CAPITOLO III:
FRA RICORDI E RIMPIANTI



Derek si alzò traballante. Stava morendo. Stava inesorabilmente morendo.
Scott gli diede il proiettile con cui si sarebbe dovuto curare, lo guardò e cadde a terra privo di forze.
Era arrivato al capolinea, non ce la poteva più fare.
Si sentì tagliare i fili insieme alla voglia di lottare e svegliarsi, niente più rabbia e impotenza per dei tragici istanti. Era bloccato. Non poteva riuscirci.
Ci provava e non ce la faceva.
Non riusciva a riaprire gli occhi.
Non riusciva a muoversi.
Era morto?
Era così che andava?
Ad un soffio dalla salvezza lui moriva così, fra le braccia di un fastidioso umano in crisi ormonale che lo sognava nudo la notte?
Quando realizzò la cosa, ovvero 'fra le braccia di', sentì le prime lontane avvisaglie di calore.
Qualcuno lo stava toccando sul viso, lo stava scuotendo, lo stava chiamando.
Ed era terrorizzato.
Era spaventato.
Era preoccupato.
Era preoccupato per lui, che non si svegliasse, non ce la facesse.
Stava gridando il suo nome, ne era certo... o forse stava blaterando qualcosa sull'essere morto, ma era davvero angosciato per lui.
La cosa lo sconvolse. Nessuno gli aveva mai gridato così con tanta disperazione.
E le sue mani sudate tremavano però lo tenevano sul viso e continuavano a scuoterlo.
Solo col colpo che ricevette si svegliò di scatto, fu una scarica di adrenalina finale che gli permise di tornare e vedere i suoi occhi enormi e terrorizzati come prima cosa.
La sensazione delle sue mani addosso, sulla pelle. Le sue mani tremanti e fredde ma che non mollavano la presa e che non avevano paura di toccarlo.
Ecco. Non aveva paura di toccarlo come non l'aveva di guardarlo sempre.
Lì, negli occhi. Tranne che quando erano troppo vicini. Allora non reggeva lo sguardo e lo abbassava chiaramente imbarazzato.
E poi il pugno.
Il modo per riportarlo fra i vivi. Da lui.
Queste tre cose Derek non le avrebbe mai dimenticate.
Scott e Stiles lo aiutarono ad alzarsi e poté finalmente praticare la cura ricavata dal proiettile.
Fu veloce e deciso, non c'era tempo per alcun errore. Doveva sbrigarsi.
Quel pugno gli aveva regalato l'ultimo barlume di forza per farcela. Non poteva sprecarlo e non lo fece.
Quando si mise la polvere nel buco infetto, cadde giù verso Stiles, questi si scostò e lo fece rovinare a terra. Lì si contorse sotto il dolore più nero mai provato in vita sua, quel dolore fisico capace di uccidere e resuscitare.
Era come se il fuoco lo divorasse da dentro lasciandolo cenere.
Dopo essersi contorto ed aver urlato privo di controllo, conscio che si era appena mostrato in tutta la sua debolezza, si sentì lentamente rigenerare e fu un calore, come un vento tiepido che gli baciava la pelle liberandolo da quelle braci ardenti, lavandolo, purificandolo.
Fu sollievo.
Derek era guarito.

Stiles non avrebbe mai dimenticato il modo in cui si era sentito.
Quando Derek era caduto a terra svenuto, quando l'aveva toccato e l'aveva sentito freddo ed immobile. Aveva cercato di capire se respirava, ma non dava cenni e il panico ormai dilagava in lui, non capiva. Pensava fosse morto e l'idea lo gettava nel panico ancora di più.
Aveva voglia di piangere, si era sentito così.
Si era dato dell'idiota, ma nel momento del panico aveva solo pensato terrorizzato che non voleva che Derek morisse e aveva gridato cose fuori il suo controllo, così isterico e agitato. L'aveva tenuto scuotendolo sperando che riaprisse i suoi magnetici e pericolosi occhi argentati.
Doveva svegliarsi. Doveva farcela. Non poteva essere morto.
No, Stiles non l'avrebbe mai dimenticato quel senso di disperazione istintiva.
Come non avrebbe dimenticato il sollievo nel vedere che dopo il suo pugno si risvegliava.
