*Ecco un altro capitolo. Sappiamo che Silvet si è risvegliata e si è alzata, perciò sappiamo che ha recuperato tutto il suo cuore. Da questo principio ho scritto questo capitolo. Lag è diventato il sole, un sole vero, che splende alto ed illumina tutto e si muove nei cicli di giorno e notte per ricoprire tutto il pianeta. Prima di lasciarli ha salutato tutti ed ha chiesto a Lloyd di guidare Amberground in questa rinascita, anche se ormai il suo corpo sta morendo. La vita riprende, ma Zazie rimane senza il suo Lag, vediamo come reagisce e come farà. Buona lettura. Baci Akane*

45. UN SOLE PER SEMPRE


zazie jiggy
"Tu lo sai che non è la fine Si' che lo sai... Che viene maggio E sciolgo le brine.
[...]Così ti cerco E grido forte Da in mezzo al mondo Solo io Posso trovarti Solo io E inginocchiarmi Solo io per innalzarti Mio sole mi senti Solo io Da quante lune Solo io Ti aggiusto il cuore Solo io Io sono un'ombra E tu, e tu sei il sole Così mi manchi E grido forte"
- Zucchero - E' delicato -

Non avrebbe più rialzato gli occhi, fosse stato per lui.
Quando Jiggy era arrivato per vedere come stava, l’aveva visto seduto per terra a piangere con il viso chiuso fra le mani, così l’aveva raccolto e fatto salire sul cavallo di ferro dicendo che l’avrebbe riportato a casa.
Jiggy e Gauche stavano andando a casa da Silvet, Aria ed il dottore. Quest’ultimo sarebbe stato preso e portato alla capitale per aiutare Largo Lloyd e tutti gli altri feriti i quali considerato quel che era successo, non erano molti.
Lloyd doveva essere rimesso in sesto il più possibile per poter condurre la gente in quel nuovo Amberground e predisporre bene le cose per il nuovo domani. C’era solo una persona in grado di curare qualcuno in maniera adeguata.
Così Jiggy, Gauche e Lode avevano deciso di tornare a Central a recuperarlo, usando la nave volante della sorella di Niche.
Non avevano idea di che cosa avrebbero trovato, avevano visto tutti le anime volare via, ma non sapevano cosa ne era stato.
‘Vado a recuperare Zazie.’
‘Perché?’
‘Perché ha perso Lag. Sarà distrutto. Avrà bisogno di me.’
‘Ma lui non l’ha perso…’
Jiggy non aveva capito subito le parole di Gauche, così come non aveva capito cosa gli era successo mentre i cuori venivano liberati.
A prima vista sembrava uguale, Noir aveva iniziato a vivere secondo l’istinto insito in sé da un po’, ormai, e si comportava già come Gauche, per questo Jiggy lo chiamava così. Per cui no, non aveva notato.
A quel punto aveva allargato le braccia, aveva alzato il viso e chiudendo gli occhi si era rilassato in un’espressione di gioia ed abbandono. Jiggy aveva tremato, per un momento, a quella visione. Ma ancora non ci aveva voluto intenzionalmente vedere quello che gli era parso per un istante, un flash velocissimo.
‘Non lo sentite?’ Aveva detto rapito. Jiggy e Lode avevano guardato in alto, verso il cielo azzurro e terso, più bello di così non era mai stato, il colore vero del cielo non l’avevano mai visto.
E quel sole, quel sole era così bello, ora.
Jiggy così aveva capito.
‘Lo porto con me, torno subito.’
Jiggy era sceso con la moto con una facilità quasi sconcertante, portando giù Lloyd come richiesto, il quale voleva rimanere lì e vedere cosa rimaneva della capitale dopo l’attacco sia dei gaichu ora annientati insieme al colpo finale di Lag, sia dopo l’attacco di Spiritus.
La ragazzo maka accontentò Gauche e spostò la nave abbassandola alla portata di Jiggy e Zazie.
Erano risaliti più in fretta, ma il piccolo bee non si era staccato dal cavallo di ferro e nemmeno da Jiggy, così insieme erano ripartiti.
I due giovani si guardarono eloquenti.
‘Non vuole staccarsi.’ Diceva lo sguardo di Jiggy.
Gauche sorrise consapevole, poi annuì e si avvicinò dolcemente, gli mise una mano sulla schiena e lo carezzò confortandolo senza troppe cerimonie, gesti o parole.
