CAPITOLO 14
THE THIN ICE

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Tutto va in pezzi, il centro non tiene, l'anarchia pura si scatena sul mondo.
W.B. Yeats

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In pezzi.


Inesorabilmente,

immancabilmente,

è possibile sentire il rumore della propria anima che si spezza?

E possibile che faccia un male tale da non poter contemplare l'idea di aprire gli occhi e guardare il mondo?

Utopia.

Non esiste consolazione, non esiste un luogo in cui poter essere felici, non esiste un mondo puro e incontaminato.

L'innocenza è morta e i fantasmi camminano sulla terra, gridando la loro agonia e il loro terrore.

Basta.

Un po' di pace

Per favore

Un po' di pace.

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"Fabien, sono tre giorni che non si fa vivo! E se tu mi dici che nemmeno Shadè è venuta a scuola non è normale, insomma ci avrebbero avvertiti no?" il ragazzo dai capelli castani può sentire la preoccupazione di Jhoann distintamente, la voce sottile e tesa, la stessa preoccupazione che prova lui, che si insinua dentro urlandogli che è successo qualcosa, qualcosa di così grave da non poter nemmeno comunicare con la sua ragazza, "Jhoann io ho provato ad andare a casa loro ma non mi apre nessuno è tutto sbarrato..." vede Syren scrivere su un foglio, una canzone probabilmente, ma sa che non si perde nemmeno una sillaba della telefonata e in un altra circostanza gli darebbe fastidio e comincerebbero a litigare, ma adesso si sente stranamente rassicurato dalla presenza silenziosa del fratello.

"fra 5 minuti sono da te" definitivo, capisce la sua preoccupazione, perfettamente, ma non vede cosa possono fare loro se non riescono nemmeno entrare in casa! Sfondare la porta?

Sospira mettendo giù il ricevitore e la voce di suo fratello lo raggiunge.

"Jhoann non è mai stato un tipo paziente"

e in quel preciso momento capisce che Syren sa alla perfezione come devono sentirsi il suo ex e lui.

Quel pugno allo stomaco che ti raggiunge quando aspetti e aspetti e più aspetti più il tempo e il mondo si contraggono in loro stessi, inglobandoti.

E allora corre da lui a farsi abbracciare, una saetta castana che si catapulta fra le braccia di Syren stringendolo forte e cercando di calmarsi, di calmarsi perchè aveva pensato di riuscire a sostenere tutto, a innamorarsi di una ragazza come Shadè eppure di restare in piedi, e adesso si accorge che è come cercare di camminare su del ghiaccio sottile, troppo sottile, e rendersene conto solo all'ultimo momento.

Restano così, fabien aggrappato alle spalle di suo fratello che gli accarezza la schiena dolcemente,

aggrappato.

Finchè arriva Jhoann a suonare la porta, con quel campanello che sembra quasi grottesco adesso, metafora di come si sentono in quel momento.

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Le braccia di shadè.

Diafane, fredde, così fredde da sembrare fantasmi venuti per irriderlo e per tormentarlo ancora.

No.

Lasciatelo così,

dimenticatelo.

Non fatelo soffrire più, non fatelo illudere più che qualcosa andrà bene.

È troppo forte il rumore che fanno i sogni quando si infrangono, assorda.

Quanto tempo è passato?

Che cosa strana pensare al tempo adesso, sa che suo padre non si è più fatto vivo dopo averli ridotti così, probabilmente si sarà addormentato in qualche vicolo.

O sarà al lavoro.

Ma è così difficile adesso pesarci.

Le uniche cose che riesce a fare sono: alzarsi e trascinarsi a fatica verso il bagno, ogni passo un agonia, bere un pò d'acqua che rinfresca la gola arsa e condurre Shadè a fare lo stesso.

La sua sorellina.

Perché proprio adesso?

Perché proprio adesso che non rivedeva da un pò quello sguardo folle nei suoi occhi?

Che aveva cominciato ad aprirsi?

Cosa ne sarà di loro?

Oh Dio, cosa ne sarà adesso?

Alistair chiude gli occhi sconfitto dal dolore e si rannicchia sulle ginocchia di sua sorella,

dormendo.

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la casa è quanto di più malandato possa esserci.

Una volta doveva essere bella, con quel grande giardino davanti e i balconi in ferro battuto, ma adesso era solo un orrenda parodia degna del clown più triste del circo.

Quello che nessuno direbbe mai, quando è sulla pista che spara le sue battute una dopo l'altra, incessante, così brillante e luccicoso, nessuno direbbe mai che nel buio della sua stanza sia capace di prendere in mano una pistola e con il cuore e gli occhi colmi di disperazione uccidersi.

