CAPITOLO QUINTO

Il cielo non tiene, la Terra decide che siamo pesanti.
-Liga-

Il ragazzo più piccolo si voltò verso di lui con un sorrisone angelico, allargò le braccia e chiese:
-Mi togli la benda?-
Sebastiano si avvicinò, deglutendo, sfiorò la pelle della schiena quasi interamente tatuata e lo vide sussultare, accennando poi a un sorriso di scuse e bisbigliando un:
-Hai le mani fredde- con voce roca.
Sebastiano ebbe la certezza che Fabio voleva farlo morire.
Bene, avrebbe scoperto che non si giocava così impunemente con lui, o almeno non senza ritorsioni.
Il pensiero che l’ultima volta che loro due avevano avuto un’idea a loro dire geniale si era risolta con le conseguenze catastrofiche che tutti sapevano, e che quindi sarebbe stato meglio evitare, non li sfiorò.
Fabio era impulsivo e semplicemente alle cose non ci pensava, Sebastiano era orgoglioso e non accettava di farsi mettere in ridicolo in questo modo.
Fu per questo che, con un ghigno che fortunatamente Fabio non vide, appoggiò le mani sulla schiena, coi palmi ben premuti sulla benda. Li fece scorrere, registrando come il respiro di Fabio si era bloccato improvvisamente.
Oh beh, adesso quello stupido ragazzino avrebbe capito cosa voleva dire provocare Sebastiano Lesizza.
Le mani scivolarono sul davanti, cercarono il nodo che teneva fermo la fascia e lo sciolsero, svolgendo la benda. Solo che poi le mani non si staccarono, o meglio: si staccarono molto lentamente, premurandosi di sfiorare e accarezzare quanta più pelle possibile nel frattempo. Percorse le linee d’inchiostro dei tatuaggi con la punta delle dita, sordo ai piccoli ansiti di Fabio e sorridendo soddisfatto quando percepì i brividi che scorrevano lungo il corpo del ragazzo.
Sapeva puttaneggiare molto meglio di Fabio, lui.
Sentì il ragazzo staccarsi bruscamente, soffocando un gemito di dolore al movimento. Solo che il teatrino aveva avuto effetto anche su di lui, e ora l’idea di quel bagno freddo lo attirava inesorabilmente.
Soprattutto quando vide Fabio infilare i pollici nei boxer e tirare.
Non riuscì davvero a evitare di incollare gli occhi sul suo sedere, sodo, rotondo, dannatamente invitante, e oh cristo, ora si stava muovendo. Non si era girato e Sebastiano non volle indagare sul motivo, perché credeva di saperlo. Quando Fabio ebbe il coraggio di guardarlo di nuovo, era già immerso in un mare di schiuma e nascosto ai suoi occhi.
Lo sguardo che gli lanciò fu così invitante, ammiccante, malizioso e sexy, da mandargli una sfilza di bestemmie in loop nella testa.
Cazzo vuole proprio la guerra.
Farfugliò il suo cervello confuso.
Non si rese di stare spogliandosi con una velocità che aveva del sovrumano, non si rese davvero conto dell’idiozia di tale cosa, voleva solo farla pagare a Fabio, fargliela pagare con la sua stessa moneta e vedere poi cos’altro avrebbe fatto.
Per ora si limitava a guardarlo con la bocca leggermente aperta, un espressione totalmente sconvolta in viso e gli occhi a palla.
Ridacchiò, per quell’espressione avrebbe improvvisato uno spogliarello degno di una pornostar.
-Che…f-fai?- balbettò Fabio, le braccia posate sui bordi della vasca per non bagnare la fasciatura. Aveva una fastidiosa erezione che aveva cominciato a dare cenni di vita quando Sebastiano lo aveva toccato in quel modo, prima, per salutarlo in tutto il suo vigore ora che si stava ohmiodio spogliando davanti a lui.
-Ho caldo anche io, così ti aiuto meglio no?- rispose, con quella voce maledettamente sensuale, quello sguardo obliquo che lo mandava ai pazzi e la bocca storta in un sorrisino sghembo da impazzirci dietro.
Più di quanto non lo fosse già, cioè.
Quando Sebastiano si immerse nell’acqua assieme a lui, si resero conto che la vasca non era abbastanza grande da contenerli entrambi; dovevano stare con le gambe incastrate in una maniera a dir poco ridicola e i bacini erano davvero troppo vicini.
