CAPITOLO XLIV:
LA TEMPESTA FINALE



Stiles si inginocchiò accanto a lui e si chinò sopra, lo scosse tenendogli la maglia, il cuore batteva così forte che gli sarebbe uscito dalla gola. Il panico lo stava per risucchiare, non ricordava d'aver mai provato una tale paura, era diversa dalle altre. Era la paura che anche lui se ne andasse e lo lasciasse. Ma non era un 'anche lui'. Era 'proprio lui'.
Stiles cominciò a chiamarlo disperato, gridando sempre più e visto che non reagiva e che rimaneva privo di sensi steso a terra, cominciò a schiaffeggiarlo ricordandosi di quella prima volta, quel primo contatto, quando aveva preso il proiettile avvelenato ed era quasi morto. L'aveva svegliato con un pugno.
Cominciò a dargli sberle, a squolterlo e chiamarlo isterico, mentre pensava come un ossesso, nel panico più totale;
Ti prego, ti prego svegliati! Torna da me! Ti prego!”
Non poteva descrivere quello che provava, era solo il caos in lui, come se il vulcano fosse esploso e lo stesse corrodendo.

Derek era privo di sensi e nel posto in cui era, tutto era nero, buio e freddo.
Non ebbe la coscienza del tempo, non sentiva nemmeno il suo stesso corpo.
Da quanto era lì? Forse da sempre.
Cercava di ricordare qualcosa, ma era il vuoto. Non un solo ricordo.
Poi una sensazione si fece largo, ma non era sua, non era un'emozione propria, non era qualcosa che apparteneva a sé.
Era qualcosa di esterno, proveniva da fuori.
Da fuori dove? Derek cercò di focalizzarsi sulla sola cosa che cominciò a sentire. Era sempre più forte e più calda... e vicina. Si avvicinava. Si avvicinava sempre più.
Era familiare. Era bella.
C'era una disperazione pura e piena d'amore, in quel richiamo.
Sì, lo stava chiamando ed era una voce a lui cara.
Mentre si avvicinava, i ricordi tornavano e ad ogni scossone, le fiamme divampavano in lui riscaldandolo in ogni angolo di sé.
Ad ogni scossone un ricordo.
Ad ogni ricordo una parte di lui.
I suoi occhi pieni di lacrime.
Le sue labbra.
Le sue braccia che lo stringevano.
E poi quella paura. Quella paura che di lui non aveva mai avuto.
Ora la sentiva, ma non era paura di lui, era paura che non ce la facesse.
Con l'ennesimo schiaffo, ricordò ogni cosa.
Era Stiles che lo stava chiamando.
Al suo nome aprì gli occhi di scatto in tempo per vedere il pugno pronto a schiantarsi sulla sua faccia.
Lo fermò immediatamente con un riflesso, gli prese il polso con sicurezza e non lo mollò. Stiles cedette di sollievo nel vederlo sveglio e lasciò andare il terrore e la disperazione. Era sempre una situazione critica, ma almeno era sveglio.
Un istante per aggiornarlo velocemente e sbrigativo, prima di concedersi qualcosa, qualunque cosa, prima di cedere al desiderio per cui aveva pregato ad ogni schiaffo. Ovvero di dirgli la sola cosa che contasse.
Derek era ancora disorientato, ma capì tutto quello che disse... specie mentre gli teneva la mano.
Stiles non notò subito che dal polso era arrivato a tenergli la mano, solo quando fece per aiutarlo ad alzarsi dicendo che doveva andare subito via perchè stava per venire la polizia, se ne accorse.
Istintivamente gli mise l'altra sulla spalla aiutandolo con un'attenzione quasi fuori luogo, una specie di dolcezza.
Derek continuò ad aggrapparsi a quel calore che l'aveva riportato lì.
- E su Cora? - Chiese fermandosi.
Stiles sospirò fermandosi e smettendo di tirarlo, aumentò la presa alle mani e Derek lo percepì capendo il significato profondo di questo gesto.
- E' ancora svenuta ma è viva. - Niente di nuovo.
Derek si sedette meglio, la testa gli girava ancora, ma non fu per questo che esitò.
