non era proprio disposto a farli. Solo per qualche partita con la nazionale non era giusto ritrovarsi con una mummia!
Non riusciva ad essere obiettivo… ovvero aveva voluto lui quella situazione.
Semplicemente.
La terza sera non fu deluso e al culmine della sua sopportazione, invece di mettersi a dormire, si alzò seccato dal letto ed infilando la porta uscì sbattendola con evidente rabbia e fastidio.
Non si curò di vedere la reazione dell’altro, non si curò di niente, tanto meno di vedere se l’avrebbe seguito. L’avrebbe dato per scontato in condizioni normali ma Jun, ormai aveva imparato, non era normale.
Non venne a cercarlo, non fece niente e quando tornò in camera dopo essersi sbollito lo vide addormentato pacifico.
Rimase ad osservarlo qualche secondo, come faceva?
Non gli interessava davvero niente di nessuno?
Era come Karl? Un insensibile freddo figlio di puttana?
Erano quelle le parole che gli aveva rinfacciato l’ultima volta che si erano visti, quando poi si erano lasciati.
Con Jun gli tornò in mente Karl come un treno in corsa e seduto nel proprio letto rimase a fissarlo per la gran parte della notte ricordando i momenti con lui, quando si erano messi insieme, tutte le volte che avevano fatto l’amore e poi tutti i litigi ed i momenti difficili. Fino a ad arrivare all’ultima rottura definitiva.
Forse non erano tagliati per stare insieme, concluse per l’ennesima volta tornando a smontarsi.
Almeno la rabbia era un sentimento che lo teneva su in qualche modo, cedere così alla tristezza era peggio. Odiava essere depresso. Odiava piangersi addosso. L’odiava perché poi finiva che Karl gli mancava come non mai.
Come poteva semplicemente arrendersi e dire che forse non erano fatti per stare insieme? Non era vero. Non era vero nemmeno che era freddo ed insensibile ma era questo che sembrava, era così che si poneva persino con lui. Solo che Genzo, in quanto carro armato, era andato avanti per la sua strada attratto assurdamente da lui e se l’era preso senza fare troppi complimenti.
Si era preso tutto un po’ con la forza e l’arroganza, anche crescendo aveva cercato di calmarsi un po’ ma la sua personalità era rimasta comunque forte e risoluta.
Karl semplicemente ci era stato quando lui aveva voluto, reputandolo ‘non poi così male’. Gli pareva fossero state quelle le parole.
Sbuffando sofferente si stese stizzito. Odiava pensare a lui, odiava stare così. Odiava soffrire per amore!
Dannazione!
Perché non si mostrava più spontaneo?
Perché toccava sempre a lui imporre la propria volontà e all’altro semplicemente seguirlo?
Quando gli aveva detto di fare anche lui qualcosa di quel che voleva, opporsi, magari, o proporre delle idee, Karl aveva semplicemente detto che gli andavano bene le sue. Semplice e piatto.
Era stata la goccia.
Dopo essersi girato e rigirato nel letto prese il cellulare e scorse la rubrica. A quell’ora in Germania doveva essere una qualche ora del giorno… trovato il numero di Karl ebbe la fortissima tentazione di scrivergli qualcosa, poi di chiamarlo.
Alla fine si limitò a sentire un suo vecchio messaggio vocale per sentire la sua voce criptica e incolore dire che si sarebbero visti quella sera come concordato.
Non era facile. Non era per niente facile.

La sera successiva fu caratterizzata dalla tempesta di fulmini più pericolosa degli ultimi tempi.
Conclusero prima gli allenamenti proprio perché il cielo prometteva una tempesta troppo brutta.
Il vento esagerava su tutta la zona rendendo difficile anche capirsi, le nuvole in cielo si rincorrevano nere e basse, illuminandosi con le saette che le attraversavano cadendo sulla terra non troppo distante da dove erano. Poi il fragore del fulmine, il rombo del tuono ed i più fifoni che sussultavano spaventati contro quelli affascinati dai fenomeni naturali.
Genzo naturalmente si rivelò infastidito anche da quello sebbene normalmente gli piacesse. Guardò il cielo tempestoso senza la pioggia, tempo ancor più pericoloso, con altrettanta tempesta nello sguardo scuro e tenebroso.
