*Ecco un altro capitolo. Jiggy è stato leggermente indelicato ad allontanare Gauche, è convinto che sia la cosa migliore per tutti e fondamentalmente ha una paura folle di legarsi troppo a Gauche tanto da perdere di vista il proprio obiettivo: fare soldi per poter costruire una cattedrae nella propria città natale e dare lavoro e rifugio a tutti i poveri, fra i quali sua sorella. Ma fra il dire ed il fare c'è di mezzo Gauche e lui il suo allontanamento non l'ha preso molto bene. Buona lettura. Baci Akane*

5. PERDONAMI




"E' così che io dimostro il mio amore [...] E' così che muore un angelo [...] Forse dovrei gridare e chiedere aiuto [...] forse sono di una razza diversa"
/Sail - Awolnation/


Gauche rimase sveglio fino a che non lo sentì arrivare, poi sospirò e si stese facendo finta di dormire.
Lo sentì parlare con sua madre, gentilmente, sedersi a tavola accettando la cena che gli aveva tenuto in caldo nonostante il tentativo di rifiuto, poi finalmente salì.
Aprì la porta, Gauche rivolto verso il muro, di spalle.
Silenzio. Traffici, probabilmente si stava cambiando.
Dopo un po’ lo sentì sedersi nel suo letto a terra, infine la sua voce, fredda:
- Cosa stai facendo? - Chiese.
- Ti lascio in pace! - Rispose Gauche sorpreso che non ci fosse cascato, non aveva nemmeno respirato.
Appunto.
- Come mi hai chiesto! - Aggiunse seccato.
Era strano sentirlo così. Jiggy sospirò e non lo forzò a girarsi e guardarlo.
- Era quello che non volevo succedesse. Quando dicevo che non voglio distrazioni dai miei obiettivi, intendevo questo! E tu mi hai detto che non avresti mai potuto distrarmi, perché hai capito quanto è importante per me realizzare il mio progetto. E poi mi fai storie se sto via per giorni a lavorare! Davanti a tutti, per di più! Non siamo niente, Gauche. Siamo solo amici, non abbiamo fatto nessun passo proprio per questo motivo ed avevo ragione a frenarmi! - Silenzio. Le lacrime silenziose scesero dagli occhi di Gauche, lacrime che Jiggy percepiva nonostante non facesse un singhiozzo. Fece molta fatica a non andare da lui ad abbracciarlo. Ci mise un po’ a parlare, cercò di soffocare il proprio stato d’animo e facendo violenza su sé stesso, disse sforzandosi di essere il più sostenuto possibile.
- Non preoccuparti, non saremo mai niente. Fai quello che credi, non mi importerà più niente! Non ti distrarrò e non ti parlerò davanti a nessuno, nemmeno da soli! - Non avrebbe potuto reagire meglio, non gridò, non fece sceneggiate, ma non fu dolce e comprensivo, perché il dolore che stava provando era così umano che quella, dopotutto, era il minimo come reazione.
Jiggy chiuse gli occhi e si morse il labbro. Si stava odiando, ma quel che contava era che fosse Gauche a farlo. Così poteva fare la sua vita concentrato e non preoccuparsi per lui, perché non poteva fermarsi, a nessun costo.
Jiggy non rispose, non disse nulla. Però non dormì, come non dormì Gauche che rimase rigido verso il muro a piangere silenzioso.


Il giorno dopo, la tensione la si poteva tagliare con un coltello.
Il gelo che c’era fra loro si respirava lontano un chilometro, tanto che Aria chiese subito a Gauche cosa fosse successo, stessa cosa fece Largo con Jiggy. Gauche spiegò che aveva litigato con Jiggy, mentre questi non rispose nemmeno, ma Largo immaginò facilmente cosa doveva essere successo, infatti scosse il capo dileguandosi silenzioso verso l’ufficio del direttore con cui aveva certi rapporti privilegiati per il suo talento nel rigirarsi le persone.
Poco dopo furono chiamati tutti i Bee e consegnò il direttore stesso gli ordini di giornata, arrivato a Gauche e Jiggy, disse:
- Questa volta farete la consegna insieme, è lontano, in uno dei posti più pericolosi. In questi casi si va in due e si portano tutte le lettere radunate, per fare un giro una tantum. - Spiegò serio l’uomo.
