NOTE: No, non voglio davvero dire qualcosa XD. Cioè, cosa c’è da dire dopo una cosa così assurda? Ecco, l’idea mi è venuta ricordando una fiaba che leggevo da piccola, Gobbolino il gatto della strega. Avevo queste musicassette di queste raccolte di fiabe, ( A mille ce né , nel mio cuore di fiabe da narrar… non ditemi che me le ricordo solo io che mi sento vecchia dopo ç_ç) e mi è venuta l’idea malsana di adattarla a Gerard e Frank. Gerard e Frank gatti. Dio santo, io devo trovarmi un hobby differente prima di essere rinchiusa. Comunque! Penso che ce ne saranno altre di storielle su questa serie, perché ho già tremila idee (avendo due gatti poi le idee vengono naturali solo guardandoli) e appena la mia vena demenziale farà di nuovo capolino ne scriverò sicuramente altre. Il titolo è preso dalla‘Gabbianella e il gatto che le insegnò a volare’, l’ho trovato particolarmente adatto ^O^. Bene, sperando di avervi fatto se non altro divertire e intenerire un po’ con questa nuova versione di loro, vi lascio, finalmente. Spero di rivedervi alla prossima storia!
PS: Sotto al titolo trovate la canzone che Akane ha scelto come sottofondo, se vi va cliccate e si apre il video!


VOLA SOLO CHI OSA FARLO

/ Planetary go! /

Il tuo lato è sempre stato triste e solo, ma non mi metterei da nessun’altra parte.

-Kill Bill, vol.1-

Pioveva, tanto per cambiare. E Gerard era decisamente stufo di fare il gatto randagio, non era quello che si era aspettato quando era fuggito da Morgana. Tra l’altro era stata una fuga decisamente rocambolesca, una delle sue folli idee che Bert aveva accolto con sufficienza, limitandosi a miagolare una risata e dire che si sarebbe ammazzato, quindi tanto valeva che restasse dov’era e facesse buon viso a cattivo gioco.
Certo, buttarsi giù dalla scopa di una strega mentre erano in volo poteva essere giudicato un piano suicida, era vero, soprattutto considerando il fatto che lui soffriva di vertigini. Però restare con Morgana non era contemplabile. Ricordava ancora la faccia disgustata della strega quando l’aveva visto, era una di quelle cose che un cucciolo non dimenticava facilmente. Aveva sollevato lui e Bert per la collottola, scrutandoli attentamente. Il suo enorme naso bitorzoluto era abbastanza disgustoso, quindi Gerard proprio non capiva perché doveva riservare a lui quello sguardo deluso. Solo perché il suo magnifico manto nero era interrotto da una zampina bianca. Non gli sembrava quel grande affronto, insomma era d’accordo anche lui che il gatto di una strega doveva essere completamente nero, però ormai i tempi si erano evoluti, Morgana avrebbe dovuto aggiornarsi. Invece lei si limitava a lanciare sguardi ammirati a Bert, solo perché aveva un manto nero e ispido, decisamente adatto al gatto di una strega, contando anche quel muso storto e gli occhi sempre aggrottati. Lui aveva il pelo lucido e morbido, un musetto appuntito e dei grandi occhioni verdi. Decisamente non incuteva paura. Si ripeteva che non gliene importava, che non voleva essere il gatto di una strega, quindi non piacere a Morgana era solamente un pregio, non certo un difetto.
