CAPITOLO 18:
Falling Down

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E cos'hai ottenuto alla fine della giornata?
Che cos'hai ottenuto da portarti via?
Una bottiglia di wiskey, una nuova scorta di bugie.
Ciechi alla finestra. E il dolore dietro agli occhi.

Dire Straits: "Private Investigator"

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Le goccioline d’acqua scivolano sul corpo leggermente abbronzato di Fabien, sfiorano il collo leggermente inclinato, i capelli castani attorcigliati in modo che non diano fastidio, accarezzano le spalle dai muscoli ben formati ma non esagerati, toccano i glutei sodi e scolpiti e scivolano lungo le gambe muscolose, lunghe, belle. Sottolineano la pelle compatta, il torace tornito e privo di peli. Rivoli d’argento accarezzano ogni anfratto di quel corpo perfetto, la bocca leggermente aperta lascia che l’acqua si insinui anche nelle sue labbra piene e il viso abbandonato suggerisce l’immagine di un angelo decaduto. Con un sospiro esce dalla doccia avvolgendosi un asciugamano in vita, oggi era il primo giorno di scuola e Shadè ormai era tornata a casa da suo padre, chiude gli occhi un istante, le manca, le manca la sua presenza lieve per la casa, il suo sguardo timido che non lo perde di vista un istante, il suo corpo che gli si stringe contro e sembra voglia affidargli anche la sua anima in quei momenti. “buongiorno” una voce. Sussulta spalancando gli occhi, cosa ci fa suo padre in camera sua a quell’ora del mattino? Come a rispondere alla sua muta domanda l’uomo allarga la mano e la rivolge all’altro letto, “siediti” e il ragazzo prontamente obbedisce, un solo pensiero gli sfiora la mente totalmente in black out, ‘è camera mia cazzo…ma guarda se devo farmi comandare anche in camera mia’ un pensiero che lo costringe a sorridere e a rilassarsi, non era niente di serio altrimenti sarebbe stato lui nello studio e non suo padre qui. Lui con suo padre non fa le litigate furiose di suo fratello, anzi ne sta fuori perché sono cose che devono risolvere loro, capisce molto bene entrambe le parti, William è un grande psichiatra ma sembra non abbia capito per niente come entrare nella mente di Syren e lo fa in modo maldestro e troppo brusco, mentre Syren è stato ferito troppe volte e adesso non riesce a vedere la preoccupazione che si cela dietro il tono duro dell’uomo.

Invece Fabien ha sempre avuto un bel rapporto con lui, niente litigi, niente motivi di preoccupazione, l’unica divergenza è sempre stata sul modo di trattare Syren. “devo parlarti di Shadè” a quel nome Fabien comincia a sudare freddo, ci sono montagne di cose da dire su Shadè ma lui non è convinto di volerle dire al padre. “non abiti da solo in questa casa… dovevi mettere in preventivo che io o tua madre ci accorgessimo di qualcosa.” ecco… non è per niente rassicurante come premessa. Shadè non ha lividi al contrario di Alistair quindi non può essere su questo, anche se… spesso si è chiesto se in fondo questa cosa non sia più grande di loro, farsi aiutare, mettere tutto nelle mani sapienti del padre e lasciare che le cose si sistemino in questo modo, dopotutto non è forse la cosa migliore? Loro sono ragazzi non sanno come muoversi, non sanno cosa fare “ non mi dispiace che passi tutto questo tempo qui da noi Fabien, anzi mi fa piacere visto che è da secoli che ne parli con tua madre asfissiandola…”allo sguardo stranito del ragazzo sorride e prosegue “ pensi che io e tua madre non parliamo mai? Però Fabien…quella ragazza mi preoccupa, è troppo silenziosa, sembra che viva in un mondo tutto suo, non reagisce a niente, in perenne bilico su qualcosa più grande di lei… ne ho viste tante così nel mio lavoro Fabien e non posso fare a meno di pensare che vorrei parlare coi suoi genitori per accertarmi di essermi sbagliato” Fabien spalancò gli occhi terrorizzato, parlare coi genitori di Shadè…la madre era morta supponeva e il padre era un mezzo pazzo che picchiava i figli e chissà come mai Alistair non lo denunciava…era una situazione surreale. “lei… vive con suo padre e basta però è spesso via per lavoro è suo fratello che si prende cura di lei” non poteva dirgli nulla, non adesso, non ancora, Shadè si stava riprendendo cosa sarebbe successo se fossero intervenuti i servizi sociali? Sarebbero stati divisi e Shadè era ancora minorenne, nella migliore delle ipotesi sarebbe stata affidata a suo fratello ma lui non aveva ancora un diploma non poteva ancora mantenerla, no, non poteva essere una soluzione, ma d’altra parte… d’altra parte c’era suo padre che li stava distruggendo, era parso chiaro a tutti cosa faceva ai ragazzi e non era una cosa accettabile, non avrebbero resistito a lungo, per che cosa poi? Per difendere chi? Un pazzo? Scosse la testa, doveva parlare con Alistair e anche con Jhoann,per vedere che idea si era fatto, questa era l’unica soluzione. “Fabien… se ci fosse qualcosa di strano… me lo diresti vero?” non sa perché ma c’e qualcosa di strano in quella ragazza, forse solo deformazione professionale ma non riesce a togliersela dalla mente. Fabien annuisce, cosa può fare se non annuire e sperare che non ce ne sia bisogno? Che tutto si risolva cosi, senza coinvolgere il padre o senza che Shadè e Alistair debbano soffrire ancora? William si ritiene soddisfatto e con un sospiro si alza dal letto lasciando il figlio da solo. Lui il suo dovere l’ha fatto, ora non resta altro da fare che riferire tutto a Nicole che, ne è sicuro, sta origliando fuori dalla porta, Nicole e Syren sono così simili… anime gemelle si potrebbe dire, solo che Nicole è una grande scrittrice che ha incanalato la sua pazzia nei suoi libri e prende come spunti e modelli i suoi figli, mentre Syren questa pazzia la incanala nel mondo della musica, e se avere telecamere in casa per spiare ogni mossa dei figli e poi poterla mettere nei suoi libri è fastidioso, è ancora più fastidioso avere in casa almeno tre impianti stereo (uno per ogni stanza della casa dove vive Syren, compresa la camera di suo fratello) , una chitarra elettrica, una acustica e un pianoforte. È una famiglia pazza ma lui l’ama e spera sinceramente che Fabien non debba soffrire.