- Non serve che andiamo insieme, posso farlo da solo. - Disse secco Gauche dimostrando per la prima volta ostilità aperta verso qualcuno. Jiggy non emise un sospiro.
- Non puoi andare solo laggiù… - Cominciò freddo.
- Sì che posso, se non sono in grado di farlo che Bee sono? Non voglio solo gli incarichi facili! - Gauche era lanciato, si capiva che ce l’aveva con Jiggy, il direttore cercò di imporsi, ma non ci fu verso.
- Con il dovuto rispetto, me la sento di farlo da solo. E poi ho il mio dingo con me. Ho affrontato gaichu anche in gruppo, ce la posso fare. - Era vero, aveva portato a termine già missioni considerevolmente pericolose, il direttore non poteva obbligarlo. Alla fine cedette, mentre Largo lo guardava torvo.
Una volta fuori, Jiggy prese Gauche per il braccio, fermandolo.
- Non fare l’orgoglioso. Qua si tratta di essere professionali e lucidi. Non puoi farlo solo! - Ma Gauche usando il suo stesso tono brusco e tagliente, rispose:
- Invece posso, proprio come tu che non vuoi distrazioni e lavori meglio così! - Infine strattonò il braccio per poi andare, chiamando Lode che lo seguì senza fare una piega.
Jiggy rimase fermo a guardarlo dirigersi verso la stazione delle carrozze, sospirò e scosse il capo.
- Si farà ammazzare. -
- E rimarrai a guardare? - Chiese Largo sorpreso che mollasse la presa.
- Ho voluto io farmi odiare. Ho solo quel che ho cercato. - Rispose Jiggy conscio che lui sapeva perfettamente cosa stava succedendo fra loro. Largo si accese una sigaretta apparentemente a suo agio, come se già sapesse tutto.
- Hai cercato la sua morte? Evidentemente i sentimenti sono molto più complicati di come pensavo. -
Con questo andò oltre, chiamando il proprio Dingo per andare alla consegna.
Jiggy rimase fermo a guardarlo allontanarsi, seccato da quel suo modo saccente di fare e ancor peggio di aver ragione.
Strinse la sua di consegna e valutando che non era molto lontano, decise di avviarsi e poi, eventualmente di decidere successivamente il da farsi.
Montò sulla sua moto, si sistemò gli occhialini da guida, l’accese e partì attivando l’ambra spirituale.


- Che si impicchi! - Grugnì Gauche sceso dalla carrozza che non andava oltre un certo pezzo. Aveva un bel po’ a piedi e purtroppo era uno di quei posti pericolosi pieni di gaichu, ma arrabbiato com’era, era quasi felice di affrontarli per poter sfogare la propria rabbia. Ed il dolore.
Come si poteva trattare in quel modo qualcuno dopo quello che c’era stato?
Per Jiggy si metteva tutto da parte in un attimo, senza problemi.
Come ci riusciva?
Stava superando una salita rocciosa collegata all’altro versante da un pericolante ponte, la gola era molto ventilata e buia, il sole da lì quasi non si vedeva.
Gauche si strinse la borsa che le lettere da consegnare, guardò Lode e inghiottendo a vuoto, riprese a camminare. Non era il posto più bello del mondo, sotto non si vedeva niente, se non un buio profondissimo da cui potevano saltare su miliardi di gaichu.
- Forse non è stata una grande idea venire da solo… potevo chiedere se Largo Lloyd veniva con me… - Stava per mettere piede sul ponte, quando non dal burrone, ma dalle proprie spalle, sentì un verso purtroppo familiare.
Lode schizzò in posizione d’attacco, dietro Gauche, mentre lui prendeva subito la pistola sparacuore. Quando si girò a guardare, rimase senza parole. Non uno, ma tre erano lì davanti a lui a sbarrargli la strada, l’avevano seguito aspettando il momento migliore per attaccarlo.
- Dannazione! - Disse a denti stretti cercando di individuare le tipologie.