In quel momento Fabio si rese conto della cazzata stratosferica che aveva fatto.
Per togliersi lo stupido dubbio che Sebastiano potrebbe, avrebbe potuto, ma forse, ma perché no, lo aveva provocato a morte, fino a spingerlo a infilarsi nella vasca da bagno con lui, perché evidentemente Sebastiano aveva qualche neurone che non funzionava a dovere, senza aver risolto praticamente nulla.
Il dubbio rimaneva e non era diventato una certezza come aveva sperato, si era benissimo potuto infilare nella vasca perché aveva caldo, o per scherzare con lui, non dimostrava nulla. In compenso se non stava attento a come si muoveva avrebbe dimostrato lui qualcosa a Sebastiano.
Che poi, cosa sarebbe cambiato? Assolutamente nulla, perché comunque dubitava che Sebastiano avrebbe mai insidiato il migliore amico di suo fratello. Però lo stava guardando in un modo che… cazzo era Sebastiano, già questo bastava a spiegare il corto circuito dei suoi neuroni, in più era nudo in una vasca da bagno ridicolamente piccola.
Oh, da questo non si sarebbe mai ripreso, altroché.
E lui stava odiando a morte il suo maledetto impulso a fare sempre le cose senza pensarci prima.
Anche perché sembrava aver risvegliato un mostro: insomma l’amico lo stava fissando come fosse un gelato alla crema, e dannazione, con Sebastiano non si capiva mai se stava scherzando per prenderti in giro o era serio.
Poi si allungò verso la mensola, sopra la vasca, scoprendo un bel pezzo di pelle, pallida, stupenda, e non importava se il corpo di Sebastiano non poteva essere considerato universalmente bellissimo, per lui lo era.
-Magari se ti giri ti lavo meglio-
Disse poi il ragazzo, e Fabio forse se l’era immaginato ma c’era una nota decisamente stonata nella sua voce.
Forse dopotutto quella situazione era sfuggita di mano anche a lui.
Lui annuì, frenetico e muto e, davvero, Sebastiano avrebbe dovuto rendersi conto di quanto lo aveva spiazzato già da questo.
Quando mai lui stava zitto?
Comunque fece quello che gli era stato richiesto, perché forse sarebbe stato meglio, no? Almeno non lo avrebbe visto.
Si rese immediatamente conto che invece era ancora peggio, perché così sentiva molto meglio il corpo premuto al suo, il braccio che aveva avvolto attorno alla vita e le cosce che premevano sui suoi fianchi.
Cazzo, ci sarebbe morto in quella vasca da bagno.
Sentì Sebastiano ridacchiare e si voltò appena, per lanciargli un occhiata storta.
-Rilassati- sussurrò al suo orecchio, il fiato caldo che lo faceva rabbrividire. Fortuna che c’era davvero tanta schiuma in quella vasca.
Sbuffò, il corpo teso forse più di prima, una corda di violino pronta a saltare al minimo tocco, saltare addosso a Sebastiano si intendeva. Perché l’idea di voltarsi, premerlo contro la parete della vasca e baciarlo fino a farsi diventare le labbra insensibili, ora era più attraente che mai.
Tutti gli altri pensieri si erano annullati, tutti i freni che l’avevano sempre spinto a marcare una linea netta fra quello che voleva e quello che poteva avere, ora erano scomparsi.
Era bastato il torace di Sebastiano premuto contro la sua schiena.
Era bastato il suo fiato solleticargli l’orecchio.
Poi quando la spugna cominciò a strofinare la pelle, smise di pensare a qualunque altra cosa non fosse il ragazzo dietro di lui.
La sua presenza riempiva la stanza e la sua testa, in un’aria carica di aspettativa e di sottile tensione.
Mandò un mugolio al seguito del quale percepì Sebastiano irrigidirsi, ma non poteva controllarsi perché, cazzate a parte, era davvero bello stare così. La spugna passava lentamente sulla sua pelle, strofinando piano, attento a non fargli male sul torace, lo lavava con attenzione e meticolosità, ed era fottutamente bello percepire la presenza di Sebastiano dietro di lui e la spugna che delicatamente scorreva il suo corpo.
Così bello che non resistette all’impulso di lasciar andare la testa dietro di sé, ad appoggiarsi sulla spalla dell’altro, e lasciarsi scappare un sospiro soddisfatto.
