CAPITOLO V:
RIFLESSIONI NELLA MATTINA

/Miscomunication - Timbaland, Hilson & Sebastian/
Quando si staccarono per bisogno di riprendere fiato, il tempo scorreva ancora molto lentamente, sembrava tutto sospeso in una dimensione a parte, alla penombra, davanti ad un pianoforte, con ancora un’atmosfera strana creata da qualche nota malinconica ed un bellissimo ragazzo.
Solo dopo un paio di secondi in cui Kojiro era rimasto a fissare Jun perso ed inebetito per quel che aveva appena fatto e provato, si rese conto che l’altro non aveva risposto ma non l’aveva nemmeno respinto.
Poi Jun chiese:
- Sei gay? - Il suo tono era delicato e non accusatorio, il ragazzo dai capelli mori non si sentì in imbarazzo nonostante avrebbe dovuto, quindi pensandoci non trovò risposta:
- Lo sono? - Sperò quasi che l’altro sapesse anche quello.
- Ti è piaciuto il bacio? - Fece allora Jun con calma e quasi dolcezza, continuando a guardarlo negli occhi neri confusi e stupiti.
- Sì… -  Era vero.
- Lo rifaresti? -
- Sì e anche meglio! - Anche questo era vero.
- Allora lo sei. - Semplice, terribilmente semplice. Come aveva fatto a non arrivarci prima da solo?
- Ed è male? - Però non capiva se doveva preoccuparsi o meno, non si sentiva sbagliato, fuori posto o anormale ma con un angolino della sua mente sapeva che forse avrebbe dovuto.
- Dipende dai punti di vista… - Non aveva mai una risposta definitiva ed oggettiva.
- Dal tuo? - A Kojiro premeva comunque conoscere il suo.
- No. - Si sentì sollevato e si sentì anche stupido.
- Ma lo sei anche tu? - Quasi convinto che fosse così, o forse solo sperandolo.
- No. - Gelo.
- No? - Aveva sentito male?
- No. - No… aveva sentito bene. Purtroppo.
Il gelo divenne fuoco e lo sentì sulle sue guance e dentro al petto.
“Che idiota che sono…”
Pensò amaro, poi senza aggiungere nulla, provando finalmente quello che forse avrebbe dovuto provare prima, una vergogna martellante, si alzò e se ne andò veloce come una folata di vento.
Scoprire di essere gay, di essere attratto da un ragazzo nello specifico, avere a che fare improvvisamente con la propria sessualità e compiere stupide smancerie non da lui, ma che aveva sempre sognato quando era chiuso da solo in una sporca cantina ad immaginare il suo mondo ideale. Poi scontrarsi con la dura realtà.
Nel mondo reale le cose continuavano a non andare come voleva e a lui non rimaneva altro che accettarle.
O combattere per cambiare ciò che gli stava a cuore.
Il giorno dopo l’avrebbe deciso.

Kojiro viaggiò su un altro pianeta per tutta la mattina successiva, come se fosse approdato sulla luna ed i suoi movimenti fossero rallentati. In realtà appariva più pensieroso che mai e la verità era che non sapeva che pesci prendere, nella maniera più assoluta.
Era gay?
Sì, pensava di esserlo, dopo tutto aveva baciato un ragazzo… sempre che quello si potesse considerare un bacio. Sicuramente avrebbe dovuto fare anche qualcos’altro, ma non gli era venuto su altro sul momento, aveva solo agito d’istinto.
Come ci si sentiva ad essere gay?
Inizialmente gli parve che tutti lo sapessero ma non capiva se dovesse essere un male o meno… Jun non gli aveva dato una risposta specifica a tal proposito e lui la sua infanzia l’aveva vissuta da recluso: più che un bambino era stato uno schiavo, quindi la sua conoscenza del mondo e delle cose era davvero limitata.
Non vedeva comunque perché agli altri dovesse interessare se a lui piacevano i maschi o le femmine… quindi lo stato ‘sul chi vive’ aveva subito lasciato spazio a quello della scoperta e della ricerca.
Ricerca di ciò che gli piaceva davvero, come e perché.
Gli piacevano tutti i ragazzi?
In che misura?
Che istinti basici gli provocavano e quali tipologie di persone lo stimolavano?
Oppure era stato solo Jun Misugi l’eccezione?
Cominciò ad osservare tutti i ragazzi, da quelli brutti a quelli decenti a quelli più popolari e corteggiati, riconosceva le loro ‘categorie’ d’appartenenza e perché uno fosse bello ed un altro invece no.
Ma questo cosa significava?
Mica avrebbe voluto baciarli tutti…
C’era anche da dire che con tutti quelli lui non ci aveva nemmeno mai parlato, forse doveva scambiarci quattro chiacchiere per sentire la voglia di farci qualcosa.
Dopo un paio d’ore passate così, il cervello gli fumava e la confusione ingigantiva come non mai, seccato per questo aveva deciso di mandare tutti al diavolo e di vivere la vita così come gli veniva, continuando a scoprire sé stesso e i propri gusti che per quattordici anni aveva soppresso per sopravvivenza.
Ora poteva fare tutto quel che desiderava ma prima di quello doveva scoprire cos’era che effettivamente voleva fare.
