EPILOGO

"Essere felici non significa che tutto sia perfetto. Significa che hai deciso di guardare oltre le imperfezioni."
-Gerard Way-

-Mi sta andando via la voce- borbottò Fabio, aprendo la porta di casa loro, e già pensarlo era stranissimo, figurarsi avere le chiavi della casa che Sebastiano aveva sempre condiviso col fratello!
-Dio volesse!- esclamò Sebastiano, alzando le mani al cielo in un teatrale modo di invocare una qualche grazia. Apparentemente però, ottenne solo che Fabio lo guardasse di sbieco, peraltro malissimo.
-Stronzo- ringhiò, dandogli uno schiaffo sul sedere.
-Puttana- ribatté Sebastiano, ma evidentemente non era un grande insulto per Fabio, visto che si limitò a sorridere e approvare tacitamente. 
Entrarono, rabbrividendo leggermente, ormai l’inverno era passato e finalmente  i primi raggi del sole primaverile scaldavano l’aria, però di sera faceva ancora fresco. Si tolsero le giacche leggere, accedendo la luce e scambiandosi il bacio che era nell’aria da tutta la sera e che non avevano osato darsi davanti a tutti gli altri. Non che non se ne scambiassero, anzi, amavano scandalizzare la gente e si baciavano ogni qualvolta potevano, accompagnando il tutto con gesti equivoci, giusto per evitare che qualcuno potesse fraintendere il loro rapporto. Però i baci discreti, quelli che nascevano dal semplice bisogno di ricordare all’altro che si amavano ed erano semplicemente contenti di essere vicini, ecco, quelli erano considerati dai due ragazzi troppo intimi per essere esibiti. Quindi quello che si scambiarono fu uno di quei baci. Labbra che si sfioravano appena, mani che accarezzavano teneramente le guancie e un sorriso quando si staccarono, fronte contro fronte. 
Non era da molto che Fabio si era trasferito lì, più o meno da quando finalmente Michele e Ginevra avevano fatto il grande passo andando a convivere. Erano stati mesi impegnativi, soprattutto per Sebastiano sempre attento a dividersi equamente fra i suoi due amori, per non dare a nessuno dei due l’impressione di essere messo da parte. Non sempre era stato sicuro della validità del suggerimento di Ginevra, soprattutto quando si ritrovava di notte, solo, nel letto che prima condivideva con Fabio, a stringere le lenzuola e chiedersi perché mai dovesse sentirsi così, come se nel mondo non ci fosse una sola fottuta persona a cui importasse di lui. Era dannatamente difficile far andare via quei pensieri, e allora afferrava il cellulare e, immancabilmente, scopriva che Michele gli aveva scritto, o addirittura lo stava chiamando.
Era stato questo a far capire loro che non bastava stare in case diverse o con persone diverse, per allontanarsi. Che Michele sarebbe sempre stata la persona in grado di comprenderlo meglio, di capire, anche senza vederlo, come si sentiva e il bisogno che aveva di qualcuno accanto. Che Sebastiano sarebbe sempre stato l’unico in grado di far sentire Michele a casa, anche solo con uno sguardo. Non avevano bisogno di abitare assieme per sentirsi fratelli, era un qualcosa che esulava da questo tipo di cose, era un sentimento che si poteva percepire nella sua forza in qualunque frase si dicessero, nei modi che aveva Michele di stargli accanto senza farlo sentire un inetto, nel modo in cui Sebastiano capiva sempre il malumore di Michele, anche da un sms, e capitava a casa sua con la colazione, pronto a fare il caffè. Forse era vero, forse solo una lontananza fisica poteva far capire alle persone il vero valore dei legami. 
Si staccò da Fabio, sorridendo, lui c’era sempre stato, capitava a casa sua o a casa di Michele, sapendo per certo dove trovarli entrambi, o non stupendosi affatto quando trovava Michele avvolto nel maglione preferito di Sebastiano, sempre senza giudicarli, al limite sparando qualche battuta che alleggeriva l’atmosfera. 
-Quella non è la giacca di Michele?- chiese Fabio, aggrottando le sopracciglia perplesso. Sebastiano distolse lo sguardo, poggiandolo sulla giacca in questione. Era già capitato molto di frequente che Michele si facesse trovare lì, prima di andare a convivere con Gin; ora che conviveva con lei molto meno, ma comunque nelle rare litigate che facevano i due piccioncini era quasi sicuro di trovarlo lì. Capiva la gravità della situazione da dove Michele li aspettava. Se era in cucina che preparava il caffè era solo rabbia passeggera che si placava con un paio di carezze date da Sebastiano; se era qualcosa di serio allora stava accoccolato sul divano, o sul loro letto. 
