4. IL KILLER SCULTORE


"E quindi è ora, è qui
Il silenzio finisce, il cambiamento è vicino
Aspetti nel cielo pallido e spezzato
Vieni nel pantheon
Benvenuto nell’universo
Benvenuto nell’universo
Se c’è un passato in quello che è certo
Faremmo bene a prendere il passo
Cancella questa faccia
Alla costante ricerca di tutto"
/ Welcome to the Universe - 30 sec to Mars/


-  Dio Santo! - Esclamò Colby con voce roca e sottile, non riuscendo a fissare ancora l’interno.
Pezzi di corpi esposti in bella mostra, appesi, sistemati in ogni modo ed angolo. E in barattoli, nei liquidi di conservazione, c’erano anche gli organi: cervelli, occhi, cuore erano i suoi preferiti.
I tessuti si erano conservati bene grazie al freddo da cella frigorifera creato per impedire la decomposizione. Don poteva vedere anche le sostanze usate spalmate sulle parti del corpo appese che pendevano come delle tende. Aveva usato una serie di metodi per mantenere tutto intatto. Questo indicava che non era uno sprovveduto che si improvvisava carnefice. Poteva avere una preparazione specifica.
- È un macellaio! - Esclamò Colby fissando dall’altra parte. Ne aveva viste molte anche lui, specie in guerra e poi negli anni al fianco di Don, però ogni volta non era mai facile.
Sospirò e tornò a guardare.
Un flash a quello.
- Anche un macellaio saprebbe come conservare le parti del corpo in modo da mantenerle il più intatte possibile. - Don guardò Colby staccando gli occhi da quell’orrore. - Oltretutto le dissangua, credo sia una tecnica da cacciatore. - Colby si concentrò sullo sguardo torvo e serio di Don trovandolo decisamente più gradevole delle braccia e delle gambe amputate.
- Può essere un cacciatore-macellaio. Non è detto che abbia formazioni scientifiche, anche se non è da escludere, secondo me. -
- Il senso della caccia, sia come cacciatore, che come preda, mi porta più verso la preparazione da macellaio. - Asserì Don scambiandosi le prime idee con lui, ipotesi su due piedi che non aveva mai davvero elaborato prima di quel momento.
Oltre la testa di Don, Colby vide qualcosa sulla porta aperta di lato. La indicò con un gesto del capo e Don si voltò. Era un biglietto.
‘I miei omaggi.’
Ma non diceva perché lasciava tutto a loro e cosa volesse di preciso.
Né se intendesse uscirne. C’era da dubitarne, Don sapeva che chi voleva uscirne senza essere preso, non abbandonava le prove in bella mostra. Quello era ben diverso. Don si spostò a leggere bene, rigido, stizzito. Colby al suo fianco fu il primo a parlare:
- Ci ha fatto un regalo? - Azzardò. Don non si mosse di un millimetro, la sua testa stava volando velocemente su risposte plausibili che si formavano a seconda della propria esperienza sul campo.
- Ha alzato di nuovo il livello. Visto che non ci siamo avvicinati a lui per mancanza di indizi, ci ha lasciato gli indizi su cui lavorare. Ci sfida. Vuole vedere quanto ci avviciniamo. -
Colby capì subito cosa intendeva e senza scomporsi molto se non per il tono leggermente di disapprovazione, disse:
- Vuole vedere chi vince fra noi, si stava annoiando a fare le sue porcate da solo! - Don scosse il capo sospirando seccato.
- Ha già vinto! - Si voltò andandosene per dare ordine di chiamare la scientifica e iniziare a lavorare sul furgone, ma Colby lo fermò gelato dalla sua affermazione lugubre.
- Ci ha lasciato molto su cui lavorare, è qua che ci guarda per vedere se lo prendiamo. Non ha già vinto! - Don si fermò e si voltò prima di rimettersi gli occhiali scuri e nascondere lo sguardo ora più tormentato di altre volte.
- Ha vinto perché se lo prendiamo, sarà grazie ai suoi aiuti. È già più furbo e bravo di noi. Magari lo prenderemo, ma comunque per merito suo! Per lui questo è vincere! - Poi si infilò gli occhiali, si voltò e se ne andò tirando fuori il telefono.
Colby rimase inebetito a fissarlo, incredulo della sua capacità di infilarsi velocemente nella testa del killer e capire il pensiero di quello psicopatico.
