*Ecco qua un altro capitolo. Continuano le vicende di Jiggy, Gauche & co! Giunti in un'isola apparentemente normale, Hunkrast, dove la gente ha avuto un buono sviluppo autonomo, lontani dagli affari e dalle vicende di Ambeground e dal Governo, proprio quando sembrava che le cose stessero andando bene per una volta, arriva un attacco pirata ed ecco che le cose si complicano. Una nuova battaglia all'interno di una guerra più grande prende forma ed anche se loro non avrebbero voluto intromettersi, questa volta non hanno scelta. Vediamo cosa significa Gauche per Jiggy nonostante non sia più il suo autentico ragazzo, ma quanto di più vicino. Buona lettura. Baci Akane*

40. UNA FAIDA LUNGA UN SECOLO


gauche jiggy
"La tua libertà si sta consumando, quel che diventeremo è il contrario di quel che vogliamo. Inchinati."
/Muse - Take a bow/

Gli spari delle pistole facevano un gran chiasso, lasciando una puzza di piombo nell’aria. Una nuvola si alzava lenta e incessante sopra la città. Ad un certo punto vedere divenne complicato e Jiggy si mise la sciarpa sul viso per coprire naso e bocca e solo con gli occhiali da corsa riuscì a continuare a mettere fuori combattimento i pirati il cui numero era sorprendentemente elevato.
“Sono ben organizzati per essere dei bastardi!”
Pensò non avendo idea di cosa ci fosse dietro attacchi simili.
Purtroppo perse presto di vista Gauche e Lode, sperò che se la cavassero e che stessero bene e appena notò che i pirati rimanenti si ritiravano, i residenti alzarono le armi in alto gridando vittoriosi.
- Si ritirano! - Urlarono felici. Jiggy rimase con occhialini e sciarpa sul viso, mise alla cintura la pistola di piombo, vicino alla sparacuore, e prendendo un pezzo di cartone da terra iniziò a sventolare per togliere la polvere, in modo da dissiparla e ritrovare Gauche.
Lo chiamò inizialmente calmo, poi spazientito, poi arrabbiato.
Gauche non rispondeva e mano a mano che trovava persone, feriti, morti o sani che fossero, mano a mano che la nuvola si diradava, si rese conto che di Gauche non c’era traccia.
- Hai visto Gauche? - Chiese Lode senza assicurarsi sulle condizioni di Jiggy di cui probabilmente le importava poco.
Jiggy scosse il capo corrucciato, chiaramente nemmeno lei lo aveva visto.
- Dividiamoci, questa zona l’ho già setacciata. - Disse lui indicando quel che aveva controllato.
- Io ho visto di là! - Rispose lei pratica partendo alla volta di un altro angolo di città.
Dopo diverso tempo passato a cercare Gauche, realizzarono con orrore e angoscia quale era la verità.
- Ragazzi, mi dispiace essere io a dirvelo, ma probabilmente i pirati lo hanno rapito. - Disse uno dei responsabili della città. Jiggy lo fissò come si poteva fare con uno scarafaggio, Lode fu più brava a controllarsi.
- Come rapito? E perché? È un forestiero, non ha nulla a che fare con voi! - tuonò Jiggy mettendo automaticamente la mano alla pistola di piombo.
- E vallo a chiedere a quei pazzi! Ogni volta che attaccano rubano tutto quello che riescono, per lo più pietre ed oggetti che funzionano con le pietre. E poi se riescono rapiscono consiglieri, capi o responsabili! - rispose veloce e spaventato dai suoi modi furiosi, le mani alte davanti al viso.
- Ma perché?! - Tuonò ancora, avvicinandosi sempre più adirato. - Non ha senso! Prendono oggetti che non hanno, che per loro sono preziosi! Che se ne fanno delle persone?! - Jiggy non riusciva proprio a capire e si aggrappava a quello per sapere quanto grave potesse essere il rapimento di Gauche.