Il fatto che non si trovasse in nessuno di quei posti preoccupò un po’ Sebastiano, che accese la luce.
-Dove cazzo si è infilato stavolta?- chiese Fabio, perplesso, era abituato alle incursioni di Michele in casa loro, ma il fatto di non trovarlo ad aspettarli era uno strappo alla routine che suggeriva fosse successo qualcosa di più serio. 
Sebastiano scrollò le spalle. Se non era lì c’era un solo posto dove avrebbe potuto rifugiarsi e ci andò immediatamente, senza nemmeno controllare prima in camera loro. 
Aprì la porta del seminterrato con una strana sensazione addosso. Era davvero tanto che non ci entrava, inizialmente ci si rifugiava quando la solitudine minacciava di sopraffarlo, e nemmeno i messaggi o le chiamate di Michele servivano. Allora andava lì e si rannicchiava in un angolo, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare, sentendosi, finalmente, al sicuro. Era sempre stato questo il motivo per cui si era rifugiato lì dopotutto. In un mondo così chiuso, così scuro e piccolo, ci si poteva sentire protetti. Nessuno l’avrebbe trovato, li sotto, era il posto dove il dolore e la malinconia potevano venire a galla senza sentirsi mai fuori posto. Era il posto dove ci si rifugiava quando si voleva staccare dalla vita per un po’. 
Il fatto di trovare la figura di Michele rannicchiata nel suo vecchio letto, lì sotto, lo preoccupò un po’. 
Fabio mandò un’esclamazione stupita e solo in quel momento Sebastiano si rese conto che l’aveva seguito. 
-Michi… che succede?- mormorò Sebastiano, avvicinandosi cautamente al letto e alla figura rannicchiata sopra.
Nessuna risposta dal mucchietto di vestiti, quindi il ragazzo sospirò e si sedette accanto a lui, accarezzandogli lieve i capelli. Era come quando erano piccoli e Michele era triste, allora si rifugiava nel suo letto e solo il sentire l’odore di suo fratello lo faceva stare meglio. 
-Dai… qualunque cosa l’affrontiamo assieme, ok?- a quelle parole il fagottino sembrò prendere vita all’improvviso, si scosse e si lanciò fra le braccia di uno stupito Sebastiano, che lo strinse forte lanciando un occhiata preoccupata a Fabio, ancora sulla porta.
Il ragazzo gli rimandò un occhiata stupita, senza tuttavia avvicinarsi. C’erano momenti in cui esisteva solo Sebastiano, per Michele, e viceversa. Sia lui che Ginevra ne erano consapevoli e non aspiravano a scalzare il fratello da quel posto d’onore. 
Sebastiano accarezzò la schiena di Michele, sentendolo tremare leggermente. Non piangeva però, e questa cosa era piuttosto strana. 
-Ginevra è incinta.- mormorò poi, in un bisbiglio così indistinguibile che Fabio, sulla soglia della camera e ad appena un metro da loro, non sentì nulla. 
Sebastiano tuttavia sentì eccome, si irrigidì del tutto e scrollò leggermente Michele. 
-Cosa?!- chiese, con un tono di voce stridulo che preoccupò Fabio, spingendolo ad avvicinarsi e sedersi sul letto accanto a loro.
-Che diavolo è successo?- chiese, con il suo solito modo diretto.
Michele sbuffò, staccandosi leggermente da Sebastiano per guardare l’amico in faccia. Non gli dava fastidio che si trovasse lì, l’aveva messo in conto quando si era rifugiato nel letto del fratello, e quando aveva capito che non gli dava fastidio, aveva anche compreso quanto la gravidanza di Ginevra sconvolgesse tutto quello che aveva sempre considerato essenziale. 
Non rispose, ci pensò Sebastiano al posto suo, rivolgendo uno sguardo decisamente stralunato a Fabio.
Certo che se era venuto lì per riprendersi dalla crisi isterica che aveva avuto, doveva dire che non stava ottenendo un grande successo.
Aveva l’impressione che Fabio avrebbe dovuto curare entrambi, di li a poco. 
-Gin aspetta…- cominciò Sebastiano, interrompendosi per deglutire. Sapeva che quella notizia avrebbe sconvolto Sebastiano tanto quanto lui, per le stesse ragioni. Per quello era andato lì. Era l’unico che avrebbe potuto capire quello che gli passava per la testa. 
-Cosa, avete comprato un cane? Beh capisco che sia impegnativo da gestire, ma basta fargli fare un due passeggiate al giorno e…-
Lo sproloquio di Fabio fu interrotto da una leggera sberla che l’amante gli diede sulla nuca.