Però occhieggiava di nascosto gli sguardi fieri che la strega dedicava a Bert, invidiando ferocemente quel fottuto gattino che aveva il solo pregio di essere brutto e spaventoso. Lui era costretto a rannicchiarsi in un angolo della grotta, non troppo vicino al fuoco perché Morgana non sopportava la sua vista, e lui aveva paura di quelle occhiate malevole. Più volte aveva sentito Morgana affermare che avrebbe dovuto fare qualcosa per far si che Gerard incutesse più timore, tipo sfregiargli un occhio o tagliargli un orecchio. Quindi lui se ne stava ben lontano, benedicendo la sorte ogni volta che Morgana gli passava accanto ignorandolo, avvicinandosi invece a Bert per prenderlo in braccio e dedicargli qualche coccola distratta. Lui aveva paura di Morgana ma questo non gli impediva di desiderare ferocemente un briciolo di quelle carezze, mentre stretto al buio tremava di freddo. Invidiava ferocemente lo sguardo ammirato che Morgana dedicava a Bert quando quest’ultimo tornava nella grotta con un animaletto fra i denti, posandolo davanti a lei tutto contento. Anche lui ci aveva provato, a guadagnarsi l’affetto di Morgana. Gli si era avvicinato buono buono, facendo delle fusa discrete per non infastidirla, ma lei l’aveva calciato via borbottando, costringendolo a leccarsi le ferite per giorni prima di guarire. Poi aveva provato a portarle qualche lucertola, ma beh, non era molto bravo con la caccia, quindi aveva rimediato solo qualche coda smozzicata, e la totale indifferenza di Morgana, che aveva ripagato i suoi sforzi e la privazione della sua cena, con una battuta caustica. Allora si era rassegnato. Rinunciare gli era sembrato meglio che sentire costantemente quella morsa nel petto che gli urlava di essere un fallimento come gatto, che non avrebbe mai saputo cosa si provava ad essere grattato dietro le orecchie o accoccolarsi sulle ginocchia del proprio essere umano. Allora aveva cominciato a pensare a un piano per scappare. Era sicuro che da qualche parte ci dovesse essere un posto per lui, un senso alla sua piccola esistenza, una casa dentro cui avrebbe potuto dormire senza temere che Morgana lo strattonasse per trascinarlo in quei voli terrorizzanti sulla scopa. Ma in quel momento, mentre si stringeva più che poteva sotto la tettoia, era arrivato a rimpiangere la grotta fredda della strega. Almeno era asciutta. E ogni tanto Bert gli andava vicino, piantandogli il suo brutto muso nel fianco per tentare di scuoterlo. Bert non era tanto male, ma non poteva davvero diventare amico di qualcuno che invidiava in quel modo, quindi lui si limitava a ignorarlo e voltarsi dall’altra parte. Sospirò, mentre si chinava per leccarsi la zampina bianca. Cadendo dalla scopa si era fatto parecchio male, e ora faceva fatica a guarire, anche se si leccava ogni momento. Avrebbe dovuto tenere la zampa al caldo e asciutta, ma non era facile. Anche perché doveva mangiare in qualche modo, e cacciare con una zampa fuori uso non era facilissimo, contando anche che lui era una frana già di suo. Frugare nei cassonetti come aveva visto fare gli altri gatti era fuori questione.
La puzza atroce che sentiva lo obbligava a stare lontano almeno un miglio da quegli enormi cosi puzzolenti. Quindi riassumendo: aveva una zampina dolorante che non guariva, era al freddo e bagnato, pieno di fame con lo stomaco che brontolava e una tristezza addosso che difficilmente sarebbe sparita con un sortilegio. Forse quel famoso posto non esisteva, dopotutto, forse alcuni gattini erano destinati a essere soli per sempre. Forse sarebbe stato meglio se cadendo dalla scopa si fosse rotolato quel tanto che bastava per battere la testa al suolo e smettere di cercare un senso al suo destino. Non esisteva, ecco. C’erano gattini destinati semplicemente a essere soli per sempre e lui era certamente uno di quelli. Forse se si sfregiava un occhio Morgana lo avrebbe considerato abbastanza brutto e l’avrebbe ripreso con sé. In quel momento gli parve un idea accettabile. Meglio che stare così al freddo e solo.