- Zazie… - Mormorò piano. Zazie non si mosse, strinse di più la presa intorno al corpo di Jiggy. - Zazie… - Insistette Gauche piano. - Guarda… - Disse poi. Zazie non si mosse ancora, così gli mise la mano sulla spalla tirando leggermente. - Guarda su… - Zazie scosse il capo. - Sì… guarda solo questo… - Zazie sospirando snervato, decise di staccarsi per guardare, per farlo smettere. Appena mosse gli occhi verso il cielo, Gauche poté aggiungere sorridendo. - Guarda quanto è bello. -
A quel punto gli occhi si spostarono in alto, la prima cosa che videro e che prima si era rifiutato di guardare, fu l’azzurro intenso. Uno splendido azzurro chiaro.
Zazie spalancò gli occhi e trattenne il fiato, gli occhi pieni di lacrime si cristallizzarono e smisero di scendere lungo le guance.
Jiggy si girò verso di lui a guardare la sua reazione, interdetto, incredulo, poi indicò col braccio di affacciarsi giù dalla nave, Zazie si protese senza fiato.
Sotto, la nave sorvolava l’isola di Akatsuki dove erano stati ora, un’isola verde e rigogliosa grazie al sole artificiale che aveva splenduto per anni. Alberi verdi, erba brillante, fiumi.
Poi l’isola finì e cominciò il mare.
Un grande mare blu, le cui acque specchiavano il cristallo del cielo e la luce brillante del sole che rimandò tanti piccoli diamanti, come stelle accecanti, su verso di loro. La superficie quel giorno era calma, un piatto con alcune piccole dolci onde che portavano bellezza all’occhio umano.
Zazie riprese a piangere, ma non di angoscia.
Poi spostò lo sguardo più avanti, scendendo dal cavallo di ferro, per guardare meglio. Si affacciò al parapetto e vide verso Yusari, il cerchio di terra di mezzo, dove aveva lavorato come Bee per la maggior parte dei suoi anni. La rotaia che stavano sorvolando si sarebbe presto congiunta alla seconda isola circolare, un enorme anello che si allargava intorno ad Akatsuki, la capitale.
E da lì già la vedeva.
Terre aride dove la polvere faceva da padrone, ma non era polvere grigia, era polvere marroncina, il colore della terra era marrone. Vide i manti rocciosi di svariate qualità di grigio brillare al contatto con il sole, alcune erano bianche e sembravano minerali preziosi.
In alcune zone c’era un po’ di erba secca che a fatica si trascinava verso l’entroterra dove villaggi colorati davano sfoggio di un’architettura che non aveva mai notato, di cui non aveva mai goduto.
- Non è bellissimo? - Ripeté Gauche. Zazie non si asciugò le lacrime, quella volta.
Sorrise ed annuì capendo cosa voleva dire.
- Era così meraviglioso? - Disse riferendosi ad Amberground. Gauche sorride avvicinandosi, si appoggiò alla balaustra insieme a lui, i gomiti e le mani giunte, un’aria persa in quel bellissimo spettacolo sotto di loro.
- Lo è sempre stato. Solo che non potevamo vederlo. - Poi spostò gli occhi viola sui suoi scuri e pieni di lacrime che lentamente avevano smesso di scendere. - Grazie a lui adesso lo vediamo. - Jiggy si avvicinò ai due, rimanendo in piedi dietro, Lode seduta su uno dei pali portanti della nave a guardare dall’alto lo stesso scenario che non aveva mai pensato potesse essere così bello.
Jiggy sorrise vedendo Zazie aprirsi e risollevarsi e sorrise vedendo Gauche con la sensibilità che gli aveva fatto perdere la testa la prima volta. Invariata nonostante tutto.
Nonostante tutto.
Jiggy strinse gli occhi con un’intuizione che tornò a scacciare per paura di una cocente delusione.
- Lag non è morto, Zazie. Non è svanito per sempre. Non lo senti? Lui è qua! Ci ha salvato, ci ha regalato questo mondo meraviglioso che grazie a lui sarà sempre bellissimo ed ora lo possiamo vedere davvero. Ed è qua. Non lo senti? Devi farci caso, devi concentrarti, lo devi cercare perché altrimenti non lo noti, però se ti fermi, ti raccogli e ti concentri, lo senti. - Gauche chiuse gli occhi ed alzò il volto verso il cielo, il caldo sole lo carezzò dolcemente e Zazie fece la stessa cosa, mentre Jiggy preferiva perdersi nel suo ragazzo.
