Foglie d'acero come barche lungo il fiume

\Kanon\
La moto corre sull'asfalto, veloce.
Non mi piace tenere il casco addosso, impedisce al vento di portarsi via i miei capelli, di passare sul mio volto, accarezzarlo con violenza, con forza.
Di schiaffeggiarmi.
Sorrido beffardo, è l'unico che si permette di farlo, del resto.
Certo... a volte la tentazione  di schiaffeggiarmi ha “sfiorato” anche Saga, del resto so che è difficile avermi come fratello.
Mi rendo perfettamente conto che corro dei rischi, sia adesso in moto senza casco che con Saga, ma amo troppo il rischio per preoccuparmi delle conseguenze.
Ho bisogno di emozioni forti.
Ho bisogno di sfidare il vento, di sentire il muro d'aria che si infrange quando schiaccio con forza il pedale dell'accelleratore.
E' come...impazzire.
Ogni cosa diventa possibile.
Dimentico chi sono, dove sono, quello che c'è attorno a me.
Ogni cosa.
Non sono più Kanon, il fratello di Saga.
Non devo più assistere alla freddezza di chi, anche se a parole mi ha perdonato, con i fatti dimostra di non essere padrone di un sentimento così nobile.
Dimenticando che nessuno può dirsi immune da quelle macchie così fastidiose che sono su quella che chiamano coscienza.
Chi è completamente innocente?
Soltanto i Santi di bronzo possono dirsi tali.
Non certo la maggior parte di noi.
Accellero ancora di più, la pelle mi fa quasi male ormai.
Sono rabbioso si, insoddifatto ed incazzato nero.
Vorrei reagire alla freddezza, alle occhiate, alle battute ironiche...ma non ci riesco.
E non per qualche forma di pudore (mai avuto qualcosa del genere) ma, semplicemente, perchè l'unico che ne rimarrebbe davvero ferito è mio fratello.
E l'ho già fatto soffrire abbastanza.
E' ora che cresca e che riesca a controllare le mie emozioni distruttive.
E questo è l'unico modo che io conosco per farlo.
Arrivo sulla cima della collina alla quale sono diretto e mi fermo, alzando parecchia polvere dall'asfalto e facendo girare un po'di teste.
Toglo gli occhiali da sole e rimango fermo li, a guardare quel panorama che riesce a togliermi il fiato ogni volta.
L'autunno è la stagione che preferisco e qui, dove nessuno mi conosce e sa niente di me, riesco a godermela in pace.
So che non approvano che viva lontano dal Santuario, che torni lì solo a metà mattinata per aiutare Saga, con tutta calma.
In realtà lo faccio anche per Sion.
Per quel rispetto che sento verso di lui.
Ma che tutti ignorino questo fatto a me va benissimo.
E' Sion che mi permette di vivere da solo, lontano da tutti.
E' sempre Sion che non fa domande e mi lascia completamente libero.
Chiaramente mio fratello sa ogni cosa, anche se io non gliel'ho detto.
Non ce n'è bisogno.
Non con lui.
Scendo e vado a sedermi sotto il mio albero preferito, appoggio la schiena alla corteccia ruvida e lascio che l'aria ancora tiepida, nonostante l'autunno iniziato, mi avvolga dolcemente.
Come un'amante esperto.
Da qui posso vedere il fiume che scorre sotto di me calmo, tranquillo, e un grande acero che ricopre tutta la collina con le sue foglie dai colori accesi.
Un ricordo si fa strada in me con una semplicità sconcertante.
Più che un ricordo, però, è una sensazione.
La sensazione di essere un fiume impetuoso.
Un fiume che non ha argine, un fiume che nessuno riesce a rallentare e che travolge tutto sulla sua strada.
Invano ho tentato di fermarmi.
Sentivo in me quella corrente.
Nelle ossa, nella pelle, nel sangue.
Ma poi...è proprio vero che ho cercato di fermarmi?
Non lo facevo forse per ingannarmi nella speranza di riconquistare la fiducia di mio fratello?
Si alza un vento improvviso che si fa beffe dei tentativi di proteggersi da lui.
Alza giacche, gonne, capelli.
Porta con se imprecazioni e acidenti vari, perfettamente inutili.
E foglie.
Infinite foglie gialle e rosse che si alzano nell'aria e si fanno trasportare dalla corrente.
E così che mi sento ultimamente, come queste foglie che si fanno trasportare dalla corrente senza riuscire a fermarsi.
