*Ecco un altro capitolo. Siamo nel momento clou, finalmente la squadra si riunisce per ragionare su chi sia il complice, prima che Max per vendicarsi uccida Tyler dopo che Don ha fatto di tutto per salvarlo. Si tirano i fili completi, gli ultimi tasselli si compongono e loro possono guardare il quadro completo, grazie anche alle intuizioni di tutti. Dunque chi sarà il complice manipolatore di Max? Buona lettura. Baci Akane*

37. IL QUADRO COMPLETO


don

"Non dormirò Non dormirò finchè non avrò finito di trovare la risposta Non mi fermerò Non mi fermerò finchè non avrò trovato la cura per questo cancro"
/The Rasmus - In the shadows/

Quando Colby tornò da Don per dirgli che la camera di Tyler era effettivamente vuota, lo vide che si stava rivestendo con una certa fatica.
- Che fai? - Chiese stupito nel vederlo con dei pantaloni della divisa da operatore sanitario che si era fatto dare tuonando contro uno di quelli venuti a fermarlo, probabilmente minacciato di ostruzione alla giustizia o cose simili.
- Secondo te? - Chiese con una smorfia di dolore dopo che era riuscito ad alzarsi i pantaloni bianchi.
- Sta andando contro la terapia assegnatagli. Non sente ragioni. - Si affrettò a spiegare agitato l’operatore che aveva chiamato il caposala.
- Don, ragiona, non puoi lavorare con quello che ti è successo, hai avuto un trauma cranico e… - Don guardò male suo padre che lo rimbeccava da dietro.
- Sembri Robin! A proposito, dov’è? -
- Non cambiare argomento! - Rispose pronto Alan.
- Don, andiamo, stai a letto e non fare follie! - Si fece avanti Colby alzando la voce.
- Scusate, io non posso autorizzare le sue dimissioni, con un trauma cranico deve rimanere in osservazione ancora un altro giorno almeno e… - L’ennesima voce si unì al coro aumentando il caos che in poco tempo esplose nella stanza d’ospedale, ma Don alzò gli occhi al cielo e togliendosi il braccio dal collo e il camice da paziente, prese la maglia azzurra da operatore sanitario poiché i propri vestiti non erano ancora stati portati.
- Chi mi aiuta, dannazione? - Tuonò in risposta. Nikki fu l’unica a farsi avanti e la guardò sorpreso e grato che non cercasse di fermarlo.
- Tu non hai niente da dire? - Chiese polemico ed esasperato mentre lei lo aiutava ad infilare la maglia a maniche corte.
- Oh me ne guardo bene, quando sono finita io in ospedale pregavo che qualcuno mi aiutasse ad evadere! - Disse lei schietta e sincera. Colby la fulminò con uno sguardo furente e una volta che Don ebbe indossato la maglia cercò delle calzature che naturalmente non c’erano.
- Con cosa diavolo cammino? Andiamo, datemi qualcosa! - Latrò sopra le voci degli altri che cercavano di farlo ragionare invano. Nikki tornò subito con delle ciabatte da ospedale rubate chissà a chi, Don le indossò con una smorfia e soffrendo si trovò a gridare aprendo le mani davanti a sé.
- ALLORA QUANTO DOBBIAMO DISCUTERE? - Finalmente il silenzio lo circondò. Don sospirò con un certo sollievo e massaggiandosi gli occhi, strofinandosi la bocca, tornò a ragionare cercando una lucidità che per un po’ gli era mancata.
- Devo vedere i video di sorveglianza. Dov’è l’agente di guardia a Tyler? Era sorvegliato! -
- L’agente non si trova, sarà fuori gioco in qualche stanzino. - Disse Nikki che era stata la prima cosa che aveva controllato.
- Nikki, fallo cercare. - Poi si rivolse al caposala. - Chi devo minacciare per i video? - Chiese Don grugnendo esasperato. Il caposala in difficoltà guardò Colby alla ricerca di un sostegno, Colby però mani ai fianchi sospirò paziente, chiuse gli occhi e consapevole che tanto non ci sarebbe stato nulla da fare, fece un cenno d’assenso.
- Ok, la metto in contatto con il responsabile della sicurezza dell’ospedale, l’aiuterà con tutto quello che le serve. - Finalmente anche l’uomo si mise a collaborare e Don, non dovendo perdere energie a contrastare tutti, riuscì a pensare con più facilità.