Ora sì che era completamente rilassato.
Poi la spugna scese. Fabio serrò gli occhi, ora era sui polpacci. Sebastiano si era teso in avanti per riuscire a raggiungere le sue gambe facilmente, poteva sentire i suoi capelli solleticargli le guance.
Cercò di non pensare al momento in cui sarebbe risalita lungo le cosce, sperando ardentemente che lì si sarebbe fermata, perché ora come ora non era il caso che andasse più su. Quando la spugna finalmente arrivò sulla pelle sensibile dell’interno coscia, Fabio non poté trattenere un gemito. Fu sottile e quasi inudibile, ma Sebastiano aveva la testa praticamente appoggiata alla sua, non avrebbe potuto mancarlo nemmeno volendo.
E ovviamente non si fermò.
-Seba…- iniziò Fabio, con l’intenzione di dirgli che davvero non era il caso di continuare, che il gioco si era spinto troppo oltre ed era il caso di finirla, ma sembrava che Sebastiano non ne fosse in grado.
Scosse piano la testa, come a rispondere che non l’avrebbe comunque ascoltato, quindi era inutile che parlasse.
Inspirò bruscamente quando la spugna arrivò sul suo inguine e gemette, senza paura stavolta, perché era colpa dell’amico se era ridotto così, un ammasso di gelatina gemente. Si sarebbe fatto fare qualsiasi cosa dalle sue mani e ormai Sebastiano aveva scoperto la sua furiosa erezione, quindi non era il caso di continuare a tirare scemi entrambi.
La spugna scorreva su e giù, mentre le labbra di Sebastiano si poggiavano sul suo collo e cominciavano a lasciarvi piccoli baci, alternati a morsi che lo mandarono definitivamente fuori di testa.
-Le mani… Dio, ti prego… le mani-
Mormorò, la voce roca e spezzata, le dita che artigliavano il bordo della vasca, il collo che scivolava di lato per lasciargli completo accesso.
Qualunque cosa Sebastiano volesse fargli, lui era lì, a sua completa disposizione.
L’amico lo accontentò subito, lasciando andare la spugna e sostituendovi le mani; afferrarono la sua erezione, cominciarono a stringere mentre scorrevano su e giù e Fabio si morse le labbra quasi a sangue. Era al di la di qualunque aspettativa si fosse fatto, era immerso in una bolla di calore ed eccitazione e stava andando fuori di testa,  l’aveva desiderato così tanto che ora il solo sentire il tocco delle sue mani lo stava facendo impazzire.
Voltò il viso, cercando le sue labbra che gli furono concesse immediatamente, quasi non stesse aspettando altro.
Si divorarono con un’urgenza che parlava della fatica che avevano fatto a reprimere tutto quello, e del sollievo ora che finalmente l’avevano lasciato andare.
Fu un bacio umido e aperto, così bisognoso ed affamato da fare quasi male.
Quando si staccarono Fabio aprì gli occhi, per la prima volta da che tutto quello era iniziato. Sebastiano lo stava guardando; gli occhi appannati ed eccitati, la pelle bianca e le labbra gonfie e umide. Assieme al ritmo serrato che aveva preso Sebastiano, fu sufficiente a farlo venire con un lungo gemito.
Solo in quel momento si rese conto che anche Sebastiano si stava strofinando contro di lui, in movimenti sempre più frenetici. Aveva il viso contratto dal piacere e dalla frustrazione di non riuscire a toccarsi in modo più soddisfacente; era la vista più fottutamente sexy ed eccitante che avesse mai visto.
-Sese vieni su, non posso così…- sussurrò, ancora ansimante, non fu una frase di senso compiuto per il semplice fatto che sarebbe stato impossibile per lui, ora, articolarne una.
Ma Sebastiano sembrò capire ugualmente, come sembrò piacergli l’uso del diminutivo che solitamente usava solo Michele.
Fabio si allontanò, girandosi a fatica e facendo uscire praticamente metà dell’acqua che riempiva la vasca; nel frattempo Sebastiano si era sollevato a sedere sul bordo. Per Fabio fu un attimo emettere un verso soddisfatto per avventarsi sulla sua erezione, avvolgendola con le labbra e cominciando a pompare.