Tornato in camera solitario, si sorprese nel ritrovare la porta finestra aperta e sul terrazzo Jun Misugi appoggiato alla balaustra per guardare quello spettacolo naturale.
Gli si scomposero i capelli ed il vento lo schiaffeggiò, seccato per un momento pensò di chiuderlo fuori ma non lo fece solo perché almeno in quello differiva da Karl!
Almeno gli piaceva qualcosa, non si limitava ad alzare le spalle e dire ‘boh’ senza esprimere una preferenza.
Lo raggiunse fuori esasperato dal continuo paragone col suo ormai ex ragazzo, esasperato dal pensare a lui senza venire a capo di nulla. Esasperato da tutto e da tutti, persino sé stesso.
Cominciava ad odiarsi. Perché non riusciva a pensare che a Karl?
Non se lo meritava, era uno stronzo che non aveva alzato un dito quando l’aveva lasciato. Aveva solo detto ‘se è questo che vuoi’.
Perché non aveva risposto alla domanda ‘perché ti sei messo con me?’.
Era certo che avrebbe potuto dire ‘perché lo volevi tu!’. Se avesse detto veramente così avrebbe potuto ucciderlo, forse non gli aveva risposto proprio per questo.
Non voleva saperlo.
- Vieni dentro che c’è vento e questi fottuti fulmini sono pericolosi! - Era vero, lo erano ancora di più se non pioveva.
Era la prima volta che gli parlava. E lo era anche la prima che Jun gli rispondeva.
- Mi piacciono. - Genzo si sorprese, decise di non mandarlo a quel paese solo perché si stava esprimendo come un essere umano, aveva un tono appassionato ma sfumato e delicato, lo sguardo intenso fisso sul cielo innanzi a sé. I capelli autunnali gli si agitavano impazziti, i suoi erano più lunghi e nonostante il vento in viso, rimaneva dritto col mento alto, come se stesse sfidando la natura furiosa. Era affascinante, oltre che bello. Come se si amalgamasse bene con l’ambiente, in un certo senso.
Jun, vedendo che rimaneva con lui, proseguì calmo e tranquillo:
- Sai cosa sono i fulmini? Sono causati dall’attrazione tra la carica negativa della base di una nuvola di temporale e la carica opposta che viene dal terreno sottostante. Sono scariche elettriche di una potenza inaudita. Se ti colpiscono è raro che tu sopravviva. Le tempeste di fulmini sono più pericolose di quelle classiche, dove piove, ma, a mio avviso, sono molto più spettacolari. Da togliere il fiato. -
Genzo rimase affascinato ad ascoltarlo e per la prima volta, semplicemente, lo considerò e non solo. Lo vide separato e a sé stante rispetto a Karl.
Lui mai e poi mai gli avrebbe fatto una lezione sui fulmini…
Prima ancora di rendersene conto era lì a parlare con lui come se fossero amici, come se le sere precedenti non ci fosse stata totale indifferenza, come se fosse normale.
- Ti piacciono davvero, allora… - Jun sorrise voltandosi verso di lui, lo guardò con fare adulto e tornò sui fulmini. Uno attraversò in quel momento le nuvole che si rincorrevano.
- Sono fra le forze naturali più potenti. - Genzo, ancor più sorpreso da quel concetto, rispose ammirato:
- Ti piace la forza, la potenza… la potenza bruta, per di più! Non ti facevo così… mi sembravi più tipo elegante e delicato… - Avrebbe dovuto mordersi la lingua, dirgli che gli sembrava delicato ad uno che aveva sofferto a lungo di cuore era indelicato ma Jun non se ne curò e stringendosi nelle spalle fece un’aria consapevole, dovevano averglielo detto in molti.
- A me colpisce l’idea di base del fulmine. Si forma fra carica positiva e negativa. Fra due opposti che si incrociano nel momento giusto, con le giuste modalità. Non pensi che sia un parallelismo perfetto con la vita? - Questo immobilizzò immediatamente Genzo che rimase a ripensare alle sue parole senza saper più cosa dire.
Intanto la tempesta di fulmini si scatenava furiosamente davanti a loro e diventava davvero impossibile ascoltarsi e riflettere.
