*Ecco il penultimo capitolo. Rusty dopo essersi distrutto ed aver affondato, finalmente si decide ad andare da Ricky il quale lo accoglie con un bellissimo abbraccio. E' ora di chiedere aiuto e di ricominciare a salire, è ora di cercare di stare bene e di volerlo. Ricky si era fatto da parte con mille ragioni, ma ora che Rusty è di nuovo lì con lui, saprà fare la cosa giusta senza esitare. E' possibile risalire dopo che sei arrivato così a fondo? Buona lettura. Baci Akane*

10. PASSI



"Salvami dagli amanti della mia vita  Salvami dai demoni nella mia mente  Salvami"
/Rescue me - 30 seconds to Mars/

Il respiro era tornato ed era via via sempre più regolare, a Rusty parve di non poter più smettere di piangere aggrappato alle sue braccia, il viso nascosto.
L’aveva trascinato in casa quasi sollevandolo di peso mentre lo stringeva così forte da non fargli sentire per un istante nemmeno quel freddo spossante interiore.
Rusty sapeva di non meritarlo, ma non aveva potuto farne a meno.
Non si spiegava come potesse accettarlo dopo tutto quanto, ma non sapeva che finalmente Ricky respirava bene solo perché Rusty era tornato da lui e gli aveva chiesto aiuto.
Appena l’aveva visto, appena l’aveva stretto così fragile aveva capito di non averlo perso.
- Sei gelato. - Disse Ricky notando che era senza giacca nonostante il freddo che c’era fuori. Strofinava le mani sulla sua schiena per scaldarlo, realizzando che non era un tremore per il freddo esterno.
Rusty lo guardò senza capire cosa diceva, le lacrime non volevano saperne di fermarsi, ma non riusciva a parlare, era ancora bloccato. Provò ad aprire la bocca, ma balbettò solo qualche paroae non di senso compiuto, così Ricky scosse il capo e gli prese il viso fra le mani fermandolo ansioso.
- Non voglio che parli ancora. Va bene così. Sei tornato, il resto non conta. Adesso ci penso io. Vieni, ti devi scaldare... - Rusty iniziò ad annuire tremando vistosamente, i denti battevano e Ricky lo tirò verso il bagno prendendogli il braccio sano, lo vide zoppicare e così si sostituì alla stampella che non voleva portare. In questo modo raggiunse più facilmente il bagno. Aprì l’acqua calda della vasca che chiuse col tappo, poi mentre Rusty lo guardava perso con le lacrime che distrattamente smettevano di scendere perché proprio non capiva come potesse aiutarlo lo stesso, Ricky iniziò a spogliarlo.
Gli sganciò il bottone del cardigan infilato a metà e appoggiato sopra al braccio ingessato. Usando tutta la delicatezza di cui era capace, gli tolse la maglietta larga sfilando prima il braccio sano e poi quello invalido. Era strano spogliarlo ancora, si disse. Fece un sorrisino tornando piano piano anche lui in sé dopo il panico che l’aveva colto nel vederlo lì in quello stato.
Gli aprì i pantaloni che abbassò facilmente, Rusty collaborò e quando fu nudo Ricky si sollevò mordendosi il labbro. Si spogliò a sua volta mentre una punta d’eccitazione lo investì nonostante tutto.
Rusty lentamente riprese a svegliarsi e lo guardò mentre scopriva il suo corpo atletico perfetto.
Il calore riprese a strisciargli dentro, come se lottasse col freddo. Non si teneva più stretto in sé stesso, non tremava così tanto come prima.
Ricky chiuse il rubinetto dell’acqua per non farla salire troppo, poi lo prese per mano e lo aiutò a salire dentro.