-Ma tu non avevi perso la voce?- borbottò, contrariato, per poi continuare: -Ma ti pare? Un cane? Un bambino, cazzo un bambino!-
Per un attimo solo il silenzio rispose, Fabio stava assimilando la notizia, Sebastiano, per contro, nemmeno ci stava provando più, inserendola nelle cose impossibili che non accadevano a loro e quindi chissà come era successo. 
-Beh certo, quello è più impegnativo di un cane. Mi sa che non bastano un due passeggiate al giorno. Però posso rendermi disponibile per cantargli la ninna nanna se vuoi! Mia madre mi cantava sempre una canzone dei Pooh, una roba smelensa da morire, ma funzionava. Appena lei cominciava a cantare io, Boom! Crollavo addormentato. Se fosse perché la canzone mi conciliava realmente il sonno, o proprio per non ascoltarla, non saprei dire. Ma giuro che a tuo figlio canterei canzoni assolutamente diverse eh. Tipo i Nirvana, per dire. O i Misfits anche… Astro Zombies è qualcosa che tutti dovrebbero conoscere.-
Sebastiano, che durante il lungo monologo era rimasto in silenzio, scosse la testa, senza riuscire a nascondere un sorriso divertito. 
Fabio era riuscito a ridimensionare tutto, come al solito. Anche Michele sembrava più tranquillo, aveva rilassato le spalle e guardava Fabio con occhi sgranati.
-Non ti sembra… strano?- chiese a voce bassa, quasi avesse paura dei suoi stessi pensieri. 
-Mi sembra bello- rispose Fabio, usando un tono delicato che mal si accordava alla sua persona, ma che per i due fratelli poteva pure tirare fuori. Erano le persone più importanti della sua vita.
Sebastiano lo guardò, sorpreso, e poi sorrise, ma fu uno di quei sorrisi segreti, quelli che dicevano quanto ancora Fabio lo stupisse sempre, quanto lo amava. 
-Io non sono capace…- bisbigliò Michele, nascondendo la testa sulla spalla di Sebastiano.
-Sese… è un disastro, non saprò farcela- continuò. 
-Non è un disastro Michi. Non è mai un disastro, è sempre un occasione, se farlo diventare un disastro dipende solo da te.- 
Michele scosse la testa, obbligando Sebastiano a prendergli il viso fra le mani, guardandolo dritto negli occhi. 
-Hei, hei. Smettila ora. Non sei certo solo ad affrontare tutto, pensi che Gin ti scaricherebbe addosso questa cosa se non sapesse che sei in grado di affrontarla? Devi fidarti di lei, Michi. Devi starle accanto e fidarti, è l’unico modo per uscire fuori dalla merda che ci circonda costantemente. Alle volte penso che se non avessi Fabio impazzirei. Non perché tu non sei abbastanza, ma perché lui mi ricorda che la vita non è solo merda, non è solo fottuto dolore. È anche lui che mi prende la mano quando sono giù, o che mi abbraccia quando ho una giornata storta. È questa la scappatoia per fregare il dolore, Michi, aggrapparsi alle persone che amiamo e stringere i denti per non lasciarle scappare. È l’unica cosa che, alla fine, ci salverà.- 
Si interruppe un attimo, voltandosi lievemente per lanciare un occhiata a Fabio, che lo guardava con occhi sgranati e un po’ lucidi. Un ‘ti amo’ chiaro e diretto non se lo erano ancora detti, ma quello valeva un po’ come mille ‘ti amo’ no? 
-So che provi lo stesso per Gin. E pensi davvero di non essere in grado di amare altrettanto vostro figlio?- 
Michele si morse il labbro, ancora incantato dal discorso di Sebastiano, e poi mormorò:
-La amo Sese.- 
Sebastiano sorrise, staccandosi leggermente da lui, nell’esatto momento in cui la porta suonò, facendoli un po’ sobbalzare tutti e tre.
-Questa è Gin- disse Michele, con un espressione contrita in viso.
-Non l’avrai mica mollata da sola appena te l’ha detto per correre qui, vero?- esclamò Fabio, che conosceva bene l’amico. 
L’occhiata colpevole che gli rivolse Michele fu sufficiente a rispondere. 
-Ah io non ne voglio sapere niente! Parteciperò volentieri ai tuoi funerali, indossando la tua maglia gialla preferita in segno di lutto- 
Disse Fabio, alzandosi in piedi per andare ad aprire. 
Non ci volle molto perché una furia castana irrompesse nella stanza, precipitandosi da Michele e schiaffeggiandolo con violenza.
