*Un nuovo capitolo un po' in ritardo. C'è un piano per arrivare a Jason, ma devono stare tassativamente attenti ad arrivare a Tyler in tempo, perciò devono stare attentie pensare a tutti nei minimi dettagli. Mentre si preparano, c'è anche spazio per un altro piccolo momento fra Don e Colby i quali pare facciano piccoli ma innegabili progressi. Buona lettura. Baci Akane*

20. ULTIMI PREPARATIVI



"Viviamo in un mondo buio e gelido
con il veleno nelle sue zanne
Puoi sputarmi in faccia ma so che starò bene
L’attacco è iniziato. É una guerra, un gioco."
/Papa Roach - Kick in the teeth/



Don si infilò nella stanza delle pause, dove c’erano alcuni tavolini, una macchina per il caffè, un forno a microonde ed un frigo.
Prese una bottiglia d’acqua da mezzo dal frigo e la bevve tutta, poi con un nervoso alle stelle la gettò nel cestino. Colby lo raggiunse in quel momento, lo guardò e si appoggiò al tavolino rotondo alto, in attesa che si calmasse. In quel momento non c’era nessuno nella stanza altrimenti, probabilmente, sarebbe andato da un’altra parte.
Con pazienza attese che le sue spalle si abbassassero e quando fu Don a girarsi, Colby lo guardava con la testa piegata di lato, le sopracciglia inarcate e l’aria a dir poco sorpresa.
- Dunque sei capace anche di perdere la testa nei casi difficili? - Don a questo scaricò la tensione con una risata strana.
- Non ricordi com’ero quando hanno rapito Megan? - Colby lo ricordava bene.
- O quando qualcuno osava toccarti Charlie? - Rincarò Colby divertito. Don fece un cenno con la testa, l’aria stanca. Poi si appoggiò allo stesso tavolino coi gomiti in una posizione simile alla sua, le mani in mezzo. Colby lanciò un’occhiata in giro e poi mise le proprie sulle sue.
Infine disse calmo:
- Ce la farai. Perché alla fine ce la fai sempre. - Don posò lo sguardo sul suo, si lasciò carezzare dai suoi occhi chiari da quell’inclinazione così dolce, poi sollevò il pollice e lo mise sulle sue mani. Una scarica li attraversò entrambi, infine si sorrisero lievi e si separarono tornando di là.

