10. IL MIRACOLO TE LO DEVI CREARE



"Ovunque guardi adesso  sono circondata dal tuo abbraccio  tesoro riesco a vedere la tua aura  sai che sei la mia unica buona qualità  sei tutto quello di cui ho bisogno e di più  è scritto su tutto il tuo viso  tesoro riesco a sentire la tua aura prego che non svanirà mai "
/Halo - Beyonce/

Gauche lasciò Silvet che cadde immediatamente a terra, per l’ennesima volta.
Lo sguardo oscurato.
- È piccola, magari camminerà dopo, no? - Disse Jiggy cercando di fare l’indifferente, anche se era altrettanto preoccupato.
Gauche strinse le labbra in una smorfia per nulla convinta.
- Non le muove. Non l’ho notato subito, però non ha mai mosso le gambe… sai, di solito scalciano i bambini, gattonano… lei… - La voce gli si incrinò e Jiggy guardò la piccola seduta a terra che giocava ignara della preoccupazione del fratello maggiore.
- Falla visitare. - Gli suggerì pratico. Gauche annuì. - Magari basta qualche cura particolare. Ci sono sistemi di stimolazione… viaggiando ne ho viste di tutti i tipi. - Cercò di proporgli delle soluzioni senza azzardare teorie od ipotesi inutili. Gauche sospirò e cercò di non farsi prendere da un’eccessiva preoccupazione, pur non essendo facile.
Jiggy gli carezzò i capelli e tornò a leggere il giornale che parlava del progetto che un misterioso benefattore voleva far costruire in uno dei paesi di passaggio vicino al ponte che collegava Yodaka a Yusari.


Jiggy tornò da Gauche dopo quasi una settimana di consegne, lavorava sempre molto in qualità di unico nuovo corriere espresso. I soldi che prendeva ne valevano la pena. Dopo l’Head Bee, il Corriere Espresso era il più retribuito.
Non aveva potuto sentire e vedere Gauche, il patto era che ognuno faceva la propria vita pur stando insieme. Jiggy addirittura cercava di non passare troppe notti con lui, per non essere troppo attaccato a Gauche o farlo dipendere da lui. Voleva che se la cavasse da solo con Silvet, per quanto accettasse naturalmente gli aiuti necessari.
Quando tornò dopo tutto quel tempo senza vederlo, aveva una voglia incredibile di abbracciarlo, invece rimase basito davanti al disordine ed allo sporco.
Quasi che fosse una casa abbandonata. Si guardò intorno sorpreso mentre il cuore cominciava a giocargli brutti scherzi.
Brutti a dir poco.
- Cosa… - Poi impallidì provando ad immaginare cosa potesse essere successo. - Gauche? - Si precipitò col cuore in gola in cucina, ma era altrettanto sporca, sicuramente non mangiava lì da un paio di giorni. Così sempre più spaventato, quella paura che aveva provato il giorno dopo del balenio, andò alla camera di Silvet e lì tirò un respiro di sollievo, infatti si coprì la bocca con la mano cercando di ricomporsi. Per un momento si era sentito morire. Aveva pensato che fosse rimasto ucciso e nessuno gli avesse detto nulla.
- Gauche, che è successo? - Comunque qualcosa doveva essere accaduto di sicuro.
Lode alzò la testa e lo guardò felice di vederlo, scodinzolò e gli andò incontro. Jiggy la carezzò, ma tornò a Gauche seduto per terra che fissava il vuoto, la testa fra le mani, tutto ricurvo.
Jiggy era sempre preoccupato, ma lo vedeva vivo e reattivo, perciò non doveva essere niente di così tanto grave. Non avrebbe certo immaginato le ripercussioni di quell’evento.
Si avvicinò e si accucciò, la mano sulla schiena e di nuovo lo chiamò.
- Gauche? - Piegò la testa per vederlo in viso e solo allora, nell’ombra della camera, Gauche si accorse della sua presenza. Alzò la testa, lo guardò e reagì. Era come se fosse stato da un’altra parte per molto tempo e fosse tornato solo ora.
- Oh, sei tornato! - Esclamò con voce rauca. Jiggy annuì senza sorridere, conscio che qualcosa doveva essere andato male. Vedeva Silvet nel letto, seduta a giocare,  Lode lì con loro. Cosa poteva essere andato male?
