CAPITOLO IV:
MORIRE E’ UNA COSA INUTILE
 
Questo gioco è finito
Sono meschino e più vecchio
Si stanno avvicinando
più e più volte
Mia cara Brianna
ho bisogno di una risposta
qual'era la domanda?
Non riesco a ricordarla
Vorresti, vuoi
provare come mi sento?
e mi sottometto alla tua volontà
e biasimo me stesso
Legato ad un ago
La mio ubriaca libido
Il mio ego nervoso
più andiamo avanti
tu sei uno stronzo
re del castello
io sono uno scarso
che segue il leader
Vorresti, vuoi?
provare come mi sento?
e mi sottometto alla tua volontà
e biasimo me stesso
E lo so che a te non piace
come stiano andando le cose
ma ormai ci siamo, allora cominciamo
ricorda solo, che io vinco”

- No Games – Breaking Benjamin -


Zoro aveva inquadrato perfettamente Mihawk, gli ci era voluto poco poiché aveva molti lati di sé, si rivedeva in certi aspetti di conseguenza sapeva perfettamente come porsi con lui, cosa fare e cosa non fare.
Aveva ad esempio capito che era un tipo che si annoiava facilmente che però era una cosa che odiava e la combatteva a modo suo. Modi tutti poco convenzionali e poco ortodossi. Come ad esempio distruggere una nave che passando accanto a lui disturbava il suo sonno…
Non aveva il minimo rispetto per gli altri e le vite umane, ma al tempo stesso lo pretendeva in cambio e se non erano disposti a darglielo subito ed in maniera assoluta, finiva per reagire male e lui con reagire male intendeva uccidere.
Aveva un senso distorto del valore umano e della vita stessa, in questo non erano assolutamente uguali.
Mihawk era capace di uccidere per una sciocchezza assoluta, cosa che Zoro non avrebbe mai fatto, anche se si scocciavano per le stesse cose -tipo il sonno interrotto!-
Quello che fu fondamentale nel determinare la sopportazione di Zoro nonostante certe cose non le avrebbe mai e poi mai accettate da nessuno, era la consapevolezza che se si fosse anche solo minimamente ribellato ad alcuni dei suoi modi, sarebbe stata la fine.
Non poteva andare là e dirgli gentilmente e con rispetto se poteva limitarsi ad allenarlo e basta, perché sapeva che non gli avrebbe più insegnato e lui aveva troppo bisogno di imparare da lui.
I modi di Mihawk che nello specifico gli davano un fastidio immenso erano quella sua convinzione che ciò che lo circondava fosse di sua assoluta proprietà ed in quanto tale potesse farci ciò che volesse, quando e come.
C’era da dire che effettivamente si circondava di poche cose, ma quelle erano davvero impossibili da togliergliele. Armi a parte, girava in una zattera per non avere una nave e quindi bisogno di una ciurma, il suo castello era completamente deserto ad eccezione di Perona auto invitatasi, non divideva con anima viva la sua abitazione -sempre dando per scontato che Perona non venisse considerata.-
Nel momento in cui aveva accettato Zoro come allievo, cosa che non aveva mai fatto perché odiava le persone indistintamente poiché non le considerava degne d’attenzione, interessanti o alla sua altezza -e lui non poteva certo sapere di Shanks-, l’aveva chiaramente reputato di sua proprietà, ergo avrebbe potuto far di lui tutto quello che voleva. Se si sarebbe ribellato a qualcuna delle cose che lo obbligava a sopportare, sarebbe stata la fine.
Zoro, sapendo tutto ciò perché non era idiota, decise che per due anni avrebbe potuto sopportare e che l’avrebbe fatto solo per Rufy, non per rafforzarsi -cosa che comunque aveva sempre voluto ma non in quel modo- bensì solo perché era la volontà del suo capitano. E per essere davvero in grado di proteggerlo quando si sarebbero riuniti.
Mihawk era in assoluto e di certo la sua unica speranza.
Però sarebbe stato solo unicamente dovere e basta.
Mihawk, dal canto suo, si limitava a fare ciò che voleva quando lo voleva, senza preoccuparsi di vedere se poi poteva ed andava bene. Come aveva capito Zoro, lo considerava suo poiché era un suo allievo, di conseguenza aveva ogni potere su di lui, cosa che gli piaceva parecchio.