La mano che cercava la sua per alzarsi.
Aveva notato tutto, ogni singolo dettaglio.
Scott da una parte e lui dall'altra, poi il rito per estrarre l'antidoto dal proiettile e l'agonizzare a terra.
Quelle urla strazianti, quel contorcersi completamente, quel gridare senza farcela a resistere.
Ce l'avrebbe fatta?
Stiles era così preoccupato che non avessero fatto in tempo, che per un momento pensò che se fosse morto, non sapeva cosa avrebbe fatto.
Pensò solo questo.
Poi Derek si calmò, il corpo guarì e la ferita sparì.
E, ancora una volta, la reazione totalmente spontanea di Stiles lasciò tutti interdetti. Perchè gridò di gioia dicendo che era fantastico.
In un secondo momento si sarebbe anche vergognato di tanta espressione di gioia per la non morte di Derek, però lì era stato come sempre istintivo.
Derek era vivo e stava bene.
Disse qualcosa di sarcastico in pieno suo stile e lui commentò con qualcosa di altrettanto sarcastico, i loro soliti modi di comunicare che poi finivano con qualche sguardo minaccioso di Derek ed il silenzio offeso di Stiles.
Ce l'aveva fatta.
Il cuore di Stiles ora si stava calmando.
Ce l'aveva fatta e basta. Era la sola cosa che contava.
Al resto ci avrebbe pensato dopo. Cioè a come dovesse sentirsi dopo tutte quelle manifestazioni verso Derek. Preoccupazione, angoscia, paura. Gioia.


Derek aveva fatto quello che doveva, era stato giusto evitare a Stiles di ficcarsi ancora di più in quel maledetto mondo che prometteva morte a chiunque vi entrasse. Ci era già troppo coinvolto.
Per questo aveva fatto vedere solo a Scott suo zio.
Visto la testardaggine del ragazzo aveva dovuto ovviamente essere brusco e secco.
- Non sono affari tuoi! - Aveva ruggito uscendo dalla clinica. Stiles gli aveva tirato la maglia che prima si era tolto e Derek si era girato prendendola e mettendosela.
- E il resto lo erano? Salvarti la vita, ad esempio! Tagliarti il braccio erano affari miei? - Stiles aveva dimostrato delusione oltre che rabbia.
- Non avevamo scelta! -
- Io ce l'avevo! Potevo lasciarti morire! - Derek andò alla sua auto e prese la giacca che prima si era tolto lasciandogliela sul sedile, il ragazzino dietro di lui lo fissava furioso come se gli stessero ripetutamente colpendo lo stomaco. Scott era esterrefatto, non capiva come fossero arrivati a tanta confidenza.
Conosceva Stiles. Quando discuteva tanto con qualcuno era perchè aveva confidenza.
L'aveva lasciato ad odiare Derek ed ora voleva venire con loro. E prima?
Prima aveva esultato per la sua salvezza!
Si era decisamente perso qualcosa.
- Ti ho minacciato, non avevi scelta! Mi sembra non lo volessi fare! Perchè ora te ne frega tanto?! Sei libero, vattene! - Così Derek alla fine gli aveva ringhiato contro con un'alta dose d'antipatia e Stiles l'aveva mandato a quel paese salendo sulla jeep e correndo via a casa giurando di non aiutarlo mai più.
Piuttosto la morte!”
A Derek era dispiaciuto e si era dato dell'idiota per questo. Dopotutto era stato bravo ad aiutarlo, davvero avrebbe potuto rifiutarsi anche se lui lo minacciava. Alla fine non gli avrebbe mai fatto del male seriamente e Stiles lo sapeva. Però aveva usato la scusa della paura per eseguire i suoi ordini ed aiutarlo. In realtà Stiles non aveva paura. Non l'aveva mai, quella notte era stato evidente. Era sempre teso ed isterico ma per una questione caratteriale, era per puro spirito di contraddizione, non c'era un'autentica paura in quel ragazzino.

Quando lasciò Scott a casa sua, Derek rimase un secondo fermo ripensando alla giornata. Non aveva dei passatempi alternativi ai propri allenamenti, quando non rincorreva qualche preda o la vendetta stessa, Derek necessariamente rifletteva.