Si avviò piano seguito da un poco convinto e preoccupato Colby, prima di varcare la soglia si girò verso il padre con aria meno furiosa di prima.
- È il mio lavoro, non posso fermarmi adesso. C’è in gioco una vita che cerco di salvare da giorni! Non posso fermarmi ora. - Disse più calmo. Alan sospirò e annuì consapevole.
- Lo so. Lo so. Fai quello che devi fare. Ma sta attento. - Don fece una specie di cenno poi andò oltre, nessuna risposta, nessuna promessa. Lui non ne faceva mai.
Colby lanciò uno sguardo significativo ad Alan che tradusse facilmente, poi guardò Larry facendogli cenno di seguirli per vedere se poteva essere loro d’aiuto in qualche modo.

I video mostravano qualcuno ben coperto entrare fissando sempre in basso, nessuna immagine lo rivelò bene, ma si notò immediatamente per i modi schivi e sospetti, oltre che per la corporatura.
- Non è la zia. - Disse Colby.
- Ti aspettavi una zia? - Chiese Larry senza capire. Colby gli spiegò che Liz aveva trovato una pista con una zia.
- Decisamente la complice non è la zia, altrimenti non avrebbe senso venire qua e rapire Tyler. -
I video poi mostravano l’individuo uscire poco dopo con Tyler in carrozzina, visibilmente addormentato e ben coperto. Le immagini non prendevano ovunque, infatti non trovarono niente riguardo l’agente di sorveglianza, ma il tempo per metterlo fuori gioco con qualche espediente c’era stato.
A quel punto arrivò Nikki comunicando che l’agente era in un magazzino del piano, svenuto ma vivo.
I video non proseguivano fuori, per cui poi non avevano idea di dove fosse andato. Ma tutto questo succedeva un paio di ore prima. Aveva ormai avuto tempo di andare al sicuro e fare la sua mossa, qualunque essa fosse.
- Ragioniamo. - Disse Don agli altri, lo sguardo torvo e concentrato, seduto davanti al monitori appena visionato, l’aria segnata e stanca. - Max non voleva più Tyler. Ha detto precisamente che era la storia di qualcun altro. Si riferiva al suo complice. Il complice ha manovrato Max per fargli fare quello che voleva, era lui che voleva che Max uccidesse Tyler? - Chiese senza capire bene quel punto.
- Non è detto. Perché aspettare tutto questo tempo? -
- Ma perché ‘creare’ Max? - Chiese a quel punto Larry. Gli altri lo guardarono e lui continuò col suo ragionamento. - Questo individuo ha ‘creato’ Max, lo ha manovrato, no? A che pro? Se voleva fargli uccidere Tyler al suo posto, non glielo avrebbe fatto fare ora dopo dieci anni. - Era un punto molto intelligente da sondare. I quattro si guardarono senza avere idea di cosa ci fosse stato dietro.
- Perché prendere ora Tyler? Sappiamo che Tyler era l’ossessione di qualcun altro che ha manovrato Max. Ora Max ha capito che Tyler non era la sua storia e lo ha lasciato andare. Perciò vuole parlare con il suo complice. Perché prendere Tyler se vuole parlare con lui? - E mentre Nikki parlava, Colby e Don si guardarono come se una lampadina si accendesse, per loro parlò di nuovo Larry che capì cosa volevano dire con quelle espressioni.
- Non crederete che sia Tyler il complice? Non avrebbe senso, lo ha ferito, dopotutto… e poi per anni è la sua ossessione. Il suo complice è la sua ossessione? Sarebbe davvero strano… poteva averlo quando voleva… - Don scosse il capo chiudendo gli occhi con la testa che martellava. Eppure aveva avuto un’illuminazione sfuggente, aveva pensato a qualcosa. C’era stato un momento in cui aveva avuto per la mente la domanda giusta.
- No… quando mi ha parlato nel rifugio glissava sul complice, invece parlava ben volentieri di Tyler. Lui lo adorava proprio, però riconosceva che non ci poteva essere storia con lui, nonostante si era illuso. Lui… - Don strinse gli occhi cercando di ricordare con la pressione che saliva. - Lui cercava la storia della sua vita, nelle vittime cercava dei compagni. Il complice non è un suo compagno, non lo ama, non prova niente per lui. Gli dà solo consigli. Per Tyler ha una venerazione, tanto che al momento giusto non è riuscito ad ucciderlo. - Calò un istante di silenzio mentre il monitor rimandava un fermo immagine di Max incappucciato che portava via Tyler sulla sedia a rotelle.
