*Ecco un altro capitolo. La parte oscura di Rusty non è battuta, ormai è dentro le proprie tenebre in modo indelebile e Stroh glielo dimostra una volta di più. Una volta tornato a Los Angeles, però, l'unico piano di salvezza di Rusty non va esattamente come pensava. Ricky non vuole vederlo. Mi sono concentrata molto sulla psicosi di Rusty, spero di averla resa bene. Buona lettura. Baci Akane*

8. DISPERSO



"ero solo, in caduta libera, facendo del mio meglio per non dimenticare"
/Meds - Placebo/


Naturalmente aveva tanto fatto fino a che era riuscito ad usare la stampella da solo senza facilitarsi la vita con una carrozzina. Avendo un braccio appeso al collo totalmente inutilizzabile, sarebbe stato più facile per lui usarne una. Ma invece un po’ saltellava ed un po’ usava la stampella. Questo gli impediva di avere braccia libere ed utilizzabili, però almeno camminava da solo.
Per il viaggio di ritorno in America avevano organizzato un volo unico.
Rusty era dovuto di nuovo scendere in campo in modo indiretto per convincere Stroh a venire con loro in America e non rimanere lì, teoricamente con la mancanza di estradizione di quel posto lui avrebbe potuto rimanere lì. Aveva fatto dei crimini in loco, fra cui uccidere addirittura dei poliziotti, però siccome il rapimento era su un americano e che c’erano diverse pene ancora da scontare in America, Rusty aveva chiesto di parlare con lui dicendo che poteva convincerlo.
Andy e Provenza glielo avevano proibito, così Rusty sollevando gli occhi al cielo gli aveva detto di dirgli che avrebbero viaggiato insieme nello stesso aereo e che sarebbe andato a trovarlo regolarmente una volta al mese se fosse stato in America.
Erano tutti consapevoli che se fosse rimasto là sarebbe scappato di nuovo, con loro aveva meno possibilità di riuscirci nonostante l’avesse già fatto.
Stroh aveva voluto ufficializzare il patto, così Rusty aveva acconsentito.
- Sei sicuro di quello che hai fatto? Ora sarai costretto a vedere la sua faccia una volta al mese. -
- Fargli rinunciare alla non estradizione era l’unico modo per portarlo con noi e tenerlo d’occhio. - Disse logico Rusty saltellando sul sedile in fondo, dall’altra parte Philip era giù seduto, legato e con due dei loro a tenerlo sotto tiro costante. Ma i suoi occhi freddi e compiaciuti da lontano non smettevano un secondo di fissarlo anche se lui eludeva il contatto visivo in tutti i modi.
Era fastidioso come avere un insetto che ronzava nella tua stanza.
Rusty divenne presto nervoso, non l’aveva rivisto e non aveva di certo immaginato che riaverlo davanti agli occhi sarebbe potuto essere così strano e complicato.
- Ti è entrato in testa, continua ad avere tutto quello che vuole. Riuscirà anche in qualche modo a scampare alla pena di morte, si metterà a collaborare dando nomi di nuove vittime e luoghi di sepoltura in cambio della pena di morte prima e di qualche ergastolo poi. Vedrai che questo se la caverà con molto meno di quel che merita. - Andy non le mandava di certo a dire e Rusty ne era lieto.
- Lo so che mi è entrato in testa, ma intanto ci serviva che venisse per poterci assicurare la sua prigione. Trovavo più frustrante l’idea che scappasse di nuovo! - Rusty riusciva ad essere molto logico, molto più di Andy.
- Troveremo il modo per toglierti da questo obbligo, vedrai. Ci inventeremo qualcosa di legale. - Rusty annuì non trovandolo improvvisamente così drammatico rivedere Stroh ogni tanto. Quando lo pensò realizzò che era già nelle sue mani, sentiva quel lato malato di sé scalpitare e scuotendo la testa mentre l’aereo si sistemava dritto in cielo alla volta dell’America, imprecò battendo il pugno sul ginocchio.