Il punto cruciale della questione, però, era che lui si circondava solo di poche rare persone, solo quelle che lo colpivano in qualche modo. Quando questo accadeva significava che avrebbe voluto farle sue.
Così era stato con Shanks. Prima l’aveva considerato, cosa non scontata, poi l’aveva giudicato un degno avversario, poi lentamente era arrivato alla sua stessa altezza ed alla fine l’aveva trovato interessante. Quando era arrivato a quel punto, aveva cominciato con lui una relazione che andava ben oltre due avversari che si stimavano e si confrontavano in duello quando si incontravano. Era una relazione che comprendeva anche la possessione fisica. Altri termini adatti non potevano esserci perché di fatto non avevano dato spazio a sentimenti, o meglio non Mihawk, incapace di provarne. Per Shanks era diverso ma allo spadaccino non interessava, non sapeva come si provava amore o qualunque altra cosa simile. Il livello raggiunto con il rosso per lui era il massimo e di più del proprio corpo non era mai arrivato a concedergli. L’altro ne era consapevole e non gli chiedeva di più, si accontentava paziente consapevole che prima o poi le cose si sarebbero ulteriormente evolute.
Con Zoro aveva superato lo stadio della considerazione, non l’aveva ancora giudicato alla sua altezza ma degno d’attenzione sì. Però curiosamente era arrivato alla fase dell’interesse ed una volta raggiuntala pienamente, Zoro semplicemente sarebbe dovuto sottomettersi perché nel momento in cui aveva accettato di essere suo allievo, aveva accettato di appartenergli. Dunque poteva fargli ciò che voleva, semplicemente.
Non gli era ben chiaro il motivo e fin dove si sarebbe voluto spingere, ma sapeva che Zoro gli stimolava certi istinti bassi e poco puliti e tanto bastava per sfogarli direttamente su di lui quando e come voleva, il resto non contava.

La prova che gli fece fare il giorno successivo, sempre di resistenza, era naturalmente l’opposta della prima.
Riguardava infatti il calore.
Questa volta Zoro doveva stare chiuso in una specie di stanza ardente quanto più tempo poteva.
Lo stesso discorso del giorno prima si ripeté puntualmente, ovvero la resistenza di Zoro non era un problema, faceva tranquillamente leva sulla propria mente riuscendo a distrarla a piacimento, ma così facendo non si fermava in tempo.
Fu fermato anche quella volta da Mihawk il quale sapeva le tempistiche per non morire. Comunque compiaciuto dell’altissima resistenza del suo allievo, si ritrovò al tempo stesso contrariato quando aperta la porta sigillata lo vide in un bagno di sudore, la pelle al limite delle ustioni e lo stato di semi incoscienza che cominciava ad affacciarsi sul ragazzo.
Sbuffando contrariato infatti lo fulminò come se fosse l’idiota più grande del mondo.
Scosse il capo sapendo che comunque non era in condizioni di capire qualcosa, quella lezione sui propri limiti sarebbe stata dura da inculcargliela.
Al contrario, in perfetto silenzio e con movimenti minimali lo avvolse in un asciugamano per non scottarsi, si prese un braccio passandoselo intorno alle proprie spalle e cingendogli la vita lo condusse quasi di peso fuori dalla fornace ardente.
Quando fu ai piani superiori, lo condusse direttamente nei bagni e aperta l’acqua gelida della vasca, lo gettò dentro senza la minima intenzione di entrarci per impedirgli l’annegamento.
Se ce l’avrebbe fatta a sopravvivere da solo, bene, altrimenti voleva dire che non era una persona poi tanto interessante come era sembrato.
L’osservò fumare d’evaporazione una volta a contatto con l’acqua fredda e ci mise effettivamente poco a riprendersi. Quando fu sveglio e reattivo lo vide guardarsi intorno per capire cosa fosse successo, quindi con stupore spontaneo gli disse:
- Ma dai, sono ancora vestito e tu non sei qua dentro con me a controllare che sia tutto a posto! - Lo disse con ironia seria, quindi non fu poi tanto chiaro quanto scherzasse e quanto fosse convinto, probabilmente entrambe. Mihawk non se ne curò, non gli interessava che l’accusasse di molestarlo o cose simili, a conti fatti era anche vero ma era altrettanto vero che Zoro era grande e grosso e di certo sapeva difendersi se non voleva qualcosa.