Un istante dove le mille domande aleggiavano e Don cercava di ricordare tutto quello che si erano detti, qualcosa che gli desse degli indizi.
Tyler non era la storia di Max, Max alla fine l’aveva capito quando l’aveva avuto davanti. Max era la storia di qualcun altro. Ma Max sapeva di chi era la storia Tyler. Lo sapeva bene.
- Un momento, torniamo indietro. - Disse poi Colby facendo un respiro ed un passo figurato indietro. Don riaprì gli occhi ed annuì mettendo a fuoco la storia dall’inizio e ripensò a come era iniziata.
- Max perde la testa per Tyler, ma non potendo averlo ripiega su Dylan, prova a vivere la storia con lui ma i suoi genitori lo ostacolano, così li uccide e scappa con Dylan. Poi però capisce che Dylan non è la storia della sua vita e lo uccide. - Disse Don.
- Ora sappiamo che ha un complice, qualcuno lo ha manipolato, lo ha convinto che uccidere va bene. - Replicò Nikki.
- Quindi possiamo assolutamente dedurre che è stato questo complice a suggerire a Max di uccidere Dylan, giusto? - Si aggiunse Larry che riusciva a stare dietro a quei ragionamenti che avevano un fondo di macabro. I tre annuirono in sincronia, gli sguardi persi nel vuoto mentre sentivano che la soluzione era vicina, come se dovessero sapere chi era, come se potessero arrivarci, se l’avessero incontrato.
- Chi ne giovò della morte di Dylan? - Chiese Colby. Don però lo corresse.
- Chi giovò della separazione definitiva fra Dylan e Tyler. Gira tutto intorno a Tyler in realtà. - E con questo sentirono che c’erano arrivati, che era la domanda giusta. Che erano lì, che se rispondevano a quella domanda, potevano risolvere l’enigma.
Fu a Nikki che suonò il campanello, strinse gli occhi e scosse il capo, ma prima che potesse condividerlo il telefono di Colby suonò. Lo prese in fretta e con ansia lesse il numero.
Liz.
Mise in viva voce.
- Ehi Liz dacci buone notizie che qua siamo nell’anticamera dell’apocalisse! - Disse ironico Colby.
- Come sempre se non ci sono io! - Rispose alla stessa maniera lei. - Beh, è stato abbastanza interessante, non so se però possiamo cantare vittoria. - Iniziò lei.
- Ti ha dato un nome? - Liz non si stupì che avessero capito che lei non era la complice che cercavano.
- Lei è un po’ suonata, purtroppo. Non potrebbe mai avere né aver avuto in questi dieci anni, né prima, la lucidità di manipolare a distanza una mente disturbata e dargli buoni consigli su come fare bene il criminale. - Disse Liz sicura dopo un po’ di chiacchiere con l’anziana signora sessantenne. - Però ha detto che ha sentito spesso Max nell’arco della sua giovinezza ed anche poi quando è diventato adulto. Negli ultimi dieci anni di meno, però ogni tanto la chiamava per dirle che stava bene. Ha detto cose aberranti sulla sua famiglia, non mi stupisco che lui sia venuto su disturbato e manipolabile. - Ma Liz decise che non era il caso di approfondire subito.
- Ti prego, dicci che non è stato inutile. - Supplicò spazientita Nikki.
- Inutile non direi. - Fece poi Liz sicura. - Ha detto che gli ha parlato di un amico, oltre ai vari compagni che le ha detto d’aver frequentato, nessuno di serio, da presentarle. -
- Ha fatto un nome? -
- Non lo ricordava bene. - Sospiro spazientito sincronizzato. - Però si ricordava più o meno qualcosa. - Pausa ad effetto. - Era qualcosa tipo Cole. Lo chiamava così, se non ricordava male. Mai per nome intero, ma è quasi certa che fosse Cole. Ovviamente a chiamarla era sempre Max con un numero diverso, si faceva vivo lui quando poteva. -
Per un momento sentirono una grande delusione spezzarli e schiacciarli. Per un momento gli sembrò come che tutto fosse finito. Che senso aveva quella frase? Quel nome non risuonava, non conoscevano nessun Cole.
