NOTE: in molti forse l’aspettavano ed anche se l’ho scritta domenica sera, appena finita di vedere la puntata in tv (l’ultima di stagione), solo ora l’ho corretta e pubblicata. Nella puntata (bellissima) c’è un momento specifico in cui Gibbs si capisce è andato a casa a cambiarsi. Ecco, la fic è ambientata lì, non lo considero un missing moment vero e proprio ma se volete potete vederlo anche così. Preparatevi ad un cambiamento a mio avviso sostanzioso e sconvolgente (mentre scrivevo mi dicevo ‘ma davvero?’) poi magari per voi è tutto normale ma secondo me le campane stanno suonando a festa!
Povero Gibbs…bisognava consolarlo come merita, dopotutto.
La canzone l’ho trovata all’ultimo minuto ma è stata come un flash… i Pink Floyd mi ispirano sempre per tutto ma per Gibbs in crisi è quasi d’obbligo. Ebbene fra le molte ce n’è una che è un autentico capolavoro e che ha un testo da brivido. A voi la lettura e l’ascolto. Ho messo il link per ascoltarla nella speranza che sia corretto.
Sperando che siate felici e di farvi con questa fic degli auguri di Natale graditi, vi auguro anche buona lettura.
Baci Akane

LA TERZA PARTE

“Il dolce profumo di un grande dispiacere aleggia sopra la terra,
sbuffi di fumo si sollevano e si confondono nel cielo cupo,
un uomo sta disteso e sogna campi verdi e fiumi
ma si sveglia il mattino senza alcun motivo per svegliarsi.
È perseguitato dal ricordo di un paradiso perduto
nella sua gioventù oppure in un sogno, non sa essere preciso,
è incatenato per sempre ad un mondo perduto.
Non è abbastanza, non è abbastanza.
Il suo sangue si è ghiacciato, rappreso per il terrore,
le sue ginocchia hanno tremato e ceduto nella notte,
la sua mano si è indebolita al momento della verità,
il suo passo ha vacillato.
Un mondo, un'anima
il tempo passa, il fiume scorre
E lui parla al fiume dell’amore perduto e della fedeltà
e silenziose risposte che turbinano inviti
scivolano scure e turbate in un mare oleoso,
un sinistro presagio di quello che deve accadere.
C’e’ un vento incessante che spazza questa notte
e c'e' polvere nei miei occhi che acceca la vista
e silenzio che parla molto più forte delle parole
di promesse non mantenute.”

/Sorrow - Pink Floyd/


Avrebbe di gran lunga preferito essere lui quello accoltellato riverso sull’asfalto davanti a casa sua.
Lo pensò di continuo sia sul momento che molto dopo. Non fece che dirselo.
Perché seppellire lui era come seppellire la seconda parte di sé, dopo la prima sapeva che non avrebbe potuto reggere anche alla seconda.
Ora gli rimaneva solo la terza, l’ultima, ma da come stavano andando le cose non poteva che chiedersi se in realtà non l’avevesse già seppellita senza accorgersene.
Vedendo Mike morto fra le sue braccia e la pioggia che scendeva giù copiosamente esternando il suo animo brutalizzato, Jethro si era chiesto se ormai non fosse completamente solo.
Smarrito.
Quella fu la sensazione per tutta la durata della notte più orrenda della sua vita.
E avesse avuto tempo di chiarire quel punto.
Tony era ancora con lui oppure no?
Gli rimaneva ancora una parte di sé da vivere oppure aveva perso anche l’ultima senza accorgersene?
Non voleva più sapere niente, non voleva più cercare nessuno, non voleva più dimostrare nulla.
Era solo stanco e il buio lo stava divorando come il cancro di Mike che per ridicolo era morto assassinato da quel figlio di puttana di Cobb.
Non avrebbe vissuto molto, forse, ma chiamarlo per farlo morire fra le sue braccia in quel modo no, così non andava bene.
Tutta la notte con il corpo di Mike a ripensare nei dettagli alla vicenda dall’inizio alla fine tragica e maledetta.
Tutta la notte.
Tutta.
E solo il momento fugace in cui era arrivato Tony a dargli una felpa di ricambio perché era ancora tutto fradicio, gli aveva restituito brevemente la consapevolezza di essere comunque ancora vivo.
Comunque.