- Beh… c’è una faida fra noi e loro. Noi siamo la città sviluppata, siamo i ricchi, per loro. Loro invece sono quelli sotto sviluppati. I poveri. Sono nati in terre desolate, senza pietre e ricchezze di alcun genere e tutto quello che sono in grado di fare è rubare. -
- Questo lo capisco, ma perché prendere le persone e non solo le cose? - Jiggy stava per estrarre la pistola e sparargli, la vena gli batteva nella tempia e la rabbia cresceva copiosa.
- Vedi… - Fece a quel punto l’uomo, come se capisse che in qualche modo la sua gente era responsabile. - Loro hanno da sempre chiesto di integrarsi a noi, di vivere con noi. Ma noi glielo abbiamo sempre impedito… -
- E perché?! - Jiggy cominciò a gelarsi nel vedere finalmente l’odio recondito e probabilmente giusto di quei pirati.
- È semplicemente così da generazioni, noi ci limitiamo a portare avanti una sorta di usanza. Sono problemi che risalgono ai nostri nonni. Forse, semplicemente, una mela marcia non diventerà mai buona da mangiare! - La spiegazione sconvolse e shoccò Jiggy come ancora non pensava potesse succedere. Guardò Lode la quale aveva un’aria liberamente schifata, poi lui scosse il capo e alzò gli occhi al cielo incredulo.
- E poi sono loro i bastardi? -
Poi voltò lui le spalle andandosene affiancato da Lode.
- Senti, mi dispiace, è che… - Cercò di giustificarsi l’uomo. Jiggy si fermò e strinse i pugni, voleva tagliarli fuori, ma poi si rese conto che non poteva assaltare i pirati nel loro covo da solo con Lode. E poi aveva bisogno delle loro lettere.
Si morse il labbro e sospirò frustrato. Lode lo guardò stupita.
- Ok. - Grugnì a denti stretti. — Ok!- E si voltò puntando il dito furioso contro di loro, il tono duro: - Adesso raduna tutti quelli rimasti in grado di combattere! Tutti insieme andremo a recuperare le persone rapite! Dopo di che ci darete le vostre lettere e ce ne andremo! Queste sono le uniche scuse che accetteremo! Altrimenti suggerirò al gaichu Spiritus, quando si sveglierà, di cominciare da questa città! - Chiaramente non poteva farlo, ma loro non avevano idea di cosa poteva fare la gente di Amberground. Per loro erano al pari dei maghi, quasi. Per qualche strana ragione ignota.

Jiggy aveva dato l’ordine di radunare tutte le armi a disposizione, sembrava avere tutta l’intenzione di fare una strage e da come controllava le munizioni che gli portavano come se fosse il generale dell’esercito, aveva un’aria furiosa.
- Vuoi ucciderli tutti? - Chiese Lode che si limitava ad affilare il suo coltello.
- Certo! - Rispose secco senza alzare lo sguardo dalle numerose armi, fra pistole, mitraglie e addirittura dei cannoni chiamati bazooka.
- Questo è quello che farei io. - Disse lei prendendo in mano una mitraglia che vedeva per la prima volta. Erano molto sviluppati, ma non avendo mai avuto a che fare con il governo, i problemi e gli affari di Amberground, per questo avevano potuto e dovuto arrangiarsi e seguire un progresso sorprendente.
- Ed è quello che farò io. - Concluse secco Jiggy prendendo una pistola e puntandola per provarla. Non era molto diversa dalla sparacuore, solo che serviva più fermezza nell’uso.
- Certo. Prima di Noir. - Poi Lode alzò gli occhi al cielo e sospirò infastidita. - Gauche. Prima di Gauche, o nel periodo in cui non c’era… avresti agito così. Ma lui ti ha cambiato. Ti cambia ancora. Non sei più così. Non devi. - Jiggy mise giù la pistola con un tonfo, mentre intorno a loro nella sala centrale del palazzo militare, il via vai continuava. Prese una mitraglia e cercò di capire come si usava, i movimenti erano sempre più furiosi, come la sua espressione cupa.