- Devo parlargli. - Disse poi. Andy lo fissò come se fosse impazzito e lui alzò la mano sana cercando di mostrarsi in grado di intendere e di volere. - Finché non riuscirò a stargli davanti e parlargli senza sentirmi un burattino sotto il suo volere, non potrò mai guarire ed uscirne. Devo imparare ad affrontarlo e a gestire me stesso. -
Andy si protese verso di lui allarmato e preoccupato.
- Adesso? Queste sono terapie che si fanno in mesi ed anni, tu vuoi farla ora ad otto ore dal trauma? E cosa pensi di ottenere? - Rusty mise la mano sul braccio di Andy cercando di essere più convincente.
- Ti prego, gli devo parlare, devo iniziare ad affrontarlo subito per me stesso. Evitarlo sarebbe un scappare, ma quello che mi ha fatto è sempre qua, capisci? Se non lo affronto subito io... sento che non potrò più guardare nessuno in faccia! - Andy sospirò contrariato ed insofferente, sapendo che in qualche modo doveva anche avere ragione. E comunque era troppo testardo per impedirglielo.
“Guarda cosa ha fatto pur di trovarlo e prenderlo! Chi è in grado di impedirgli qualcosa a questo?”
Così pensando gli lasciò lo spazio per passare.
Rusty vittorioso si alzò, poi con aria cupa e decisa prese la stampella con il braccio sano e si diresse zoppicando verso Stroh il quale, sorpreso e meravigliato, gli sorrise col suo gelo oscuro negli occhi.
Quando gli altri due agenti di controllo si allontanarono permettendogli di parlare da soli, ma sempre sotto tiro, una pericolosa scarica elettrica trapassò entrambi, eccitandoli.
Rusty la percepiva chiaramente e si odiava, si faceva schifo per questo.
“Proprio per questo devo insistere e stargli davanti e parlargli. Finché smetterò di eccitarmi standogli davanti, devo farlo. Non accetterò mai questa malattia e scappare da lui non mi farà guarire. Io devo guarire. Lo devo a Ricky e a tutti gli altri.”
E lo doveva a sé stesso.
- Non puoi starmi lontano, eh? - Scherzò Philip fissandolo negli occhi. Rusty si protese verso di lui nervoso e irascibile, sibilando a denti stretti:
- Cosa mi hai fatto? Mi hai drogato? Mi hai ipnotizzato? Cosa diavolo mi hai fatto? - Rusty aveva il terrore di rivedere Ricky in quelle condizioni, non voleva che capisse che era un altro Rusty, così allucinato e dipendente da lui. Che lo vedesse sporco.
Ma non sapeva come smettere di essere quel nuovo mostro malato. Ormai lo sapeva di esserlo, era chiaro perché stentava a contenere l’eccitazione.
- Io non ti ho fatto niente, ho liberato il lato di te che opprimevi, quello che è come me. Ora quel lato esige la sua libertà, non puoi pensare di soffocarlo una volta che lo liberi. -
- Io non ho fatto niente! - Ringhiò a denti stretti, ma Philip sorrise ancora gelidamente controllato.
- Oh hai fatto tutto tu invece. Pensando di convincermi e di farmi calare la guardia, mi hai dato quello che volevo senza sapere che era proprio questo a fregarti! - Rusty scosse il capo ostinato.
- Sono sciocchezze! Io sono chi voglio essere, non ci sono istinti che non posso trattenere! Forse un lato di me è malato come te, tutti ne abbiamo uno. Ma lo posso benissimo controllare! Sono io che decido! -
Philip continuò soddisfatto, seduto dritto nel suo sedile dove era legato sia con delle cinture extra, che con una camicia di forza che gli impediva di sciogliere le braccia allacciate intorno alla vita. I piedi avevano delle manette da caviglia ed erano agganciate al sedile. In breve non poteva muovere un muscolo.
- Se solo potessi toccarti ti dimostrerei che ho ragione! - Rusty si aggrottò senza capire cosa c’entrava e Philip continuò seducente e malizioso. - Toccami tu e te lo dimostro. - Rusty terrorizzato improvvisamente si sentì fremere all’idea, ma testardo volle toccargli il piede col suo per dimostrargli che non aveva ragione, seduto davanti a lui gli toccò anche il ginocchio facendo attenzione a non essere notato da nessuno.