Nel momento in cui si rassegnò a staccarsi dal muro e scendere dal marciapiede, sentì un suono assordante, uno stridio che preannunciava sicuramente la sua morte, tanto pauroso era. Si appallottolò, chiudendo forte gli occhi e abbassando le orecchie per il terrore. Aspettava un impatto che non arrivò. Arrivarono invece delle mani calde e grandi, lo sollevarono gentilmente e lui si ritrovò a spalancare gli occhi davanti a uno sguardo castano dolce e preoccupato.
-Oddio, gatto, ho rischiato la vita, cazzo-
I baffi di Gerard fremettero per l’indignazione. Quel coso occhialuto quasi lo uccideva e poi era lui che rischiava la vita? Grande e grosso com’era al massimo si sarebbe ferito una zampa, non sarebbe certo morto.
-Ma ti ho fatto male! Sei ferito a una zampa! Occazzo, se Alicia scopre che ho quasi ucciso un gatto e poi l’ho lasciato in mezzo alla strada mezzo morto, mi butta fuori casa- borbottò poi. Certo che quell’essere umano era strano. Parlava da solo e lo guardava come si aspettasse una risposta. Provò a miagolare un timido:
-Mi chiamo Gerard, non gatto-
Ovviamente alle orecchie dell’umano doveva risultare un miagolio indistinguibile, però quello annuì, come se lo capisse alla perfezione, e poi rispose:
-Certo hai ragione. Non posso continuare a chiamarti gatto, non è gentile. Beh intanto ti porto con me, poi vediamo se appartieni a qualcuno.-
Spalancò gli occhioni verdi, appiattendo le orecchie alla testa. Come poteva quell’essere umano capirlo? Non era possibile, Bert gli aveva sempre detto che quei grandi così senza pelo non potevano comprenderli, che erano utili solo perché di solito avevano una casa e del cibo, e in più coccolavano divinamente. Che si sbagliasse?
-Come ti chiami?- chiese poi, infilandosi il gatto sotto l’impermeabile.
-Gerard- miagolò quest’ultimo.
-Bob?- chiese l’umano.
Un miagolio oltraggiato gli rispose, e Gerard ebbe la certezza che Bert aveva ragione. Quella di prima era stata pura fortuna.
-Scusa, scusa- rise l’essere senza peli, mentre si rimetteva sulla bici e cominciava a pedalare.
-Io sono Mikey, comunque. Tu vediamo… Ray?- tentò di nuovo. Un altro miagolio contrariato fece ridere Mikey.
-Proviamo con… Gerard?-
Stavolta solo un silenzio stupefatto gli rispose. Cazzo, forse era vero che lo capiva. Magari faceva un po’ di fatica, però alla fine ci arrivava. Miagolò entusiasta e si strinse di più al corpo di Mikey. Aveva un buon profumo ed era caldo. Lo stringeva forte con una mano per non farlo cadere e non aveva mai provato una sensazione del genere. La certezza che se fosse caduto ci sarebbe stato Mikey a prenderlo. La sensazione di essere al sicuro, protetto.
Era bellissimo.
Era così sfinito e debole che passò poco tempo prima che piombasse in un sonno profondo e, stavolta, caldo.

Ok, quel gatto nuovo era strano. Frank capiva tutto, capiva che era randagio, che doveva aver vissuto esperienze terrificanti, che non era abituato al contatto, alle coccole o ai giochi… però era una settimana che stava nascosto sotto la libreria! Usciva per mangiare solamente quando Mikey e Alicia dormivano e lo guardava diffidente tutto il tempo. Se solo mostrava l’intenzione di avvicinarsi scappava immediatamente. Era terribilmente deluso, ecco. Quando Mikey era tornato a casa con quel batuffolo nero tutto arruffato, era contentissimo. Finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui giocare, accanto a cui dormire e che gli avrebbe fatto compagnia. Non che Mikey e Alicia non fossero bravi esseri umani, stavano al loro posto, non erano invadenti ma capivano sempre quando voleva giocare o quando voleva essere coccolato. Però erano esseri umani, era diverso che avere un altro gatto accanto.