- Invece ti sbagli! Sono ancora così. Devo. E voglio! Hanno preso Gauche, hanno preso il mio Gauche! Non la passeranno liscia! Non importa chi sono e che storia hanno. Non sono affari miei! - Era incastrato in un’inquadratura rigida con dei paraocchi enormi, Lode sospirò e gli corresse la posizione della mitraglia, più pratica di armi di lui.
- Non vuoi, invece, perché sai che Gauche non vorrebbe. E tu sei il primo a non volerlo scontentare. - Con questo Lode si prese una pistola a piombo e delle munizioni, poi disse che lo aspettava fuori, dava un’occhiata di perlustrazione al porto e che controllava la sorella di Niche.
Jiggy rimase solo a pensarci, dubbioso, arrabbiato, nervoso e con la voglia di usare quel cannone così grande. Poi sospirò e scosse iroso la testa strofinandosi il viso.
Voleva solo riavere Gauche, tutto lì. Quella storia per lui era una seccatura, non gli importava nulla di aiutare quella gente, non più di quanto potesse importargli aiutare il resto di Amberground.
Per lui contavano sua sorella, suo fratello, le persone che aveva conosciuto, che lo avevano aiutato, che erano stati buoni con lui. Come Lag, Lloyd, Aria, il dottor Thunderland Jr.
Zazie.
“Quello non sarebbe in grado di guidare un esercito. Lavora meglio da solo. No, Zazie si sarebbe infiltrato da solo di nascosto, avrebbe recuperato Lag, sempre di nascosto, e se ne sarebbe andato. Poi Lag lo avrebbe obbligato ad aiutare anche gli altri!”
A quel pensiero sorrise, poi si fermò e si raddrizzò serio mentre l’idea prendeva forma rapida.
“Però ha ragione, se vado con un gruppo armato fino ai denti quel che ottengo è l’ennesimo scontro sanguinoso e chissà quante vittime, magari fra le quali proprio Gauche. In realtà sebbene il primo istinto è quello di andare con un cannone a farli tutti fuori, devo usare il cervello. Se l’obiettivo è riavere Gauche sano e salvo, devo usare l’astuzia, non la forza.”
Jiggy rimase ancora un attimo a pensare fissando assente le armi che venivano portate e la gente che andava a radunarsi in un salone a parte, come da lui ordinato, in attesa di un piano.
Ci mise qualche minuto al termine del quale scosse il capo ancora, prese due pistole e diverse munizioni, si assicurò di avere il solito coltello di scorta, la pistola sparacuore, infine prese una giacca ed un copricapo tipici di quelle parti, ammassate in un tavolo in fondo. Li indossò e silenzioso senza farsi notare se ne andò.


Quando Gauche si svegliò, la prima cosa che sentì fu una forte fitta alla testa sfociata ben presto in un dolore continuo. La seconda fu il freddo e l’umido che penetrava fin nelle ossa.
Si raggomitolò e si strinse nei vestiti logori e bagnati che indossava, probabilmente si stava anche ammalando, da quanto dormiva in quel freddo, bagnato a quel modo?
I capelli si erano asciugati male ed erano un bianco sporco, sul crespo andante e spettinati. Gauche si guardò intorno, era più buio di fuori dove almeno le stelle davano una minima visuale.
Cercò di abituare gli occhi al buio e di capire se c’erano rumori o respiri. E c’erano entrambi.
Persone che tremavano, dal respiro si capiva bene.
- Quanti siamo? - Chiese per capire dove fossero e quanti.
- Almeno una decina, temo… - La voce familiare dell’uomo responsabile della città con cui aveva parlato il primo giorno, gli rispose. Gauche gattonò fino a raggiungerlo e vide la sua ombra seduta contro una parete dura e bagnaticcia. Da qualche parte uno scolo, delle gocce.
