CAPITOLO L:
UNA SOLA STRADA

Fu peggio di quel che aveva pensato. Non che la sua mente fosse arrivata ad elaborare un'ipotesi plausibile per quella chiave in tasca, ma quando il dubbio che fosse dell'aula di chimica gli si era insinuato, non aveva potuto crederci. Per cui non si era dato risposte in attesa delle certezze.
Quando queste erano arrivate, era stato anche peggio.
Come poteva avere lui la chiave di chimica, proprio quella che era stata usata per un mandante malvagio ed il pazzo Barrows per comunicare con un messaggio cifrato in codice sulla lavagna?
Stiles, da solo, entrò nell'aula dopo averla aperta e quando la serratura scattò il suo cuore cominciò a battere impazzito.
Si sentiva tremare, ma la tensione che si alzava sempre più gli imponeva di non perdere già la testa.
Era vitale trovare risposte.
Perchè aveva la chiave di quel posto?
Il famoso mandante gliele aveva messe nell'armadietto... ma come? Il suo armadietto era chiuso.
Quando, all'interno, si guardò intorno alla ricerca di risposte, con la sensazione sgradevole che le avrebbe trovate, l'indizio arrivò guardando la lavagna col famoso messaggio sopra.
Numeri uno sotto l'altro.
Quando li fissò con maggior attenzione, il cuore accelerò.
Ecco, era lì, era lì davanti ai suoi occhi.
I numeri.
Quei numeri, quel codice che indicava a Barrows di uccidere Kira era la sua scrittura. Quando la testò scrivendo gli stessi numeri accanto, si sentì morire per un momento.
Si sentì talmente male da non riuscire a respirare, rimase gelidamente a fissare le due scritte identiche e mentre realizzava che doveva averle scritte lui, capì che gli stava capitando davvero qualcosa.
Gli cadde il gesso per terra ed indietreggiò incredulo, eppure la verità gli stava davanti agli occhi. Non era possibile. Non lo era proprio.
Rimase dei minuti infiniti a fissare la lavagna, non c'era una valida spiegazione, eppure le prove erano lì inconfutabili.
Dovevano essercene altre, doveva indagare per capire se davvero c'erano altre prove. Suo padre diceva che dovevano essercene tre per dare certezza.
Non aveva spiegazioni, ma doveva capirne di più prima di lasciarsi andare al panico, prima di dirsi che era lui quello che stava impazzendo.
Perchè a quel punto l'unica risposta sarebbe stata quella.
Impazzire.
Stiles, ansimante, uscì dall'aula di corsa per andare a casa, gli serviva il computer per indagare sui dettagli del caso Barrows, tutto quello che lo riguardava e che c'entrava con la questione capitata a Kira.
Se era veramente lui quello che gli aveva indicato di ucciderla, doveva esserci qualcosa che portava la sua firma.
Si sentì assurdo ad indagare verso sé stesso, ma la scarsa lucidità che riusciva a mantenere era vitale la concentrasse tutta su quello.
La mancanza di sonno di quel lungo periodo si faceva sentire, era cosciente che il non dormire non lo stesse aiutando, per questo da sveglio cercava di concentrarsi su qualcosa.
Aveva infatti riempito il muro dei casi irrisolti a Beacon Hills, un puro passatempo per combattere l'insonnia. Insomma, si limitava a non dormire. Del resto non poteva rigirarsi nel letto come un idiota.
Così aveva provato a vedere se ci capiva qualcosa vedendo i casi dal punto di vista del sovrannaturale.
Le restanti ore della notte, quelle che lo stavano portando all'alba, le passò a cercare la sua probabile firma nel caso Barrows e solo verso l'ora di tornare a scuola la trovò.
C'era un sistema usato che portava esattamente la sua firma, qualcosa di inequivocabile.
Quando trovò anche quello, tornò il panico, il respiro affannato, il sudore. Si strofinò il viso alla ricerca di un modo per calmarsi, non c'erano sacchetti, non sapeva come fare.
Non riusciva nemmeno a pensarlo, dallo stato in cui si trovava.
Quando dalla finestra entrò Derek era giorno e si stupì di trovarlo lì.