- E fra noi? - Quella domanda, quella domanda fatta con turbamento ed altrettanto bisogno di sapere, non poteva essere evitata. Non ne era stato capace.
Stiles smise di respirare dopo averlo fatto con troppa foga, il cuore si sospese di nuovo, perse lui stesso le forze. Sgranò gli occhi dalla sorpresa e per un momento storico la paura, l'angoscia e qualunque sentimento negativo avesse provato a fiumi fino a quel momento, riuscì a scemare incrociando il suo sguardo smarrito e speranzoso.
Aveva paura che ce l'avesse ancora con lui.
Era uno dei suoi primi pensieri. Aveva messo da parte il suo smisurato orgoglio e si era abbassato a chiederglielo.
Rimasero a terra, uno seduto e l'altro inginocchiato, quasi uno sull'altro, vicini, stretti. Assurdo calore reciproco e la voglia, la speranza di risolvere tutto almeno fra di loro, pur essendo quello il momento più sbagliato.
- E' tutto a posto, Derek. - Disse evadendo il resto, spaventato dall'idea che non fosse il momento adatto, che arrivassero ad interromperli, che li vedessero... che non sapessero fermarsi... perchè era quello che aveva desiderato con tanto ardore.
Poterglielo dire. Poterlo fare. Poterlo sistemare davvero.
Derek sentì il primo sincero senso di sollievo in mezzo a mille di colpa e d'angoscia.
L'unica nota positiva, si disse. E con tale sollievo in mezzo ad un inferno quasi eterno, sospirò e si lasciò andare.
Un solo piccolo momento di debolezza.
Gli mise l'altra mano sulla guancia e posò le labbra sulle sue, gliele aprì veloce e lo baciò.
Rimasero intrecciati in quel modo, dolcemente, i fiati ed i cuori sospesi così come le menti, i ragionamenti, il mondo intero.
Calore e commozione fecero capolino in entrambi.
Poteva essere il solo momento, si dissero consapevoli mentre accettarono quel bacio inevitabile.
Poteva essere l'ultimo.
Stiles spostò la mano dal braccio alla sua guancia e spazzò via tutto in un istante. Tutto. Ripristinando ogni cosa prima di quell'orribile parentesi.
Ora avevano un'altra cosa, fra le mille altre, per cui lottare.
Ritrovarsi alla fine di tutto.
Parlarsi apertamente, dirsi le cose che non erano mai riusciti, accettare sentimenti e ruoli. Dormire ancora insieme.
Derek decise che gli avrebbe detto che si ricordava di quando erano piccoli e che aveva conservato i vestiti che gli aveva prestato, ma l'avrebbe fatto solo se fosse riuscito a sistemare tutto. Perchè lo sapeva che il proprio senso di colpa in qualche modo non sarebbe mai andato via.
Così si separarono, si guardarono, si promisero di avere quella conversazione in privato alla fine di tutto e si alzarono. In piedi, Derek teneva ancora la mano a Stiles, quella con cui l'aveva aiutato ad alzarsi.
- Adesso dobbiamo separarci. Prendi Isaac e Cora e va a casa, io rimarrò qua e mi occuperò della polizia e di tutto il resto. - Fece Stiles pensando pragmatico.
Per il passo successivo sarebbe stato un altro paio di maniche.
Derek lo trattenne mentre stava uscendo dall'ascensore, Stiles si girò e si guardarono negli occhi. Ancora quella capacità di capirsi senza parlarsi.
Il ragazzo fece un sorriso comprensivo.
- Occupati di Cora, salvala. Vedrò col padre di Allison se può aiutarci col darach, chiederò anche a Deaton e riunirò tutte le forze residue. tu... vedi solo di Cora. - Derek si sentì compreso, per lui lei era la sola vera famiglia rimasta, perchè Peter l'aveva spodestato dal ruolo di familiare da tempo. Con quel senso di leggerezza gli carezzò la mano col pollice.
- Sta attento. - Disse per poi andarsene.
- E tu fa tutto quello che serve per salvare lei... e te stesso... - Derek l'aveva lasciato e a quello poi si era fermato e l'aveva guardato un'ultima volta senza capire il senso di quello che diceva.
