6. SOPRALLUOGHI


"non importa se sei gay,
etero o bisessuale, lesbica o trans
Sono sulla strada giusta
Sono nata per sopravvivere
non importa che tu sia nero, bianco o beige
che tu sia chola o orientale
Sono sulla strada giusta
sono nata per essere coraggiosa
Non ti nascondere nel rimpianto
semplicemente ama te stesso e andrà bene
Sono sulla strada giusta tesoro
Sono nata così"
/ Lady Gaga - Born this way/



Quando i due si trovarono al parcheggio del locale, c’erano molte macchine indice che il locale era pieno.
Colby aveva lasciato la giacca in macchina, aveva nascosto il distintivo e la pistola, si era tirato su le maniche della maglia morbida. Nel complesso non si capiva che era un agente federale, sapeva anche come comportarsi per non saltare all’occhio in un posto del genere.
Don si presentava con la giacca, la pistola ed il distintivo in bella mostra e l’aria da agente duro e impavido pronto a buttar giù porte se necessario.
- Beh? - Lo guardò Don vedendo che non si muoveva e che aveva un’aria scettica. Colby sospirò con la sua pazienza infinita, lo prese per il braccio e lo riportò alla macchina. Gli prese le chiavi e l’aprì, poi cominciò a togliergli la giacca. Al che Don saltò subito su:
- Che diavolo fai Colby? -
- Approfitto di te! Che faccio secondo te? - Disse con la proverbiale pazienza che spariva. Don si zittì all’allusione ironica e si corrugò mentre le mani veloci di Colby gli sfilavano la camicia dalla cintura per lasciargliela cadere sui fianchi a nascondere la pistola e il distintivo. Poi gli aprì i polsini e li attorcigliò sugli avambracci come aveva fatto per sé.
- Colby, ti sembra utile? - Chiese poi polemico seppure senza opporsi, mentre un certo e fuori luogo calore saliva dalle parti più sbagliate.
Colby continuò imperterrito aprendogli anche i bottoni della camicia più alti.
- Renderti meno sbirro e più persona comune? Certo che sì! - Don sospirò seccato guardando in alto.
- Abbiamo già fatto sopralluoghi in locali, non abbiamo mai nascosto la nostra identità. -
- Ed è sempre finita con io che rincorrevo qualcuno! - rispose immediato zittendolo, così riprese mettendogli anche le mani fra i capelli troppo trascurati, tentò di ordinargli le onde scure che senza un minimo di gel andavano troppo verso lo stile selvaggio di Charlie.
- Quando li tagli? - Chiese come se c’entrasse.
- Sto male? - Fece di rimando come se si parlasse proprio di quello e se non avesse altre priorità.
- No no… ma a momenti somigli troppo a Charlie! - Disse ridacchiando. Don si oscurò.
- E non ti piace? - Ma anche quella era una domanda fuori luogo, fatta troppo con l’istinto. Per un momento si era dimenticato dei propri limiti, delle barricate che si era sempre messo.
Del ‘qualcosa’ fra Colby e Charlie non si parlava mai, anche se era passato e sepolto. Ma alla fine Don aveva sempre voluto chiedergli se in realtà aveva provato qualcosa per suo fratello o no.
Colby lo guardò senza indietreggiare, rimanendogli davanti ad una distanza fin troppo ravvicinata, intima. All’ombra di quel parcheggio, con la musica ovattata dall’interno del locale e la puzza di auto. Don quasi le spalle alla macchina, come se invece le avesse al muro e Colby lo obbligasse a guardarsi dentro come non voleva fare.
- Charlie o il suo stile adattato a te? - Chiese furbo, stupito che si fosse esposto fino a quel punto. Charlie era tabù, l’aveva capito molto bene negli anni. Specie negli ultimi mesi.
- Tutti e due. - Disse finalmente Don decidendo che a quel punto valeva la pena sputarlo fuori. Ma se ne pentì subito, appena i loro occhi si incrociarono in modo incandescente. I cuori iniziarono ad andare stupidamente veloci ed il caldo a salire, sebbene fossero fuori e non facesse proprio caldo.
Però nonostante non riuscissero a respirare bene, rimasero immobili a guardarsi seri. Colby stupito che Don glielo chiedesse davvero in quel modo, in quel momento, dopo tutto quel tempo. Senza preliminari, preparazioni, avvisaglie.
Don notò la sua esitazione e alzò le mani come per fermare tutto.
- Scusa, era… - Ma Colby decise di rispondere subito.
- Mi piace il tuo stile, il tuo look. Tu sei tu, diverso da Charlie. E mi piaci così. - Non si erano mai spinti oltre, nemmeno lontanamente. Nessuno dei due aveva mai osato arrivare a quei livelli. Ebbene ora erano lì, così, a quel punto. In quel modo.
