7. CAVALCANDO L’ONDA


"Non stancarti ora che è appena iniziata"
/Danza Kuduro - Don Omar/


Don e Colby chiesero da bere qualcosa di analcolico essendo in servizio, anche se fuori turno.
Dopo un’occhiata attenta ai baristi dietro al bancone su cui erano appoggiati, Don scosse il capo e avvicinandosi a Colby gli parlò di nuovo all’orecchio.
- Questi sono troppo giovani, nessuno di loro poteva lavorare qua anche dieci anni fa… - Colby annuì essendo d’accordo con lui, godendosi nel frattempo le sue labbra che gli avevano sfiorato l’orecchio.
- Forse per il barista potremo trovarlo domani con una piccola ricerca telematica. - Disse prendendo il bicchiere ed infilandosi la cannuccia in bocca guardandolo nel frattempo. Don abbassò lo sguardo sulla sua lingua che si girava la cannuccia fra le labbra per poi succhiare. Si sentì subito stranamente a disagio per qualche ragione e dovette seguire l’irrefrenabile impulso di bere anche lui, perciò prese il bicchiere che gli aveva dato e lo guardò fermandosi aggrottato vedendo le due cannucce. Colby scoppiò a ridere di gusto.
- Vanno di moda due! - Don le tolse entrambe e le lasciò seccato nel bancone.
- E a cosa diavolo servono? Anche una è di troppo! Quanti anni abbiamo, due? - Colby scosse il capo continuando a ridere e per farlo pensò bene di mettergli una mano sul braccio, giusto per giocare meglio la sua parte. O per approfittarne spudoratamente.
Don bevve e poi con un cenno gli disse di allontanarsi dal bancone che tanto nessun barista ben e poco vestito con l’ombelico fuori ed i capelli alla moda poteva fare al caso loro.
Si misero in una posizione più strategica, dove potevano tenere d’occhio tutti quelli che andavano ad ordinare da bere e quelli che andavano in pista a ballare. C’erano dei punti ciechi, quelli usati dalle coppie per appartarsi, ma Colby aveva qualche idea in merito. Valeva la pena fare un giro anche lì, se c’era l’occasione di trovare il rossino inquietante. Anche se dubitava che qualcuno potesse ormai accettare la sua corte.
Danza Kuduro partì in quel momento e Don fece un’altra smorfia di mal sopportazione che fece però ridere ancora Colby che lo fece rilassare come per magia.
Aveva un bel sorriso.
- Hai notato qualcuno? - Chiese impaziente, volendo solo mettere a frutto quella tortura. Per lui quello non era di certo posto da frequentare.
Colby annuì.
- Sì, ma nessuno dei nostri due soggetti. - Don inarcò le sopracciglia senza capire e Colby indicò col mento dietro di lui. Fermi al bancone c’erano due ragazzi che non sembravano in atteggiamenti intimi, probabilmente erano a rimorchiare insieme, ma solo come amici.
Al contrario parevano aver adocchiato altri due appetibili che, come loro, sembravano solo amici.
I due ammiccarono a Don e Colby, Don tornò subito a voltarsi facendo un’espressione allucinata. Sebbene fosse sempre bravissimo a mantenere le parvenze, in quel caso faticava molto.
- Più che altro siamo noi che siamo stati notati! - Ironizzò Colby ridendo divertito. Don scosse il capo e allargò polemico un braccio, l’altro reggeva il drink.
- Vorrei sapere perché tu ti senti così a tuo agio in un posto simile! - Colby alzò le spalle e gliela rigirò placido:
- E tu perché sei tanto a disagio? È un locale come altri… - Don si sentì messo spalle al muro e se ne pentì molto di quella domanda. Colby era maledettamente bravo a trovare le brecce negli indiziati.
E mentre in pista molti ragazzi si scatenavano, il bancone si svuotava. Colby notò al volo un ragazzo decisamente notevole, assottigliò gli occhi poi prese Don per le braccia e lo rigirò scambiandosi di posto, infine senza indicare disse:
- Al bancone, ore due. - Don aguzzò la vista attraverso la luce scarsa e notò quel che aveva visto lui.  - Tyler Wolf? - chiese poi. Don annuì.