Esiste parodia della vita più atroce e veritiera di questa?

E mentre i tre ragazzi sfondano la porta entrando in quella casa silenziosa e buia, sentono come se la voce di un bambino, voce sottile e persa, li chiamasse.

Li chiamasse chiedendogli aiuto.

Rabbrividiscono perché ovviamente non c'è nessun bambino e nessuno ha *davvero* sentito qualcosa, ma è nell'aria, in quell'aria stantia e in quelle stanze piccole e tutte sporche e vuote. Racconta una storia quella casa, una storia che è stata trattenuto troppo a lungo nelle sue segrete.

Bene.

Ora siediti e ascoltala.

C'era una volta una coppia di sposini che vivevano felici in una casa nuova nuova, lei ci teneva tanto a quella casa, la puliva sempre e amava tantissimo suo marito, anche se qualche volta era un pò strano.

Lo trovava in silenzio chiuso in una stanza buia, ma quando succedeva non si spaventava, entrava e si sedeva accanto a lui, abbracciandolo.

Non accendeva la luce ma era come se d'improvviso la stanza si illuminasse.

E lui tornava l'uomo dolce di un tempo.

Poi un giorno nacque un bambino.

Era bellissimo e gli sposi lo amavano tanto, erano una famiglia ormai, una famiglia felice che accolse con felicità un altro bambino.

Ma all'improvviso ecco che tutto si ruppe come una lastra di cristallo.

La moglie morì e il marito restò solo con due bambini e la disperazione dentro, la disperazione e quelle zone d'ombra che adesso la moglie non riusciva più a scacciare.

E dimmi straniero, in questa storia chi è il colpevole?

Chi è il cattivo?

Puoi tu giudicarlo?

E riescono a sentirlo, Jhoann, Syren e fabien, il grido silenzioso che si espande da quelle mura?

Riescono a distinguere la voce di quella casa che ormai stà cadendo in rovina?

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Buio.

Solo buio e passi nel corridoio.

Non riesce nemmeno ad avere paura, Shadè, è troppo grande il dolore ormai, così grande che qualsiasi morte sarebbe meglio di una vita così.

Eppure...

Eppure vaga con lo sguardo nella stanza, gli è parso di sentire la voce di Fabien.

Impossibile, forse è solo la sua mente che vuole a tutti i costi sentirlo, vederlo. Lo anela come la cosa più preziosa del mondo, l'unica al mondo che valga la pena essere protetta.

Eppure non riesce a muoversi, le gambe sembrano inchiodate li e la voce nn vuole uscire, isterico parto di ombre senza speranza che gridano dalla terra la loro disperazione.

Fabien.

Fabien salvala.

Salvateli.

Non ce la faranno da soli.

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Un silenzio lugubre accompagna i loro passi, come un viaggio dentro la disperazione, quella casa ne sembra pregna, possono quasi scorgerla nel letto matrimoniale e nel vestito bianco testimone di un amore pure e incontrastato, appeso all'esterno dell'armadio.

E la prossima porta reca in se la parola fine a quello strazio.

Una scena come in un quadro.

La ragazza coi boccoli seduta nel letto, coi suoi grandi occhi tristi a fissare l'ignaro spettatore, e il ragazzo steso, con la testa sulle sue ginocchia, gli occhi chiusi e il viso straziato la lividi violacei e da tagli più o meno profondi.

Viene da chiedersi come un pittore avesse potuto dipingere un tale quadro e restare sano di mente.

E tornare ad essere felice dopo.

Poi un grido spezza quell'atmosfera irreale, il grido di Jhoann che corre verso il letto, come se l'immagine, quell'immagine, sia troppo.

Come se il senso di colpa per il solo fato che un uomo possa concepire una cosa del genere sia insostenibile.

Il senso di colpa di appartenere a quella categoria.

Perché è ormai chiaro a tutti cosa doveva essere successo li dentro.

Sotto lo sguardo triste e impotente di Syren, Jhoann appoggia la testa sulla schiena di Alistair, la appoggia e si mette a piangere, e piange disperato anche quando arrivano Syren e Fabien a scostarlo, e Fabien a prendere fra le braccia Shadè, controllandole il corpo, controllando che non abbia nulla di rotto, e poi stringerla forte a se.

Stringerla perché non si dimentichi,

la piccolina,

che lui non la lascerà mai.

Piange anche quando Alistair apre gli occhi a fatica, e si volta, e lo abbraccia stretto, si aggrappa a lui con lo stesso disperato strazio di un uomo sul punto di un cadere in un fossato.

Uno di quelli che non perdonano.

E Syren,

Syren,

non può fare altro che mettersi le mani in quei suoi capelli assurdi e pregare