Jun si voltò dando le spalle al temporale e appoggiandosi con eleganza alla balaustra, lo guardò al suo fianco, appariva quasi provocante, in un certo senso. Un vago sorrisino allusivo da qualche parte nel suo bel viso delicato:
- Se si è uguali si può stare insieme ma non c’è la scarica elettrica, non è la stessa cosa. Per me le relazioni andrebbero vissute tutte così, fra cariche opposte, come dei fulmini. Tu non credi? - Genzo si sentì violato e nudo, come se gli avesse letto dentro. Colpito sin nel profondo ed in un modo che non avrebbe mai osato pensare ed immaginare, rimase inebetito lì appoggiato a guardarlo senza saper cosa rispondere. Non ci aveva mai riflettuto, non si era mai chiesto una cosa simile, non l’aveva mai vista in questo modo.
Si sentiva quasi ammazzato, da quello che aveva sentito e dal suo modo di vedere le cose.
Non si accorse nemmeno che Jun intanto era rientrato in camera e che l’aveva lasciato lì solo.
Il fragore particolarmente vicino ed intenso di un tuono lo scosse, poi fu il richiamo di Jun da dentro che gli intimava di rientrare.
Quando fu in camera Karl gli era di nuovo in testa, la sua diversità, il suo muro… era la carica negativa contro quella positiva? Era di questo che si trattava? Per questo era tanto difficile stare insieme, per questo litigavano sempre?
Che erano diversi ci era arrivato anche lui, quello che gli stava facendo rivalutare tutto era la concezione del ‘in questo modo è più bello, sono così le vere relazioni degne di essere vissute’.
Aveva sempre pensato che la loro diversità eccessiva sarebbe stata la loro fine ma forse era il contrario. Forse sarebbe stato quello che li avrebbe uniti…
Jun si stava mettendo il pigiama, era coi pantaloni e lo stava osservando indecifrabile senza fargli capire cosa gli passasse per la mente, ma, a quanto pareva, leggeva in lui con estrema facilità.
- Stai pensando a qualcuno in particolare? - Lo sapeva che era così. Genzo gli rispose in automatico sentendosi per la prima volta sollevato nel parlare di queste cose personali con qualcuno.
Jun non era nessuno ma era quello che gli aveva dato la prima risposta buona.
- A Karl. - Fece pensieroso rimanendo in piedi davanti alla porta finestra chiusa, dietro di lui il finimondo, quasi, sotto forma di fulmini. Quelli che rappresentavano la sua relazione con Karl. Jun lo vide alla perfezione, non gli servirono spiegazioni e con l’aria di chi aveva capito e sapeva, rispose serafico e consapevole:
- Se non dice cosa vuole non significa che non voglia nulla. Forse, a volte, c’è solo la paura di legarsi troppo a qualcuno per non soffrire poi, per non prendersela a cuore… è un classico, lo so, però secondo me la maggior parte di quelli che si mostrano così freddi e scostanti è solo perché hanno paura di legarsi, non perché non lo sanno fare e sono insensibili. - Genzo a quel punto, sentendogli tradurre tutti i suoi dubbi e nominare le parole che si erano detti con Karl, avanzò annullando la distanza che rimaneva e totalmente ad istinto, contro ogni aspettativa e logica, senza che nessuno se l’aspettasse assolutamente, gli prese il viso fra le mani e lo baciò.
Non sapeva perché, non ci aveva pensato, lo fece e basta.
Forse perché era il primo ad avergli districato gli atroci dubbi che l’avevano quasi ucciso in quel periodo, forse perché gli aveva tolto il peso più grande che avesse mai avuto, forse perché ora quelle nuvole si erano schiarite e vedeva il sole, sotto, e capiva tutto, aveva le risposte, era sereno. Forse perché, semplicemente, aveva ritrovato simbolicamente Karl.
Jun inebetito senza aspettarsi un gesto simile accettò il bacio e prima di accorgersene era lì a rispondere attivamente.
Le lingue si intrecciarono in una tempesta che diede subito l’idea della scarica elettrica di cui avevano parlato prima.
Anche loro erano piuttosto diversi, quasi opposti.
Anche loro, nel toccarsi in più modi, reagivano in modo tutt’altro che normale e dimenticabile.