- Non so niente, ma Jennifer per qualche ragione voleva te, ti voleva dalla sua parte... e non sono sicuro che il tuo ruolo sia finito. E visto che ti voleva anche Deucalion... insomma, sarai la mira di tutti. Fa quello che serve per uscirne vivo. -
Non si dissero altro. Derek pensò solo che comunque si sarebbe assicurato la salvezza di tutti, Cora e Stiles per primi.
Dovevano completare quella conversazione e quello scambio di sguardi significativo. Dovevano dirselo. Doveva dirgli che si ricordava.
Doveva.


Sapeva che era stato in qualche modo manipolato da Peter, ma in quel momento non gli era importato nulla. Gli aveva dato una soluzione per salvare Cora e se quello significava rinunciare al suo essere alpha e indebolirsi, bene.
Non poteva importargli qualcosa essere alpha se sua sorella moriva.
Per anni era stata dall'altra parte del mondo e si erano creduti entrambi morti, non si erano cercati. Poi si erano ritrovati grazie a Deucalion. Grazie... ci voleva coraggio per pensare ad una cosa del genere, ma era d'accordo con Stiles. Doveva salvarla, doveva fare di tutto per salvarla. Non poteva sprecare quella seconda occasione.
Lei era sua sorella, era cresciuta da sola come lui, ma per una volta, almeno alla fine, avrebbe fatto qualcosa per lei.
Usò la sua capacità di alpha per salvarle la vita ed in cambio quasi morì.
Si ritrovò di nuovo in bilico fra la vita e la morte e per un momento, per un momento preciso, immerso in quel bianco candido, aveva pensato a Stiles. Si era guardato intorno, privo di sensi, in quel luogo dove la coscienza vagava senza confini.
Si sentì trasportare come portato da un vento e pensò che il proprio grande desiderio di rivedere Stiles prima di quella che poteva essere la sua morte, l'aveva portato da lui davvero.
Quando lo vide, quando distinse chiaramente la sua sagoma, capì che doveva essere così.
Però poi si oscurò.
Era in un bianco candido anche lui.
Com'era possibile?
Era nello stesso posto in cui era lui.
E' una proiezione della mia mente, non può essere veramente lui... perchè questo è il posto di passaggio. Qua ci va chi sta per morire, chi deve decidere se tornare alla vita o se andare oltre. Conosco bene questo posto, ci sono stato altre volte. Ero sempre solo. Ma non avevo mai pensato tanto intensamente a qualcuno per poterlo rivedere, non avevo mai espresso un ultimo desiderio come ora. Però Stiles non può essere qua con me. Lui è vivo, lui sta bene, lui sta risolvendo questo casino con gli altri... lui... lui non può star per morire come me...”
L'idea che invece fosse lì con lui per davvero, lo gettò nel panico, sentì la propria stessa paura ingigantirgli dentro come un'esplosione senza pari, si sentì improvvisamente bruciare.
- Stiles...?! - Disse sorpreso, convinto che non fosse vero. Non poteva esserlo, era impossibile. - Sei davvero tu o è solo una specie di sogno? - Domanda stupida. Eppure si riassumeva tutto in quello.
Quando vide Stiles guardarlo con lo stesso stupore e capire un secondo prima di lui il significato di quell'incontro in quel posto, si rese conto che era davvero lì e che lo poteva vedere perchè erano connessi uno con l'altro più che con chiunque altro.
Derek mosse un passo in quel posto luminoso, cercò di raggiungerlo.
- Stiles, che diavolo hai combinato?! Perchè sei qua?! - tuonò nervoso, ma Stiles venne strappato via altrove prima di poterlo raggiungere, lo vide turbato, pieno di domande che non era riuscito a fargli e con quello stato d'animo inquieto, Derek si svegliò con Cora che lo accudiva.
Le forze erano talmente poche che gli pareva davvero di essere resuscitato ed in effetti era più o meno quello che era successo.
Rimase semi steso nella posizione in cui era in attesa di riappropriarsi di sé e della propria mente, oltre che del proprio corpo.
Appena aveva aperto gli occhi e messo faticosamente a fuoco il mondo, qualcosa gli era sfuggito. Qualcosa di importante e vitale, ma dovette concentrarsi fortemente sul rimanere sveglio, per cui centellinò le energie residue molto scarse e lasciò andare quel pensiero importante.