Non gli aveva chiesto niente, quella maglia era a casa, Tony era andato e gliel’aveva portata sapendo che altrimenti sarebbe rimasto bagnato il resto dei suoi giorni. Poi come se fosse naturale e stessero insieme non solo per loro due ma anche per tutti, aveva continuato con l’indagine a fare quello che doveva.
Non si erano presi momenti, sarebbe stata una forzature e poi Jethro voleva stare solo con Mike fino a che non sarebbe stato più forte per uscire dalla dannata sala autopsie e continuare quel che rimaneva della sua vita, se qualcosa ne rimaneva.
Vedere però Tony e capire che aveva pensato a lui spontaneamente, gli aveva fatto capire che qualcosa c’era ancora, da portare avanti.
Quindi non gli era pesato troppo guardare l’autopsia di Mike, anzi. L’aveva aiutato in un modo contorto a capire che era veramente morto e non era stato solo un maledetto incubo.
Tutto avanti.
Tutto sempre avanti.
Ma come?
In che modo?
Separarsi a quel modo da Mike era come tagliare un cordone ombelicale e alla sua età era strano parlare ancora in quel modo, ma come poteva dire cos’era quell’uomo per lui?
L’aveva salvato dall’abisso della morte di Shannon.
Quanto gli doveva?
Tutto.
Se ora era così lo doveva solo a lui.
Ripensò inevitabilmente alla discussione con Tony, al fatto che gli aveva detto che non poteva essere l’agente Gibbs anche a casa con lui e si sentì smarrito: ormai non sapeva bene più nemmeno chi era a quel punto.
Aveva solo bisogno di qualcuno che glielo ricordasse, che glielo dicesse.
Perché in quel momento non si sentiva per niente un agente speciale e nemmeno un marine. Con Shannon, la prima parte di sé, era stato un marine ma con la sua morte l’aveva sepolto. Con Mike, la seconda parte di sé, era stato un agente speciale ed ora avrebbe seppellito anche quello. Adesso?
Adesso cos’è che era in realtà?
Cosa stava per diventare?
Cosa stava per succedere?
Ma fu tutto troppo veloce per fermarsi a pensarci, tutto troppo frenetico, perché le indagini andarono avanti ad un ritmo crudele senza la possibilità di respirare e di vedere di sé.
Sarebbero andati così senza il tempo materiale di parlare da soli un secondo fino alla fine del funerale, se prima Tony non si fosse preso di forza un momento con lui.
All’arrivo del segretario della marina per un colloquio con Vance e vedere una volta per tutte il macello che era successo in così poco tempo, un macello che in realtà lo riguardava molto più di quel che era disposto ad ammettere, Jethro andò a casa a cambiarsi e farsi una doccia.
Era giorno inoltrato quando se ne andò trovando un momento per tirare il fiato e quando arrivò a casa si stupì di non trovarla vuota.
Tony l’aspettava in cucina ed era ai fornelli. Come se potesse anche solo pensare di mangiare qualcosa… era dalla sera precedente che non mangiava niente e pensava benissimo di andare avanti così.
Per un momento pensò di aver sognato tutto sin dall’inizio, di aver sognato il loro litigio, il momento in cui si erano lasciati, quando Tony si era stupidamente messo con EJ per dargli un’altrettanta stupida lezione, tutte le varie tensioni fra loro, la morte di Mike.
Per un momento pensò di aver sognato tutto e si chiese se non stessero ancora insieme.
Sospirò impercettibilmente in un modo che comunque non si poteva interpretare ed avanzò stanco fino alla cucina, si appoggiò allo stipite e col capo piegato di lato lo guardò preparargli della pasta.
Si sarebbe accasciato a terra se non fosse stato così resistente. Non era fisicamente stanco, solo interiormente.
Tony si accorse di lui in un secondo momento e con un’espressione che era un misto fra il dolce ed il dispiaciuto, disse piano:
- Pensavo non venissi più! Non potevo di certo mangiarmi tutta questa pasta da solo!- Alla smorfia spontanea di Jethro che indicava il suo stomaco chiuso a mille mandate, l’altro proseguì come un treno mettendo tutto nei piatti, la tavola era già apparecchiata per due. - E’ la mia pasta speciale ed ormai l’ho fatta, quindi non puoi rifiutarti. Lo so che ti piace. Alla carne non metto mai mano perché sei tu l’esperto ma per dei primi sono il re. Su, vieni a sederti. - Che poi fosse effettivamente ora di pranzo era un altro paio di maniche ma che Jethro non avesse veramente fame era altrettanto inconfutabile.