Genzo non capì mai perché e nemmeno Jun, però semplicemente successe e dopo quel primo contatto entusiastico di gratitudine, Genzo si tolse frenetico la propria maglia senza pensarci su, quindi lo prese per i fianchi e poi per i glutei e l’attirò a sé. Jun andò proverbialmente in tilt sentendo la sua eccitazione attraverso i pantaloni leggeri della tuta contro i propri altrettanto leggeri del pigiama, non seppe rifiutarlo e respingerlo e sperò solo di riuscire a mascherare la profonda attrazione fisica che aveva sempre provato per lui.
Non avevano mai avuto rapporti di alcun tipo se non di civile convivenza amicale, niente di più. Non si erano mai parlati seriamente, mai confidati, mai riso e scherzato insieme… l’aveva sempre considerato un gran bel ragazzo limitandosi a pensare che ci sarebbe stato volentieri con lui.
Poi i loro mondi erano sempre stati diversi e lontani.
Non avrebbe mai immaginato potesse succedere ed ora che erano lì e che in qualche modo, per qualche motivo che non capiva, succedeva, decise di non farsi altre domande e semplicemente assecondare i propri desideri. Erano grandi e consapevoli. Potevano fare quello che volevano.
Le sue mani gli sembravano cavi elettrici che gli davano continuamente la scossa nel carezzarlo e attirarlo a sé con prepotenza.
Genzo forse non sapeva cos’era il romanticismo e dopo tutte le volte che aveva fatto a pugni con Hyuga c’era da sorprendersi del contrario, però sapeva comunque come far provare piacere ad un altro.
Jun si ritrovò in pochissimo tempo completamente nudo steso con lui sopra nelle medesime condizioni e si chiese quando l’avesse fatto, poi semplicemente pregò che non si fermasse sul più bello per chiedergli se fosse veramente guarito dalla malattia cardiaca.
La sua bocca era vorace nell’assaggiarlo e dopo avergli percorso il viso annullandolo in un istante, raggiunse il suo orecchio e lì gli fece capire il significato di annullamento mentale.
Se prima aveva saputo come si pensava, ora nemmeno quello…
Scese infatti con lo stesso metodo sul suo collo e coi lampi che accendevano a giorno la camera illuminata solo dalle abat-jour sui comodini, cominciò ad esplorare il suo corpo atletico, aveva due spalle larghe e delle braccia molto forti, però adorava sfiorargli tutti i muscoli della schiena ampia che guizzavano al suo tocco leggero e delicato.
Quando non riuscì a far altro che immergere le dita sulla sua nuca, fra i capelli neri spettinati, i gemiti furono coperti dai tuoni che fecero tremare i vetri.
Con la bocca era arrivato al suo inguine e pareva seriamente intenzionato a fargli capire cosa si era perso prima d’ora.
Il non essere mai riuscito a fare l’amore con la sua ormai ex ragazza Yayoi Aoba aveva deteriorato la relazione ed un motivo c’era di certo.
Eccolo lì il motivo.
La sua sessualità nascosta a tutti tranne che a Jun stesso.
Gli erano sempre piaciuti i ragazzi solo che l’aveva ammesso a sé stesso da poco tempo. Da quando, all’ultima riunione con la nazionale, si era eccitato guardando Genzo e Hyuga sotto la doccia, quelli che avevano il fisico migliore!
I gemiti aumentarono con l’aumentare del ritmo della sua bocca sul proprio membro ormai eccitato, gli spingeva incautamente il bacino contro chiedendo di più senza osare farlo a parole, ma all’altro bastò per capire che stava per raggiungere il suo orgasmo e che probabilmente quello l’avrebbe portato ad un sovraccarico davvero eccessivo per uno che aveva sofferto di cuore.
In quello si fermò insieme al lampo che, fuori dalla loro camera, illuminò di nuovo tutto in modo molto inquietante.
Jun sgranò gli occhi ansimante e terrorizzato, perché diavolo si era fermato? Voleva fargli prendere un colpo?
Quando se lo vide risalire sopra e guardarlo corrucciato ed interrogativo, capì cosa stava per chiedergli. Proprio quello che sperava evitasse. Lo prevenne altamente seccato, come un principe avrebbe potuto fare con una servitù sfrontata:
- Non osare chiederlo nemmeno! Fallo e basta perché altrimenti ti faccio provare cosa significa essere attraversati da un fulmine! - Questo bastò a Genzo che ridacchiando divertito capì la differenza abissale fra lui e Karl, lieto di vederla, lieto che ci fosse.