- Stiles, pensavo di trovare la tua camera vuota! - Stiles avrebbe detto 'e perchè ci sei venuto? Volevi usare il mio letto per dormire?', lui gli avrebbe detto che era venuto solo per scrupolo.
E per chiedergli perchè non era alla festa. E poi per sgridarlo perchè non gli aveva detto niente e non solo, aveva dato le chiavi del suo loft a quei debosciati dei gemelli... che probabilmente avevano trovato da soli il modo di entrare.
Però ad uno sguardo attento a Stiles, Derek capì che il ragazzo aveva qualcosa che non andava. Sudava, era pallido ed annaspava.
- Hai un attacco di panico?! - Disse incredulo. Stiles lo fissò pensando confusamente che non glielo poteva dire, non riusciva a capire perchè, ma non glielo poteva dire. Così si girò e barcollò verso il bagno, aprì il rubinetto dell'acqua fredda ed entrò sotto la doccia vestito davanti agli occhi esterrefatti di Derek.
Questi rimase fermo a guardarlo e quando realizzò che l'acqua era gelata, gliela chiuse e prese l'asciugamano avvolgendolo, poi lo strinse fra le braccia con forza fermando il suo tremore.
La pressione delle sue braccia aiutò il corpo di Stiles a calmarsi e piano piano si affievolì fino a spegnersi.
Derek rimase fermò con lui fra le braccia, sotto l'asciugamano, rannicchiato nella vasca. Dopo qualche istante gli alzò il telo dalla testa e gli fece far capolino preoccupato, cercando di dimostrarsi calmo.
- Ehi... - Fece piano con una dolcezza nuova per loro. Stiles, meravigliato di quel suo stato, capì quanto dovesse essere preoccupato e capendo che non poteva alimentare la sua paura che fosse lui la causa dei suoi mali -sapeva che lo pensava- decise di non dirgli nulla. Non poteva.
Al resto ci avrebbe pensato dopo.
- Sto bene, ora... - Disse nascondendo il viso nel suo petto. Derek gli mise una mano fra i capelli bagnati spettinandoglieli.
- Va bene... esci... - Disse prendendolo per le braccia e alzandolo quasi di peso.
Lo sentì leggero e arrendevole, Derek ora percepiva chiaramente in lui la paura, non capiva verso cosa.
Quando l'ebbe portato in camera e gli ebbe tolto l'asciugamano, cominciò lentamente a spogliarlo. Cominciò silenzioso dalla maglia per poi andare ai pantaloni. Si abbassò per levarglieli visto che, bagnati, non scivolavano sulla pelle. Quando gli ebbe tolto anche quelli, fece altrettanto coi boxer. Non ci provò con lui, non lo sfiorò con alcun atteggiamento sensuale od erotico. Non c'era malizia nei suoi gesti e Stiles si sentì sempre meglio, curato da lui e dalle sue attenzioni che non credeva potesse mai avere per lui.
Sapeva quello che provava per lui, ma in queste vesti era stato solo per Cora.
Prese dei vestiti di ricambio e quando vide che prendeva il pigiama, Stiles si riattivò nel modo più strano.
- No, devo andare a scuola... - Derek lo guardò sorpreso.
- Penso sia meglio che riposi! - Stiles scosse il capo deciso.
- Tanto non riesco a dormire! - Derek sentì l'impulso di demolirlo sull'argomento del dormire e del mangiare, ma non ebbe tempo perchè quando roteò gli occhi infastidito, notò tutte le foto e i post-it sul muro. Così si fermò e smise di pensare ai suoi vestiti avvicinandosi al famoso muro. Stiles capì che doveva giocarsela bene ed imprecando si rivestì in fretta andandogli davanti per distrarlo.
- Stiles, cos'è questa roba? - Chiese corrugato sapendo che la risposta non gli sarebbe piaciuta.
- Cosa vuoi che sia? Sto cercando di aiutare mio padre... - Derek non staccò lo sguardo attento dalle foto.
- Ha un caso con così tanti indagati? - Stiles scosse il capo, era agitato e Derek lo percepiva benissimo.