Forse quel Gerard si credeva troppo superiore per fare amicizia con lui. Forse pensava di essere il vero padrone della casa. Sbuffò, contrariato. Doveva capire bene cosa avesse quel gattino, gli aveva lasciato una settimana per ambientarsi… era più che sufficiente no?
Decise di intraprendere un azione di forza: se Gerard non usciva dalla libreria ci sarebbe entrato lui. Socchiuse gli occhi nocciola per valutare bene in che angolo infilarsi, era questione di alta strategia. Se fosse entrato troppo vicino a Gerard, lui sarebbe scappato per l’ennesima volta, se fosse entrato troppo lontano avrebbe avuto ancora più tempo per scappare. Infine si decise, si appiattì a terra per essere più silenzioso possibile e avere lo slancio necessario, poi scattò.
Quando fu atterrato si maledì interiormente per non aver considerato la cosa più importante nei suoi calcoli: dove si trovava esattamente Gerard.
Forse se avesse osservato con più attenzione avrebbe evitato di finirgli esattamente addosso.
Certo che però aveva un pelo davvero morbido e liscio, era un piacere toccarlo. Da lontano gli sembrava grande, molto più grande di lui, invece adesso capiva che doveva avere al massimo un anno di più, era il pelo lungo che faceva volume. Alzò la testina, con circospezione. Strano com’era quel gatto era capace di tirargli un unghiata sugli occhi. Scoprì che invece lo stava guardando, con degli occhioni verdi spalancati che gli fecero bloccare il respiro per un istante. Erano davvero belli, di un verde così intenso che Frank per un attimo si perse a fissarli. Prima di rendersi conto che Gerard si era totalmente immobilizzato, respirava appena, prendendo respiri rapidi e superficiali.
Allora capì. Non era superiorità. Gerard era terrorizzato.
- Scusa- miagolò debolmente, cercando di scostarsi da lui senza spaventarlo ulteriormente. Non appena l’altro fu libero dal suo peso, si appallottolò immediatamente senza perderlo di vista un solo istante.
-Cosa ho fatto?- mormorò poi, quasi senza voce dal terrore.
-Eh?- chiese Frank, stupito. Era la prima volta che sentiva la sua voce, era alta e pulita, un bel miagolio.
-Mi hai attaccato… ho fatto qualcosa di male? Sono stato sempre qui sotto, non puoi esserti arrabbiato! E neanche Mikey e Alicia, ho mangiato pochissimo e non mi sono fatto nemmeno vedere, non capisco perché ce l’hai con me. Vuoi che me ne vada? Se è questo io…-
Frank, che era rimasto a bocca aperta per tutta la durata del suo monologo, ora riprese improvvisamente la voce. Così era per questo! Faceva così perché aveva paura che lui lo mandasse via e che Mikey e Alicia lo abbandonassero!
-No!- Miagolò forte, senza nemmeno pensarci. Era sempre così, Mikey diceva che era un gatto troppo impulsivo e che non pensava mai prima di fare qualcosa. Così si ritrovava a giocare con gomitoli su cui poi si arrotolava tutto e rischiava di strozzarsi, o arrampicarsi su un albero troppo alto e non sapere scendere. Ma sentire che Gerard voleva andarsene, proprio adesso che lo aveva appena scoperto, era intollerabile per lui.
-No, non voglio che tu te ne vada. Volevo solo… stare un po’ con te-borbottò poi a disagio.
-E magari non qui sotto ecco, sul divano è più comodo…- continuò poi, vedendo che Gerard non rispondeva.
-Stare… con me?- sussurrò l’altro, come se l’idea che qualcuno volesse passare del tempo proprio con lui fosse totalmente assurda.
Frank annuì, facendo fremere i baffi. Si stava convincendo lo vedeva.
-Dai, vieni.- sorrise incoraggiante, uscendo da sotto il mobile e girandosi a vedere se Gerard stava facendo lo stesso. Quando vide che lo stava seguendo, sempre circospetto, quasi saltellò dalla gioia.