Zazie chiuse gli occhi e abbandonò il capo all’indietro, si rilassò, respirò calmo, svuotò la mente da ogni paura, angoscia e pensiero e si concentrò solo sul calore di quel sole che non aveva mai provato. Un calore vero, autentico, diverso da quello del fuoco. Un calore che penetrava fin dentro le ossa, fino all’anima e ricaricava il cuore sfinito, perso e sgonfio.
L’energia riprese a scaturire lentamente.
‘Ciao Zazie’
La sua voce risuonò nella mente e Zazie spalancò gli occhi di scatto, incredulo, shoccato.
Gauche li aprì a sua volta, sorridendo consapevole. Jiggy, capendo cosa doveva essere successo, rimase senza parole e si avvicinò a Gauche mettendogli le mani alla vita per baciargli la nuca, come a ringraziarlo d’averlo salvato nel momento in cui Zazie stava per perdersi.
- Lo posso sentire! - Gauche annuì maturo e fraterno.
- Lo potrai sentire sempre. Lui non è morto. Lui è qua. E lo sarà più di prima. Solo che è in una consistenza e forma diversa. Ma non ti mancherà mai davvero se vivrai aperto come lo sei ora. Se lo lascerai entrare, lui non ti farà mai sentire solo, lo sentirai sempre. - Zazie tornò a piangere, ma di gioia, incapace di concepire la sua vita con un Lag spirituale ma comunque estremamente presente.
Chiuse di nuovo gli occhi e si sedette alla balaustra, le gambe verso l’esterno senza la minima paura di cadere. Le mani ai lati, un sorriso sulle labbra.
“Bella gattina, non te ne sei andato!”
‘Fai una cosa per me, Zazie, puoi?’ Disse poi la tenera voce di Lag, una voce più adulta e soave, ma sempre sua.
“Tutto quello che vuoi.”
‘Sorridi, Zazie. Sorridi sempre. Perché il mondo è un posto meraviglioso. E voglio vederti ridere sempre.’
Zazie così sorrise pensando che fosse sempre lui, che diventare il sole non l’aveva cambiato per niente e che era meglio così. Perché era quel Lag ingenuo, dolce ed ottimista di cui si era innamorato ed era quel Lag che avrebbe sempre amato.
Non era come averlo vicino, stringerlo, baciarlo, parlargli di persona. Non era come averlo lì sul serio. Però poteva abituarsi, poteva farselo bastare. Purché la sua presenza non gli fosse mai mancata.
Una folata di vento caldo l’avvolse, Zazie piegò la testa e sorrise con dolcezza aprendo gli occhi sulle terre di Yusari che cominciavano sotto di loro.
No, non gli sarebbe mai mancato. E sì, ce la poteva fare.


Approdati a Central, nello spiazzo subito fuori le mura della città, Jiggy e Gauche si separarono. Gauche e Lode andarono da Silvet, Aria ed il dottore per vedere come stavano e spiegare cosa era successo, mentre Jiggy accompagnò Zazie a casa sua, avendo chiesto di stare un po’ in pace.
Jiggy poi sarebbe andato a trovare sua sorella e suo fratello, dopo molti mesi che non li vedeva più.
I due si congedarono momentaneamente per andare ognuno dalla propria famiglia.
Rivederlo fu per Silvet un tuffo nel passato, come se dopo un lungo incubo si fosse risvegliata rivedendo la cosa più bella di tutte.
Nonostante fossero rimasti lì, Aria ed il dottore avevano capito cosa doveva essere successo perché dopo il risveglio di Silvet, era scoppiato un sole incandescente e mentre esso si era alzato su nel cielo, più alto del sole artificiale, la figura di Lag e Niche era scesa salutandoli sorridenti.
Gauche così la vide alzarsi e corrergli incontro, gettandogli le braccia al collo e piangendo di gioia nel rivederlo, e di tristezza nel sapere che Lag non sarebbe tornato, nell’averlo capito in quella visione di prima.
Lo strinse senza pensare che l’ultima volta che l’aveva visto, un anno prima, lui era Noir e non sembravano esserci speranze per Gauche.
Lo abbracciò come se fosse suo fratello, forte, felice di rivederlo dopo quel lungo buio angosciante.
Gauche così la vide correre e saltargli con le braccia al collo, rimase pietrificato nel vederla camminare.
Silvet, la sua Silvet camminava. La sua piccola dolce sorellina stava bene e camminava e nonostante lui l’avesse sentito sulla propria pelle, non aveva osato immaginare cosa avrebbe potuto significare ad ampio spettro, non aveva osato sperarlo, forse. Nel caos di tutte quelle cose successe in un attimo, non aveva avuto modo di riordinare le idee.