Stiles in quel posto di passaggio fra la vita e la morte.

Non poteva sapere quello che stava facendo Stiles proprio in quel momento, non poteva sapere che era davvero morto e rimasto morto per ben sedici ore, sospeso in quel posto in attesa di trovare il Nementon.
Prima di concentrarsi e recuperare le forze mentali necessarie per vedere ciò per cui era andato in quel 'posto', era stato chiamato da Derek e l'aveva visto. Impossibile, si era detto.
Sapeva cosa stava facendo e dove era.
Era morto. Stiles sapeva di essere morto. Momentaneamente ma lo era.
Per cui quello era il posto di passaggio.
Se Derek era lì poteva voler dire una sola cosa.
Che gli era successo qualcosa.
Quando lo realizzò, l'angoscia e la paura lo presero ma fu subito strappato via.
Una volta arrivato con Scott ed Allison in quel posto, aveva dimenticato Derek, la mente totalmente focalizzata su un unico obiettivo essenziale. Ogni energia fluiva in lui per sapere dove fosse il nementon.
Così anche il pensiero di Derek in quel luogo, svanì, scivolò come l'ennesima cosa importante che non sarebbe dovuta essere dimenticata.
Quando si svegliò e tornò alla vita, gli eventi si susseguirono frenetici uno dietro l'altro.
Aveva raccomandato a Derek di salvare Cora e mettersi in salvo, sapendo che sia il Darach che Deucalion volevano lui.
Per cui era certo che in qualche modo ce l'avesse fatta e che stesse per una volta seguendo il suo saggio consiglio di nascondersi e mettersi al sicuro.

Non poteva immaginare che sì, Derek ci aveva saggiamente provato, ma che una volta richiamato da Lydia, la banshee, era tornato indietro sapendo che in ballo c'erano ancora troppe cose. Troppe per poter scappare e salvarsi e basta.
La teoria era quella ed era saggia, ma la pratica era che un giorno gli sarebbero pesate sulla coscienza troppe persone.
Pensando che con Lydia di solito c'era sempre Stiles e che lei lo stava chiamando perchè era in pericolo, tornò indietro immediatamente senza rifletterci oltre.
Se c'era la possibilità che Stiles fosse in pericolo più di quanto non lo fosse già stato, doveva fare qualcosa. Anche se non aveva più niente da dare, lui doveva fare qualcosa comunque.
Per questo tornò indietro fino a ritrovarsi faccia a faccia con Jennifer, il darach.
Vedere che lì c'era solo Lydia e non Stiels, fu un gran sollievo, ma ormai era davanti al nemico. O a uno dei nemici.
Jennifer tentò di convincere Derek ad aiutarla nella battaglia finale contro Deucalion, che dalla sua aveva Scott.
Derek ovviamente non ci avrebbe pensato minimamente, se lei non avesse detto le cose giuste al momento giusto.
- Scott. Puoi salvare sua madre. E il padre di Stiles. - Appena sentì il nome Stiles, la fermò ed accettò.
Se lui l'avesse affiancata in quell'atto finale, lei avrebbe ucciso solo Deucalion ed avrebbe lasciato andare tutti.
Derek in quel momento non vide altra scelta. O meglio sì, rifiutarglielo ed andarsene con Cora, com'era il piano originale, e lasciare che tutti se la sbrigassero da soli.
Ma naturalmente sapendo che nelle sue mani poteva avere la vita del padre di Stiles, la persona che per il ragazzo contava di più, non gli fece trovare altra scelta.
Era ovvio che l'avrebbe aiutato in tutti i modi.
Nell'accettare vide un'opportunità formarsi nella mente.
Fingendo di aiutarla, avrebbe potuto alla fine cercare di ucciderla quando magari avrebbe abbassato la guardia.
Era un buon piano, si disse. L'unico, in effetti. Scott da solo non poteva farcela ad affrontare entrambi, sapeva che aveva in mente di lasciare che Deucalion ed il darach si affrontassero da soli fino a distruggersi e poi finirli alla fine, ma c'era la possibilità che comunque non si uccidessero, che non ne avessero le forze.