Sospirò del tutto intenzionato a protestare e mandarlo a quel paese ma Tony lo precedette di nuovo andandogli davanti:
- Da quanto non mangi? - La sua espressione eloquente indicò che era molto, quindi perentorio se lo prese e se lo trascinò al tavolo per il braccio. Quando si sedette non era ancora convinto di mangiare ma si decise quando lo pregò facendosi serio.
- Per favore, manda giù qualcosa. Non puoi affrontare il resto dell’indagine a stomaco vuoto. Poi una bella doccia ti rimetterà in sesto. -
La cosa bella non fu che poi Jethro si mise davvero a mangiare, ma che non si erano messi d’accordo per venire a casa né tanto meno lui aveva accennato ad anima viva che stava per andarci. Ad un certo punto semplicemente Tony era sparito prima di lui e basta, poi se l’era ritrovato lì.
Bello era anche il modo in cui si era comportato, come se stessero ancora insieme e se fossero ancora scene normali, per loro. Come se invece non facessero un pranzo insieme così da settimane.
Ma bello fu anche come rimasero insieme il resto del tempo, con naturalezza, senza dirsi stupide parole di circostanza o fare gesti forzati.
Tony sapeva perfettamente cosa serviva a Jethro e sapeva anche come farglielo fare, di conseguenza non si perdeva in eccezioni che non sarebbero stati volontari ma solo un ulteriore pesantezza.
Non stavano insieme, era tutto difficile fra loro, ora, capire cosa fosse appropriato e giusto fare era davvero utopistico in quel momento, ma a Tony non importava perché andava per priorità.
Prima di tutto prendersi cura di lui, poi decidere il da farsi ed eventualmente chiarirsi e parlare della loro situazione personale.
Prima di quello c’era molto altro.
Alzatosi in piedi dopo aver mangiato solo metà, finalmente disse qualcosa.
- Non chiedermi di più. Vado a farmi una doccia. - Aveva addosso ancora la felpa che gli aveva preso Tony quella notte.
- Sistemo un po’ qua e preparo il caffè, intanto. - Sarebbe stato fuori luogo andare su con lui e consolarlo come una volta avrebbe fatto, capire cos’era il caso di fare però non era comunque facile. Se l’era voluta lui.
Capiva che non era né da amici né da colleghi di lavoro prendersi cura l’uno dell’altro nemmeno in quel modo, seppure cercasse di mantenere un certo contegno e distacco, ma il momento di abbracciarlo senza sembrare eccessivo era passato, farlo ora sarebbe stato… cosa sarebbe stato?
Era proprio questo che non riusciva a capire.
Eppure andare a casa per primo prevedendo che l’altro sarebbe arrivato a breve e preparargli il pranzo obbligandolo a mandare giù qualcosa non era intimo comunque?
Non era da compagni?
Quando il caffè fu pronto si rese conto che era troppo che era sotto la doccia e preoccupandosi tornò a spegnere ogni ragionamento che non aveva ancora smesso di fare per un secondo e salì le scale.
Non ci rifletté un istante, aprì subito la porta del bagno e come se già sapesse lo stato in cui l’avrebbe trovato, guardò subito nella doccia.
Il rubinetto era ancora aperto e Jethro era lì sotto il getto con gli occhi sgranati e fissi nel vuoto. Capì che stava rivivendo per la millesima volta quel giorno e quella notte e che la colpa era stata del rumore dell’acqua che sembrava lo scroscio della pioggia.
Si avvicinò all’istante e chiuse il rubinetto, quindi senza ancora parlare l’avvolse nell’asciugamano.
Non era mai successo che fosse lui a vedere di Jethro a quel modo. Alle volte era capitato che Tony si dimostrasse particolarmente attivo e premuroso, ma adulto a quel modo, così tanto, no.
Lo cinse e lo fece uscire dal box, quando fu sul tappeto e le gocce erano l’unico rumore che riempiva l’aria, lo sguardo pregno del suo viso segnato e assente, mormorò piano e delicato:
- Jethro… -Cercava di non chiamarlo per nome a casa per non confondersi a lavoro e destare sospetti, però farlo fu come sottolineare come invece le due cose erano lontane anni luce.
Casa e lavoro.