Ma la strinse a sua volta, forte, e lasciò che le lacrime scivolassero per la prima volta dopo un lungo tempo, così gli parve in quel momento.
Il cuore gli sembrava scoppiare nel petto.
La tenne forte a sé, le carezzò i capelli setosi e con un dolce sorriso fra le lacrime silenziose, mormorò al suo orecchio, davanti agli occhi attoniti di Aria e del dottore.
- Nostra madre sarebbe così felice di vederti camminare, sorellina. - Appena lo disse, Silvet e gli altri capirono immediatamente cosa significava e anche per loro, sebbene avessero visto Silvet svegliarsi e camminare, non avevano avuto modo di capire fino in fondo quanto era successo.
Solo lì, solo in quel momento.
Fu un momento sacro, indescrivibile per tutti e persino Lode, lì in un angolo, sentì un’inconcepibile voglia di saltare loro addosso e stringerli forte, come un tempo avrebbe fatto nella propria forma animale.
I ricordi del lupo che per anni aveva accompagnato Gauche e Silvet tornarono davanti a quella scena e mentre la famiglia si riuniva, una lacrima traditrice scese, testimonianza dello spirito del lupo ora forte in lei. Il lupo che avrebbe per sempre, di nuovo, vegliato su di loro.
- Sei tornato. - Mormorò Silvet piangendo. - Sei tornato da me! Lag ci è riuscito. -
Mai un pianto fu più consacrante.


Zazie rientrò silenzioso in casa, sospirò guardando i gatti venirgli incontro, mentre Wasiolka li salutava come fosse loro madre.
- Dovete essere affamati… - Mormorò guardando le ciotole vuote.
I gatti ormai erano grandi rispetto a quando li aveva mostrati a Lag la prima volta, il ricordo di quel giorno, di quando avevano scelto i nomi insieme, tornò inesorabile e si sentì strano, ora, ad essere lì proprio con Jiggy.
Zazie si voltò verso di lui fermo all’ingresso che li fissava un po’ torvo, come se fossero dei nemici.
- Si chiamano Lag, Zazie, Gauche e Jiggy. - Disse tirando fuori dall’armadio una scatoletta di cibo per gatti e versandogliela nella loro ciotola, poi prese quella dell’acqua e la riempì.
Fece la stessa cosa con quelle di Wasiolka, mentre Jiggy si aggrottava.
- Chi li ha decisi? - Chiese stranamente interessato.
- Lag. - Rispose con un sorriso Zazie a quel caldo ricordo piacevole. Una risata nella mente lo fece trasalire, una risalta acuta e cristallina.
Sentendola Zazie andò svelto alla finestra e l’aprì lasciando entrare i caldi raggi del sole, appena lo carezzarono insieme ad una folata tiepida di aria, si sentì meglio.
Jiggy stava scuotendo la testa.
- Hai molti ricordi con lui… - Disse poi guardandosi intorno, l’appartamento di Zazie era un gran caos e sicuramente prima di partire per la capitale non era stato molto in casa, qualcuno probabilmente aveva badato ai gatti, ma lo riconoscevano come padrone. Zazie si sedette sul divano, stanco.
- Ne ho davvero tanti. - Il sole riempiva la stanza e Zazie spostò il cuscino per fare posto. Jiggy però scosse la testa.
- Devo andare, voglio sbrigarmi ad arrivare a Dead End. - Era la città dove sua sorella e suo fratello vivevano.
- Lo so, non è per te. - Disse Zazie sorridendo come non aveva mai fatto nemmeno dopo l’arrivo di Lag nella sua vita. Jiggy lo guardò meglio.
Era diverso, lo vedeva bene.
In cosa era diverso? Sembrava più solare, aperto. Sorrideva molto e sebbene appena l’aveva raccolto sulla moto gli fosse sembrato angosciato ed appesantito tanto da credere d’averlo perso per sempre, ora sembrava più leggero e sereno che mai.
“O è impazzito o sta davvero bene. Ma vorrei saperlo prima di partire.”
Ormai Zazie era come un fratello, oltre che una sorta di erede. Si rivedeva in lui e quella reazione era insolita.
Ricordava come era stato quando Gauche era stato dato per disperso. Erano stati anni terribili e appena appresa la notizia aveva avuto voglia di sparire e non farsi più vivo con nessuno.
Aveva addirittura avuto pensieri suicidi, sul ciglio di dirupi altissimi col suo cavallo di ferro pronto a buttarsi.