Se gli lasciava fare tutto ciò che voleva significava che o gli piaceva, in realtà, o che era più importante rimanere suo allievo.
Non contava quale delle due fosse, contava solo che rispondesse esattamente come lui voleva, ovvero senza ribellarsi.
Mihawk ignorò la frase e assottigliando gli occhi ancor di più, lo guardò come se gli avesse gravemente disobbedito, Zoro si sentì un insetto ma non si pentì di niente di ciò che aveva fatto.
- Ti avevo detto di non morire. - Tagliente e gelido, come se si fosse macchiato di una grave colpa.
Zoro alzò un sopracciglio scettico.
- Non sono mica morto. - Tipico suo. Mihawk avrebbe imparato a conoscerlo.
- Per merito mio. - Saltò la spiegazione evidente di ciò che era successo, ovvero che era entrato in tempo per impedirgli di passare a miglior vita, quindi aggiunse acidamente prima che Zoro potesse irritarlo con una delle sue uscite stupide: - Se vuoi che ti alleni mettiti in testa che la morte non è considerata una delle lezioni che intendo darti. Morire non è un allenamento, morire è una cosa inutile, non serve a nulla. Se vuoi che ti alleni significa che hai una grande motivazione, quindi vedi di ricordartela altrimenti la prossima volta ti lascio a te stesso. Una delle regole è che sono un maestro, non un padre. Tanto meno un baby sitter. Azzardati di nuovo a ridurti sull’orlo della morte per uno stupido test e giuro che ti guarderò morire a due centimetri senza toccarti. -
Lo disse seriamente e Zoro trovò tutta la furia gelida e severa concentrata in quello sguardo ed in quel tono. Una lingua al pari della sua lama, entrambe dunque molto affilate. Altre parole non avrebbero potuto colpire più nel segno e capendo che ci stava ponderando su, Mihawk se ne andò dando per scontato che il resto sarebbe passato al giorno successivo.
Zoro rimasto solo nella vasca d’acqua fredda, lasciò che la temperatura del proprio corpo tornasse accettabile insieme alla pressione che scesa ai minimi storici e con una tremenda sensazione di debolezza trovò assurdamente conforto nell’acqua così ghiacciata.
Ripensò alle parole del suo maestro.
Non aveva pensato di poterlo fare arrabbiare. Anzi, pensava che quello non fosse proprio capace di arrabbiarsi ma che fosse indifferente sempre a tutto.
Dopo i primi istanti di sorpresa, aveva dovuto ammettere che aveva ragione.
Era lì perché aveva un disperato bisogno di lui e di imparare e di diventare forte, ma non per sé stesso, bensì per Rufy e non poteva permettersi né di venir cacciato né tanto meno di morire nel frattempo.
Se Rufy aveva superato quell’inferno, lui doveva come minimo superare quello che stava vivendo.
Mihawk aveva dannatamente ragione, non poteva permettersi di morire, nemmeno per diventare più forte.
Anzi. Soprattutto per quello.
Se sarebbe morto sarebbe successo per proteggere Rufy, non nell’attesa di riunirsi a lui. Non lontano da lui. Non in quel modo stupido.
Rivalutando drasticamente Mihawk cominciò a considerarlo un maestro, magari un maestro dalle strane manie ma comunque un vero maestro.
Cosa che contava sopra ogni altra cosa.
 
 
C’era una logica in tutto quello che faceva anche se all’apparenza poteva non sembrarlo.
Spesso e volentieri sembrava solo che si divertisse a torturarlo o che fosse semplicemente un uomo duro ed insensibile e profondamente macabro ed inquietante, in realtà tutto quel che faceva poi aveva un suo motivo e Zoro lo capì lentamente a sue spese.
Le prime volte, convinto che le sue prove fossero dei modi meschini per torturarlo per ripicca visto che lui non stava ai suoi desideri, per altrettanta ripicca Zoro ci dava dentro per fargli vedere che le sue stupide vendette non funzionavano e che poteva sopportare qualunque cosa.