Quella corrente che è DENTRO di me.
Quella corrente che E' me.
Sono dunque folle?
Trasportato da me stesso?
E che fascino incredibile ha questo pensiero su di me.
Essere corrente che trasporta gli esseri umani come se fossero tante foglie, deboli e fragili.
E, nello stesso istante, essere anche io una foglia che, come una barca senza più controllo, gira vorticosa su se stessa, in balia di una corrente che ha creato da sola.
In profondità.
Così come è inizato il vento si placa.
L'unica testimonianza del suo passaggio è la confusione che regna, sovrana, ovunque.
Perfino nei vestiti e sui volti della gente, infastidita.
E io...quale testimonianza lascio dietro di me?
Che cosa resterà di me quando...non potrò più tornare indietro?
Questo pensiero mi infastidisce a tal punto da farmi alzare in piedi.
Ultimamente i miei penseri esigono una risposta immediata e precisa.
Una risposta che ho esitato a dare per troppo tempo.

\Saga\
C'è qualcosa di diverso in lui.
Quando torna c'è qualcosa di diverso, anche se, a parole, non saprei esprimere esattamente che cosa.
E' nell'atteggiamento, nel portamento.
La postura del corpo, eretta, fiera.
Non c'è più arroganza nei suoi occhi, nè supponenza.
Ma soltanto consapevolezza di sè.
Non ha più gli occhiali da sole, non si nasconde più.
Nè nasconde agli altri che non è più disposto a farsi giudicare.
Non credo che si renda conto che nessuno lo giudicava.
Semplicemente. ..attendevano.
Attendevano la sua definitiva rinascita.
Era lui che si portava dietro un giudizio che non veniva da nessuno, soltanto da se stesso.
Giorno dopo giorno combatteva contro la parte di se stesso che non credeva più.
Che non amava più.
Che voleva spaccare il mondo per ricostruirlo migliore.
Senza di lui che lo stava “inquinando”.
Era l'unico giudice di se stesso.
Molto più spietato di qualsiasi altro.
<< Ci sei riuscito.
Sei riuscito a sentirlo, alla fine>>.
Si ferma e mi guarda, qualcosa che assomiglia al sorriso finalmente sul volto.
<< E' stata più dura del previsto...onestame nte credo che sia stata la battaglia più difficile.>>
Finalmente.
Lo ha finalmente ammesso a voce volta.
Avevo quasi perso la speranza che questo potesse accadere.
Quasi.
Quel quasi che ha fatto la differenza.
<< Sei riuscito a sentirlo, finalmente?
Adesso ci credi?>>
Il sorriso si apre finalmente, rivelando un volto che teneva celato in se e che lo trasforma completamente:
<< fino a quando non avrei ammesso davanti a me stesso che era finita, che potevo tornare a credere in quello che ero diventato... non sarei riuscito ad andare avanti. Si, adesso ci credo.
Adesso che ho scoperto che l'amore esiste veramente posso iniziare a crederci.
E a sentirlo anche attraverso gli altri.>>
Apre una mano e mi fa vedere una foglia di Acero.
Rossa, unica nella sua perfezione.
La appoggia sul mio palmo che ho aperto a mia volta e nel fare questo mi accarezza leggermente
<< Non sono bravo a scusarmi, spero che tu possa capirlo lo stesso>>
E' curioso come gli esseri umani siano così bravi a farsi del male e a farne agli altri...e non siano capaci di scusarsi.
Questo, sinceramente, non l'ho mai capito.
La grandezza di un uomo si misura con la sua capacità di perdonare mi diceva sempre il mio maestro.
E aggiungeva.. .che la perfezione si otteneva quando riuscivi a chiedere scusa.
<< Saga, ti ho fatto tanto male che non basterebbe una vita intera a cancellarlo ma so che tu sei come questa foglia che si fida del vento e si fa trasportare da lui, certa che, ovunque cadrà, sarà il suo posto.
Aiutami a fare altrettanto, da solo sono sicuro di non riuscrici>>.
Alzo la mano vuota e la appoggio sulla sua spalla, stringendola leggermente mentre sento che le lacrime premono per uscire.
Forse non se n'è nemmeno accorto...ma ha dimostrato una grandezza tale da oscurare quella di qualcsiasi altro qui dentro.
Finalmente ho riavuto indietro mio fratello.
Finalmente adesso possiamo rinascere.
Veramente.