Lui era sempre lo stesso, ma il luogo no, cambiava il modo in cui ci si poteva mostrare in un posto e nell’altro.
Quella era la differenza. E serviva, oh, serviva enormemente, un posto dove poter essere sé stessi e stare bene, fragili, deboli, dove poter piangere e disperarsi o fare degli stupidi capricci ed essere diversi dall’incrollabile agente pronto.
Ecco perché Tony aveva insistito tanto.
- Dai, vieni in camera… - Non c’erano assolutamente altre intenzioni di mezzo se non asciugarlo e vestirlo, ma si trovò immerso nel suo dolore molto prima di quel che avrebbe immaginato ed una volta che lo lasciò per tirare fuori dei vestiti puliti, lo trovò seduto nel letto.
Era come in catalessi e non era normale per lui perché sebbene avesse passato la notte con un morto e avesse visto persino la sua autopsia, ritrovarsi a distanza di ore in quello stato non poteva essere normale.
Tony si preoccupò e si sedette nel letto con lui lasciando perdere i vestiti, lo guardò ancora per un po’ e quando capì che se non avesse fatto qualcosa sarebbe rimasto così per sempre, col cuore che saliva in gola e la paura gelida che l’attanagliava da dentro, sapendo che non avrebbe detto niente e che non poteva essere lui a parlare come sempre, specie perché lì erano a casa e potevano anche stare in silenzio e capirsi lo stesso, lo abbracciò protettivo e dolcemente.
Gli trasmise la sua sicurezza e la sua forza, quindi se lo tenne a sé come se fosse lui quello che gestiva sempre le cose fra loro, la parte più forte e granitica.
Solo dopo che le sue braccia se lo strinsero per un tempo interminabile, Jethro si decise ad esprimere una piccola parte di quel che si agitava tanto dentro annullandolo a quel modo.
Ed era bello farlo mentre le sue mani calde l’accarezzavano delicatamente, era bello il modo in cui lo faceva sentire.
- Com’è la terza parte di me? - Aveva sempre pensato di essere diviso in tre, da quando si era messo con Tony, ma solo ora si chiedeva a che punto fosse e che significato potesse esserci nella terza.
Tony non aveva mai saputo di questi suoi pensieri ma non faticò a capire a cosa si riferisse, non dopo la morte di Mike. Si era aspettato un discorso simile, qualcosa che comunque lo collegasse sia al suo mentore che a sé stesso.
- Io? - Chiese ben sapendo che doveva essere una cosa simile. Jethro annuì parlando poi in modo quasi impercettibile.
- La prima parte era Shannon, il marine, la seconda Mike, l’agente speciale. La terza sei tu, ma cosa sono io? - Era uno dei suoi modi estremamente contorti per chiedergli se potevano mettere fine a tutto e tornare insieme, Tony lo capì e ne rimase colpito perché era come se avesse appena ceduto, se avesse ammesso che dopotutto aveva ragione a dire che c’era qualcosa di sé che doveva cambiare per poter andare avanti insieme. Era un modo molto contorto per dargli carta bianca ma soprattutto chiedergli di tornare insieme era una cosa che il vecchio Jethro non avrebbe mai fatto. Si sarebbe semplicemente ripreso Tony con la forza.
Il più giovane rimase spaesato ma fu un secondo e sentendosi di nuovo quello che doveva curare, quello di cui il suo compagno aveva un disperato bisogno, gli tirò su il viso e prendendoglielo fra le mani mormorò di nuovo con fare adulto, come se fosse lui il più forte dei due, quello incrollabile, quello che gestiva e che dava.
- La terza parte di te è l’uomo che ama e vuole essere amato a sua volta. - Non ebbe dubbi, era come se lo sapesse da moltissimo tempo e quando lo disse vide gli occhi di Jethro riempirsi di lacrime in modo estremamente fragile e sentito. Non uscirono, non riuscirono perché le labbra di Tony si chiusero sui suoi occhi, si premettero leggere ma sicure e rimasero a baciargli le palpebre ora chiuse. Stava di nuovo respirando, stava tornando lentamente.
Comunque il colpo di grazia Tony glielo diede quando decise di sigillare quella tappa sconvolgente delle loro vite e sceso all’orecchio mormorò piano, sempre tenendogli il viso fra le mani:
- Vuoi che ti ami? - Una domanda strana specie dopo tutti gli anni che erano stati insieme fra alti e bassi. Molti i bassi ma parecchi anche gli alti. Di passi in avanti ne avevano fatti ma arrivare a quello, alla cima, fu estremamente bello e splendido.