C'era la possibilità che tutto quello non si risolvesse comunque, per cui doveva cercare di aiutare il più possibile.
Stiles in primo luogo e poi tutti gli altri che aveva imparato ad apprezzare.
Anche Scott c'era in quella lista.
Lo ammirava, lo rispettava, lo considerava un suo pari. Lo vedeva come il lupo che lui non era mai riuscito ad essere, vedeva quella dote naturale che a lui forse mancava, una capacità di giudizio unica basata su dei valori buoni.
Vedeva in lui tutto ciò che mancava a sé stesso.
Non gli avrebbe mai voltato le spalle, al di là che fosse il secondo più importante per Stiles dopo suo padre.
E lui, si disse Derek andando nel luogo dell'incontro.
E lui, in quella classifica, come si posizionava?
In ospedale gli aveva detto che era tutto a posto, ma forse solo per mancanza di tempo, per farlo andare via in fretta e risolvere il risolvibile in quel momento.
Forse, dopo quel che aveva fatto, dopo aver ceduto all'incantesimo di Jennifer e aver alimentato il suo potere ed i suoi piani, in qualche modo ora Stiles lo odiava.
Ucciderla era il minimo che potesse fare per lui. Al di là del salvare o meno suo padre ed il suo migliore amico. Quell'essere l'aveva fatto soffrire molto, l'aveva fatto piangere e star male.
Il minimo sarebbe stato ucciderla per lui, una piccola redenzione.
E poi? E poi cosa?
Chiedere il suo perdono?
Ma lo meritava?
Derek si vedeva pieno di colpe che forse non aveva, non del tutto. Non aveva aiutato Jennifer sul serio, non prima di quel momento.
Era solo stato sotto una specie di incantesimo che lo aveva visto cedere ammaliato a lei, ma a parte che andarci a letto e fare la parte del suo ragazzo, non aveva fatto nulla. Poi Stiles e Scott l'avevano svegliato in tempo e tutto si era spezzato prima che diventasse irreparabile.
Però perchè allora si sentiva tanto in colpa?
Avrei dovuto accorgermene che era un druido oscuro, dovevo sentirlo invece che farmi incantare. Se me ne fossi accorto subito, invece di portarmela a letto, tutto questo non sarebbe successo. Quella volta era ancora debole, potevamo fermarla. Ed invece...”
Derek non avrebbe mai finito di incolparsi e minuto dopo minuto, rielaborando il tutto, se ne rendeva sempre più conto.
Non poteva chiedere un perdono che lui stesso non si sarebbe mai dato.
C'erano state molte occasioni in cui Derek era stato tentato di tornare con Stiles, lui glielo aveva chiesto, aveva capito che aveva cercato di proteggerlo, ma aveva chiesto di tornare insieme lo stesso e affrontarla in un altro modo. Ma quel richiamo, quella voce, quella nebbia l'aveva sempre fatto agire contro.
In qualunque maniera si guardasse, Derek si vedeva colpevole e condannato da sé stesso.
E per questa stessa colpa incancellabile nei confronti della persona che amava davvero, non si fermò. Non si sarebbe mai fermato.

Lui, le sue mani sul collo di Jennifer nell'unico istante in cui era rimasto in piedi da uomo.
L'eclissi lunare aveva tolto ai lupi i poteri e lei aveva sopraffatto sia Deucalion che Scott. Rimasto solo Derek aveva pensato d'avercela fatta e lì lui aveva cercato ugualmente di ucciderla.
Non ne aveva le forze, dopo aver guarito Cora era ancora stremato e non più un alpha, si sentiva quasi come morire, lei aveva le forze sufficienti per sovrastarlo e contrastarlo. Non ce l'avrebbe mai fatta, lo sapeva, ma non avrebbe mai mollato la presa dal suo collo, anche solo con le proprie mani, anche senza poteri da licantropo, anche solo con un briciolo inutile di energie, lui ci avrebbe provato fino a morirne. Non avrebbe mollato, non avrebbe mai potuto.
Per Stiles, per Scott, per tutto quello che si era faticosamente conquistato. Per Cora incredibilmente ritrovata.