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Cadere.

Solo questo. Sente le membra pesanti rotolare giù dal letto e cadere a terra con un tonfo sordo, la mente annebbiata dall’alcool, ma non gliene frega, è meglio così, non pensa, non ama, non esiste. Niente della sua vita è degno di essere ricordato o narrato e a lui va bene così, solo Claudia lo era, solo la sua dolce moglie che adesso l’ha lasciato. Lasciato. Morta. Alle volte, nelle nebbie del mattino, gli sembra quasi di vederla, si affaccia alla porta della sua camera e con uno sguardo tristissimo e un espressione sconsolata scuote la testa e gli sussurra di salvarsi, che è ancora in tempo. Ma lui non si salverà, lui non vuole salvarsi. Nei pochi attimi in cui riesce a stare lucido fra una bottiglia e l’altra sente un dolore enorme soffocarlo, stritolarlo, e l’enorme ingiustizia di quello che sta succedendo lo invade. Per questo beve. E sa che il riflesso che vede sulla sua porta la mattina è solo un allucinazione, solo questo. L’alcool gliene da tante…questa è solo una in più che non merita di essere ascoltata. Come le voci nella testa. Alcune gli dicono di smetterla di bere, di rifarsi una vita, di amare i suoi figli, insomma estremamente noiose e dolorose, altre invece gli sussurrano insinuanti che fa bene a fare così, che è l’unico modo per sopravvivere e non pensare, che la disperazione non fugge via davanti a nulla e cadere è il solo modo per non pensare. Basta chiudere gli occhi. E sono queste le voci che lui ascolta, sono estremamente facili da seguire e sono sempre fiere di lui, non lo rimproverano sempre come quell’altra. L’altra fa male sentirla, assomiglia così tanto alla voce di Claudia…e lui beve. Beve e finalmente le cose vanno a posto, la sua mente si chiude e sono solo le voci divertenti che agiscono al suo posto, si sfogano, ridono sguaiate mentre la fa pagare a quei piccoli bastardi che si ostinano a stare in casa sua per ricordargli sempre il suo peccato. Soprattutto la femmina, sono solo puttane e lei è una di quelle, assomiglia a Claudia e solo guardarla le fa male al cuore, non dovrebbe esistere un essere umano così simile a lei. Lo fa apposta. Si muove, mangia, beve, piange…tutto è così uguale alla moglie che lo fa andare in bestia. Deve smetterla di fare così, e quell’altro parassita deve smetterla di proteggerla altrimenti finiranno male entrambi. Parola sua. Male.

Sbuffa andando in bagno e pisciando, sospira di sollievo, dopo tutta la roba che si è scolato una sana pisciata e quello che ci vuole! Sta per tornare a letto (dopotutto è appena tornato dal lavoro che cazzo! E i soldi gli servono per

-bere-

Vivere!)

Quando la vocina divertente si fa sentire e con una risatina gli sussurra di provare a vedere se quei due parassiti che gli stanno rubando i ricordi e non fanno altro che deriderlo ci sono. Potrebbe sempre dargli una lezione. Ohhhh gliene da tante… e la vocina divertente ride, mentre quella noiosa piange e gli urla di fermarsi…non smettono mai di lottare nella sua testa, ma adesso quella divertente sta diventando più forte. Annuisce alla voce, ha ragione, riposerà meglio se prima si sfogherà con quei dannati bambocci. Afferra una bottiglia “per ragionare meglio!” annuncia ad alta voce ridendo poi sguaiato, e si dirige in cucina, sa che la troverà li, la maledetta che gli ha rubato la sua Claudia, che si finge lei. Gli darà una ripassata e poi vedrà se avrà ancora voglia di fare la bambina cattiva. Dopotutto lo fa per il suo bene.

Non è che è pazzo, di questo ne è consapevole, è solo imbottito di alcool dalla testa ai piedi e adesso i ragionamenti, i pensieri, le parole…si confondono e lui non riesce a dare retta alla voce giusta.

Sta impazzendo.

Cadendo.

Cadendo giù.