Il piede era molto gonfio e gli faceva un gran male, poi si sarebbe occupato anche di quello, ma intanto avendo cura che il braccio ingessato rimanesse fuori, appoggiato sul bordo della vasca, Ricky si sedette dietro di lui e lo fece sistemare fra le proprie gambe aperte, lo avvolse e l’appoggiò a sé, contro il proprio petto. Appena l’acqua calda li avvolse dolcemente, una sensazione di puro benessere iniziò a sollevare Rusty. Ricky continuando la sua opera, usò una spugna imbevuta per bagnargli i capelli ed il viso, ripeté l’operazione fino a che non fu completamente in acqua, infine gli fece adagiare la nuca contro l’incavo del proprio collo, le labbra sulla sua tempia e poi un lento e dolce cullarlo.
Rusty chiuse gli occhi e si rilassò definitivamente dopo un sospiro profondo, girò il viso verso di lui e si abbandonò a quell’infinita dolcezza che pensava di non poter più avere, di non meritarla.
Si rese conto di non aver più ricordato alcun episodio da quando era tornato in America, al contrario non aveva cessato di pensare a Stroh e a quello che gli aveva fatto, a come uscirne e a come fare.
- Non volevo contaminare anche te come Stroh ha fatto con me. E forse non è Stroh ad avermi contaminato, ma mi ha solo tirato fuori il marcio che avevo dentro. Quel virus. Non volevo passartelo. - disse piano infine ritrovando la capacità di parlare e di spiegarsi.
- Hanno bisogno di cure i malati, non i sani. Che me ne faccio di un Rusty sano se quello malato si lascia morire? - Rusty lo guardò sorpreso che ammettesse senza peli sulla lingua che era davvero malato, Ricky capì cosa c’era dietro quello sguardo così vicino e continuò senza filtri ed esitazioni. - Certo che sei malato, Rusty. Ma la tua non è una malattia incurabile. Quando accendi la luce se non quando sei al buio? Mica quando è giorno! L’accendi di notte, la luce! - E con questo Rusty si morse il labbro scuotendo il capo con le lacrime che tornavano a salire minacciose di nuovo. Forse non avrebbe più smesso davvero di piangere.
- Avevo così paura di contagiarti, perché mi hai respinto? -
- Perché dovevi chiedermi aiuto. Potevo venire ed accendere la famosa luce al tuo posto, ma tu l’avresti spenta. Lo ha dimostrato che non hai cercato di convincermi a perdonarti. Hai accettato tutto passivo! Volevi isolarti e l’hai fatto! - Replicò subito sempre sicuro.
- E se non fossi mai tornato? -
Chiese di rimando Rusty improvvisamente infastidito del suo abbandono.
- Dovevi chiederlo tu, Rusty. Se fossi venuto mi avresti allontanato di nuovo. Vuoi negarlo? Quando sei andato là da Stroh l’hai fatto la prima volta, poi la seconda è quando sei tornato. Quanti rifiuti potevo accettare ancora? Pensi che sia un santo? - Ricky cominciò ad alterarsi buttando via la sua maschera di calma e sicurezza, così Rusty si quietò vedendo che l’aveva punto sul vivo.
- Ti ho ferito molto, lo sapevo. Per questo non potevo tornare. Però... però mi sto trasformando nel mostro che voleva Stroh ed io... non so cosa fare... - Per Ricky quel che diceva era arabo, ma sospirando calmo, strinse la presa intorno al suo torace e intrecciando la mano alla sua sotto l’acqua, lo cullò e lo baciò lento a piano, fra un bacio sulla guancia e l’altro, un mormorio dolce e rilassato:
- Ci penseremo con calma quando mi avrai spiegato tutto. Il passo più importante era venire a chiedere aiuto. Facendolo hai dimostrato a te stesso che quella luce che avevi, c’è ancora. È debole, ma c’è. Al resto ci penso io. - Ricky non aveva davvero idea di come fare, ma il dottor Bowman sì e l’importante comunque era che Rusty lo credesse, che si sentisse al sicuro e che pensasse davvero che ora qualcuno finalmente l’avrebbe aiutato.
Volerlo era davvero il passo più importante e finalmente l’aveva fatto.