Philip sorrise di nuovo oscuro e malefico vedendo nei suoi occhi fin troppo limpidi l’eccitazione risalire prepotente attraversandolo come un fulmine.
- Ora dimmi che non andrai al bagno a masturbarti pensando a me! -
Un lato di Rusty gridava tutte le cose orribili che aveva fatto, ma l’altro, quello che al momento prevaleva e che lo stava spaccando letteralmente in due come se fosse impazzito, voleva fare ben altro.
Iniziando a sudare, Rusty scattò in piedi come una molla e conscio che non poteva davvero farsi vedere con un’erezione dopo aver parlato con lui, saltellò in bagno sotto lo sguardo soddisfatto e vittorioso di Stroh.
In bagno, Rusty fece né più né meno quello che lui aveva predetto e mentre si toccava l’erezione già dura avendo cura a non sporcarsi, si malediceva stralunato.
Come poteva? Come poteva essere così fuori controllo?
C’era un lato in lui che lo stava come facendo impazzire, fremeva e scalpitava ogni volta che era nei paraggi di Stroh, se gli parlava o lo toccava poi non riusciva a contenersi.
Questo da quando avevano fatto sesso la sera precedente in quel modo.
Fargli calare la guardia, cosa gli era saltato in mente?
L’aveva fatto entrare nella sua testa meglio, ora era scisso in due. La parte che riconosceva che lui era un mostro e quella malata che voleva perdersi in quel mostro.
Ogni sua paura si stava incarnando, lui era davvero come Philip Stroh, una parte di sé lo combatteva e lo rifiutava, ma per quanto avrebbe potuto? Quanto ci avrebbe messo a diventare schizofrenico o con personalità multiple e a perdere il controllo di sé in modo patologico?
Rusty venne appoggiato al lavandino e vedendo le macchie del suo sperma scivolare giù insieme all’acqua aperta, si guardò allo specchio stralunato ma meno sconvolto di prima.
Quelle tenebre ora erano così vivide, erano come delle spire.
C’era davvero una salvezza?


Rusty evitò il suo sguardo tutto il tempo pur consapevole che lui invece lo stava fissando, si era messo in modo da non rischiare di incrociare i suoi occhi, quando però arrivarono fu inevitabile guardarsi.
Appena si alzò in piedi la prima cosa che fece fu proprio cercarlo e quando lo vide con un sorrisino vittorioso, Rusty si maledì.
L’aveva fatto esattamente come voleva.
Imprecò mentre lui gli ammiccava seguendo gli agenti giù per le scale, non sembrava intenzionato a scappare, non subito almeno.
A Rusty improvvisamente non riusciva più ad importargliene, era stanco e prosciugato da lui e da tutta quella storia, si sentiva perso in un buio senza fine e la consapevolezza di essere nell’errore lo prosciugava passo dopo passo.
Si alzò dopo la sua uscita e sospirando seguì gli altri della squadra corsi dall’altro capo del mondo solo per lui.
Il problema improvvisamente non era più vedere Stroh o meno, il problema a quel punto era stare da solo con sé stesso.


Rientrare in casa gli diede conferma di quello che temeva, Andy lo accompagnò poiché ormai vivevano in casa, ma aveva molte pratiche da svolgere per assicurarsi che le cose andassero nel modo giusto, così dopo averlo lasciato a casa e messo tutto alla sua portata, preparato alcuni spuntini e controllato che non gli servisse nulla, lo lasciò solo.
Quando gli chiese di Ricky, Andy non seppe cosa rispondergli così con un senso di colpa gigantesco, lo chiamò una volta seduto sul divano. Consapevole che non meritava una sua risposta.
Non dopo quello che aveva fatto.
Quante colpe aveva?
Quante cose che non avrebbe dovuto fare?
E non era forse vero che una parte di sé aveva voluto avvicinarsi a Stroh volontariamente, perdersi in lui?
Razionalmente non se ne capacitava e lo odiava, ma l’istinto più oscuro era ben diverso.
Divorato da tutte queste considerazioni, a Rusty venne un colpo nel sentire la sua voce.
- Stai bene? - Chiese subito appena tirato su. Rusty sorpreso dalla sua preoccupazione rispose attento e circospetto.