Quando sentì le mani che Sebastiano aveva infilato nei suoi capelli stringere, capì che doveva alzarsi, e lo fece, mordicchiandogli il collo, succhiando forsennatamente, assaggiava il suo sapore come se non avesse più potuto farlo in seguito e non volesse perdersi nulla. Soffocò l’ennesimo singhiozzo del ragazzo nella sua bocca, mentre lo baciava, più lentamente questa volta.
Se lo godette per bene, circondandogli il viso con le mani e accarezzandogli gli zigomi coi pollici, perché era un bacio di Sebastiano, era una cosa che non si era mai sognato di poter ricevere, faceva parte dei suoi sogni più intimi e segreti e ora era lì, e Cristo, era la cosa migliore che gli fosse mai capitata. Era capace di sopportare tutti i problemi che sarebbero sorti con Michele, tutte le paranoie di Sebastiano, tutto, pur di poterlo avere ancora in questo modo.

Il dolore che aveva provato quando aveva ricevuto quella telefonata, quando si era precipitato in ospedale chiamando Sebastiano lungo la strada, confuso e in lacrime, non l‘avrebbe dimenticato in fretta. Un incidente d’auto, dicevano i medici, era grave e la stavano operando d’urgenza, stava morendo e lui era solo e Sebastiano non arrivava ancora e non sapeva cosa fare.
Forse niente, non c’era niente da fare quando una sofferenza così grande ti colpiva al cuore.
Aspettava solo l’arrivo di Sebastiano, voleva solo che lo abbracciasse e gli dicesse che andava tutto bene, che ce l’avrebbe fatta, che non c’era pericolo. Si stava distruggendo, in quella fottuta sala d’attesa, si stava distruggendo ed era da solo.
Quando Sebastiano arrivò, accompagnato da Laura, tirò un sospiro di sollievo, precipitandosi da lui, accoccolandosi al suo petto e aspettando di sentire la solita stretta confortante.
Quando non avvenne alzò gli occhi, stupito, e ciò che vide non lo dimenticò facilmente. Suo fratello stava immobile, gli occhi puntati sulla parete, uno sguardo perso, confuso e stranito addosso e le braccia non accennavano a muoversi.
Improvvisamente il terrore aumentò in modo esponenziale, non aveva mai visto Sebastiano ridotto in quello stato.
Allora capì che non era lui quello che sarebbe stato consolato.
Alzò le braccia per stringerle attorno alla sua schiena, forte, sentì suo fratello sgonfiarsi improvvisamente e serrarlo fortissimo nel suo abbraccio.
-Ce la farà- sussurrò Michele, continuò a sussurrare mentre vedeva con la coda dell’occhio Laura sedersi, senza sapere cosa fare e come consolare quel Sebastiano che sembrava così perso e nemmeno più lui.
Si sedettero, Sebastiano continuava a non dire una parola, però lo stringeva forte, nascondendosi contro il suo petto e tremando, annuendo freneticamente a ogni rassicurazione che Michele gli rivolgeva. Continuò a dirgli tutte le cose che avrebbe voluto sentirsi dire dal fratello, pregando che sua madre non morisse perché aveva seriamente paura che Sebastiano potesse seguirla, nel caso.  
Quando il medico uscì dalla stanza, fu subito chiaro che le sue preghiere non erano state ascoltate.
Tutto divenne nero per un attimo, il mondo si contrasse in sé stesso e perse interesse. Non c’era interesse in un mondo in cui sua madre non c’era e Sebastiano era ridotto in quello stato. Non c’era motivo che continuasse ad esistere, che la gente continuasse ad andare avanti ignorando totalmente la devastazione che sentivano loro.
In un mondo del genere non voleva vivere.
Lanciò un occhiata a Laura, era la fidanzata di Sebastiano da quasi un anno e si adoravano, aveva bisogno anche di lei per sostenere suo fratello, lui non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Ma Laura era pallida forse più di lui, si avvicinò titubante, non sapendo bene cosa fare e quando Michele le scaricò Sebastiano fra le braccia, lei lo strinse, incerta.
Michele si rannicchiò a terra, tremando, non sapeva come affrontare tutto quello, non era preparato, non era pronto. Non sapeva come affrontarlo se Sebastiano non lo aiutava, se non era con lui, se non gli diceva che gli voleva bene.
Scoppiò a piangere, violentemente, sentiva che anche Sebastiano stava facendo la stessa cosa, fra le braccia di Laura. Solo che lui non aveva Laura che lo consolava, con Alice era finita da un po’ e non aveva nessuno adesso.