- No, sono diversi casi irrisolti di questi anni... li sta riesaminando per vedere se sono collegabili col sovrannaturale e visto che ne so più io di lui, lo sto aiutando. A sua insaputa. - Derek smise di guardare il muro per tornare a fissare torvo e accusatore lui, poi con la sua tipica durezza indicò quella roba e seccato disse:
- E ti stupisci se non dormi e ti vengono attacchi di panico? - Stiles pensò che fosse un gran colpo di fortuna, si era dato una risposta da solo che per inciso era sbagliata, però era meglio della verità. Così si aggrappò a questo e abbassò lo sguardo fingendosi colpevole, pensò che se ci fosse cascato sarebbe stato un miracolo e quando attese le sue urla tonanti, urla che non arrivarono, rialzò lo sguardo sorpreso.
Ci era cascato?
Non aveva sentito quanto sperava ci credesse?
- Stiles, perchè lo fai? - Chiese. Lui provò a proseguire la sua menzogna a fin di bene.
- E' che... lo devo a mio padre... non so, in qualche modo penso di doverglielo... forse verrà licenziato ed io... boh, vorrei aiutarlo quanto più posso... - Derek ci poteva credere, era una cosa da Stiles. Sospirando gli mise una mano sulla testa per placare in generale la situazione e rassegnarsi.
- Non ti fa bene, queste cose ti tolgono il sonno e la lucidità... la questione di tuo padre ti sta agitando troppo e non penso che gli farebbe piacere... - Stiles abbassò il capo e lasciò che la sua mano scivolasse sul collo e poi, da dietro, lo tenesse verso di sé.
- Lo so ma è mio padre... -
Derek avvicinò il viso al suo tenendoselo fermo a piacimento, non lo obbligò ad alzare la testa, ma sfiorò il viso col suo aspettando che lo guardasse.
- Quanti ne hai di questi attacchi? - Stiles rispose con sincerità.
- E' il primo da un bel po'... - Derek annuì senza muoversi.
- Devi mollare un po'... così non puoi essergli d'aiuto... - Stiles annuì e alzò lo sguardo sperando di non fregarsi ora. Derek gli leggeva sempre dentro... possibile che ora non lo facesse?
Derek percepiva molto caos e paura, in lui, ma c'era anche come un blocco. Qualcosa bloccava la percezione precisa delle emozioni di Stiles. Qualcosa di così forte che non si faceva nemmeno notare dal lupo. Questi infatti non si accorgeva di nulla se non che c'era qualcosa di strano, ma era una sensazione troppo generica per afferrarla bene.
Quando si guardarono di nuovo, Stiles stava meglio e riuscì a capire cosa stava succedendo.
Forse sto impazzendo... se ho la malattia della mamma può essere che mi stia facendo fare cose da sonnambulo contro la mia volontà, ma è assurdo che faccia del male agli altri. Questo non lo farei mai, non ha senso. Devo capire se la malattia può degenerare fino a quel punto... perchè se non è quello è qualcos'altro... ma in ogni caso...” Stiles rimase negli occhi di Derek mentre lo pensava, lui non lo forzava a baciarlo o a fare nulla. Era uno Stiles davvero strano. Turbato, pensieroso, silenzioso. Così rimasero vicinissimi a portata di bacio e Stiles, smarrito, proseguì: “in ogni caso è qualcosa di mostruoso che mi fa fare cose mostruose... ed io non voglio fargli male. Non voglio fare male a Derek. Non potrei sopportarlo. Devo stare attento e tenerlo fuori da questa cosa. Il non sapere è la protezione migliore, ora come ora. Finchè io stesso non so cos'è... “
All'idea di escluderlo da qualcosa di così importante si sentì esplodere e aggrappandosi alle sue braccia, lo baciò con bisogno e confusione.
Derek sentì il suo dolore, la sua paura e non sapeva bene da cosa derivasse di preciso, non ne sapeva abbastanza.
Forse aveva ragione lui... separati ci feriamo di meno... vicini facciamo rischiare troppo uno all'altro. Forse la cosa migliore è allontanarlo... se sono io impazzito... se non ho più il controllo di me per qualche ragione non posso rischiare di ferirlo... Dio mio, non posso...”
Derek percepì il suo strazio e rafforzò la presa intorno alla vita, l'attirò a sé cercando di infondergli la sua sicurezza e di calmarlo.