Solo in seguito ne usciva sempre una lezione che esulava da motivazioni personali di qualunque tipo, alla fine si rimaneva sempre su un lato tecnico e professionale e la cosa compiacque Zoro poiché si rilassò repentinamente capendo che non doveva temere e stare tanto teso nei suoi confronti.
Probabilmente Mihawk aveva capito che aveva esagerato e che non voleva starci con lui se non come allievo e basta.
Ben presto si instaurò, dunque, un meccanismo di allievo-maestro molto profondo ed interessante a cui Zoro stesso non riuscì e non volle nemmeno sottrarsi.
Stava di fatto che Mihawk come maestro era incredibile ed anche se aveva modi tutti suoi e inizialmente incomprensibili, poi veniva chiarito tutto.
Era effettivamente il modo ideale per Zoro di apprendere e di avere un rapporto che andasse al di fuori dell’amicizia che c’era con i suoi compagni di viaggio e con Rufy.
Aveva sempre cercato qualcosa di esterno, da quando aveva cominciato quell’avventura.
Gli era mancato il suo maestro di bambino, quando era partito per diventare da solo lo spadaccino più forte del mondo per Kuina, e poi anche quando Kuina stessa era morta, gli era mancato qualcuno con cui avere un rapporto che potesse essere una sorta di guida.
Di fatto non vedeva Mihawk come una guida ma come un obiettivo, qualcosa da cui prendere qualcosa di concreto per la propria ambizione, che gli indicasse una specie di via precisa, gli desse delle armi in più, quel qualcosa oltre a quel che già aveva ma che però gli mancava.
Uno con cui confrontarsi da non considerare amico, compagno ma nemmeno effettivo nemico, solo… una figura competente in grado di farlo ulteriormente crescere nel suo campo di interesse.
Un maestro.
Un punto fisso di riferimento che nel corso degli anni non sarebbe mai cambiato e sarebbe rimasto stabilmente lì dov’era senza deluderlo mai.
Ne ebbe certezza quando, dopo i test d’ingresso, come li aveva chiamati Mihawk, cominciò con la prima lezione.
Zoro si sentì inquadrato precisamente nel giro di un istante e fu strano perché anche con Rufy era successa una cosa simile ma non uguale, da Rufy si era sentito capito, compreso, accettato, condiviso… era diverso. Con Mihawk si era sentito inquadrato, era una sensazione molto differente per lui.
Come se l’altro sapesse cosa fare con lui.
La prima lezione non l’avrebbe mai dimenticata.
Riguardava il rapporto con le spade.
Zoro, colpito da ciò, rimase in silenzio ad ascoltarlo non pensando fosse uno che desse importanza a quel genere di cose come faceva anche lui, vedendo che si era sbagliato non aveva fiatato ed era rimasto immobile ed in silenzio a cogliere ogni sillaba.
La prima lezione era stata una specie di chiacchierata al termine del quale entrambi si resero conto di aver trovato finalmente il giusto equilibrio e punto d’incontro. Abbastanza profondo ma non troppo intimo.
- La cosa che in assoluto conta per uno spadaccino è la sua spada. - Esordì così e nell’esatto momento in cui lo fece, ebbe Zoro tutto per sé, come dall’inizio di quella specie di follia aveva voluto.
Se avesse saputo che sarebbe bastato limitarsi esclusivamente all’arte della spada in ogni sua forma, allora si sarebbe risparmiato il resto che aveva usato nel tentativo di instaurare un legame.
Non era molto sincero con sé stesso nemmeno quando pensava questo.
La verità era che Zoro da quando si era prostrato ai suoi piedi uccidendo il suo immenso e smisurato orgoglio, calpestando addirittura la sua ambizione di batterlo a tutti i costi e quindi gli aveva chiesto aiuto affinché lo istruisse. Beh, in quel momento, dimostrando che poteva essere veramente un suo allievo perché aveva battuto tutti quelli che c’erano nell’isola, gli era piaciuto.
Il fatto era che quando gli piaceva qualcuno lo voleva tutto per sé in ogni modo possibile, senza risparmiarsi nulla.
Aveva comunque i suoi metodi per ottenere quel tutto e odiava ammetterlo con sé stesso, cioè dirsi chiaramente che qualcuno gli piaceva. Preferiva dire che era interessante o degno della sua preziosa attenzione, il che equivaleva ad un ‘mi piace’.