Solo Sebastiano che stava piangendo troppo lontano da lui.
Quella notte, mentre si stringevano nel letto di Michele e Sebastiano crollava, sfinito dal troppo piangere, a Michele fu chiaro che se voleva uscirne doveva farlo da solo. Era la prima volta nella sua vita che suo fratello non lo aiutava, non lo sosteneva e non lo trascinava fuori dai suoi problemi. Lo abbracciò più forte, sentendo Sebastiano mugolare nel sonno e assestarsi nel suo abbraccio; non sapeva come sarebbe andata a finire, cosa ne sarebbe stato di lui se avesse perso anche suo fratello. Non sarebbe riuscito a sopportarlo. Fu lì che giurò che lo avrebbe protetto in qualunque modo, che non avrebbe permesso che lo lasciasse, che si perdesse nella sua testa.
Ne sarebbero usciti, in un modo o nell’altro.

Si erano asciugati in silenzio, Sebastiano non aveva detto una parola, cosa che Fabio aveva previsto, ma nemmeno Fabio aveva parlato, cosa alquanto strana. In realtà avrebbe avuto milioni di cose da dire, ma sembrava che l’altro non avesse nessuna voglia di ascoltarle, quindi se le stringeva in gola e le ributtava giù, perché non voleva rischiare di dire o fare la cosa sbagliata e rovinare tutto.
Anche se forse l’avevano appena fatto.
Fabio non gli chiese nulla, fu Sebastiano ad avvicinarsi con la fascia in mano e fargli cenno di voltarsi, che gliel’avrebbe messa di nuovo.
Cercò di toccarlo il meno possibile e questo, per Fabio, fu peggio di mille urla o mille pugni. Era tremendamente chiaro che Sebastiano si era pentito di tutto quello, probabilmente aveva seguito l’impulso del momento, come faceva sempre Fabio stesso, e ora se ne stava pentendo amaramente. Abbassò la testa, reprimendo un gemito di dolore quando Sebastiano strinse troppo; quello era un pensiero che non avrebbe mai e poi mai voluto avere.
Si rivestì, mentre Sebastiano faceva altrettanto, ebbe appena il tempo di voltare la testa, che l’amico già stava uscendo dal bagno. I capelli neri erano molto più sconvolti del solito, ricadevano sul collo in ciocche disordinate, nascondendo i segni rossi che gli aveva lasciato prima. Improvvisamente impallidì. Sebastiano ci aveva passato un bel po’ di tempo sul suo collo, sperava davvero che non avesse lasciato succhiotti o qualcosa del genere. Si precipitò allo specchio, imprecando. Eccolo lì, una macchia violacea che si stagliava nitida proprio sotto l’orecchio.
-Cazzo- borbottò, non credeva che Sebastiano ci avesse pensato, e lui aveva una pelle molto più pallida e sensibile della sua, non osava immaginare cosa ci fosse sopra.
Senza pensare al silenzio gelido che aveva assunto Sebastiano, andò velocemente in cucina. Lo trovò seduto sul tavolo che guardava la moka sul gas, probabilmente stava provando qualche incantesimo per accelerare il tempo che ci avrebbe il caffè ad essere pronto.
Non perse tempo a dire nulla, si avvicinò e gli alzò i capelli dal collo diventando, se possibile, perfino più pallido di Sebastiano stesso.
Eccoli lì, tre segni praticamente enormi, che spiccavano come un pugno in un occhio. E lui parlava per esperienza.
-Ma che hai?- borbottò Sebastiano, scostandosi infastidito dal suo tocco.
Fabio lo ignorò, inclinando il collo e mostrandogli il succhiotto.
-Ecco che ho-
Poi lo indicò.
-E tu sei messo molto peggio.-
Lo vide processare le informazioni e spalancare la bocca.
Lanciò un occhiata all’orologio, erano le sei del pomeriggio, avevano tre ore prima che Michele tornasse. Certamente non era un tempo sufficiente perché scomparissero, ma almeno avrebbero potuto pensare a qualcosa per coprirli.
-Suppongo che tenere una sciarpa in piena estate non sarebbe credibile- mormorò Sebastiano, passandosi una mano sul viso.
Fabio ghignò, coprire i succhiotti era una cosa che sapeva fare, con tutte le storie che aveva avuto ormai era diventato un esperto.