Nel tempo rimasto, chiese a Larry di controllare le nuove informazioni ed i nuovi dati in loro possesso e vedere di trovare qualcosa di utile, infine chiese a Liz di controllare fra le foto scattate sulla scena del furgone, se trovava il loro killer fra il pubblico. Dopo un primo controllo constatarono che pareva non esserci.
- Forse non c’era davvero. - Concluse Colby tirando fuori quel famoso ottimismo su cui lavorava faticosamente.
Liz e Nikki lo fissarono scettiche e lui si strinse nelle spalle.
- Dai filmati si vede che arriva al locale prima di noi. Quando parla con Don fuori lo fa perché lo incontra per caso, era lui ad essere uscito per primo a fumare. Poi va via dopo di noi, ma perché abbiamo Tyler. Altra cosa: Tyler arriva ad un certo punto e parecchio dopo arriva lui. Non stava seguendo Tyler, o l’avrebbe preso prima. E non stava seguendo Don per controllare come procedeva il caso. Per non parlare del fatto che se lui è tornato a Los Angeles, se ha deciso di fare la sua mossa decisiva, sicuramente ha di meglio da fare che spiare le persone. Lui non è qua per giocare con l’FBI o l’avrebbe fatto prima, in tutti questi dieci anni di attività. Lui è qua per i fatti suoi, per motivi suoi. Per Tyler Wolf. C’è la possibilità che non sappia che Don è a capo dell’indagine! -
Don rimase zitto a pensare, poi guardò Nikki alzando il mento.
- Beh Colton stava lavorando, ha guardato la foto e gli ho detto delle dita, dice che gli risuona familiare ma non riesce a fare mente locale, che gli serve un po’. Gli ho detto di farci sapere. - Don annuì tornando a fissare la foto dell’uomo che stava per incontrare. - Per il resto ho istruito degli agenti che si stanno occupando di rivolgersi ai clienti della lista, chiederanno se uno di loro ha delle dita mancanti. - Liz fece un’espressione scettica.
- Immagino le risposte se andranno a chiedere ‘mi scusi, in famiglia ha un uomo intorno alla quarantina senza due dita, per caso?’ - Colby dovette ridere perché immaginava bene la scena. Nikki fece una smorfia in direzione della collega.
- Gli ho detto di essere diplomatici chiaramente! -
- Ah beh allora se l’hai detto… - La presero in giro.
- L’importante è che non sia lei a chiederlo! - Commentò Don serio, indice che non scherzava. Nikki lo guardò corrucciata, offesa, ma le risate di Liz e Colby alleggerirono la situazione e Don non si sprecò nemmeno a spiegare quel che fece invece Colby:
- Beh Nikki non sei un mostro di tatto… -
Don li lasciò scherzare un istante per poi richiamare la loro attenzione quando anche gli altri agenti di supporto furono arrivati pronti per muoversi verso il locale e piazzarsi.
- Ok, non era il modo ideale con cui pensavo di farlo, però lo faremo lo stesso. - Introdusse. I tre della squadra si fermarono e si fecero seri guardandolo. Annuirono. - Adesso incontreremo il nostro killer, Jason finché non abbiamo il nome vero. Io sarò in scena, voi tutt’intorno tutti rigorosamente in borghese, pronti e attenti. Colby Granger dirigerà  l’operazione. Dovrete ascoltare solo lui. Non interverremo finché non ci porterà da Tyler. Se lo prendessimo prima, non parlerebbe mai e non sappiamo in che condizioni sia Tyler, abbiamo ipoteticamente del tempo perché si suppone che voglia consumare con calma e comunque non li ammazza subito, però dobbiamo seguirlo. Lo scopo è questo. Con o senza di me, qualunque cosa vorrà da me, lui va seguito. Perciò senza il mio segnale, Colby non vi farà intervenire. Ascoltate solo i suoi ordini. - Ripeté con decisione. Tutti i presenti nella sala operazioni annuirono attenti. - Non sappiamo cosa voglia da me, se sa chi sono o se vuole solo conoscermi e passare il tempo mentre fa quello per cui è tornato. Non ne abbiamo idea. Sappiamo solo che è lui. Lo prenderemo solo quando avremo Tyler. Sarà un’operazione silenziosa e discreta. - Don li guardò serio e penetrante per capire se qualcuno era lì ma si faceva i fatti propri. Ma lui era Don Eppes, se richiedeva uomini per un’operazione sotto copertura, tutti lo ascoltavano come fosse Gesù che parlava ai discepoli. - Tutto chiaro? - Gli agenti annuirono, così Don passò la parola a Colby che spiegò la strategia mostrando le cartine interne ed esterne.
Aveva già diviso gli agenti in gruppi, ad ognuno aveva assegnato una lettera greca ed ora li stava sistemando a seconda delle uscite possibili, sia dal locale, che poi in strada.
Aveva deciso di non correre rischi e tenere due agenti anche sull’uscita di servizio riservata al personale vicino cui si affacciava la finestra del bagno.
In strada c’erano agenti sparsi per le vie principali, in modo che a seconda della direzione che avesse preso, l’avrebbero seguito.
Don era un uomo atletico ed alto, si vedeva che era in forma. Lo incontrava in centro, in un locale pieno di gente anche se non affollatissimo.
Erano propensi per un incontro tranquillo con lui, difficilmente avrebbe trovato il modo di portarlo via con la forza.
L’idea sulla quale si erano soffermati era che volesse comunque solo parlare con Don, a prescindere dallo scopo dell’incontro.
Quel che contava era essere in grado di seguirlo una volta che se ne fosse andato senza destare sospetti e farsi notare.
Colby aveva pensato anche alla strategia per seguirlo, un sistema a staffetta in base a dove sarebbe andato e con che mezzo.
Il caso scottava troppo e dai piani alti avevano fornito a Don tutto l’appoggio possibile, ogni agente che non era impegnato con casi davvero importanti, doveva lasciar perdere e seguire le direttive di Don se l’avesse chiesto.
Ed ora cominciava a chiedere.
Concluse le spiegazioni, Colby guardò Don il quale annuì, allora li mandò a prepararsi. Dovevano vestirsi in borghese, nascondere i segni dell’FBI e indossare le trasmittenti come da manuale, in modo che non fossero visibili, ma da tenerli collegati uno all’altro ed in particolare a Colby.
In poco la sala operativa si svuotò e con gli agenti, anche loro quattro andarono a completare le preparazioni.