- Suona familiare? Qualche compagno di scuola, magari? Vicino di casa? Potrebbe essere un buon punto di partenza… non aveva molti amici e contatti… - Liz continuò a parlare sentendo il silenzio in risposta, ma poi a quel punto fu Nikki a sentire di nuovo il campanello di prima che Liz li chiamasse.
- Max aveva un unico contatto, per quanto ne sappiamo, al di là dei suoi genitori. Poco prima che si mettesse con Dylan, che ammazzasse i suoi e che sparisse. - Gli uomini la guardarono col fiato sospeso.
- Chi? - Chiese impaziente Liz.
- Max prendeva regolarmente le consegne del mangime da Colton Martin. - Silenzio. Quel silenzio che era uno sparo. - E ci ho parlato, mi ha dato una sensazione di chi… - Don scattò dritto pentendosi subito del gesto improvviso, la fitta al costato gli fece fare una smorfia, il torace ancora indolenzito.
- Di chi nasconde qualcosa. Di chi ha passato la vita a nascondere sé stesso, la sua sessualità, le sue imperfezioni. Per passare inosservato, per essere accettato… - Colby annuì e Nikki proseguì sentendo una gran carica dentro.
- Era a scuola con lui. Lui, Tyler e Dylan si conoscevano, solo che Colton faceva gruppo con altri, ma si conoscevano. Colton e Tyler erano cugini e Dylan era il migliore amico di Tyler. E conoscevano tutti Max al liceo. Max era preso di mira dai bulli, lo picchiavano e nessuno faceva mai niente. Colton non ha mai alzato un dito. È di quelli che pensano a sopravvivere, a fare il proprio e a non immischiarsi per non passare dei guai, per questo non stava nel gruppo di Tyler, per questo non si è mai dichiarato ufficialmente gay, anche se poi se ci fai attenzione capisci che lo è. Per questo poi ha puntato ad un lavoro sempre migliore, vive al di sopra delle sue possibilità, appare benestante, gli piace un certo genere di cose… - Rincarò Nikki convinta, sentendo di essere sulla strada giusta.
- Colton è il profilo perfetto del complice che manovra dalla distanza un soggetto a rischio e gli fa fare quello che vuole senza mai sporcarsi le mani. Gli ha anche dato il furgone facendolo spacciare per un furto. - Fece notare Colby in piedi.
- Ma c’è un’altra cosa. - E qua fu Don a dare conferma che era lui, si ricordò dell’allarme sentito quando aveva parlato con Colton la prima volta e fu come un treno in corsa che lo investiva. - Ha detto che quando Dylan è sparito, Tyler era fuori di sé, depresso ed in crisi e passava tantissimo tempo con lui. Con Colton. Chi ne ha giovato della scomparsa di Dylan è stato Colton. E a lui non importava come sparisse dalla circolazione, se perché scappava con Max o perché ucciso. Quel che contava era che non tornasse più da Tyler. Per questo, quando la sua storia con Max non ha più funzionato, ad un certo punto Colton deve averlo convinto, manovrato ancora, dandogli il colpo di grazia. Convincendolo ad uccidere Dylan, così ha dato inizio al killer scultore. Ha liberato la bestia. - Con questa conclusione, i quattro, con Liz dall’altra parte del telefono, ebbero finalmente il quadro completo.
E vedendolo in quel momento, vedendolo nella sua interezza, tutto piano piano tornava. Ogni singolo dettaglio.
- Poi però le cose non sono andate come Colton sperava, Tyler si è ripreso e non si è messo con lui come voleva. Però forse si è accontentato, forse ha sperato che un giorno si ricredesse. - Suggerì Nikki.
- Nel frattempo Max faceva quello che doveva e chiedeva consiglio a Colton, perché lo aveva consigliato fino a lì e quindi continuava. Era nell’interesse di Colton fare in modo che Max non venisse mai preso, per cui gli dava consigli intelligenti e preziosi per coprire bene le sue tracce fino ad ora. - Continuò Colby.
- Ma ora?  - Chiese Larry. - Perché ora sarebbe tornato? Ora ha deciso che era finita, giusto? Che era pronto per la storia della sua vita, per Tyler. Questo era un suggerimento di Colton o una cosa che veniva da Max? - Gli agenti ci pensarono un paio di secondi, poi Don tagliò corto.