Quel giorno era stato strano per molti aspetti ed il primo fra tutti era Stiles.
Si oscurò per qualche secondo chiedendosi se dovesse andare da lui.
E perchè mai?
Stizzito partì ed andò a casa.
A casa si lavò.
Stiles non aveva paura di lui.
In generale forse non aveva paura di niente, era incosciente, però nella fattispecie tutti avevano paura di lui.
Stiles era invece attratto.
Era strano quel ragazzo. oltretutto passava il tempo a rifiutare quello che gli stava succedendo e quello che provava. Era così chiaro, come poteva rifiutarlo?
Provava attrazione per lui.
Quando tornò in quella che era la sua camera rovinata come il resto della casa, prese un borsone dall'armadio, c'erano dei vestiti dentro, afferrò i primi capi che gli vennero sotto mano e gli occhi gli caddero sul fondo.
Assottigliò lo sguardo e sospirò.
Non se ne era mai liberato.
Quando era andato via da quella maledetta città per voltare pagina, era andato via solo coi vestiti che aveva indosso e quel giorno, i vestiti erano un prestito di quel bambino.
Li aveva tenuti con sé.
Non se ne era mai liberato.
Ovviamente non gli andavano più bene e non capiva perchè dovesse per forza portarseli sempre dietro.
Si accucciò e li prese in mano.
I pantaloni di una tuta e una maglietta. Erano vecchi e impolverati.
Era l'unico gesto sentimentale che stava dimostrando, sotto un certo punto di vista.
Tenersi una cosa inutile non sua era sentimentale... anche se non sapeva bene perchè.
Per passare inosservato, gli aveva preso un cappellino. Aveva progettato la propria fuga, quella notte, così al mattino si era preso il suo cappellino con la visiera e se ne era andato.
Tornare così era stato strano, improvviso.
Come lo era stato Stiles e la sua domanda.
Era lui quel bambino, quella notte.
Forse aveva tenuto quei vestiti perchè a volte si chiedeva se fosse rimasto e si fosse fatto aiutare da quel poliziotto... magari sarebbe diventato amico di quel bambino.
Ci pensava.
Forse sarebbe riuscito ad avere una vita in qualche modo più normale. Con un amico come lui, forse... pensò a Scott e pensò a quanto fortunato era. Aveva una vita pseudo normale, a parte i guai che gli aveva portato lui in qualche modo.
Si sentiva un po' responsabile anche se non lo era davvero.
Pensare di poter essere come Scott se fosse rimasto, specie ora con la consapevolezza che quel bambino era Stiles, lo turbava e lo rattristiva.
Si era perso qualcosa di bello?
Ormai era tardi, erano domande inutili.
Lasciò i vestiti, prese il cappellino ed uscì correndo senza l'auto. Era notte e si muoveva veloce fra gli alberi del bosco, recuperava forze a vista d'occhio.
Aveva voglia di disfarsi di quel senso di rimpianto e di nostalgia.
Era questo che gli ricordavano gli occhi di Stiles.
Quando l'aveva visto la prima volta aveva avuto un deja-vu sui suoi occhi, non se l'era spiegato ed aveva detto che era solo fastidioso, ma ora era molto di più.
Era lui.
Arrivò alla sua casa prima ancora di pensarlo. Si fermò e respirò profondamente prima di decidersi a salire alla sua finestra con un salto.
Fu quantomai silenzioso, quasi non respirava.
Si sentiva naturalmente idiota, però aveva di nuovo agito ad istinto.
Stiles gli aveva chiesto mite se si ricordava di quella notte, dicendo che lui se l'era dimenticata fino ad ora e che non sapeva che fosse lui.
Derek non aveva avuto il coraggio di rispondere. Per dirgli cosa? Si che la ricordo?!
Non l'aveva mai dimenticata.
Quella notte, quel bambino, aveva rappresentato una scelta.
Stare lì e fare quella vita o andarsene e continuare da solo?
Non aveva avuto il coraggio di stare lì, convinto che sarebbe stato rifiutato in qualche modo.
Non gli poteva dire verità.
Era inutile cercare di farsi amici, alla fine morivano o lo tradivano.