Gliel’aveva visto fare molte volte e l’aveva sempre fatto rabbrividire.
Una delle più epiche era stato quando era entrato nella testa del rapitore di Amita, un predicatore completamente pazzo convinto di essere un salvatore e di dover far crollare il mercato per diventare il Gesù dei tempi moderni.
Don era entrato nella sua testa e grazie a questo aveva trovato un legame con una delle socie di quel pazzo, che gli aveva detto dove trovarlo.
“Ogni volta che lo fa mi sconvolge. E gli riesce sempre più velocemente!”
Pensò Colby il quale era stato lui stesso vittima di questa sua penetrazione.
Quando era stato passato per spia e traditore, Don era stato giorni a fissare i suoi filmati per entrargli in testa e capire se era vero o no. Alla fine era stato grazie a questo che l’aveva salvato.

Ancora prima di cominciare, Colby era preoccupato.
“I casi come questi, lo assorbono al punto da perdere il contatto con sé stesso. Solitamente Charlie lo teneva ancorato, anche se con fatica. Adesso chi lo riporta di qua?”
I nervi di Don erano sorprendentemente saldi, quando tornarono in ufficio a visionare il materiale e a fare il punto delle indagini precedenti.
Don aveva detto a Colby di allestire l’ufficio delle riunioni della squadra con tutto quel che avevano, in quelle cose lui era molto meticoloso, forse per il suo passato da militare.
Una volta tutti lì, in attesa che la scientifica facesse il suo lavoro, Colby spiegò e riepilogò tutto.
- Perciò speriamo nel contenuto del furgone… - Concluse Nikky schietta. Colby fece spallucce con aria vaga:
- Più che altro speriamo che non gli vada di darci altri ‘indizi’ con nuove vittime! - Nikky annuì con l’aria da ‘questo è ovvio’, poi Don cominciò con gli ordini, impartendone a tutti e tre i suoi collaboratori.
- Come prima cosa bisogna controllare che ogni parte dei corpi corrisponda alle vittime conosciute, se ce ne sono altre bisogna identificarle e parlare con le famiglie delle vittime. Voglio capire anche se si riesce a scoprire la parte del corpo più vecchia, se la prima vittima conosciuta è effettivamente la prima o se lì c’è una parte più vecchia ancora. Se c’è voglio concentrarmi su di lei, deve avere la priorità. E vediamo anche se l’ultima corrisponde all’ultima vittima conosciuta dalle autorità. - Dicendo questo indicò Nikky. - Poi vediamo cos’altro trova la scientifica e se ci può essere utile. Impronte, capelli, tracce. Avrà pur lasciato qualcos’altro oltre alle parti del corpo. - Don evitava con cura di chiamare le parti del corpo, souvenir o trofei, come erano nella testa del serial killer. Era un modo per dissacrarle e si rifiutava di nominarle in quel modo. Quelle non erano trofei, erano parti del corpo di persone morte, di vittime. Per questo compito indicò Liz. Infine guardò Colby: - Tu occupati del furgone stesso. Stato del motore, se c’è un GPS, un navigatore, tracce di tagliandi, di meccanici. Se le gomme dicono qualcosa, quando sono state cambiate, dove sono state comprate! Usa quel furgone da anni, deve averci fatto dei lavori. È rubato, cerca il suo proprietario. - Colby annuì, poi prima di andare gli chiese cosa avrebbe fatto lui, solo per sapersi gestire nel caso avrebbe trovato qualcosa. - Io parlerò con gli altri agenti che hanno gestito il caso prima di me. Solitamente in questi casi vogliono collaborare, in ogni caso ci sono sempre impressioni ed intuizioni che non metti nei verbali. - Colby annuì ancora con la sua tipica calma e pazienza, poi andò per conto suo a fare quel che gli aveva chiesto.
Non era una cosa che poteva fare lui da solo, ma andò dal meccanico esperto dell’FBI che già si stava occupando del furgone in tal senso.
Di norma gli agenti aspettavano che gli esperti facessero tutto da soli, ma in casi importanti Don voleva che loro li seguissero per controllare che fossero meticolosi e veloci. Oltretutto in quel caso specifico c’era poco altro da fare, per partire.

Larry suggerì di chiedere la collaborazione di un profiler esperto per il caso, ma Don disse che erano già stati interrogati ed utilizzati in passato senza molti risultati.