Qualunque cosa stesse succedendo a Stiles, non aveva solo a che fare con quel muro e l'aiutare suo padre.
Di sicuro c'era altro, ma lui non glielo voleva dire e sapeva bene perchè.
Aveva fatto lui stesso la medesima cosa quando aveva capito che tenendolo vicino a sé gli avrebbe fatto rischiare troppo.
Dopotutto amavano allo stesso modo.
Non gli permetterò mai di affrontarlo da solo. Di qualunque cosa si tratti!”
Ed in quel momento, in quell'abbraccio in cui Stiles si rifugiò dopo il bacio, lo sentì così fragile ed indifeso da desiderare di avere davvero il potere di proteggerlo. Desiderò di essere abbastanza. Desiderò solo che Stiles stesse bene.
- Rimani a casa a riposare... - Disse poi dopo un po', ma Stiles scosse il capo deciso separandosi.
- No, devo andare a scuola, devo vedere Scott... - A lui glielo doveva dire. Se stava per succedergli qualcosa, almeno Scott doveva saperlo. Poteva essere qualcosa che avrebbe coinvolto tutti.
Derek alla fine decise di lasciarlo fare e fingendo di andarsene per conto proprio, lo seguì di nascosto a scuola per controllarlo.
Scott era tenuto d'occhio da quei due impiastri dei gemelli, almeno per sorvegliare Scott potevano farcela.
Lui doveva vedere di Stiles. Sentiva che c'era qualcosa.
Quando lo vide che ne parlava con Scott si sentì meglio, ma quando sentì di cosa si trattava gli tornò la voglia di prenderlo violentemente a pugni.
Come poteva nascondergli una cosa simile?
Se non lo uccido io campa cent'anni facendo stronzate!”
Derek, indignato per il modo in cui aveva osato escluderlo da una cosa tanto grave ed importante, rimase fuori dalla finestra dell'aula di chimica dove Scott e Stiles stavano parlando dei sospetti e delle paure di quest'ultimo. Ascoltò tutto scuotendo il capo spazientito.
Stiles si credeva responsabile delle vicende di Barrows e di Kira, ma non c'erano le prove che lui era convinto ci fossero, perchè la lavagna era stata cancellata e la chiave di chimica non la trovava più, per cui alla fin fine risultavano solo sue paranoie e paure.
Restava la gravità del fatto che lui si credesse responsabile, pensava di star perdendo il controllo del proprio corpo, la ragione o Dio solo sapeva cosa.
Come poteva essere arrivato a quel punto?
Certo, se passa le notti ad indagare sui casi di suo padre e non dorme, come fa a ragionare lucidamente e a capire le cose? La prima cosa che succede quando non si dorme sono le allucinazioni... e a questo punto mi chiedo da quanto davvero non dorma per essere a questo livello! Bisogna non dormire per settimane, prima delle allucinazioni!”
Era ovvio che per lui la sola spiegazione fosse quella e mentre sentiva Scott che gli suggeriva di andare a casa a dormire, preoccupato per lui, gli tornò alla mente quello che gli aveva detto su sua madre.
Aveva una malattia che l'aveva resa praticamente pazza fino alla morte. Non gli aveva spiegato bene tutto, però era qualcosa che si poteva trasmettere geneticamente e che poteva colpire gli adolescenti.
Derek si insultò per aver perso la testa per lui, poi scosse il capo.
Come se questo c'entrasse qualcosa... forse soffrirei meno all'idea che gli possa succedere qualcosa, ma alla fin fine... cosa cambia? Gli sta capitando qualcosa!”
Derek guardò in basso preoccupato girando la testa verso la porta d'ingresso della scuola, per vedere se Stiles andava davvero a dormire o a fare chissà cosa.
Se ha quella cosa di sua madre deve andare in ospedale, non a dormire!”
Non ne sapeva molto, ma quel po' che sapeva, bastava.
Vedendo che andava alla macchina, ma che non riusciva nemmeno ad infilare la chiave nel buco della serratura, scosse il capo e andò da lui.