Don si sentì leggero e rinascere in un momento davvero insolito, nel pieno di una delle indagini più delicate della sua vita.
E poi felice.
Innegabilmente felice.
Tante esitazioni per cosa? Per la paura di sapere che Colby aveva sempre preferito Charlie che si era fatto da parte per lui, che a sua volta non aveva mai voluto turbare i sentimenti del fratello?
Per poi sapere che a Colby piaceva Don?
“Ma poi cosa significa? Dovrei chiedergli se gli piace anche Charlie. Ma che senso ha parlarne ora, dopo tutto quello che è già successo e finito e che anzi non è mai accaduto? Ora dopo tutto questo tempo…”
Sentirono delle voci dal parcheggio, passavano delle persone e Colby si avvicinò istintivamente facendo quel passo che mancava con l’idea di sembrare una coppia, gli sistemò così ancora la camicia ed i capelli in modo molto intimo, Don venne investito da un’ondata inattesa di pura eccitazione e rimase immobile, rigido, a fissarlo. Le braccia lungo i fianchi, gli occhi magnetici intensamente fissi nei suoi chiari e affusolati.
- Pensavo che in un ambiente di pettegoli puoi ottenere di più se ti fingi pettegolo. - Disse poi piano Colby parlando a pochi centimetri dal viso di Don che faticò a capire a cosa si riferisse. - E poi magari il nostro amico decide di farsi un giro da queste parti visto che dopo tanti anni è tornato. Forse sente il bisogno di finire dove ha cominciato? È la prima volta che si sbarazza della sua base mobile, abbandona i trofei… insomma, ha in mente qualcosa e visto che è iniziata qua, magari abbiamo fortuna. Quanti ci saranno coi capelli rossi dall’aria strana? - Don tornò nel mondo del killer scultore ed annuì capendo che era una buona idea, si chiese come gli fosse venuta l’idea e solo quando si furono avviati uno accanto all’altro, disse:
- Ma dobbiamo fingerci gay? - Colby così rise di gusto illuminandosi, spiazzando ovviamente Don.
- Per non essere molestati dobbiamo fare la coppia, altrimenti proviamo esperienze interessanti e vediamo cosa otteniamo! - Don lo guardò ancora esterrefatto della facilità con cui esponeva queste idee assurde. Sapeva che era rassegnato alle cose più rognose e ormai non si lamentava più per nulla, faceva e basta. Ma ficcarsi in cose simili era troppo anche per lui.
“Sembra quasi che si senta a suo agio.”
Pensò stranito, avviandosi imbarazzato per averlo pensato. Che Colby fosse gay l’aveva ovviamente pensato mille volte, ma solo per il rapporto che aveva con Charlie. Anche se poi non era ma successo niente con lui. Per questo le cose si erano complicate e Charlie si era fatto indietro. Don aveva sempre pensato che se Colby si fosse fatto avanti, se quindi fosse stato veramente gay, allora suo fratello non si sarebbe ritirato. Però il problema era stato che leggere Colby non era di certo facile.
Che lo avessero letto male era riduttivo. Specie perché non avevano notato l’ossessione di Colby per Don, quanto lo adorava, quanto lo voleva a livello carnale.
“Quante cose ho capito male di lui? Proprio io che capisco tanto bene i criminali?”
Don cominciava a realizzarlo solo ora, dopo tanto tempo che lo conosceva.
“Ma del resto di cosa mi stupisco? Ha fatto la spia ed il triplo gioco per un sacco di tempo. Colby sì che è un bel mistero.”
Poi gli lanciò un’occhiata mentre lo faceva passare per primo all’interno.
“Proprio bello.” Aggiunse abbassando gli occhi sul suo fondoschiena avvolto in jeans sufficientemente aderenti.
Sull’uscio un ragazzo usciva in quel momento incrociandoli, vedendo lo sguardo di Don sul sedere di Colby, gli fece l’occhiolino e fischiò civettuolo:
- Attento tesoro che così lo consumi! - Colby si girò senza capire a cosa si riferiva e vide Don alzare gli occhi a dir poco imbarazzato per poi spingerlo poco delicatamente dentro.
Una serata più complicata del previsto.

Lady Gaga risuonava fra le pareti del locale probabilmente rinnovato negli anni.
Don non aveva ancora visto foto dell’epoca.
- È strano lavorare su casi vecchi, non trovi? - disse Colby girandosi verso Don dopo aver superato l’atrio.
- Sono sistemi di lavoro completamente diversi. - Concordò.
- Per i casi recenti si lavora molto più con le prove, con quelli vecchi le prove erano insufficienti, perciò si deve lavorare con le persone coinvolte il più possibile. - Fece eco Colby guardandosi intorno, lo sguardo andò oltre Don per vedere alle sue spalle se c’era qualcuno che rispondeva alla descrizione del killer scultore oppure alla foto di Tyler Wolf.