- Quando la vita ci lascia ciechi, l’amore ci mantiene gentili. Non negarti mai l’amore, Rusty. Mai. È la sola protezione che hai contro il male del mondo. - Rusty chiuse gli occhi e non negò di nuovo alle lacrime di scendere, ma questa volta erano calde e non tremava più.

Le dita di Ricky spostavano delicatamente i capelli spettinati di Rusty, le sue ciocche bionde si erano asciugate in modo strano, ma gli davano un fascino in più oltre a quello di cui era sempre stato padrone.
Rusty si era addormentato nel suo letto dopo essersi fatto asciugare, Ricky l’aveva messo giù e si era messo a massaggiargli il piede in modo delicato e rilassante con un olio particolare alle erbe che faceva una puzza incredibile, ma a quanto pare anche i miracoli.
Il piede era molto gonfio, Rusty aveva minacciato di scappare se la sua pelle avesse toccato ancora qualcosa di freddo, così Ricky gli aveva solo praticato quei massaggi mentre il resto del suo corpo rigorosamente nudo stava steso bello lungo sotto il piumino che lo coccolava.
Avrebbe voluto fargli qualche domanda, ma era ora di concedergli una notte senza pensieri.
Lo vide scorrere gli occhi sulle pareti della camera come in cerca di qualcosa ed immaginò che nella sua ora ci fossero le foto dei casi di Stroh, affinché non si dimenticasse la persona orribile che era.
Si addormentava con quelle immagini e si svegliava con quelle immagini e pretendeva di dormire bene e non sognare sé stesso che uccideva quelle donne.
Vide distintamente una luce nei suoi occhi vibrare, come di rilassatezza, poi per una volta si lasciò addormentare senza pensieri di mezzo.
Non più indagini, non più conti da saldare, non più donne uccise da ricordare.
Solo le sue mani dolci sul suo piede sempre meno dolorante, il bianco di una parete vuota ed un importante silenzio a cullarlo.
Rusty fece la notte migliore della sua vita da quando Sharon era morta. Ed anche da qualche mese precedente, visto da quanto dava la caccia personalmente a Stroh capendo di essere sempre più simile a lui.

Rusty decise di non fare sesso con Ricky fino a che la terapia col dottor Bowman non avrebbe dato risultati, fino a che non si sarebbe sentito meglio e pulito.
Aveva sempre il terrore di contaminarlo in qualche modo o di usarlo come rimpiazzo per Stroh e per quel modo malato in cui l’aveva fatto sentire ammalandolo ed intossicandolo.
Ricky chiese il trasferimento nella sede di Los Angeles per il proprio lavoro, nel frattempo prese tutte le ferie a disposizione e come primo giorno lì con loro mise in piedi un bel piano perfetto.
Intendeva sistemare la camera gettata all’aria di Rusty e non solo, anche rivoluzionarla, voleva dipingere le pareti di un colore tenue tipo carta da zucchero o qualcosa del genere che si abbinava bene agli occhi del suo ragazzo. Inoltre voleva cambiare mobilio e disposizione, in modo da farla sembrare tutt’altra stanza da prima per non farlo rientrare nella stessa prigione auto imposta in tutti quei lunghi ed interminabili mesi.
Prima ancora di atterrare a Los Angeles con le valige, aveva già contattato un arredatore d’interni dandogli un sacco di ordini precisi, indicando inoltre di farlo in quella stessa giornata. Per l’organizzazione pratica aveva chiesto una mano ad Andy il quale aveva decise di collaborare ben volentieri, felice all’idea che venisse a vivere con loro e che avessero fatto pace. Ricky si sarebbe invece occupato di Rusty portandolo fuori tutto il giorno, stando con lui per le vie soleggiate di Los Angeles, obbligandolo a divertirsi insieme come la coppia che non erano mai stati.
Questi era così felice di averlo lì con lui che aveva accettato di buon grado ogni cosa, anche lasciare frettolosamente le valige a casa per poi uscire subitissimo alla volta di qualsiasi divertimento ci fosse lì a Los Angeles quel normalissimo giorno della settimana.