Lo baciò delicatamente, infine gli chiese cosa fosse accaduto. Gauche se ne ricordò e tornando cupo, si voltò verso Silvet.
- L’ho fatta visitare già a due medici, dicono che non camminerà. Ha una lesione alla colonna vertebrale, sembra irreversibile per le conoscenze attuali. Quando hanno saputo che è nata il giorno del balenio non si sono stupiti, hanno detto che quando si è spento il sole, ci sono state ripercussioni di vario genere. - Gauche cominciò a parlare inizialmente calmo, poi sempre più agitato, tanto che Jiggy si trovò a stringergli la mano e intrecciare la dita.
- Continueremo a cercare, giusto? Ci sarà qualcuno che può fare qualcosa. Quelle stimolazioni funzionano con dei cavi che si attaccano ad un’enorme scatola che si attiva con un’ambra spirituale. I cavi si attaccano a qualcosa e a seconda dell’intensità con cui la si regola, dà delle scariche. Sono vibrazioni che penetrano nel corpo della persona, non sono letali, non fanno male. Stimolano i muscoli atrofizzati. È una cura usata per guarire più velocemente alcune ferite, ci sono ospedali all’avanguardia che… - Jiggy iniziò a parlare di questa cura sperimentale che aveva visto in qualche viaggio vicino alla capitale, nelle zone migliori di Yusari.
Gauche lo guardò tornando piano piano alla luce, alla speranza persa per tutto quel tempo.
- E poi comunque chiederai anche altri pareri medici! E se qua non c’è nulla di utile, andrai nella capitale, in qualche modo, da qualche parte, troveranno una cura! - Jiggy non era abituato ad arrendersi ai problemi, ma li sradicava sempre, li affrontava e li abbatteva. Per questo non si sarebbe mai fermato davanti ad un problema, di qualunque tipo.
Questa sua enorme forza d’animo aiutò Gauche che tornò a rasserenarsi e a respirare, dopo giorni di apnea.
Con un abbraccio pieno di slancio e disperazione, si appese al suo collo e stringendo gli occhi, mormorò:
- Grazie. Grazie per essere tornato. Non so cosa avrei fatto senza di te, lo giuro. Non lo so proprio! Non abbandonarmi mai! - Jiggy sorrise.
- Sei tu che non devi mai abbandonare me. - Gli ricordò. Gauche sorrise e tirando su la testa, trovò le sue labbra che fece proprie.

- Notizie? -
Chiese la sera dopo Jiggy, mentre rientrava da lui per il consueto saluto.
Gauche stava cambiando la piccola Silvet dopo il bagnetto serale, lo trovò in bagno intento a vestirla.
Il ragazzo si voltò e gli sorrise con dolcezza.
- Ho trovato qualcuno che sa di quella cura, dicono che è sperimentale e non è sicura e quindi costa molto. Dicono che su un adulto non provoca danni eventuali, ma su una bambina così piccola rischia di avere effetti collaterali. Perciò mi hanno suggerito di aspettare che cresca e diventi più forte in modo da, nel peggiore dei casi, non avere conseguenze. Così posso mettere via i soldi. - Jiggy si sentì subito fiero di lui, aveva tutt’altro atteggiamento dalla sera prima. Era sicuro, deciso, le idee chiare. Appariva forte, come voleva che fosse.
- Ottimo. Mi sembra un buon piano. Comunque senti altri pareri, non è detto che ci sia solo quello. - Gauche annuì e gli diede la sorellina perché era tutto bagnato anche lui per averle fatto il bagno, così Jiggy prese Silvet mentre lui si sfilava la canottiera ed i boxer facendo venire subito strane idee al suo pubblico speciale. Gauche non se ne accorse nemmeno, continuò invece a parlare di quel che aveva pensato, rimboccandosi le maniche.
- Certo, non starò fermo ad aspettare! Lavorerò molto di più, guadagnerò tutto quello che posso, cercherò una cura, la troverò! Sai… - Fece poi con aria particolarmente risoluta, mentre finiva di asciugarsi. - Se divento Head Bee oltre che guadagnare di più, posso andare alla capitale. Là sicuramente c’è qualcuno che la può aiutare. - Jiggy con quello si distrasse completamente e gli ormoni si calmarono mentre quella strana sensazione di disagio lo lasciava perplesso.