Lady Gaga con Born this way finì e partì una canzone meno piacevole dal punto di vista del ballo, una canzone da ‘riposo’ per così dire.
Così la gente si riversò nel bancone per bere.
Il locale era ampio e sobrio, arredamento moderno nei toni del bianco e del blu, le luci luminescenti facevano effetti flash con il bianco, ma al momento anche quelle si erano spente e rimanevano accese luci più classiche per un disco pub.
- Su due piedi non vedo nessuno, andiamo a bere qualcosa e vediamo se il barista ci può aiutare. - Disse Don sbrigativo non trovandosi a suo agio in un ambiente così diverso dai suoi soliti canoni.
Colby annuì, ma poi gli prese il braccio e lo girò attaccando la bocca al suo orecchio per non farsi sentire:
- Cerca di essere discreto, questo locale può esserci utile se lui torna a frequentarlo. - Don si fermò con la sua mano stretta sul gomito e la bocca vicino al suo orecchio che l’aveva ricoperto di brividi, i nasi si sfiorarono per un momento e Don si irrigidì facendo il gesto di allontanarsi, ma lui allora avanzò mascherando il gesto, passando con la mano dal braccio alla schiena in modo disinvolto ed intimo, poi sorridendo malizioso tornò al suo orecchio:
- Devi cercare di essere più disinvolto altrimenti ti scoprono subito. Sei troppo rigido! - Don così si voltò per rispondergli, ma la presa di Colby gli impediva di allontanarsi così si rassegnò a parlargli allo stesso modo, al suo orecchio, come una coppia. La sensazione fu immediatamente euforica e strana, stordente.
- Perché dobbiamo stare a tutti i costi sotto copertura? - La cosa gli sfuggiva, forse Colby aveva notato qualcosa che lui non vedeva.
Colby salì con la mano dalla schiena al collo e glielo prese fra le dita. Don stava per baciarlo. Forse così si sarebbe amalgamato ancora meglio. Sentiva l’eccitazione salire, a breve i pantaloni sarebbero stati troppo stretti all’altezza del cavallo.
- Il killer è tornato al punto di origine per chiudere una faccenda in sospeso, probabilmente. Si sentirà pronto. Chi lo sa. Comunque sta di fatto che è qua e sicuramente è a caccia. Si farà vivo. -
Don a quel punto capì cosa aveva pensato Colby e questa volta guardandolo negli occhi, rimanendo così vicini come erano, i visi a sfiorarsi come se dovessero baciarsi da un momento all’altro, complici eppure perfettamente al loro posto in un locale dove miliardi di altre persone erano in atteggiamenti uguali, disse:
- Questo locale deve significare qualcosa perché è dove ha incontrato quello che è stato la sua prima vittima. Se torna nella sua città natale, tornerà anche nel locale dove è cominciato tutto. - Colby annuì con un sorrisino soddisfatto.
- Se abbiamo una speranza di incontrarlo per caso, è qua. E se ce la giochiamo bene, possiamo anche avvicinarlo senza insospettirlo. - Don però a quel punto tornò pragmatico e pessimista come fin troppo spesso tendeva ad essere:
- Sempre che siamo noi a riconoscerlo. Non so tu, ma io ho notato almeno tre ragazzi dai capelli rossi. -
- Devi guardare l’età… qua ce ne sono per tutti i gusti… anzi sai come possiamo attaccare bottone col barista? - Don lo guardò come se parlasse arabo: - Chiediamo se fanno serate a tema. - E la sua espressione fu ancor più stralunata a quello. Colby lo lasciò e scoppiò a ridere. - Età. A volte fanno il venerdì per gli adulti ed il sabato per i giovani per soddisfare ogni tipo di clientela! - Don voleva chiedergli come faceva a saperlo, ma la domanda che gli uscì fu la meno utile:
- E oggi che è giovedì? - Colby alzò le spalle e sollevò le mani in segno di ‘si vede no?’
- Tutti quelli che vogliono venire? - Così Don si sciolse e si mise finalmente a ridere, andando al bancone accanto a lui scosse la testa.
- Non voglio sapere come fai a sapere queste cose. - Colby non arrossì, ma sperò invece di riuscire ad approfondire l’argomento. Era un buon input per farlo entrare nel suo mondo.
Sempre che poi i rimorsi non tornassero a far capolino come in quegli anni era puntualmente successo.
“Cosa dovrebbe esserci di diverso ora?” Colby ci provava regolarmente, anche con Charlie era successo. Ma alla fine si era sempre frenato pensando a Dwayne e a quanto aveva ingannato tutti loro, Don e Charlie per primi, quando era stato lì con loro sia pure come triplo giochista.
“A volte dal passato non ti scrolli mai!” E pensando ciò, si disse che probabilmente anche il loro rossino, tornando a Los Angeles, la pensava allo stesso modo.