- Siamo in una grotta. - Disse capendolo dall’umidità e dal rimbombo di quelle gocce. - Da quanto? -
- Sarà un paio d’ore… - Gauche annuì.
- Dobbiamo stare vicini e cercare di scaldarci. - Il capo concordò e chiamò a sé gli altri prigionieri, poi Gauche si fece raccontare la storia, il motivo dei rapimenti oltre che dei saccheggi.
- È una guerra che va avanti da generazioni, si è perso il vero senso di questa faida. Noi ci siamo ritrovati con questo odio sfrenato e basta. -
- Potrebbero occupare la città, impossessarsene. Farvi prigionieri nel vostro paese. Perché rubare, rapirvi e ritirarsi? - Il capo si strinse nelle spalle.
- Siamo superiori in numero ed armi. Siamo più forti. - Gauche annuì capendo, anche se era incredulo sulla motivazione di quella guerra.
- Perché non trovate un accordo per smetterla? Non avete nemmeno idea del perché vi combattete e vi fate del male… - Il capo non sapeva cosa rispondergli, in realtà.
- Non hanno mai cercato il dialogo, noi ci siamo sempre limitati a difenderci, loro capiscono solo il linguaggio delle armi. Noi rispondiamo a tono. Se volessero parlare, noi parleremmo! - Una risposta ragionevole, si disse Gauche.
Ora stava solo da sentire l’altra campana e vedere perché non cercavano un dialogo.
Gauche ne aveva passate molte e sapeva che da solo poteva fare poco se non provare a capire al meglio la situazione. Jiggy sicuramente stava per guidare un assalto in stile distruttivo, voleva evitare di fare stragi inutili. E poi magari fare qualcosa gli impediva di sentire quel freddo micidiale.

- Dov’è lo straniero di Amberground? - Una voce bassa e seria si levò dal fondo della caverna in cui erano radunati. Gauche si drizzò, quella voce era familiare. Era mascherata, forse, ma familiare.
Non riuscì a fare velocemente mente locale, specie per il fatto che aspettava Jiggy ad armi spianate con un gran chiasso a seguito. Perciò pensando che fosse il momento perfetto per parlare con i pirati, come li chiamavano i residenti, si fece avanti alzandosi in piedi, sempre intirizzito e freddoloso.
- Eccomi, sono qua. - Rispose con voce chiara e calma, avanzando verso la voce, per ora solo un’ombra e niente altro.
- Per di qua, il capo vuole parlare con te. - Disse l’uomo a Gauche, una volta che l’ebbe davanti. Gauche avanzò e appena furono fuori dall’antro della caverna, in una sorta di galleria di collegamento fra un antro e l’altro, la mano ferrea si chiuse sul braccio di Gauche fermandolo. Poi immediatamente imprecò.
- Dannazione, sei così bagnato! Tremi! Porca puttana, così ti ammalerai! Maledetti bastardi! - E prima di poter capire cosa stava succedendo, Gauche si trovò ricoperto di una giacca uguale a quella dei pirati.
- Ma che… - L’uomo lo spinse in un angolo ancora più buio e contro la parete gli si mise davanti, poi vicino al suo viso si scoprì la parte inferiore, la bocca ed il naso. La testa era avvolta in una stoffa lunga legata sulla nuca che scendeva sulla schiena, in stile pirata. Ma Gauche riconobbe la voce e la cicatrice che al buio intravedeva.
- Jiggy! - Esclamò mettendogli le braccia al collo. L’abbraccio li riscaldò entrambi lasciandoli in una sorta di pace momentanea, un sollievo che non pensavano avrebbero mai potuto provare solo per essersi rivisti.
- Ti aspettavo con un esercito a sparare a caso! - Disse separandosi da lui, Jiggy ridacchiò mettendogli in mano una pistola a piombo.
- Era quello che volevo fare, ma Lode ha detto che non ti sarebbe piaciuto. - Gauche sorrise.