- Ce lo diranno loro. Adesso sappiamo chi è. -
- Andiamo da lui. - Disse Nikki che come prima cosa metteva mano alla pistola.
- Non è da lui. - Intervenne di nuovo Don, gli altri lo guardarono stupiti del modo deciso con cui l’avevano detto.
- Perché? -
- Perché ha rapito Tyler! Che senso avrebbe rapirlo di nuovo ed andare da Colton? Poteva andarci subito. Max non vuole fare del male a Tyler, non è la sua storia. Uccide solo le sue storie, per andare avanti alla prossima. - Precisò testardo ed infastidito Don che si alzava con difficoltà, aiutato da Colby.
- E quindi dove è diretto? Cosa ha in mente? - Chiese Liz dal telefono che nel frattempo era ripartita per tornare indietro.
Don chiuse gli occhi cercando di ignorare le fitte alle costole, sospirò spazientito e cercò di ascoltare i propri pensieri, con la sensazione che di nuovo dovesse saperlo. Ma lo sapeva Colby, questo.
- È arrabbiato con Colton. Molto. Perché non si è mai sporcato le mani. Gliel’ho fatto notare io. L’ho disarmato con questo discorso. Max ha accettato chi era, le conseguenze delle sue azioni. Ma il collega? Perché lui no? Lui non si è mai sporcato le mani, non avrebbe mai pagato. Non era giusto. E Max l’ha capito, è furioso. E cosa fai quando sei furioso? -
Lo concluse per loro Larry.
- Te la prendi con il punto debole della persona che vuoi punire. -
- Tyler. - Completò Nikki.
- Perciò dov’è? - Erano usciti dalla sala dei monitor dell’ospedale dove avevano controllato i video, camminavano un po’ piano per stare dietro a Don che non riusciva a correre. Diretti alle auto prima ancora di capire dove potevano andare a chiudere quella faccenda.
- Dove questa cosa è iniziata. Dove realmente è iniziata. - Rispose Don.
- La fattoria? - Chiese Nikki.
Don scosse il capo.
- Hai detto che Colton, Tyler, Dylan e Max andavano a scuola insieme. Max aveva perso la testa per Tyler a quell’epoca. Probabilmente anche Colton. Ed evidentemente quel che Colton non ci ha detto era che in realtà a scuola non si limitava a guardare che lo picchiavano. Evidentemente qualche contatto lo dovevano aver avuto già da quella volta. Perché poi Colton lo ha manovrato crescendo. -
- Il classico amico che agisce nell’ombra fingendo di aiutare. - Aggiunse schifato Colby.
- Perciò si va a scuola? - Chiese Larry. I tre si fermarono insieme, si guardarono e poi guardarono Larry.
- Noi e gli agenti di scorta che chiameremo subito. - Fece Colby secco. - Tu vai all’aeroporto. - Larry si corrucciò senza capire.
- Andiamo, ormai ero lanciato! Posso restare in macchina e seguirvi con gli auricolari, sapete che potrei avere delle intuizioni… - Poi se ne rese conto. - Un momento, aeroporto? - E Don fece eco corrucciato.
- Sì, appunto, aeroporto? - Colby sospirò chiudendo gli occhi, ma fu Nikki a rispondere per loro, spazientita, volendo muoversi.
- Sì, Colby ha chiamato Charlie, mi sembrava logico! Sta arrivando! Su, per quando è a casa gli facciamo la festa di bentornato! Però diamoci una mossa, ora! - Larry fece un gran sorriso felice all’idea di rivedere Charlie, mentre Don guardò non male, molto peggio Colby che aveva osato chiamare suo fratello preoccupandolo inutilmente.
- Beh, ti sembra normale che tu vieni rapito da un killer e tuo fratello non sa niente? - Replicò polemico e pronto, trascinandolo fuori verso la macchina di Nikki.
- Normale? Non lo so. Ma giusto sì! Perché il suddetto fratello è a distanza oceanica e non può fare nulla se non morire di paura! - Colby scosse il capo preparandosi ad una litigata con tanto di muso, ma finalmente la macchina con loro tre a bordo poté partire, mentre riattaccavano il telefono con Liz per chiamare altri rinforzi.