Non lo stava facendo perché glielo ricordava, né per ripicca o cose simili. Lo stava facendo solo perché Jun era arrivato in luoghi che a lui erano sempre stati negati, che aveva agognato e che non aveva mai capito.
Lo stava facendo per ringraziarlo, perché l’aveva fatto sentire finalmente bene dopo lunghi mesi d’angoscia, perché voleva ricambiare in qualche modo e dopo aver capito da solo che era gay e che si era lasciato con Yayoi per questo, poteva facilmente intuire che quel metodo gli poteva andare a genio.
A giudicare dalla risposta positiva era ovvio.
Soddisfatto, invece di scendere e riprendere da dove aveva interrotto, gli alzò le gambe e chinandosi ben più sotto la sua erezione, immerse il viso in lui cominciando a prepararlo stimolandogli l’apertura dapprima con la lingua e poi con le dita, in modo che facendogli salire il piacere poi la penetrazione fosse meno traumatica e comunque una naturale conseguenza.
Per Jun quella parte fu la migliore e tenendosi le gambe contro il petto, alte e larghe per concedergli un accesso perfetto, temette che i tuoni non coprissero abbastanza la sua voce. Non aveva mai provato niente di simile, essere consapevoli delle proprie pulsioni sessuali era un conto, viverle era decisamente un altro.
Forse voleva solo togliersi uno sfizio oppure Genzo era impazzito, comunque contava che lo stesse facendo ed anche se sarebbe stata solo una parentesi fra loro e basta, andava più che bene anche così. Era abituato a prendersi tutto quello che poteva.
Quando arrivò al punto di non capire assolutamente quante dita avesse dentro e quanto forte stesse gemendo e chiamandolo, Genzo capì che era pronto e alzandosi gli si sistemò sopra in modo da schiacciargli le gambe piegate fra i loro due corpi, uno un po’ più possente dell’altro ma comunque atletici e piacevoli.
- Sei pronto? - Chiese in un barlume di riguardo che, questa volta, ci stava; Jun annuì con una leggera carezza sul suo viso sudato e questo diede un’altra scossa a Genzo che, tornando a pensare al discorso delle cariche positive e negative, scivolò in lui cercando di fare con delicatezza. Fu una delicatezza relativa perché per lui lo era davvero ma per Jun fu atroce comunque.
La sua prima volta non era comunque mai riuscito ad immaginarla in termini davvero realistici, però dopo un primo momento di shock e scollegamento, sentì Genzo mettergli una mano sul capo, fra i capelli, e scompigliandoglieli con un che di grossolano lo fece tornare il necessario per permettergli di riprendere.
Rilassato quel tanto che gli bastava, cominciò a muoversi in modo da farsi strada sempre più in profondità e con più facilità e quando si sentì più fluido di prima, aumentò il ritmo facendosi trasportare dal vento che batteva contro le finestre, dai fulmini che regnavano nel cielo esterno e da quell’atmosfera di potenza naturale che ormai non li avrebbe più lasciati indifferenti.
Solo quando la carica negativa di uno raggiunse intimamente e veramente quella positiva dell’altro, si poté creare la scarica elettrica. A quel punto, in mezzo al caos ed al dolore, Jun riuscì a trovare anche quel piacere, seppure lontano e confuso, portato dall’atto che stavano consumando.
Allora il fulmine da Genzo si scaricò in Jun in una fusione oltre che di corpi anche di voci ed essenza, con le memorie precedenti cancellate, i ragionamenti interrotti e la sola voglia di andare avanti fino in fondo, fino a morirne se necessario, ma farlo comunque e basta.
L’orgasmo fu retto decisamente bene da entrambi e fu molto intenso, sicuramente indimenticabile, forse ingiusto, forse sì, in ogni caso vissuto fino in fondo.

Dopo non ne parlarono, non si chiarirono, non si spiegarono, però cominciarono a comunicare al di fuori di quel momento, al di fuori di quel ritiro, al di fuori delle loro vite solite.
Cominciarono ad avere un rapporto a dispetto di quello che era sempre stato prima.
Genzo e Karl tornarono insieme, Jun si avvicinò a Kojiro e, dopo molte lotte non poco difficili, riuscì ad avere una relazione con lui.
Anzi.
Ad avere LA relazione.

FINE