Balzò sul divano, miagolando forte perché Gerard lo seguisse, e quando il gatto più grande salì a sua volta, corse ad accoccolarsi al suo fianco, felice. Era proprio come se lo immaginava. Grande e caldo. Si premette più che poté contro il suo fianco e alzò la testa per lanciargli uno sguardo soddisfatto. Scoprì che Gerard lo stava guardando stupefatto, non osando nemmeno muoversi, forse per paura di irritarlo.
Sbuffò una risatina, quel gatto era davvero strano, ma era bello averlo finalmente vicino. Si scoprì a desiderare che fosse così per sempre, di poter sempre dormire accoccolato a lui e di poter cacciare assieme, di imparare a conoscere i suoi punti oscuri, dove amava rifugiarsi quando aveva paura, e imparare a portare luce in quei suoi occhi tristi.
-Non devi preoccuparti, anche se ti muovi e mi butti giù non mi arrabbio. Puoi anche mandarmi via se ti do fastidio- si trovò in dovere di dirgli Frank. Si era imposto così tanto fino a quel momento che non voleva dargli l’impressione sbagliata.
Tuttavia l’ultima frase fu detta con un tono così triste che Gerard si affrettò a scuotere il capo.
-No, non mi dai fastidio- miagolò, più forte e deciso questa volta.
Frank sorrise. Bene, stava imparando a non avere paura, almeno con lui.
Chiuse gli occhi soddisfatto, cominciando a fare delle fusa piuttosto rumorose. Aveva cercato di essere più discreto ma era una cosa in cui doveva allenarsi ancora parecchio, le sue più che fusa sembravano il ringhiare di un cane. Poco male, Gerard sembrava apprezzarlo da come posava la testa sulla sua, strofinandola piano quando Frank la spinse contro il suo collo e rimase semplicemente così.
Era la prima volta che si addormentava così vicino a un altro gatto, e non sapeva se era merito di Gerard o cosa, ma gli stava piacendo maledettamente.

Quella settimana Mikey e Alicia si stupirono dei passi in avanti fatti da Gerard.
Inizialmente stava rintanato sotto la libreria senza uscirne mai, nemmeno quando Frank lo chiamava per giocare. E Frank quando voleva giocare sapeva essere particolarmente rompicoglioni, lo sapeva bene Mikey che si risvegliava ogni mattina con le sue unghie sulle dita dei piedi, pronte a graffiarlo non appena lui le muoveva. Ma Gerard sembrava letteralmente terrorizzato da tutto, persino da loro. Sperava che almeno la zampa fosse guarita. Alle volte si chiedeva dove diavolo fosse vissuto fino a quel momento, chi l’avesse reso così spaventato da tutto. Si era fatto prendere da lui senza fare troppe storie, segno che non era un gatto randagio ma doveva appartenere a qualcuno. Tuttavia questo qualcuno non veniva a reclamarlo, nonostante lui avesse affisso volantini ovunque. Era un così bel gattino che si chiedeva chi potesse averlo abbandonato in quel modo. Quando una mattina si risvegliò e vide Gerard e Frank accoccolati sul divano, che dormivano assieme tranquillamente, non riuscì a non sgranare gli occhi sorpreso. Erano la cosa più tenera che avesse mai visto. Gerard teneva una zampa attorno al corpicino di Frank, decisamente più piccolo di lui, e Frank sembrava volersi inglobare a lui talmente si spingeva forte contro Gerard.