- Sembrerebbe lui. - Colby sorrise trionfante. Almeno per qualcosa era servita quella visita, oltre che per uscire con Don da soli in un locale gay, che di per sé era già più di qualcosa.
- Ok vado a parlargli! - Disse Don deciso facendo per partire. Colby lo frenò tenendolo per un braccio.
- Aspetta, pensa un attimo! - Don lo guardò esasperato, ogni volta che lo toccava aveva una voglia matta di spingerlo contro il muro e baciarlo e quell’ambiente non lo aiutava a frenarsi visto che tutti si baciavano approfonditamente.
- Cosa?! - Chiese grugnendo seccato.
- A chi pensi che parlerà di più, ad uno sbirro o ad uno che vuole conoscerlo perché è carino? - Don non era certo se fosse una domanda a trabocchetto o se scherzasse e basta.
- Non è mica lui l’indiziato, non ha nulla da cui scappare! - Disse sbrigativo Don volendo liberarsi dalla sua presa che bruciava.
- E perché in passato ha nascosto qualcosa a Sinners? - Silenzio. Quello era un buon punto a suo favore. Don fece una specie di broncio cupo.
- Cosa proponi? - Colby si strinse nelle spalle con l’aria innocente:
- Penso di essere più il suo tipo… - Don si raddrizzò mettendo la mano sul fianco, togliendo così la sua dal proprio braccio.
- Cosa vorresti dire, - fece seccato. - che intendi provarci con lui sul serio? - Colby notando la sua gelosia decise di godersela.
- Sai come dicono i surfisti, no? - Don scurì ulteriormente il suo sguardo già scuro di suo: - Cavalca l’onda! - Don stava per ribattere per impedirglielo, cercando una scusa qualunque, ma quando Colby stava per avviarsi, i due di prima li avvicinarono con due drink in mano, probabilmente del tutto alcolici.
- Io ed il mio amico abbiamo fatto una scommessa! - Disse uno dei due, quello più effemminato e vestito in modo più appariscente. Aveva un’aria molto dolce e allegra.
- Su cosa vi possa piacere bere. - Continuò l’altro, anche lui era piuttosto femminile come tipo. Colby capì subito perché erano amici e non una coppia. Entrambi passivi, anche se uno più dell’altro. Troppo simili, dopotutto. Grandi amici, pessimi amanti.
Don si irrigidì facendosi automaticamente vicino a Colby il quale sfoderò un gran sorriso divertito che incentivò inavvertitamente a continuare. Così ognuno alzò uno dei bicchieri che possedeva e lo porse a loro.
I due li guardarono.
A Colby sembrò toccare un intruglio alla fragola, mentre a Don qualcosa al limone.
Inarcarono entrambi le sopracciglia, Colby curioso voleva accettare per vedere se gli piaceva davvero, ma Don lo fulminò con uno sguardo terribile e allora alzò le mani in segno di scuse tornando sui suoi passi.
- Ehm, penso che ci avete azzeccato, così ad occhio, ma se lo bevo il mio compagno mi fa fuori, credo… scusate… - I due li guardarono sorpresi mentre Don a questa trovata stava per tirare fuori la pistola e scaricarla proprio su Colby, poi uno sguardo in giro per abitudine gli fece ricordare che era più normale fingersi coppie lì che fuori.
Fingersi.
Si rilassò un po’, il necessario per non mandare all’aria la copertura di Colby.
- Davvero? Perché eravamo sicuri che foste solo amici… - Disse uno dei due.
- Tu eri sicuro, io ti ho detto che c’è alchimia… - Fece l’altro rimbeccandolo acido.
- Ma andiamo, sono entrambi due maschioni così virili… - Rispose l’amico.