Preferiva provare a proseguire lui con la sua squadra e vedere fin dove le cose potevano spingersi.
Ovviamente il professore si rifiutò di vedere i resti dei corpi, ma offrì i suoi servizi per rivedere il percorso del killer, nella speranza di trovare qualcosa seppure la prima volta non ci fosse riuscito.
Dopo una prima giornata di indagini preliminari e ricerche, la squadra si ritrovò di nuovo in ufficio per la ricognizione conclusiva. In casi così si tendeva a fare gli straordinari e a non andare a casa finché non si ottenevano risultati, perciò con le cene per asporto fornite dalle ragazze, cominciarono a dire quel che era saltato fuori.
Colby scrutava Don cercando di capire quanto fosse coinvolto e quanto fosse lucido per finta. Era molto bravo a nascondere, ma ormai riusciva a capire quando si sforzava.
Dopo i primi esami, di risultati su cui lavorare intensivamente ce ne erano.
Il killer aveva tranquillamente lasciato, probabilmente intenzionalmente, tracce di capelli e impronte, purtroppo non c’era stato alcun riscontro, non era nessuno schedato. Il furgone risultava rubato da molti anni, ma questo aiutò a capire dove tutto aveva avuto inizio.
Questo unito al ritrovamento della famosa vittima zero.
Effettivamente c’era il cuore di una persona antecedente al primo ritrovamento. Costei era schedata come persona scomparsa ormai dieci anni prima. Era un ragazzo sparito all’età di 28 anni, di Los Angeles. Il furgone, sebbene non fosse collegato alla sua famiglia, era comunque di Los Angeles a sua volta. Avevano approfondito sul proprietario e l’avevano identificato.
- Il punto zero è proprio qua, è tutto partito da qua. Ecco perché ha lasciato il furgone qua e gioca con noi ora. - Disse Don ascoltando tutte le informazioni riunite, mentre chi parlava attaccava nelle lavagne i risultati ottenuti.
Don così andò e prese la foto del primo ragazzo, di nome Dylan Cherry ottenuta con le segnalazioni dell’epoca, e l’appese in una lavagna pulita, col pennarello scrisse il suo nome, poi ‘vittima 0’.
Larry era lì con loro per dare il suo contributo e vedere se poteva fare qualcos’altro, quando gli venne in mente una specie di flash e prendendo le foto delle altre vittime, sia quelle risapute che quelle nuove, quasi tutte legate a segnalazioni di scomparse dell’arco di quei dieci anni di attività, iniziò ad ordinarle per anno di rapimento o morte. Sotto ad ognuno l’età.
Sulle vittime avevano detto che prediligeva gli uomini, ma non avevano trovato legami specifici, non erano tutti uguali nell’aspetto e nemmeno nell’età.
Solo quando Larry le mise in fila, ed in molti casi aveva ucciso anche molte volte in un anno nonostante fosse stato scoperto solo in un paio, videro tutti quel che ora vedeva anche lui.
- Mio Dio! - Esclamò il fisico, mentre guardava attonito quel che vedevano gli altri.
Don rimase in piedi col pennarello in mano, impallidì ma non fece un cenno, un espressione. Si limitò a passarsi la mano sulla bocca, come per cercare di controllarsi.
Colby lo vide e si avvicinò istintivamente a lui senza accorgersene.
- Eccolo il collegamento. - Disse Liz sorpresa.
- Senza vederli così era impossibile notarlo. -
Le età andavano in crescendo, un paio avevano la stessa età alla morte, ma nel complesso era come una linea del tempo.
- È lineare. Ha sempre ucciso i propri coetanei… - Commentò Nikky. Ma Larry alzò il dito col suo fare calmo ma preciso e puntiglioso, poi flemmatico, sia pure impressionato, disse:
- Non proprio. Può anche essere che non siano sempre stati suoi coetanei. Ma mano a mano che cresce, i suoi interessi, i suoi gusti crescono con lui. E se non sbaglio da queste foto si evince un dettaglio che vale la pena approfondire. - La squadra lo guardò ad eccezione di Don che parlò sapendo di cosa si trattava.
- Sono tutti gay. - Allora anche loro guardarono le foto con più cura, sempre stupiti.