Sapeva che prima o poi il piccolo terremoto ce l’avrebbe fatta. Era impossibile resistere a quella piccola peste, e anche Gerard doveva averlo finalmente capito. Quando si risvegliarono Gerard sembrò essere diventato l’ombra di Frank. Dovunque andasse uno c’era anche l’altro, senza possibilità di errori. Gerard sembrava aver scoperto la sua indole giocherellona, c’erano pomeriggi in cui lui e Frank perdevano ore a inseguirsi, o dare la caccia a povere mosche terrorizzate da quelle piccole pesti. Sicuramente aveva meno resistenza di Frank, che sembrava inesauribile. Capitava spesso che a un certo punto il più grande si acciambellasse in un angolino della casa a dormicchiare e osservare le evoluzioni del più piccolo. Immancabilmente dopo poco tempo Frank lo raggiungeva, schiantandosi contro di lui e cominciando a fare le sue solite fusa rumorose. Era quasi imbarazzante nella sua ricerca continua di coccole da Gerard, bastava che il più grande smettesse per un attimo di strofinare la testa contro la sua per scatenare Frank, che cominciava a protestare e cercarlo, muovendo le orecchie contrariato. Era davvero bello guardarli, guardare come Gerard avesse imparato a fidarsi di Frank e seguisse sempre e solo lui, senza lasciare un attimo il suo fianco. Aveva persino imparato a salirgli in braccio, sempre per merito di Frank. La prima volta che il più piccolo era balzato tranquillamente sulle sue gambe, Gerard era rimasto sul bracciolo del divano, guardando avidamente Frank. Si vedeva lontano un miglio che moriva dalla voglia di raggiungerlo ma non ne aveva il coraggio. Frank si limitò a miagolare piano, inclinando la testina e guardandolo. Allora Gerard aveva posato una zampa sulla sua gamba, circospetto. Mikey era rimasto immobile, conscio che un solo movimento sarebbe bastato a far scappare Gerard. Quando il gatto, impiegandoci mezz’ora buona, finalmente si fu acciambellato accanto a Frank, quest’ultimo si affrettò a premergli addosso la testa, miagolando soddisfatto. Era come se fosse fiero di lui e volesse assolutamente dirglielo. Accarezzò la testa di Gerard, grattandolo piano dietro le orecchie, mentre sorrideva a Frank e sussurrava:
-Anche io sono orgoglioso di lui-

Gerard non aveva mai provato una sensazione del genere. L’ebbrezza di avere qualcuno al suo fianco, il calore che solo la vicinanza di Frank poteva dargli e la tenerezza dilagante che provava quando il più piccolo si premeva contro di lui, alla continua ricerca di contatto e calore. Era come se improvvisamente qualcuno avesse fatto a pezzi le pareti della roccia scura e umida dov’era cresciuto, urlandogli contro che poteva salvarsi, poteva trovare il suo posto, se solo avesse osatofarlo.
La paura che tutto potesse finire, che Morgana potesse trovarlo e reclamarlo di nuovo, era davvero enorme. Più si scopriva felice con Frank, più il terrore di perdere tutto lo invadeva, strisciante e subdolo. La voce di Morgana gli diceva che era un disastro, che non meritava una casa come quella, che non meritava Mikey, che Frank non faceva per lui. E ogni volta Gerard si incupiva, allontanandosi da Frank e tornando a nascondersi sotto la libreria. Sapeva che questo spaventava Frank, lo vedeva dall’atteggiamento esitante che quest’ultimo aveva quando si infilava sotto il mobile a sua volta. Aveva negli occhi il terrore che aveva sempre accompagnato Gerard, fin da quando era solo un cucciolo ancora fra le zampe della madre.
Quella di non essere colui che poteva renderlo felice, quella di essere solamente un gattino fastidioso e inutile.
Vedere quello sguardo in Frank, lo scuoteva sempre. Non riusciva a sopportarlo, non voleva che anche il suo compagno si sentisse in quel modo. Era troppo triste. Bastava lui a portare quella malinconia addosso, Frank era fatto per giocare e far impazzire Mikey.
Una volta Frank glielo aveva chiesto, a cosa pensasse quando tornava lì sotto.
-A un posto brutto- aveva sussurrato lui, chinando la testa.
-E perché ci pensi se è brutto?- aveva miagolato incerto Frank. Gerard non si era infastidito dalla palese ingenuità del gattino. Frank era bello perché era così. Innocente e allegro.