- Head Bee? - Gauche annuì infilandosi il cambio che si era portato. - Ma è difficile… e poi per un periodo dovrai stare fisso alla capitale, non so quando potrai tornare… - Gauche alzò gli occhi.
- Sono sacrifici accettabili. Pensa lei senza camminare… no, se posso fare qualcosa lo farò, non importa cosa. - Jiggy da un lato era felice che lottasse senza arrendersi, quella forza di carattere era bellissima, dall’altra era dispiaciuto all’idea di dover stare un po’ senza di lui. Ma dopotutto si erano promessi di non intralciarsi mai.
Così mascherò come sempre tutto quel che provava ed annuì vago.
- Fissa l’obiettivo e non fermarti. Ricorda sempre il motivo per cui lo fai. - Gauche sorrise andandogli davanti una volta vestito.
- Ora capisco come ti sentivi quando mi dicevi di non distrarti. - Jiggy si chinò verso di lui alla ricerca della sua bocca che, piegata in un dolce sorriso, trovò.
- Ed io ti ricordo di quello che mi dici sempre. - Gauche separò le labbra dalle sue, lo guardò sorpreso e lo disse:
- Ricorda perché lo fai, ma ricordati anche di tornare da me? - Jiggy annuì serio, lo sguardo intenso di chi voleva quella promessa solenne.
- Fai quello che devi, ma torna sempre qua da me e da lei. - Gauche gli carezzò la guancia teneramente.
- Come fai tu. -
Jiggy a quel punto accennò ad un sorriso.
- Come mi fai fare tu. - Gauche rise e lo abbracciò tornando a baciarlo, la piccola Silvet con la testina appoggiata sulla spalla di Jiggy, a guardare dietro di loro, buona come il pane.
- Lo prometto. - Disse infine appoggiando la fronte alla sua, occhi negli occhi, uno sguardo, un momento che non avrebbero dimenticato, coi cuori che battevano veloci come avrebbero fatto dopo cena, quando Silvet si sarebbe addormentata e loro avrebbero finito di mangiare.
Quando, stesi nel letto, avrebbero suggellato quella promessa con l’unione solenne dei loro corpi ed un ‘ti amo’ che ormai non avevano paura di dirsi, perché era vero e reale.


Quando era sovra pensiero, il suo sguardo era nostalgico.
Jiggy se ne era accorto subito, lo osservava ogni istante in cui erano insieme, senza che se ne accorgesse.
Gauche non ne era conscio, ma gli mancava sua madre.
Il non ricordarsi di lei gli aveva reso più facile affrontare la sua vita dopo, però quando faceva le sue cose in casa senza interagire con nessuno, lui aveva quell’aria nostalgica. Appena qualcuno gli parlava o si rivolgeva a lui, era di nuovo allegro e dolce.
- Questa settimana ho fatto molte consegne difficili, ho chiesto di affidarmi gli incarichi più complessi perché voglio diventar Head Bee. - Disse Gauche sedendosi sul divano con lui a rilassarsi mentre Silvet giocava per conto suo nella sedia con le rotelle che le aveva comprato. Poteva muoversi da sola usando le mani sulle manopole poste sulle ruote grandi, sotto la seduta.
Era una bella invenzione e per lei andava più che bene.
Jiggy lo guardò sedutogli vicino e gli alzò una ciocca di capelli dal collo facendolo rabbrividire.
- Questo è fresco… - Commentò riferendosi ad un cerotto bello grande sul collo scoperto. Di solito c’erano o i capelli o la sciarpa, perciò non si vedeva. Gauche sorrise come se non ci fossero problemi.
- Lo sai meglio di me, no? - Disse con un pizzico di malizia. - Conosci ogni centimetro del mio corpo, meglio di come lo conosca io stesso! - Jiggy ebbe un lampo di malizia a sua volta e lasciando i suoi capelli scivolò con la mano sulla sua coscia, a sfiorargli l’inguine coperto da dei comodi pantaloncini corti. Non andò oltre perché ora Silvet cominciava a crescere e a capire cosa succedeva, perciò davanti a lei tenevano un certo contegno.