-Tu non hai fondotinta in casa, vero?- chiese, già sapendo la risposta. Anche se per un motivo assurdo l’avesse avuto, quello che usava Sebastiano non sarebbe sicuramente andato bene per lui.
Il ragazzo scosse la testa e lui allargò il sorriso.
-Bene, allora mi sa che dobbiamo uscire-
Sebastiano aggrottò la fronte, poi capì quello che Fabio intendeva fare e un ghigno identico a quello di Fabio si allargò nel suo viso.
-Andiamo a fare spese!- Esclamò contento, mentre saltava in piedi e spegneva il gas.
Fabio intanto lo guardava intensamente. Stava versando il caffè in due tazzine, gliene porse una senza nemmeno guardarlo, dopo averla zuccherata come sapeva gli piacesse. Era così contento perché l’idea di uscire e andare in profumeria a comprare un fondotinta lo esaltava; soprattutto l’idea di poter sconvolgere qualche commessa alla vista di due uomini che compravano cosmetici. La stessa cosa che divertita lui, in fondo. Lo conosceva, si conoscevano.
Fu un pensiero che lo colpì.

Entrarono nel negozio con un due sorrisoni assolutamente idioti ed  assolutamente identici.
Le commesse erano indaffarate con altri clienti quindi non fecero caso a loro, se non quando si piantarono nel bel mezzo della corsia, fra i prodotti della Maybelline e quelli di Deborah, fissandosi senza la minima idea di come procedere. Fabio aveva un fondotinta che usava in questi casi, però lo teneva a casa, e in ogni caso gliel’aveva comprato Ginevra quindi lui non era decisamente pratico.
-Ok, adesso come procediamo?- chiese Sebastiano, guardandolo di sottecchi.
Lui si strinse nelle spalle, afferrando un tubetto a caso.
-Che ne so, penso dovremmo vedere quale colore va bene con la nostra pelle… non dovresti essere tu l’esperto in tonalità di colore?- chiese ironico Fabio, mentre alzava il tubetto sotto la luce e lo guardava da ogni lato.
-Sì, ma sei tu quello esperto in fondotinta per coprire succhiotti-
Rispose Sebastiano, e il tono in cui lo disse costrinse Fabio a lanciargli una breve occhiata. Sembrava proprio acido, sì.
Scrollò le spalle.
-Beh non lo sono, quindi magari è il caso di chiedere a una commessa- replicò, senza cogliere la frecciatina e richiamando l’attenzione di una ragazza poco lontana.
La commessa si avvicinò, solerte.
-Posso aiutarvi?- chiese, gentile.
-Sì, avremmo bisogno di un fondotinta- espose Fabio, preparandosi alla domanda successiva.
-Per la vostra ragazza? In quel caso dovreste dirmi la tonalità della sua pelle…- cominciò lei. Fabio e Sebastiano ghignarono.
Nemmeno si misero d’accordo, Fabio inclinò il collo per mostrarle il segno, Sebastiano alzò i capelli.
-No, per questi- disse Fabio, sorridendo.
La videro fissare i segni per un lungo istante, correndo con lo sguardo da uno all’altro, finché sgranò gli occhi, probabilmente realizzando appieno quello che le avevano detto.
-Oh… oh capisco- mormorò, arrossendo.
Fabio ebbe appena il tempo di vedere il sorriso di Sebastiano allargarsi, che sentì il suo braccio avvolgerlo e tirarlo a sé, in una chiara dimostrazione del loro legame. Fittizio per lo meno. Beh insomma, i succhiotti erano reali, così come quello che era successo nella vasca da bagno, però non c’era nessun legame. Supponeva. Pensava.
Scosse la testa.
Sebastiano l’avrebbe mandato ai matti, già lo sapeva.
La ragazza arrossì ulteriormente quando Fabio si strinse a lui, guardandolo adorante. Avevano un talento innato per scandalizzare la gente, non c’era niente da dire.
O, in alternativa, si poteva dire che erano due idioti esibizionisti, come li definiva Roberto.
-P-penso che questi potrebbero andare bene- balbettò la ragazza, afferrando due tubetti e mostrandoglieli.
-Però potete provarli, così ne siete sicuri-
I ragazzi annuirono e presero i flaconi. Fabio lanciò un’occhiata a Sebastiano, che annuì. La tonalità era quella giusta, quindi ebbero pietà di quella povera ragazza, si erano divertiti abbastanza dopotutto.