Ma soprattutto per Stiles e tutto quello che gli aveva fatto patire, quel doverlo lasciare, quel ferirlo, quel respingerlo, quel fargli credere che amava un'altra, quel non accorgersi che era lei il darach, quell'incapacità di fermarla, quel permetterle di prendere suo padre e forse ucciderlo.
E se l'aveva ucciso?
E se era morto anche Stiles?
Non c'era. Scott era lì, ma Stiles?
Non sapeva niente di lui e di quel che stava facendo.
Per un momento impazzì nel rendersene conto e ricordò, stringendo sul suo collo, cercando di ucciderla con risentimento, da cosa aveva avuto inizio.
Da quella notte di luna piena, a scuola, con Boyd e Cora impazziti che l'avevano quasi ucciso.
Si era sentito chiamare, si era sentito obbligato a fermarli a costo della vita.
Sapere che lì in quel posto c'era qualcuno non sarebbe stato sufficiente a rischiare fino a quel punto se non fosse stato per una sorta di obbligo. Da quella notte era partito tutto, la connessione, la fine, il dolore di Stiles.
Le lacrime di Stiles.
No, non l'avrebbe mai lasciata andare. Non poteva. A costo di morire nel tentare di ucciderla.
Quando tornò la luna e quindi i loro poteri, la situazione si invertì ed andò a suo favore, sentì nitida la possibilità di ucciderla, Scott si svegliò in quell'istante, i due si guardarono complici capendo cosa andava fatto e lei lo capì a sua volta e nell'estremo ultimo tentativo di difesa, si circondò della polvere protettiva che impediva alle creature sovrannaturali di passarla.
Derek per un momento pensò che ce l'avrebbe fatta.
Per un momento pensò che quell'essere sarebbe sopravvissuto. Che non avrebbe potuto vendicare Stiles e la sua sofferenza.
Ma Scott arrivò laddove lui non era riuscito ed il sollievo che provò nel vedere la fine di quell'incubo, lo tradusse in riconoscenza eterna ad una sorta di nuovo fratello.
Scott aveva i suoi difetti, non arrivava a tutto, non sempre era sveglio, ma quello che contava era che al momento giusto arrivava dove nessun altro riusciva. Che lui c'era laddove gli altri fallivano.
Dopo pensò solo una cosa, molto semplice e chiara.
Non era stato lui a riscattare Stiles e a salvarlo.
Era stato Scott.
Lui, di fatto, non era stato capace di fare niente.
Alla fine non era stato lui.

Il primo pensiero di Stiles, al telefono con Scott, alla fine di tutto quanto, fu per Derek.
- E voi come state? - Chiese infatti subito dopo aver risposto all'amico che si assicurava se fossero vivi.
Scott ovviamente aveva guardato Derek sapendo che stava ascoltando la sua voce al telefono e lo vide fare una faccia imbarazzata, ma fargli cenno che stava bene.
Era peggio se Stiles si preoccupava ancora tanto per lui, non vedeva tutte le colpe che aveva?
Era davvero disposto a perdonarlo e ad andare oltre?
Era ancora nei primi posti di quella famosa classifica?
Derek non credeva se lo meritasse, ma Scott gli disse che serviva aiuto a tirare fuori Stiles e tutti gli altri dal rifugio sotto al nementon, crollato con loro dentro.
Un secondo di più e sarebbero morti, avevano fermato il darach al momento giusto.
Però ovviamente erano intrappolati e senza il loro aiuto non sarebbero potuti uscire.
Derek imprecò.
Per un momento aveva anche pensato di andarsene davvero senza vederlo. Non credeva di poter reggere il suo sguardo, se Stiles poteva dimenticare, lui no.
Come poteva dimenticare?
Come?
In qualche modo era stato un'arma per ferire Stiles e chiunque contasse per lui, suo padre, Scott...
E poi si era spinto fino al punto da lasciarlo e respingerlo tutte le volte successive.
Derek si ripeté ogni cosa consapevole che non aveva una redenzione, non esisteva, non poteva concedersela, non era giusto.
Perchè questo era lui.
Le colpe restavano indelebili come il colore dei propri occhi, qualcosa di incancellabile.
Un marchio.