La sua ricerca di sé stesso e del mondo che voleva era appena all’inizio, ma ad ora di pranzo subì una brusca fermata violenta che lo costrinse a giungere momentaneamente alla fase della rabbia.
L’aveva sempre cercato, ma non l’aveva mai trovato a pranzare con loro in mensa. Vero era anche che lui, Hikaru, Ken e Takeshi arrivavano sempre tardi rispetto a tutti gli altri, quindi probabilmente non beccava mai Jun perché quello era sicuramente in anticipo.
Quel giorno arrivarono piuttosto presto, i tavolini erano quasi tutti vuoti e c’era una vasta scelta di piatti; nonostante i lati positivi, Kojiro dopo sarebbe arrivato sempre tardi di proposito.
Gli venne quasi un colpo quando lo vide andare a sedersi con il proprio vassoio in mano. Rimase inebetito come un idiota, fermo, a fissarlo sorpreso riscoprendo la sensazione di quella notte, ritrovandosi catapultato in quell’atmosfera malinconica e surreale. Quasi gli parve di rivedere e risentire il pianoforte nero a coda. Rivisse il contatto delle loro labbra che gli era piaciuto, provò la voglia di rifarlo meglio, magari toccandolo ed essendo più intraprendente.
Lì capì che tutte le ore della mattina passate a cercare di capire cosa significava essere gay, erano state inutili perché comunque quella stretta che sentiva dentro alla bocca dello stomaco la provava solo in presenza di Jun.
Era lui, non tutti i ragazzi. Lui.
Magari conoscendo qualcun altro che rispondeva ai suoi ancora inesplorati gusti sarebbe potuto succedere altrettanto, chi poteva dirlo, però ora come ora la sua prima cotta seria era decisamente per quel ragazzo che gli aveva rivolto la parola per la prima volta.
Quanto idiota si sentiva…
Da lì al gelo fu un attimo.
Lo vide sistemarsi su un tavolo, poi girarsi e prendere il vassoio della ragazza che aveva dietro, quindi metterlo davanti al suo, prenderle la mano e posarle un dolce e delicato bacio sulle labbra.
Rimase immobile per un lungo attimo, non se ne rese nemmeno conto, si sentiva solo un perfetto imbecille di attimo in attimo.
Dunque era per quello che non aveva ricambiato, che non gli era piaciuto, che non aveva reagito.
- Wow, ci sono addirittura Jun Misugi e Yayoi Aoba! Che onore! - Sentì vagamente la voce di Hikaru ironizzare.
- E’ come parlare di due altezze reali! - Continuò Sawada ma senza scherzare, profondamente ammirato e quasi sognante.
- Due fra le altezze reali, vorrai dire… non sono gli unici ad essere dei pezzi grossi! - Lo corresse Ken con meno interesse, proseguendo il percorso del cibo.
- Sì, ma sono quelli più amati! - Proseguì il piccoletto incurante del moto di gelosia che Ken stava mascherando egregiamente.
Hikaru vedendo lo sbigottimento di Kojiro che ancora li fissava spudorato, gli spiegò con la sua solita ironia, divertito dalle diverse reazioni dei suoi due amici:
- Gente come Genzo Wakabayashi e Karl Hainz Schneider sono popolari e di una certa importanza per la loro provenienza e la bravura con cui fanno certe cose, ce ne sono un paio come loro. Ammirati ed in vista. Ma Jun Misugi e Yayoi Aoba sono come il re e la regina, la coppia perfetta, quelli più invidiati, ammirati, rispettati ed amati. Tutto quello che fanno gli riesce bene e la storia del cuore di lui aggiunge un velo di romanticismo in più alla coppia. Per molti vederli è come essere in paradiso! Stanno insieme da molti anni e sono tutti sicuri che quando si diplomano si sposeranno! - Lui non le pensava realmente quelle cose, era ovvio, ma la maggior parte delle persone dell’istituto sì, quindi era come una sorta di verità assoluta.
Kojiro rimase a fissare quella bella ragazza elegante, distinta e dall’aria molto dolce, dai capelli rossi che ricadevano morbidamente sulle spalle, gli occhi verdi ed un fisico perfetto.
Su una cosa Hikaru aveva ragione… l’invidia c’era, ma solo verso di lei.
Se avesse potuto l’avrebbe cancellata dalla faccia della terra!
La rabbia l’assalì prepotente e velenosa mentre lo divorava, la stessa che l’aveva mantenuto in vita fino al giorno in cui l’assistente sociale l’aveva portato via da quelle persone. Un’ira sorda alla quale si trattenne con fatica, una voglia di prendere a pugni Jun che non gli aveva detto che era fidanzato e che l’aveva quindi preso in giro.
Non l’aveva fatto davvero ma a lui parve di sì e buttando il vassoio a terra, ancora vuoto, creando un fragore che rimbombò per tutta l’ampia sala mensa, facendo girare tutti i presenti stupiti, uscì infuriato cominciando a scaraventare calci a tutti gli ostacoli sul suo cammino.
Solo Genzo, alla fine, si rivelò utile poiché fu l’unico a rispondergli per le rime e a proporgli un valido sfogo a suon di pugni che servì solo a scaricarlo e a lasciarlo più arrabbiato di prima.
Con Jun aveva chiuso!