- Non significa nulla, io ho detto: quei due scopano come minimo! Si mangiano con gli occhi! Si vede! C’è proprio… quella cosa! - Don voleva morire, ma quello meno convinto lo fissò per impertinente.
- Secondo me non è vero invece! Vogliono solo scaricarci e basta! Anche noi usiamo quella scusa quando vogliamo scaricare qualcuno che non ci piace! - Don sospirò nervoso, stava per mostrare il distintivo alzando la camicia quando Colby evitò che la fatica fino a quel momento saltasse.
Così lo prese per la vita, l’attirò a sé veloce e deciso e, una volta che Don fu scontrato con lui, mentre i bacini finirono per toccarsi, le gambe intrecciarsi e i petti poggiarsi uno all’altro, la mano di Colby dalla zona lombare scese sul suo sedere e l’acchiappò per bene mostrando ai ragazzi quanto gli piaceva quel ‘bel maschione virile’.
Don avvampò sorpreso ma non lo respinse con un pugno, rimase fermo e sotto gli occhi attoniti degli altri due, puntò la sua bocca con lo sguardo più affamato mai visto.
- Io ve la darei anche una dimostrazione, ma lui odia l’esibizionismo. - Disse malizioso leccandosi le labbra, istintivamente Don fece altrettanto, abbassando gli occhi maliziosi sulla bocca di Colby. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, i bicchieri con una mano alta a lato, mezzi finiti.
Il mondo svanì per un momento. Per un momento Don si trovò confuso in quell’eccitante situazione che ormai gli aveva fatto alzare una voglia irrefrenabile. Per un momento pensò che potesse anche baciarlo, perché tanto lì era normale e andava bene.
Per un momento Colby pensò che l’avrebbe fatto sul serio. Mentre sentiva quanto gli stava piacendo quella situazione. Cioè concretamente.
In due secondi i due si scusarono e se ne andarono bisticciando fra di loro.
Colby ridacchiò ma non lo lasciò, Don non si mosse, non mise nemmeno la mano libera sul suo petto.
- Sento che ti stai calando bene nella parte. - E il termine ‘sentire’ non era a caso.
Don capì che si riferiva alla sua erezione stretta nei jeans e si separò istintivamente, imbarazzato.
- È colpa di quest’atmosfera. - Borbottò cercando di farsi aria perché improvvisamente non respirava più!
Si voltò ricordandosi cosa stavano per fare prima di interromperli e col dito verso Colby lo guardò torvo di nuovo:
- Comunque non voglio che ti spingi troppo oltre e addirittura fingi di provarci con un sospettato! - Colby rise facendosi avanti di un passo, tornando a quella vicinanza claustrofobica, mentre appoggiavano i bicchieri non ancora finiti in un tavolino rotondo in parte.
- Forse perché è troppo carino? O perché ci starebbe? - Cominciò a fare la parte del fidanzato, come se anche Colby avesse dimenticato i ruoli reali. O forse si stava solo adattando a Don.
Questi lo guardò scuro e fece un altro passo indietro.
- Non dire sciocchezze. Prima stavamo recitando una parte per scaricare due che ci provavano con noi… -
- E che probabilmente ci guardano ancora! - Don alzò gli occhi al cielo e Colby tornò con lo sguardo al bancone dove prima era stato Tyler.
- Comunque è andato. - Tagliò pensando che si fosse rovinato qualcosa.
Don si sentì stupidamente sollevato del fatto che Colby non dovesse provarci con lui per entrare nelle sue grazie e capire se era uno psicopatico complice del killer scultore.
Poi però si rese conto che Colby stava diventando più importante del caso e infastidito da questo, incapace di capire quanto bene andasse, si fece aria con il colletto della camicia, sventolandolo.
- Vado a prendere un po’ d’aria, sto soffocando. Vedi se lo ritrovi. Osservare e basta. Su come approcciarci ne parliamo. - Con questa straordinaria concessione che gli fece Don, Colby lo guardò andarsene. Era quasi incredibile, si disse.
Forse le cose stavano andando incredibilmente bene e gli piaceva molto.