- Non si nota per tutti… -
- Ma altri è molto evidente. -
- Sicuramente bisogna approfondire questo aspetto. -
- Probabilmente non essendo tutti dichiarati non è stato un dato decisivo che ha permesso di trovare lo schema. -
- Il fatto che vadano dal più giovane al più adulto è lampante, molti di loro è evidente siano omosessuali, approfondendo anche per gli altri verrà fuori lo stesso. -
- È omofobo? - Azzardò Nikky per cominciare a dare forma concreta a quest’uomo. Larry e Don parlarono contemporaneamente dissentendo, poi Don proseguì.
- È gay. - Disse deciso senza esitare. Gli altri lo guardarono. Sapevano quanto era bravo ad entrare nella mente dei killer e dei criminali, ma fino a quel punto era sconcertante. Colby chiese spiegazioni: - Non avrebbe scelto suoi coetanei, avrebbe scelto gay a caso di ogni età in qualunque momento. Vanno in crescendo, è un escalation a seconda della sua età. -
- Perciò cosa? L’hanno rifiutato tutti? - Chiese Liz sconcertata. Larry si strinse pensieroso nelle spalle congiungendo le mani sotto il mento, Don fece un’espressione simile, Nikky scosse il capo e Colby concluse:
- Quindi ci prova, lo rifiutano e li uccide. Ma se è rifiutato da tutti significa che ha qualcosa che non va, probabilmente fisicamente. -
- Anche come personalità, spesso gli psicopatici si notano, hanno qualcosa di inquietante. -
Don sospirò, si strofinò il viso con le mani, si girò su sé stesso e cercò un attimo di staccare. Aveva lo stomaco chiuso e il boccone appena mangiato gli stava salendo. Era anche stanco mentalmente, però prese un po’ d’acqua, bevve mentre tutti lo guardavano in attesa, capendo che doveva dire qualcosa, una sorta di punto della situazione, infine fissò la vittima zero, la sua foto appesa alla lavagna. Prese la foto del furgone e la mise lì vicino, poi scrisse sopra ‘Los Angeles, punto di origine’.
Infine si voltò verso gli altri e disse serio e concentrato:
- Cerchiamo un uomo gay vicino ai quaranta anni dall’aria strana o nell’aspetto o nei modi. Può avere una personalità inquietante che allontana gli altri oppure un difetto fisico difficilmente superabile. O entrambi. Preparazione come cacciatore e macellaio, non si esclude la preparazione scientifica. Per la società non esiste, non ci sono tracce di lui, del suo DNA o delle sue impronte. È anche vero che senza un’identità non possiamo sapere se abbia un ruolo, se sia qualcuno o no. - Poi indicò senza guardare la lavagna su cui aveva posizionato le foto e scritto. - Bisogna indagare su questi. La verità è qua. - Si fermò, si girò verso la foto e assottigliò lo sguardo. - Io mi occupo di Dylan. - Disse senza ammettere repliche e con un tono particolarmente risoluto, come se lo sentisse dentro che le cose erano lì, erano pronte per essere risolte, che spettasse a lui.
Poi tornò agli altri, sempre in un religioso silenzio, in attesa. Lo sguardo di Colby particolarmente impresso su di lui.
- Colby segui la traccia del furgone e del proprietario, continua a lavorarci su. - Poi guardò Larry: - Non hai ancora niente sui suoi spostamenti in questi dieci anni? - Larry piegò la testa guardando di lato con aria tirata:
- Potrebbe essere venuta un’idea interessante a Otto. - Disse Larry riferendosi al suo assistente per le consultazioni per l’FBI.
Don annuì.
- Quando hai qualcosa di utile avverti. - Tagliò corto. Quando aveva fretta di tuffarsi nella testa di qualcuno, era particolarmente sbrigativo con gli altri. Non per questo tralasciava qualcosa nelle indagini e nella loro gestione.
A Nikky e Liz diede ulteriori ordini circa la vittimologia, dovevano tornare indietro nel tempo delle vittime e rivedere la loro storia nell’ottica della nuova ipotesi. Capire i locali ed i luoghi frequentati, dove avevano potuto incontrarlo, farsi un’idea del modo di agire del killer.
Dopo aver ‘ordinato’ tutti, senza dire se pretendeva che lavorassero tutta la notte o se potevano tornare l’indomani mattina, se ne andò nella propria scrivania a fare richieste di fascicoli sul caso di scomparsa del ragazzo di nome Dylan Cherry. Non si sarebbe dato tregua un solo istante.