Specie perché le lacrime questa volta scesero traditrici in somma a tutto quello che in poco tempo aveva vissuto. Dal momento della loro rottura alla morte di Mike e poi al mettersi in discussione come persona.
La risposta di Jethro non furono solo le lacrime ma anche il cercare le sue labbra con disperazione.
Le trovò e tornò alla vita dopo essere morto di nuovo.
Trovò sollievo e ossigeno, respirò e ogni cosa andò al suo posto, tutto quello che ultimamente era andato sempre più storto, sempre peggio.
Nel momento in cui le lingue si incontrarono nelle labbra sigillate e fuse, fu tutto un risalire repentino ma in modo diverso da come l’avevano fatto in precedenza.
Fu qualcosa di nuovo specie perché a gestire la situazione fu questa volta Tony, in risposta alla sua richiesta specifica per cui aveva lottato tanto in quel periodo.
Continuando a baciarlo, gli sciolse l’accappatoio dove l’aveva avvolto e con una lentezza quasi esasperante lo fece scivolare giù dalle braccia. Jethro non si mosse lasciandolo fare.
La sua pelle era morbida e profumata, appena ancora un po’ umida.
Dopo di che cominciò a slacciarsi da solo la camicia e quando se la tolse si alzò per slacciarsi i pantaloni. Non se li tolse ma tornò sul letto dov’era l’altro, mise un ginocchio e poi riprendendo le sue labbra lo spinse con una mano in modo da spostarlo indietro sul letto e tirare su i piedi.
Avanzò con lui salendo anche con l’altro ginocchio e quando fu nella posizione che voleva, si tirò su di nuovo guardandolo con sguardo complice in una muta richiesta seducente.
Jethro si ritrovò con la gola secca e capì cosa sarebbe successo ma non solo.
Capì che gli sarebbe piaciuto.
Fu allora che gli abbassò gli indumenti che gli rimanevano addosso e dopo averglieli tolti del tutto, si riempì lo sguardo del suo corpo nudo che gli era mancato incredibilmente.
Di nuovo suo, di nuovo nel loro letto, di nuovo lì per lui.
Tony tornò su Jethro e lo spinse fino a stenderlo, lo carezzò con le labbra e cominciò ad assaggiarlo, aveva il sapore ubriacante che si ricordava ma gli sembrò più intenso per il tempo che aveva dovuto farne a meno. Scivolò dal viso all’orecchio e poi giù sul collo. Non importava niente se poteva trovare ciò per cui aveva duramente lottato.
E sapevano entrambi che in un modo o nell’altro sarebbero tornati insieme, ma così… così nemmeno Jethro l’avrebbe immaginato.
Si era perso la maturità di Tony dietro alla convinzione che mettersi con un’altra per ripicca era una cosa da bambini. Non aveva saputo vedere oltre quel gesto e cosa poi era riuscito ad ottenere e fargli capire.
Un mezzo anche un po’ sporco in realtà e tremendamente brutale e fastidioso, ma adesso era lui che lo stava curando e che si stava assicurando che si risollevasse. Era lui che faceva la sua ancora di salvezza. Era lui che era tutto, ora.
Come ci era riuscito non lo sapeva ma sapeva che in ufficio sarebbe stato sempre tutto come sempre nonostante lì sembrasse che i ruoli si fossero scambiati.
Tony scese con sicurezza rivelandosi molto più seducente di quanto non lo fosse mai stato e Jethro decise semplicemente di abbandonarsi a tutto.
Quelle sensazioni meravigliose gli erano mancate, non sapeva quanto avrebbe potuto farne a meno ed il fatto che lui fosse più intraprendente e sicuro gli piaceva alla fine. Era deleterio in realtà, lasciarsi fare, lasciarsi assaggiare, lasciarsi prendere.
Lasciarsi curare.
Lasciarsi tirare su.
Lasciarsi modellare.
Lasciarsi andare.
Il piacere salì più intenso che mai sotto le sue labbra che lo facevano suo, quel calore violento gli era mancato e gli sembrava talmente diverso da sempre che non poteva avere paragoni.
Quando per poco non si abbandonò troppo, si sentì quasi idiota.
Ma gli era mancato così tanto?