Erano rimasti solo lui e Colby negli spogliatoi, quando gli chiese se andava bene.
Per un momento gli venne un colpo e lo guardò corrugato, poi realizzò il motivo e si illuminò di malizia che imbarazzò Don, il quale cominciò a borbottare che non sapevano se sarebbe venuto per rimorchiarlo oppure per altro.
- In ogni caso i dettagli sono importanti, ieri mi hai messo le mani addosso prima di entrare nel locale e… - Colby così andò anche a nozze e si avvicinò subito a lui aprendogli il bottone della camicia, tirandogliela fuori dai jeans e sistemandogli i capelli come aveva fatto la sera precedente.
- Beh, le mani addosso me le hai messe anche tu mi pare… - Disse basso e suadente. Don trovò difficile rimanere impassibile. Fu investito da un’ondata di calore improvvisa impossibile da domare e si morse il labbro con un fortissimo desiderio di baciarlo, mentre la sera prima tornava a tormentarlo prepotentemente.
- Non mi risulta che ti sia dispiaciuto. - Rispose basso e malizioso, gettando Colby nello stesso stato d’eccitazione in cui era Don.
Era così praticamente da molto tempo. Quell’attrazione era rimasta invariata, anzi, era cresciuta. Ad essa si erano aggiunti i sentimenti.
Ora gestire tutto era un’impresa.
- Per niente. - Fece a quel punto Colby, con gli occhi attenti e maliziosi di prima, identici, provocatori, pieni di un desiderio evidente.
Stavano per annullare la distanza molto breve che si erano lasciati, quando Colby piegò il capo di lato, fece un passo indietro e lo guardò critico, poi annuì allargando le braccia e lasciandolo andare.
- Direi che così sei perfetto. - Don non disse nulla, voleva solo poter concludere quel discorso e prendersi finalmente quello che voleva, quello che aveva sempre voluto.
Colby. Intero. In ogni senso.
Sospirò e si girò guardandosi ad uno specchio tornando al lavoro e a quello che stava per fare. Doveva concentrarsi.
Colby poi gli si mise dietro, guardandolo attraverso lo specchio.
- Sii amichevole, ma non troppo. Se sarai te stesso lo conquisterai, sei il profilo che gli piace, per questo hai attirato la sua attenzione. Forse dopo Tyler non intende smettere. Penso che… grottescamente… cerchi la sua anima gemella. Perciò se tu non lo respingi, se tu non farai mai nulla per respingerlo, completerai l’opera. - Aggiunse calmo e concentrato. Don spostò gli occhi scuri sui suoi chiari e annuì convinto.
- Andiamo a fermare quel bastardo. - Colby sorrise, Don se lo impresse per bene nella memoria, mentre le sue mani scivolavano sui suoi fianchi da dietro. Due lievi e fugaci carezze che lo fecero rabbrividire.
- Ti copro le spalle. - Rispose.
Ma questo Don lo sapeva.