- Per quanto mi abbia conosciuto come Noir, ora ha capito subito qual è la mia autentica indole… - Rispose sorpreso, sorridendo. - Dov’è? -
- È fuori, controlla la situazione, che non arrivino rinforzi e cose così. Mi sono infiltrato da solo, ho messo fuori gioco le guardie fuori dalla caverna e ho preso i loro vestiti. Qua dentro è così buio che non ci si vede un cazzo! Non è stato difficile. Adesso ce ne andiamo. Tieni, nascondi i capelli bianchi! - La giacca era la stessa usata dai pirati che aveva abbattuto fuori di guardia, era nera. Jiggy tirò fuori una seconda bandata e gliela legò sulla testa, ma Gauche alzò il dito e lo fermò deciso.
- Non se ne parla, cosa facciamo una volta che ce ne andiamo? - Chiese con fermezza. Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Cerchiamo delle isole senza psicopatici! -
- E pensi di trovarle? -
- Intanto penso che dobbiamo andarcene! - Brontolò seccato. Gauche però calmo e deciso non cambiò idea.
- Senti. Ci sono almeno una decina di prigionieri, oltre tutto ci servono le lettere di tutti! E quest’isola è grande, ci saranno altre città da controllare. Non possiamo semplicemente andarcene! - Continuò Gauche usando la bandana non per mascherarsi ma per asciugarsi meglio. Gli restituì la pistola.
- E cosa suggerisci di fare? - Gauche sorrise e gli prese il viso fra le mani con un sorriso placido in quel misto fra il vero Gauche e Noir.
- Semplice. Risolviamo questa vecchia faida! - Jiggy alzò gli occhi al cielo di nuovo imprecando.
- Facile! - Brontolò. Gauche sorrise e lo baciò.
- Fai finta di essere uno dei loro, copriti la faccia. Certo che con quella cicatrice non fatichi a passarti per uno di loro. - Gauche era convinto di quello che faceva, Jiggy per nulla, ma chiaramente, come sempre, si faceva quello che voleva lui. Perché Gauche era Gauche.
“E poi prendo in giro Zazie che accontenta sempre Lag?”
Così dicendo lo vide che si toglieva la giacca dei pirati, lui a quel punto si coprì la faccia, strinse la pistola e scuotendo la testa gli fece strada verso la grotta dove erano radunati gli altri pirati.
A quel punto rimaneva solo una cosa. Sperare che Gauche sapesse davvero quello che faceva. Anche se dal fatto che era l’unico sopravvissuto dalla capitale e poi da Reverse, c’era da credere che potesse fare qualunque cosa.

Per Jiggy comportarsi come uno di loro non fu difficile, usò semplicemente il suo tipico tono duro e tagliente quando introdusse Gauche con i polsi legati per finta.
- Il prigioniero di Amberground ha chiesto udienza. - Disse secco.
Gli altri pirati si stupirono della richiesta.
Nell’antro in cui erano radunati, sufficientemente grande per contenere una ventina di uomini dai trent’anni in su, c’era un fuoco acceso attorno cui erano radunati per scaldarsi, sembravano intenti in una riunione per stabilire il da farsi coi prigionieri.
Si fermarono e guardarono Jiggy, nell’ombra, la bocca coperta con un fazzoletto, una bandana sui capelli, la pistola stretta in mano, l’altra a tenere Gauche.
- E tu l’hai accontentato? - Chiese iroso uno di loro staccandosi dal gruppo. Quella era una sorta di prigione, i presenti erano una minima parte dei pirati totali radunati in altri lidi.
- Non avevo ragione per rifiutarglielo. Non è uno di loro, è uno straniero. - La logica di Jiggy non la batteva nessuno, Gauche si sentì soddisfatto al suo fianco. Gli uomini si guardarono scrutandosi per capire cosa fosse il caso di fare, poi quello che sembrava il capo si staccò dal gruppo e si fece avanti. La pistola nella cintura insieme ad un notevole coltello a portata di mano.