Era ancora freddo, ma si stava piuttosto bene e forse non era tanto il sole quanto il fatto che a guidare la sua macchina fosse Ricky e che si prendesse cura di ogni sciocchezza per cui ci volessero due mani.
“Che stronzate! Ha solo delle piccole attenzioni per me! È sempre stato molto accurato con me.”
Si disse mentre Ricky gli mescolava la gigantesca insalata greca che aveva preso a pranzo nella tavola calda dove erano approdati dopo una mattinata di passeggiate sul mare. Il vento li aveva fatti respirare bene rubando ogni pensiero e pesantezza, mentre la salsedine aveva riempito i loro capelli rendendoli appiccicosi. Ad un certo punto si erano seduti in un punto strategico ed avevano ammirato le onde infrangersi sulla riva come una specie di terapia zen rilassante.
Si erano tenuti per mano ricordandosi di poter anche essere romantici. Rusty pensava che Ricky lo facesse apposta perché era il primo giorno insieme a Los Angeles in quella che era la loro vita nuova, o per lo meno nelle loro intenzioni sperava che lo fosse.
“È solo euforico!” Si era detto beandosi di quelle gentilezze e di quelle romanticherie che di norma non era in grado di trasmettere per primo, ma che le accettava volentieri se le riceveva.
Ricky aveva fatto progetti sulle prospettive che avevano lì ed aveva detto che se un giorno sarebbe andato tutto bene fra loro al punto di voler fare qualche passo in avanti, avrebbero anche potuto prendere una casa per loro e lasciare ad Andy la pace che meritava un uomo della sua età.
- Penso sia giusto, però. - Disse a pranzo ripensando al discorso fatto al mare da Ricky sui progetti.
- Cosa? Il condimento di questa insalata? Lo penso anche io. - Rusty ridacchiò e scosse il capo.
- Stare con Andy per un po’, la morte della mamma ha colpito duramente tutti, lui come noi. - Ricky si fece serio pensando a Sharon, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, se parlare di futuro e non di passato quando ad ancorare Rusty era proprio quello, fosse poi la mossa migliore.
Lo scrutò cercando di capirlo con il suo solito sguardo magnetico ed indagatore, Rusty sembrava sereno nel parlare dell’avvenire piuttosto di cose fatte, pensate e provate. Così continuò sicuro di sé ed entusiasta.
- Lo penso anche io. E poi in ogni caso siamo in rodaggio, dopo tutto quello che è successo. Pensi che stia esagerando a pensare a noi due che compriamo casa? Ricordo che quando stavi con Gus ogni tanto mi parlavi di come andava e ti sfogavi dicendo che lui correva troppo. Faccio la stessa cosa? - Rusty scoppiò a ridere vedendo che solo dopo ore che lo faceva si rendeva conto di probabili accelerate fuori luogo, ma la sua risata mise in secondo piano la sua risposta, che comunque fu positiva.
- Con Gus era diverso, era la mia primissima esperienza sentimentale. Lui è stato importante e mi ha aiutato a crescere come persona e come compagno, mi ha fatto capire in cosa dovevo migliorare ed in cosa sbagliavo in relazione al mio ragazzo. Ogni esperienza aiuta. - Ricky era contento che parlasse finalmente in modo positivo di Gus e della loro relazione, solo quando uno lo faceva dimostrava di averlo superato.
- Ma non corro troppo a pensare che forse un giorno compreremo casa insieme lasciando il povero Andy in pace? - Rusty ridacchiò divertito ed alzò le spalle.
- Non ci siamo conosciuti ieri, dopotutto. O un paio di mesi fa. Il fatto che stiamo insieme da meno di un anno non toglie che ci conosciamo da almeno sei anni, giusto? - Ricky capiva dove voleva andare a parare e vederlo parlare di loro tanto serenamente lo riempiva di gioia.