Stare solo era stata la via più ovvia e facile.
Stiles dormiva sfinito a pancia in giù, la mano sotto di sé.
Dal suo corpo percepì gli ormoni sfogati da solo, ne aveva proprio l'odore addosso.
Fece un sorriso malizioso dimenticando i propri soliti tormenti.
Voleva dirgli che era lui quel ragazzo e che lo ricordava, però sarebbe stato imbarazzante, sarebbe stato così umano...
Quella notte lui era stato fragile, era stato sull'orlo di piangere e poi aveva chiesto la sua compagnia.
Non l'aveva fatto andare via.
Non voleva dirgli quanto importante fosse stato.
Si vergognava di tutto. Era sintomo di debolezza. Non c'era spazio per quelle cose.
Doveva concentrarsi sulla propria rabbia. Doveva concentrarsi su quello.
Solo su quello e sulla vendetta.
Stiles nel sonno sembrava ancor più quel bambino.
L'aveva visto addormentato e poi gli si era addormentato addosso.
Prese il cappellino e lo guardò.
Aveva sognato di diventare suo fratello adottivo. Aveva sognato di essere un suo grande amico. Perchè lui aveva perso la madre e si nascondeva per piangere.
Col senno di poi essere suo fratello adottivo avrebbe significato diventare fortemente isterico, però negli anni e quella stessa notte, l'idea gli era stata di conforto.
Poter tornare indietro a quel posto.
No, non si poteva.
Però ora era lì.
Derek voleva avvicinarsi a Stiles e recuperare quella notte e tutti i giorni passati da solo, però pensava fosse tardi. Ormai Stiles era di Scott, aveva un'altra vita ed anche se misteriosamente si era messo dentro lo stesso a quelle cose, attirato dal pericolo come con le api ed il miele, comunque era tardi, si diceva.
Stiles lo detestava anche se provava una forte attrazione per lui. Magari sentiva quel legame.
Il legame di quella notte.
Una nostalgia, come quella che provava lui.
No, ormai era tardi. Erano lontani, diversi, altre vite, altri sentimenti, altri obiettivi.
C'erano troppe cose in ballo.
Però gli lasciò il cappellino. Se l'avesse notato, se l'avesse collegato, se fosse venuto da lui dicendo che aveva capito, che sapeva, che doveva dirgli la verità, magari avrebbe potuto ammetterlo che ricordava.
E poi?
Per arrivare a dove?
Per ottenere cosa?
Era meglio stare soli e non affezionarsi. Finiva sempre male per lui. Sempre.
Quando lo vide muoversi, saltò via dalla finestra veloce e tornò a correre svelto per non essere visto.
Stiles aprì gli occhi e guardò verso la finestra, come se avesse sentito uno strano senso di nostalgia.
Aveva sognato quella notte con lui, ma questa volta erano adulti come lo erano ora. Però erano sempre seduti sul suo divano come quella volta e Stiles era appoggiato a lui mentre Derek lo teneva con sé. Addormentandosi allo stesso modo.
Chissà se al risveglio ci sarebbe stato.
Stiles non notò il cappellino, nel buio della camera e della notte. Il mattino lo vide e non si spiegò assolutamente che ci facesse lì, convinto d'averlo perso da una vita.
Come fosse potuto rispuntare rimase un mistero poco interessante che non pensò di scervellarsi per risolvere.
Non aveva idea che era sparito da quella notte e che l'aveva preso Derek.
Come non aveva idea che era stato lì mentre dormiva.
Non l'aveva nemmeno della sua profonda lotta interiore fra il continuare la sua vita a quel modo per ottenere il suo obiettivo primario, oppure il lasciar perdere tutto e concedersi quello che, dopotutto, aveva desiderato da una vita.
Una persona accanto, magari anche più di una. Una fratello. Un compagno.
Ricominciare da zero.
Stiles non lo sapeva proprio, si ricordò solo del rifiuto di Derek della sera prima, dopo che lui si era dato tanta pena per aiutarlo, dopo che si era anche spaventato.
Non sapeva che Derek era rimasto colpito dal suo richiamo e che si era svegliato grazie a quello.
Erano ancora molte le cose che non sapevano uno dell'altro. Troppe.