Poteva essere così bello stare con lui in quel modo e farsi fare?
Quando lo vide tirarsi su in ginocchio capì al volo cosa voleva e si tirò a sua volta su a sedere, lo prese fra le mani e ricambiò il piacere che aveva appena provato. Si riempì la bocca di lui assaporandoselo come se fosse diverso e trovò le spinte del suo bacino devastanti.
Tornò ad eccitarsi e quando si ritrovarono di nuovo con le bocche agganciate ed i corpi che si strofinavano l’uno sull’altro con possessività e al tempo stesso una dolcezza che lui non aveva quasi mai saputo metterci, trovò Tony appropriato per quella volta.
Perché la voglia di piangere Mike continuava ad affacciarsi comunque ed avere l’unica persona in grado di consolarlo che lo faceva volare in quel modo, fu appropriato e basta.
Lo sentì scendere di nuovo fino a finire fra le sue gambe ed una volta che ebbe la sua parte fino a quel momento inviolata, la fece sua con la bocca e le dita che lo penetrarono piano piano consapevole di cosa sarebbe venuto dopo.
A Jethro sembrò strano ma dopo i primi momenti si trovò preda di un piacere crescente.
Perché un animo in pezzi poteva ricostruirsi solo con un atto d’amore simile?
Se lo chiese mentre prendevano delle posizioni più congeniali ma si perse la domanda quando lo sentì entrare.
In vita sua mai, mai, avrebbe pensato di trovarsi a ricevere qualcuno in quel modo, di essere lui la parte passiva, di trovarsi a quel punto.
Mai avrebbe pensato ed invece dopo quel centinaio di domande di rito, tutto fu spazzato via dalla sensazione fisica di Tony dentro di sé. Una sensazione devastante che non fu subito piacevole.
Fu meglio quando riprese a muoversi dopo i primi secondi di sospensione, il fiato gli era appena tornato e sentirlo muoversi in sé fu dapprima atroce ma poi andò più facilmente.
Per Tony fu stranissimo raccogliere la sua anima in pezzi in quel modo, ma mano a mano che i movimenti in lui continuavano li ritrovava tutti riuscendo a ricomporli così come Jethro li aveva persi.
Quando li ebbe rimessi tutti insieme, i loro gemiti riempivano la stanza insieme come avevano sempre fatto fino a qualche tempo fa, come se non avessero mai smesso, come se anche quelle posizioni nuove fossero sempre le stesse.
Fu quando si ritrovarono insieme ricomposti come prima ma nuovi al tempo stesso, che si sentirono finalmente bene.
Tutto andò a posto. Al suo posto.
Tutto fu perfetto in quel momento, il momento dell’orgasmo, quando il piacere fu massimo e si sentirono al punto da vedersi pur con gli occhi chiusi.
Fu un momento perfetto.
Finalmente, dopo tutti quelli che avevano portato rabbia e sofferenza, rimase ciò che a fatica avevano conquistato.
Ed eccoli lì, ce l’avevano fatta.
Ora avrebbero potuto affrontare tutto il resto, qualunque cosa fosse stata.
Quando si ritrovarono di nuovo stesi l’uno con l’altro per quel secondo che rimaneva prima che il cellulare di Tony suonasse per lavoro, abbracciati ed insieme come da tempo non lo erano, si beò di quella felicità totale che ora avevano nonostante la dolorosa perdita atroce e quel maledetto caso ancora in sospeso.
Se ne beò e con gli occhi lucidi capì di avercela fatta ed aver vinto, capì di aver fatto bene a non cedere, capì cosa aveva appena raggiunto.
Ciò che aveva sempre desiderato.
- Voglio solo questo per sempre. Così come siamo ora. - Jethro ancora un po’ stordito per quella novità interiore appena raggiunta più inconsciamente di quel che sembrasse, gli baciò la fronte capendo che comunque in ogni caso anche se strano era giusto così. Per una volta aveva avuto ragione lui. Per una volta.
Perché se non si era disposti ad essere ciò che si era prima di ciò che si faceva, non si poteva raggiungere la vera serenità.
Quello che aveva trovato quella volta fu il traguardo più bello in assoluto.
- Grazie per aver insistito. -
Mormorò poi concependosi senza bisogno di dirsi altro.
Qualunque esito avesse avuto quella dura indagine, la loro l’avevano appena risolta ed era sicuramente quello che contava veramente.

FINE