- È che io ho le idee chiare, sempre. E non ho paura di dire ciò che penso o fare ciò che ritengo giusto, anche se è drastico. Anzi. Il più delle volte è drastico e dovrei chiedere prima di fare, però sono convinto di quello che faccio. - Si riferiva al cambiamento della camera di Rusty, sperava gli avrebbe fatto bene.
- È questo che amo di te. E poi sono progetti, non proposte. Quando vorrai farlo spero che prima me lo chiederai, invece di farlo a priori. - rispose ironico, prendendolo in giro. Ricky rise e piegò la testa a destra e sinistra cercando di capire se invece sarebbe stato meglio imbavagliargli bocca ed occhi e piazzarlo direttamente nel loro futuro nido d’amore quando sarebbe stata l’ora.
- Beh, vediamo... sai che odio i rifiuti! -
- Più che odiarli penso di avere esaurito i bonus! - Ribatté scherzando Rusty, Ricky fu talmente felice di quello scambio di battute che proseguì pronto su quella strada, trovando semplicemente fantastico quell’istante.
Da ricordare per molto tempo, in effetti, visto quanta fatica aveva fatto per arrivarci.

Di pomeriggio avevano visitato un po’ di posti senza esagerare con le passeggiate per via della caviglia di Rusty ancora messa non molto bene.
Ad una certa ora Rusty gli chiese se poteva accompagnarlo dal dottor Bowman per la seduta che saltava da molto tempo. Ricky avrebbe fatto di nuovo i salti di gioia, ma rimase tutto bello tranquillo come se fosse normale accompagnarlo dallo psicoterapeuta da cui era scappato dopo un’esperienza traumatica.
Così si sedette fuori e gli disse di non preoccuparsi del tempo e di metterci tutto quello che voleva, che lui avrebbe aspettato volentieri se era per quel motivo.
Rusty lo ringraziò e seppure molto nervoso, entrò nello studio del dottore con il cuore in gola e la voglia di scappare, come se sapesse che da lì sarebbe uscito diverso.
Ma diverso come? Era pronto? E poi cosa era andato a dirgli? Aveva smesso di andarci perché non riusciva più a spiccicare parola e lo trovava inutile ed ora improvvisamente solo per una giornata splendida col suo ragazzo voleva riprovarci?
Rusty non ne aveva la minima idea, aveva solo seguito il suo istinto provando una sorta di desiderio di andarci, pur non sapendo cosa poteva dire.
Quando guardò il dottore si sentì come sotto esame, si sentiva intorpidito, il cuore in gola e sudava freddo. Cosa dirgli? Cosa fare? Sapeva di averlo deluso e lui era una di quelle persone che non voleva deludere, ma non era stato in grado di fare di meglio.
Però ora era lì, si disse. Era lì davanti a lui.
Mentre cercava di giostrarsi fra i propri nervosi e quel panico che stava per affacciarsi, lo vide sorridere felice nel vederlo.
- Mi scusi se non ho avvertito, ho visto che era solo ma forse dovrei tornare un altro giorno... - Disse ricordandosi di aver agito nuovamente con egoismo, come tendeva a fare ogni cosa. Aveva parlato, ci era riuscito.
Il dottore gli aveva sorriso e lui aveva parlato e l’aveva fatto anche in modo piuttosto normale, almeno così gli sembrava.
Il dottore gli indicò di mettersi nella poltrona o dove preferiva e scosse il capo senza nemmeno controllare l’ora.
- Per te ho sempre tempo. - Disse consapevole che farlo tornare un’altra volta significava magari non vederlo chissà per quanto.
Rusty camminava ancora male perché aveva sforzato troppo il piede dopo la giornata in giro con Ricky, ma l’aveva fatto volentieri. Aveva ancora il braccio al collo, ma i capelli li aveva fatti tagliare dal parrucchiere di Ricky quei giorni passati con lui a casa sua, prima di sentirsela di tornare a Los Angeles e provare a ricominciare di nuovo.