- Io... sì circa... ho un braccio rotto ed una caviglia slogata, ma sto bene fisicamente. Psicologicamente sono a pezzi. - Dirlo subito forse era la cosa migliore, in modo che non si aspettasse di avere a che fare col Rusty più lucido e sensato.
- Lo immagino, non so cosa ti credevi di ottenere facendo quella cazzata. - Rispose subito duramente. Rusty chiuse gli occhi ascoltando la sua voce come se fosse balsamo. Era ragionevolmente arrabbiato.
- Pensavo di trovarti ad aspettarmi furioso... - Ricky rise amaro.
- Questa è una risposta di cortesia per assicurarmi che tu sia vivo. Ma dopo di questo io e te abbiamo chiuso. - Silenzio. A Rusty si spezzò il respiro, spalancò occhi e bocca e mentre sentiva le lacrime uscirgli, il panico lo investì.
La sua unica luce, l’unica speranza di salvezza non voleva più vederlo ed era normale e giusto, ma come poteva farcela?
“Non è giusto chiederglielo. Ricky ha ragione, l’ho ferito e poi lo distruggerei, ormai sono compromesso, sono finito, sono schiacciato. Ormai lui mi ha preso, lo contaminerei. Se lo ami fai la sola cosa giusta, sii razionale per una maledetta volta, Rusty. Lui si sta proteggendo, si sta tutelando. Io sono un cancro, il cancro me l’ha passato mia madre, il compagno di mia madre, tutti quegli uomini con cui ho avuto a che fare da adolescente per strada. E lui. Stroh.”
- Capisco che ce l’hai con me per averti chiuso fuori... -
- Chiuso fuori? Rusty io ti ho sempre dato corda su questa storia di Stroh perché sapevo che per te era essenziale tirare tutto fuori e risolverla. Cosa ti ha fatto pensare che ti avrei ostacolato? IO TI AVREI AIUTATO! - Tuonò Ricky perdendo la sua leggendaria calma. Rusty rabbrividì e si chiuse gli occhi premendo le dita sulle palpebre che tremavano per le lacrime. Se piangeva non avrebbe mai potuto mascherare e non era giusto stimolare la sua pietà. Sapeva che Ricky lo amava, ma era giusto si allontanasse.
- Volevo proteggerti, era pericoloso e non sapevo nemmeno se lui sarebbe stato lì. -
- Cazzo non sarei mai venuto ma avrei fatto in modo che tu fossi al sicuro! Sei andato a fare il kamikaze solo per poter avere un colloquio libero con lui! Ma io l’ho sentito quel colloquio! Sei contento per quello che ti ha detto? -
Rusty sospirò non sapendo cosa dire, si morse il labbro e sollevò gli occhi azzurri al soffitto. Le lacrime scesero sulle guance scaldandogliele.
- Non so cosa devo fare, non capisco più cosa sia giusto e sbagliato, è tutto un casino... - Disse fin troppo sinceramente. Ricky sospirò duramente e poi piatto prese quella che sembrava essere una decisione solenne:
- Io però lo so. Nel momento in cui hai scelto lui fra noi era già finita. -
Rusty voleva dire che non lo aveva scelto e che era andato per chiudere una volta per tutte, per liberarsi di quelle catene che gli impedivano di vivere sereno, ma sapeva che invece non era così.
Non era vero.
Non del tutto.
La verità era che era malato e la sua malattia era emersa lenta ed inesorabile, era segnato, niente avrebbe mai potuto salvarlo e distruggere una persona fantastica come Ricky non era giusta.
- Mi dispiace, Ricky. - Non disse che lo amava o che voleva vederlo, disse solo questo in un sussurro che sperava non trasudasse il suo pianto. Ricky rispose asciutto:
- Anche a me. -
E con questo chiuse.
Rusty rimase col telefono in grembo nella mano sana, lo sguardo sbarrato perso nel vuoto davanti a sé, le lacrime cristallizzate che non sapeva nemmeno se scendevano ancora o meno.
Cosa aveva fatto?
Cosa aveva appena fatto?
Aveva permesso alla sua unica fonte di speranza di abbandonarlo?
Si era condannato?