La reazione di Zazie era sconcertante e non capiva se poteva esserne sollevato oppure se dovesse preoccuparsi.
Zazie gli era entrato in qualche modo, vedeva molti pezzetti di sé e forse era per le circostanze con cui l’aveva incontrato. Vedere il Bee forte che era diventato l’aveva riempito di orgoglio.
“Forse è così che si sentono i genitori quando hanno a che fare con i guai o le soddisfazioni dei figli!”
Lo pensò ma non l’avrebbe mai condiviso con nessuno.
- Stai bene? - Chiese poi serio. Zazie annuì, sospirò e si guardò intorno allargando le braccia, come se accogliesse qualcuno seduto accanto a lui.
- Non lo vedo, ma lo sento. Lo sento benissimo. Lui è seduto qua vicino a me, non mi lascia. E capisco che ora Lag è il sole, che è alto nel cielo, scalda tutto, e che farà le cose che il sole fa qualunque esse siano. Però in qualche modo lui è qua ed io lo sento. È come se fosse… - Zazie cercò il termine giusto senza che gli venisse e Jiggy, impressionato, lo capì da solo.
- Onnipresente… - Disse sorpreso, pensando invidioso che se in quegli anni oscuri lui avesse sentito Gauche in quel modo, forse, non avrebbe cercato di togliersi la vita tante volte, non sarebbe andato contro qualunque missione suicida, qualunque gaichu forte. E non avrebbe passato le notti a piangere sperando di perdere anche lui il cuore per sempre.
Il male che aveva provato non l’avrebbe mai abbandonato, ma vedere che non sarebbe stato così per Zazie fu un enorme sollievo.
- Sì, è una presenza costante, ovunque, sempre. Non so spiegarlo, penso che in qualche modo il suo spirito, il suo cuore, la sua coscienza sia rimasta ed è legata a chi lo ha amato. Ha senso secondo te? - Jiggy sorrise, forse per la prima volta davanti ad un altro che non fosse Gauche. Zazie rimane senza parole ed impallidì.
- Lo ha per te, non conta niente altro. - Disse semplicemente senza analizzare delle sensazioni tanto personali.
Zazie rimase a guardarlo, poi abbassò gli occhi sui gatti che salivano a cercare coccole e carezze facendo le fusa. Tutti e quattro facevano a gara a chi se ne prendeva di più e Zazie si mise a ridere, mentre i gatti chiamati Zazie e Gauche andavano ad accoccolarsi nell’alcova vicino a lui, che aveva sistemato come se dovesse esserci davvero Lag lì con lui.
Jiggy sorrise guardandoli.
- Loro due erano molto affezionati a Lag. - Spiegò Zazie avendo conferma che in qualche modo lì c’era qualcosa di Lag, che il suo essere il sole non lo faceva sparire, ma essere presente in modo diverso da prima. Non aveva una forma, ma aveva sempre il suo cuore, la sua anima, la sua coscienza e tutto il suo vissuto.
Jiggy sorrise senza stupirsi più di nulla, sollevato di vederlo così sereno.
- Allora io vado, mia sorella e mio fratello saranno preoccupati. - Zazie annuì e lo salutò. Felice di vederlo lì, interessato e che si prendesse cura in quel modo di lui.
- Starò bene, grazie. - Disse sereno. - Appena torna il direttore mi rimetterò a lavorare, c’è un sacco da sistemare. - Aggiunse poi mentre le energie gli tornavano all’idea di tenersi occupato e darsi da fare.
Soprattutto all’inizio, dare fondo ad ogni briciolo di forza l’avrebbe aiutato ad abituarsi a quel nuovo modo di vivere. Un modo dove Lag non era fisico ma inconsistente, eppure lì, sempre lì con lui.
Jiggy annuì fiero dietro quel suo sguardo azzurro ed apparentemente composto, poi andò via.
La porta si chiuse e Zazie abbandonò il capo dietro di sé, le mani sul pelo dei gatti che gli trasmettevano il loro piacevole vibrato grazie alle fusa.
- Andrà tutto bene, da qui in poi, vero Lag? - Chiese ad alta voce Zazie.
‘Assolutamente sì.’
Zazie sorrise e si abbandonò alla stanchezza e ai nervi che finalmente si rilassavano, mentre il calore del sole lo avvolgeva con una dolcezza familiare, accompagnandolo in un sonno dove Lag era di nuovo lì, intento a cucinare qualcosa che avrebbe bruciato come al solito.