Di fatto persone che gli erano piaciute -e gli piacevano tutt’ora- erano Shanks e basta.
Avevano parlato di spade e lame per tutta la giornata, interrotti solo una volta da una seccatissima e gelosissima Perona che aveva portato loro da mangiare solo per far cessare quel meraviglioso idillio romantico.
Romantico solo ai suoi occhi poiché di fatto non c’era niente di romantico nel parlare di armi.
- Parlano, le spade. Devi avere non solo il massimo rispetto per quelle che tu usi ma amarla più di te stesso, non devi frapporre nulla fra te e loro. Non esiste niente di più importante perché dipendi da loro e loro sono vive. Tanto potere tu gli dai, tanto loro ne hanno. Questa è una legge universale che vale in qualunque cosa, ma specialmente per questo argomento. - Poi aveva concluso… - Ma sapevo che questa lezione non avresti faticati ad apprenderla. -
Non aveva poi detto molto Zoro se non parlato di qualche esperienza personale che riguardava appunto le sue spade, però per Mihawk era stato sufficiente. Poi, come se si ricordasse di una cosa solo in quel momento, sembrò quasi tornare sui suoi passi e fermandosi aveva incrociato le braccia al petto scolpito e aveva chiesto severo e fermo:
- Ma la domanda su cui dovrai riflettere per questi due anni è questa. Qual è la cosa che veramente conta più per te? La tua vita di spadaccino, e quindi le tue spade, oppure sono gli obiettivi ciò per cui vivi? Per uno che aspira alla forza come te, deve saperlo. -
Zoro ci aveva pensato sapendo che non poteva rispondere subito, però aveva voluto sapere comunque un ulteriore cosa e con altrettanta serietà, sostenendo senza il minimo problema il suo sguardo, aveva chiesto:
- Tutti nella vita hanno degli obiettivi altrimenti sarebbero morti dentro e la ricerca della forza sarebbe comunque inutile. -
Mihawk che forse si aspettava quell’affermazione, non si mosse e non fiatò ma rispose senza battere ciglio, senza dimostrargli un solo pensiero a riguardo.
Poi rispose:
- Questo è vero ma c’è una differenza sostanziale fra la forza che vuoi ottenere per un obiettivo specifico che può essere proteggere e sostenere qualcuno oppure mantenere una promessa o qualunque altra cosa, e la forza che vuoi ottenere solo per mettere sé stessi al servizio della forza stessa, vivere solo per questo. C’è una differenza sostanziale. Tu devi capire quale tipo di forza cerchi. -
Fin da piccolo aveva pensato alla forza del secondo tipo, poi dopo Kuina era diventata una promessa rafforzatasi anche a Rufy a cui aveva fatto il medesimo giuramento. Ora era per lui, per Rufy, poiché per lui aveva messo da parte Kuina affinchè potesse diventare più forte con Mihawk, il suo rivale primario.
Ma questa sua considerazione lo spiazzò.
Di fatto quale era veramente e profondamente la motivazione della sua forza?
Era mutata così tante volte nel corso della sua vita che a dover dare una risposta unica non poteva esserne così certo. O forse era stata la fermezza con cui gli aveva fatto quella domanda, a farlo vacillare.
- Non rispondermi ora, non puoi avere le idee chiare. Hai cambiato nel giro di qualche giorno davanti ai miei occhi, il motivo della tua forza. Io voglio che tu capisca qual è quello vero e profondo e questi due anni di isolamento dedicati unicamente a te e a rafforzarti, ti saranno veramente utili, finalmente. Quando avrai risposto a questa domanda, sarai pronto per tornare là fuori. -
E non gli aveva detto che sarebbe stato pronto quando l’avrebbe battuto, forse non considerava il fatto che potesse riuscirci. Però poi lo capì, pensandoci per il resto della notte.
Per Mihawk non era importante il batterlo ed il superarlo quanto appunto la sua spinta autentica interiore. Era tutto per uno spadaccino che agognava alla forza suprema come lui.
Zoro rimase sospeso senza parole guardandolo andarsene dalla sala.
La prima lezione era conclusa.