L’inevitabile chiusura in sé stesso che ne conseguì spinse Rusty a respingere tutti, convinto di doverli proteggere da sé stesso come aveva fatto con Ricky.
Avrebbe dovuto lottare di più, Andy non si era capacitato di come era andata e di come lo aveva lasciato andare, ma lui sapeva che era la cosa migliore.
I giorni passavano e il nervoso saliva come se delle crisi d’astinenza diventassero via via sempre più intense.
Aveva sperato che il tempo diluisse quel bisogno interiore ed oscuro di quell’essere, invece non stava per niente meglio.
Decise di tornare al lavoro prima del tempo, così una volta che ridussero la fasciatura alla caviglia permettendogli di zoppicare senza la stampella, Rusty tornò al lavoro nell’ufficio del procuratore dove lavorava.
Nuovi casi, nuovi crimini, nuova gente. Era l’ideale, si disse.
Distrarsi, non pensare. Aiutare il procuratore ad incriminare gente cattiva.
Sicuramente la terapia migliore.
Le sedute col dottor Bowman vertevano su ciò che poteva fare per battere nella sua testa Stroh, il dottore era molto paziente e gli lasciava condurre le sedute nonostante sapesse che finché non tirava fuori quel che davvero lo turbava di Stroh e di quel suo esserne tormentato, non avrebbe fatto progressi.
Ogni tanto Rusty doveva riaprire il fascicolo e rivedere con gli occhi tutte le cose atroci che Stroh aveva fatto, a quel punto almeno l’eccitazione procurata dal suo ricordo si trasformava in repulsione e vomitava.
Temeva il giorno in cui sarebbe dovuto andare a trovarlo, un lato di sé fremeva, un altro ne era terrorizzato e quando rivedeva le immagini di quelle donne massacrate una parte di sé si scindeva dall’altra che invece ricordava il modo in cui si era sentito quando lo toccava.
Sbagliato, terribilmente sbagliato, eppure spaventosamente bene. Quell’eccitazione mai raggiunta con niente proprio perché sapeva essere profondamente sbagliata, si sentiva corrodere, corrodere dall’interno da un Rusty maledetto che scalpitava e gli gridava che un giorno sarebbe uscito di nuovo se non avesse fatto niente, che fare finta di nulla non avrebbe risolto.
Quando si presentò un caso di stupratore seriale simile a quello di Stroh ma meno cruento, in Rusty scattò qualcosa e lo sentì chiaramente mentre visionava il materiale con Andrea, il procuratore che assisteva.
Fu una sensazione molto evidente, come se un terzo Rusty, un mediatore fra quello che odiava Stroh e quello che ne era dipendente uscisse e gli imperasse di percorrere quell’unica strada universalmente giusta e concentrarsi su quella, solo su quella.
Ma era una lama a doppio taglio, perché non era una strada davvero universalmente giusta, lo era solo da un punto di vista, quello di un tossicodipendente che cerca di combattere la sua dipendenza.
Individuato il colpevole ma non incriminato per mancanza di prove, Rusty prima di accorgersene iniziò a seguirlo al di fuori degli orari di lavoro.
Non dormiva da molto e quando ci riusciva lo faceva male, mangiava anche meno e come talismano per andare avanti aveva le foto delle vittime di Stroh.
Si rese conto di stare meglio nel cacciare quest’altro criminale, era quasi come farlo con Stroh.
“Se posso uccidere lui sarà come uccidere Stroh. Non lo posso fare, ormai è in prigione e non ci riuscirei ancora, mi è ancora in testa, ma posso lavorare per liberarmene. Il cammino per riuscirci passa per tutti quelli come lui, mi devo solo esercitare. Tanto mi possono solo ringraziare per il bene che faccio, le prove non porteranno mai a niente, la legge ha le mani legate, come molte volte è successo.
È ora di oleare il sistema. Così curerò me stesso.”
Rusty arrivò a convincersi che uccidere un criminale sarebbe stato come uccidere Stroh, avrebbe dimostrato a sé stesso che non era proprio completamente perso, che poteva ancora salvarsi perché lui odiava profondamente quelle cose, c’era del buono in sé.
Sapeva dividere il bene dal male e quello era il male.