-Perché non posso farne a meno… alle volte ho questi pensieri nella testa, e non vanno via, allora devo pensarci per bene, devo tentare di scacciarli ma per farlo devo capirli, prima- aveva risposto dopo un po’. Aveva cercato di farsi capire da Frank perché sentiva che era importante, che non voleva che Frank si allontanasse.
-Ma se sono cose brutte perché ti nascondi? Non è meglio se ci pensi assieme a me, così posso aiutarti a sconfiggerle?- aveva chiesto Frank, con una timidezza che non gli era mai appartenuta. Forse era perché non aveva mai provato per nessuno il desiderio di proteggere qualcuno da tutto, di sconfiggere assieme i suoi fantasmi perché non facessero più così male. Forse era la prima volta che teneva così tanto a qualcuno.
-Non voglio che tu ti preoccupi, per questo. E non voglio che tu diventi triste per me. Mi piace che tu sia allegro.- miagolò Gerard imbarazzato. Non era facile per lui aprirsi in questo modo, non gli veniva naturale come era invece per Frank.
-Ma se tu sei triste è normale che lo sia anche io. Funziona così sai, tra due gatti che si vogliono bene. Guarda Alicia e Mikey… quando Ali è triste Mikey è triste con lei e fa sempre di tutto per farla diventare felice- spiegò Frank con la sua logica inappuntabile, avvicinandosi cauto a Gerard.
-Tu mi vuoi bene?- chiese confuso quest’ultimo, osservando circospetto l’avvicinarsi di Frank. Non era come le altre volte, lo intuiva piuttosto precisamente. Frank non stava giocando, né voleva semplicemente coccole. Voleva dimostrargli qualcosa.
-Ma certo- rispose subito Frank. Quando gli fu esattamente di fronte, protese il capo, fino a che i loro baffi si sfiorarono.
Il solo sentire il suo profumo così vicino lo stordiva, il suo sguardo nocciola, così intenso e profondo, gli faceva girare la testa.
Arruffò un po’ il pelo, spaventato da tutto quello che sentiva. Quando Frank gli allungò una leccatina sul naso, Gerard appiattì le orecchie alla testa, teso. Quella era una cosa che mai nessuno aveva fatto con lui. La sua lingua ruvida e calda gli aveva scatenato dentro miliardi di sensazioni nuove e bellissime. Troppo belle, aveva paura che fosse solo un sogno e che poi Frank si sarebbe reso conto che lui era solo Gerard, il gatto fallito di una strega, non certo qualcuno a cui volere bene in questo modo.
-Cosa fai?- sussurrò Gerard, la lingua di Frank gli stava lisciando il pelo sul viso, senza trascurare un solo angolo. Era così strano e, Dio, così fottutamente fantastico, che avrebbe voluto non finisse mai.
-Ti dimostro che ti voglio bene- rispose Frank, ridacchiando un po’contro il suo pelo e cominciando a fare delle fusa piccole e discrete, così diverse dal casino che di solito emergeva dalla sua gola, da dare l’idea a Gerard di un qualcosa di estremamente più intimo, solo loro.
-Anch’io ti voglio bene- mormorò il gatto, rialzando le orecchie lentamente. Se Frank diceva così, se aveva trovato qualcosa da amare in un gatto come lui, allora voleva dire che forse non era poi così male. Che un posticino in quella casa, con Mikey e Frank, forse se lo meritava. Fu in quel momento che allungò timidamente la sua lingua, a rincorrere quella di Frank e dargli una breve leccatina che lasciò l’altro gatto quasi stordito. Quando le fusa si fecero più intense capì che Frank aveva gradito. Si accoccolarono vicini, intrecciando le code. Gerard si godeva semplicemente il contatto con Frank, un contatto diverso da tutti gli altri, molto più intimo e molto più emozionante. Frank continuava a leccarlo dappertutto, sempre più entusiasta di tutta la situazione. Era quello il posto. Era proprio quello, era proprio Frank, ed era stato maledettamente fortunato ad averlo capito.
Il suo posto perfetto.