- L’importante è che qua rimanga tutto a posto! - Gauche non arrossì più come faceva ai primi tempi, rise e girandosi verso di lui gli lambì l’orecchio con le labbra sussurrando:
- È più che a posto, lì! - E con questo vi infilò la lingua dentro facendo rabbrividire Jiggy che spostò la mano dalla coscia all’inguine stesso.
- Ma senti lì… e poi sono io il maniaco! - Gauche ridacchiò mentre stava per accogliere le labbra di Jiggy e la sua lingua, quando Silvet andò a sbattere con la carrozzina contro le loro gambe intrecciate facendoli ululare e saltare sul posto. Le mani presto si separarono e tornarono ad un normale contegno.
Jiggy imprecò e Gauche rise.
- Dai, quando dorme sarò tutto tuo! - Disse appoggiando la testa alla sua spalla e chiudendo gli occhi.
- Eh appunto… quando dorme? - Fece imbronciato Jiggy. Gauche rise ma  si mise ancor più comodo sul compagno.
- È meglio che cominciamo ad andare nella mia camera a passare la notte… - Disse Gauche mentre la voce cominciava ad impastarsi dal sonno. - Tanto ormai dorme tutta la notte, è brava. Se si sveglia le ho insegnato a chiamarmi. -
A Jiggy quell’idea piacque molto, perciò cominciò a guardare la piccola in attesa che le calasse la palpebra.
Purtroppo la palpebra calò a Gauche poco prima di un’ultimo discorso nel dormiveglia.
- Non devi preoccuparti per me, anche se torno stanco ed ammaccato sono contento. Faccio un bel lavoro, consegno i cuori delle persone e le rendo felici. Nel mentre guadagno per la mia Silvet e porto avanti il mio sogno di diventare Head Bee. Sono felice e realizzato. - Mormorò voltando leggermente il capo verso la sua comoda spalla.
Jiggy piegò il proprio sul suo con dolcezza.
- Me ne guardo bene. Io torno in condizioni peggiori. So bene cosa significa dare tutto per i propri obiettivi. Non ti fermerei mai. Le ferite sono importanti, mostrano l’impegno che mettiamo. Se non torniamo stanchi ed ammaccati significa che non ci abbiamo dato abbastanza. - Gauche sorrise e cercò la sua mano, Jiggy l’accolse ed intrecciarono le dita.
- Sapevo che mi capivi. Sei l’unico che mi incoraggia. Gli altri sono sempre preoccupati a dirmi che esagero… ma io so che posso farlo. - Jiggy gli baciò i capelli argentei.
- Guai se non lo fai. Non puoi piangerti addosso per le disgrazie e stare fermo ad aspettare un miracolo. Il miracolo te lo devi creare tu. - Gauche aumentò la presa, poi accolse il sonno con un dolce e tenero:
- Ti amo. - Ricambiato da un altro bacio di Jiggy sulla sua testa.
- Anche io. -
Perché vivere il momento, ormai, era diventata la cosa più essenziale di tutte. I progetti andavano bene, erano vitali. Ma se la testa era giusto che fosse al futuro, il cuore doveva essere al presente. Quello era il loro nuovo stile di vita.
Gauche si addormentò su di lui e Jiggy rimase lì a pensare a lui e a come cambiava quando interagiva con gli altri, piuttosto da quando era solo o pensava di non essere osservato.
“Anche se gli manca qualcosa, io e Silvet colmeremo sempre questa mancanza!”
Dopo un po’ Jiggy si alzò lentamente dal divano e lo stese mettendolo più comodo.
Poi prese Silvet ancora sveglia e pronta per dormire, la cullò un po’ come ricordava che sua madre faceva con la propria sorellina ed infine, una volta che gli occhi si furono chiusi, la mise nel lettino che avevano costruito insieme in uno dei momenti più duri della propria vita.
“Camminiamo in un percorso oscuro ed il sole è così lontano che è irraggiungibile. Però spesso le stelle arrivano e ci scaldano. Anche se piccole, sono sufficienti. Non abbiamo molti motivi per essere felici, ci sono sempre problemi e sempre ne avremo e forse i nostri scopi sono troppo pretenziosi, ma non ci fermeremo. E riusciamo ad essere felici, ogni tanto, nonostante tutti i maledetti problemi. Anche se per poco, possiamo ancora essere felici.”