Era buio, non era facile. Decise di tirare un primo colpo per poter vedere meglio. Sapeva che scappare sul ponte era una condanna a morte, non sarebbe mai tornato indietro. Doveva sconfiggerli in quel momento. Subito.
- Lode, dobbiamo capire che tipologia sono! - Disse a Lode. Il colpo partì e si infranse sul primo, quello più davanti. Esplose sul suo muso e Gauche poté vedere, fortunatamente li riconobbe e disse il loro nome.
- Il punto debole è sulla schiena! - Gridò. - Ma da qua non ci sono modi per saltargli sopra e ferirli. - Erano già in alto, non c’erano rocce da usare per sovrastarli. La fortuna era che non volavano. - Non hanno le ali, se riesco a farli cadere giù… - Gauche sapeva che era rischioso, ma decise di tentare il tutto per tutto. - Lode prendi la borsa con le lettere, vai dall’altra parte e aspettami lì, è importante salvare le lettere! - Lode lo guardò contrariata, uno dei lupi più espressivi mai visti. Gauche sorrise mentre teneva sotto tiro i gaichu che piano piano si avvicinavano. - Me la caverò, vedrai che funzionerà! - Ma ovviamente non poteva saperlo. L’ideale sarebbe stato affrontarli in due, uno faceva da esca e li distraeva e l’altro trovava un sistema per colpirli sulla schiena.
Gauche legò la borsa sulla schiena di Lode ed il lupo corse sul ponte, leggerissima e veloce. Una volta dall’altra parte Gauche pensò per un momento a Jiggy.
Se solo avesse aspettato a litigare con lui. Non per averlo lì ad aiutarlo, ma per non rischiare di morire senza aver risolto le cose con lui.
“Morire senza fargli sapere quello che provo per lui… che sciocco che sono!”
Infine, senza dargli le spalle, indietreggiò iniziando a camminare sul ponte, con attenzione, pronto a sparare per tramortirlo nel caso in cui fosse avanzato troppo presto, doveva essere sufficientemente vicino all’altra sponda, per il ritorno avrebbe cercato un’alternativa nel caso in cui il ponte sarebbe caduto.
“Sono in tre, mica saliranno tutti sul ponte!” Era a metà, quando si rese conto che non lo seguivano. “Me li ritrovo lì al ritorno, che diavolo dovrei fare? Se non la risolvo ora, dovrò trovare un modo dopo…”
Gauche si fermò a tre quarti di strada, guardò quanto mancava, poi tornò a guardare i gaichu e sospirando tentò il tutto per tutto.
“Forse con un incentivo…”
Gauche così sparò verso di loro, colpendoli di proposito come per indicargli che ne potevano avere ancora di più.
- Avanti, saltate giù! - Così sparò anche in basso verso il fondo del burrone, sotto di sé. Guardò la luce illuminare il buio fitto e notò qualcosa muoversi. Gauche strinse gli occhi distraendosi da quelli davanti a sé, tornò a sparare sotto e guardò meglio.
A quel punto si sentì morire.
- Oh merda! Ma è un nido di gaichu! Se cado è la fine. E se volano? - Stava per fare attenzione per capire se si levavano rumori di ali, quando  il ponte iniziò a traballare violentemente e lui dovette aggrapparsi alla corda laterale che faceva da sponda. Per poco non cadde, strinse forte la corda e la pistola e tornando in equilibrio guardò la sponda dei gaichu.
L’esca del proiettile composto di cuore aveva funzionato e l’istinto si sopravvivenza era stato superato da quello di nutrimento.
Stavano cercando di raggiungerlo, Gauche sparò verso quello che cercava di salire e che l’aveva fatto quasi cadere, il colpo lo sbilanciò e tramortito, cadde giù.
Gauche sentì un moto di vittoria.
- E fuori uno! Avanti, fatevi avanti! - Pronto a ricaricare e rifare la stessa cosa, il secondo gaichu si fece avanti, ma con più decisione dell’altro, con molta più fame e rabbia. Il ponte roteò completamente su sé stesso facendo un giro della morte e Gauche non riuscì a rimanere su, infatti fece appena in tempo ad aggrapparsi con entrambe le mani alla corda per non cadere, la pistola rimase appesa al braccio grazie all’elastico a cui l’aveva assicurata per casi simili.