- Parla, straniero. Vuoi proporci uno scambio? - Era la cosa più sensata a cui pensare.
Gauche non aveva la minima paura, paura era la luce del sole artificiale, paura era Akatsuki, paura era la montagna di corpi scartati dal progetto sperimentale spirito artificiale. Paura era ben altro, che quello.
Lo sguardo alto, gli occhi viola fissi su quelli dell’uomo poco più alto di lui, sulla cinquantina, un ruolo ereditato da un padre morto, probabilmente, che l’aveva indottrinato per far quanto più male possibile.
- Vorrei chiarire subito la mia posizione. Io sono neutro, non sono dalla parte di nessuno. Mi trovavo là per gli stessi affari per cui poi avrei cercato voi. - Disse calmo ma con voce chiara.
- E sarebbero? - Chiese l’uomo un po’ impaziente ed un po’ curioso.
- Sono nativo di Amberground, Yusari. Sono un Bee, un portalettere. Sono stato nella capitale, ho visto il sole artificiale coi miei occhi. Ho perso il cuore in quel sole. Sono quasi morto. Sono resuscitato col nome di Noir. Mi sono perso. Ho viaggiato alla ricerca di una vendetta, un riscatto, ma poi mi sono ritrovato ricongiungendomi con la mia vita precedente. Ma quel che ho perso non lo ritroverò più e questo per colpa del sole che ha fatto a me quel che ha fatto e continua a fare a miliardi di persone innocenti. Sono qua per portare un messaggio, per spiegare come stanno le cose nel mondo che abitate, per svelare segreti vitali e per una richiesta d’aiuto disperata. In cambio di questo, vi aiuterò a mettere la pace fra voi ed i residenti di Hunkrast. - Lo disse con una calma ed una padronanza di sé che colpì subito il capitano davanti a lui. I suoi occhi fissi non batterono ciglio, il suo tono non esitò un istante.
Jiggy sospese il fiato, la mano stretta nella pistola abbandonata lungo il fianco, pronto ad usarla a costo di andare contro tutti al suicidio sicuro.
Ci fu un momento durante il quale era chiaro l’esito incerto.
Poi l’uomo davanti a loro incrociò le braccia al petto e con aria interessata e corrucciata, disse:
- Ti ascolto. Come pensi di aiutarci a porre fine ad una faida che va avanti da un secolo? - Il tono non era canzonatorio, non era convinto che fosse uno spaccone anche perché Gauche non si era assolutamente presentato con presunzione. Però era sinceramente curioso di sapere come lui, straniero di un altro mondo, potesse aiutarli.
Gauche non sorrise, non si turbò, non si intimidì.
- Voglio sapere la vostra storia. - Disse semplicemente, senza fare discorsi altisonanti di pace ed uguaglianza. Il capitano rimase di nuovo colpito da quei suoi modi semplici e diretti, non aveva paura di essere sfacciato. Alcuni reagirono con rabbia, convinti che stesse esagerando in qualche modo, ma poi l’uomo alzò la mano e li fermò serio senza guardarli nemmeno. Nessuno fiatò.
La luce tenue e calda del fuoco li illuminava solo parzialmente, la voglia di avvicinarsi e scaldarsi nonostante la paura di essere riconosciuto per Jiggy era alta, però non si mosse.
- Sai, quello che hai detto… sulla luce che ti ha rubato il cuore, e poi sul perderti e ritrovarti seppure senza quel che hai perduto… mi colpisce… sembra il destino simile a quello di molti dei miei uomini andati alla ricerca di posti migliori dove stabilirci. - Gauche e Jiggy cominciavano ad immaginare una storia infame e triste dove un popolo nato nella sfortuna di un’isola priva di pietre spirituali e ricchezze, si era ritrovato a stare lì nell’ombra e nel freddo a macinare odio ed invidia, trasformandosi in quel mostro che poi, a guardarlo alla luce di un fuoco tenue, non sembrava altro che un povero animale denutrito.