Mentre Michele cercava di difendersi e Sebastiano si era debitamente allontanato, Fabio rivolse un occhiata divertita al suo ragazzo.
-Hei… andiamo a farci una sigaretta? Qui mi sa che fra la litigata e la conseguente pace si farà lunga la cosa. In tutti i sensi- 
L’occhiata che gli rivolse Sebastiano lo fece ridere piuttosto forte.
-Non nel mio letto cazzo! Non mio fratello nel mio letto!- 
Ma non appena Fabio insinuò una mano sotto i pantaloni, andando a palpare con molta convinzione il sedere di Sebastiano, quest’ultimo si calmò, guardandolo storto.
- È sleale Fabio. Sei la persona più meschina che conosca- 
Borbottò, uscendo dalla stanza. Forse Ginevra si sarebbe impietosita davanti al colorito cianotico che aveva assunto Michele mentre lei gli stringeva il collo.
-Spero che non lo ammazzi- commentò Fabio, divertito. Adorava quella donna, l’aveva sempre detto.
-Ah, io certo non mi metto in mezzo. Rischierei grosso- rispose Sebastiano, trascinando Fabio fuori dalla stanza, e poi di sopra, passando per il salotto. Si fermò quando Fabio strattonò la sua mano, proprio di fronte al dipinto che finalmente Sebastiano aveva finito, e aveva insistito per appendere proprio lì. 
-Che c’è?- chiese il ragazzo, guardando Fabio stupito. 
Era da poco che il quadro era lì, l’aveva finito di dipingere da un po’ e dopo numerose insistenze e minacce, la maggior parte delle quali sotto forma di improbabili scioperi del sesso, aveva acconsentito a farlo vedere a Fabio.
Ritraeva Fabio e Michele intenti a giocare con l’acqua, e ogni linea, ogni pennellata, ritraeva fedelmente lo stato d’animo che aveva Sebastiano mentre li guardava. L’adorazione che traspariva dal corpo di Frank, ogni muscolo, ogni tatuaggio, fedele come una foto e tuttavia completamente diverso, c’era un’intensità che era impossibile ritrovare in una fotografia. La spensieratezza che aveva Michele, il viso rilassato e felice, l’acqua che cadeva su di loro, quasi benedicendoli. C’era un atmosfera spensierata e di vaga malinconia, come a sottolineare il fatto che Sebastiano, in quel momento, era dentro a guardarli, e non fuori con loro. 
Ma quello era l’attimo in cui era iniziato tutto, in cui si erano messi in moto una serie di eventi che avevano portato Fabio a baciare Ginevra, a sbattere le ali si potrebbe dire, e provocare tutti quegli uragani. 
Quando l’aveva visto, Fabio non aveva potuto fare a meno di pensare che doveva essere stato uno scemo a non accorgersi dell’adorazione che aveva Sebastiano addosso ogni volta che lo guardava. Col senno del poi era chiaro come uno schiaffo in pieno viso. Aveva fissato il quadro, ammutolito, e poi l’aveva baciato, forte, ribaltandolo sul letto e dimostrandogli quanto davvero ci tenesse, quanto il momento che aveva immortalato Sebastiano fosse stato importante, ma come ogni momento che passavano assieme lo era. 
-Che c’è?- ripeté Sebastiano, abbracciandolo da dietro e posando il mento sulla sua testa. 
Fabio scosse le spalle, premendosi un po’ contro di lui. Il suo calore lo intossicava sempre, e pregava che non avrebbe mai smesso di farlo. 
-Stavo pensando a come sarebbe andata se tu avessi continuato a guardarci sempre da una finestra, come qui, senza mai unirti a noi- 
Rispose, pensoso. 
Sebastiano rise, baciandogli la testa e stringendoselo di più addosso, non perché non si ricordasse bene ogni linea del suo corpo, ma perché forse se lo avesse abbracciato abbastanza forte sarebbe riuscito a formare un corpo solo, e soddisfare finalmente la sete di averlo che non lo lasciava mai.
-Probabilmente mi avresti costretto a venire fuori gettandomi una pallonata in piena faccia, o qualcosa del genere- mormorò, la bocca ancora premuta sui suoi capelli, ad inspirare il profumo di buono che emanavano.
-Beh tu mi hai quasi stuprato nella vasca da bagno… direi che non vai per il sottile nemmeno tu!- esclamò il ragazzo più basso, girandosi nel suo abbraccio per guardarlo maliziosamente negli occhi.
-E se vuoi ripeto la perfomance sul divano- rispose Sebastiano, scendendo poi sulla sua bocca. Il mugolio che emise Fabio, la considerò una risposta sufficiente.