Il ponte era tutto storto, ma ancora legato all’altra sponda, forse per qualche strano miracolo.
Era appeso ad un filo, letteralmente, e sapendo quale sorte l’attendeva se non sarebbe riuscito a risalire, imprecò capendo quanto fosse nei guai.
Il ponte riprese a tremare brutalmente, il gaichu stava tentando di salire di nuovo. Per quanto fosse largo, quel ponte non avrebbe mai tenuto un gaichu.
Gauche lasciò una mano capendo che doveva sparargli ora, conscio del rischio e conscio di non avere scelta per la propria sopravvivenza, prese la pistola che fece scivolare dal braccio alla mano, l’afferrò al volo, la caricò, puntò e sparò. Il gaichu, colpito in pieno e sbilanciato, cadde di lato e finì giù come il suo compagno.
- Ne manca uno, solo uno… - Cercò di farsi forza e di riprendere la corda anche con l’altra mano, ma il gaichu rimanente decise di salire in quel momento e Gauche mancò la presa, ritrovandosi a tenersi con le dita di una sola mano. Stava cedendo, stava mollando. Non poteva farlo.
“Non posso finire così, devo trovare un sistema, un modo. Non voglio finire così. Non voglio!”
Pensò aggrappandosi con unghie e denti alla vita che non voleva lasciare a nessun costo. Il volto della madre, del padre che non c’era più, di Jiggy!
Jiggy.
Lui e quel grande rimpianto, quello d’averla gestita male, non averlo capito davvero, non averlo aiutato, d’aver sprecato tutto. Il ponte continuò a tremare, Gauche si sentiva ormai mancare, la presa sempre meno forte. I proiettili sparati stavano chiedendo il conto, le energie ormai scarseggiavano. Poteva sparare con la mano libera, ma sapeva che a quel punto avrebbe completamente mollato la presa, il cuore era stremato, lui lo era.
Non c’era una via d’uscita.
- Avrei dovuto accettare la compagnia di Jiggy! - Disse a denti stretti.
- Già, avresti dovuto! - Una voce da lontano, da dietro il gaichu. Una voce familiare.
Poi una luce. Gauche vide solo la bestia cadere giù mentre risuonava ed esplodeva in mille piccole stelle, l’energia che un tempo aveva avuto e che ora cercava dagli altri, dalle lettere, dalle persone.
Cercò di rimettere a fuoco la sponda, ma la mano cedette e mollò la corda proprio in quel momento.
Non ci fu il tempo di pensare, non ci fu il tempo di respirare, nemmeno di sentire qualcosa, di capire cosa provava, cosa succedeva. Fu troppo veloce.
La prima cosa che riuscì a realizzare, fu che non stava cadendo, non si stava schiantando in un nido di gaichu. Era ancora sospeso nel vuoto, ma la sua mano non stringeva. Era stretta. Da un’altra mano.
Quando aprì gli occhi e li alzò, vide. Jiggy lo stava tenendo, tutto steso sul ponte di nuovo stabile poiché nessun gaichu stava tentando di salire.
Solo loro lì, uno appeso, l’altro che lo teneva.
Poi delle gocce caddero sul viso di Gauche, chiuse gli occhi, scosse il capo e li riaprì. Le gocce continuavano a scendere, ma non era pioggia. Il cielo era stellato.
Le gocce venivano da Jiggy. Dal suo viso. Dal suo occhio.
- Mio Dio Jiggy! La tua faccia! - Esclamò sconvolto Gauche vedendolo solo in quel momento, pur il buio non aiutasse non aveva dubbi. Quello che colava sul proprio viso da quello di Jiggy era sangue e quell’ombra sulla sua guancia era uno squarcio. Enorme. Orribile.
- Tu ne vedevi tre, lì sulla sponda… - Rispose senza fare una piega. - Ma ce n’erano almeno altri cinque o sei! L’ultimo è spuntato dal nulla, non l’ho visto in tempo! - E con questo, Gauche capì e lasciò scendere le lacrime.
- Perdonami. -