Questo piccolo idiota!” Imprecò fra sé e sé raggiungendolo silenzioso. Senza dire niente mise la mano sulla sua, gli prese la chiave, aprì la porta ed entrò al posto del guidatore.
Stiles, fuori, lo guardò inebetito ed incredulo.
- Che fai, mi segui? Sei inquietante, Derek! - Derek lo guardò affilato come la lama di un coltello.
- E tu stupito! Sali. - Non avrebbe ammesso repliche, ma ovviamente Stiles replicò lo stesso.
- Posso guidare da solo fino a casa! - Derek indurì il viso e con un tono marcato, rispose:
- Certo e poi a casa indaghi sui casi di tuo padre, no? - Stiles lo guardò titubante.
Non aveva sentito la conversazione? Derek capì che si stava chiedendo questo e sospirando spazientito, rispose seccato: - So a cosa pensi. Finchè non ci sono prove, per me sono tutte allucinazioni! Per cui ora fili in ospedale! Da quanto non dormi? Hai attacchi di panico e allucinazioni! - Il tono era sempre più accusatore, Derek si stava davvero arrabbiando, ma Stiles capiva che era così perchè era preoccupato. Così per tagliare corto, salì silenzioso sull'auto senza rispondere.
Derek partì ma non demorse.
- Da quanto non dormi di preciso? - Stiles inghiottì grattandosi il capo, ora non riusciva a sostenere un litigio con lui. Era stremato.
Appoggiò la testa all'indietro e scosse il capo stringendosi nelle spalle.
- Non... non so... giorni... - Il tono supplichevole... non aveva mai avuto quel tono e Derek stringendo le labbra contrariato e arrabbiato, scosse il capo sospirando limitandosi a guidare.
Arrivato in ospedale i due non avevano più detto nulla, ma prima di scendere lo trattenne per un braccio. Stiels si fermò e lo guardò, gli occhi cerchiati di rosso, l'aria confusa, le occhiaie, il pallore. Stava davvero male.
Derek si ammorbidì lasciando andare la rabbia, dopotutto stava male.
- Per prima cosa si pensa a cause umane e solo dopo a cause sovrannaturali. - Stiles annuì capendo che era una sorta di lezione per evitare di andare nel panico.
- Questo non mi tranquillizza. - Mormorò abbassando lo sguardo come se si vergognasse di quella paura.
- Perchè? - Chiese piano Derek.
- Perchè se è una causa umana, come dici tu, può essere solo la malattia di mia madre... e credimi che a quel punto le cause sovrannaturali sarebbero meglio... - Derek però non poteva pensare che il suo Stiles fosse preso da qualcosa di sovrannaturale che lo facesse agire in quel modo scriteriato e contro gli altri. Era come ammettere di non essere stato in grado di proteggerlo. Come poteva, con lui vicino, essere stato preso da 'qualcosa'?
Lui era Stiles, era il suo Stiles normale, umano, fragile, indifeso... l'aveva sempre visto così. Non poteva essere preso da qualcosa con lui lì accanto che lo proteggeva. Lui era lì per questo. Per tenergli lontano quelle cose.
Certo non sarebbe meglio che avesse quella maledetta malattia...”
Pensò poi confuso Derek stesso, incapace di capire cosa provava in quel momento.
Si avvicinò e lo baciò senza dargli una risposta in merito. Cosa sperava?
Non ne aveva idea.
- Andrà tutto bene. - Non era mai stato molto ottimista, ma lì ne ebbe un gran bisogno.
Così lo lasciò andare.

Derek era terrorizzato sia dall'idea che una malattia umana glielo portasse via, sia dal sovrannaturale che lo contaminava in qualche maniera.
Però lui si sentiva come il guardiano di Stiles per il sovrannaturale, realizzare che qualcosa di malvagio lo aveva preso era come fallire, per lui.
Non lo poteva accettare e nemmeno concepire.
Per cui si ripeteva che non era così.
Se era una malattia lo potevano curare e se non era curabile l'avrebbe morso... nella speranza che si trasformasse e non morisse...
Quando entrò nella camera, Stiles dormiva. Gli era stato dato un sedativo che l'aveva fatto crollare. Avvicinato al letto, lo vide abbandonato al sonno, sotto le coperte, l'aria stanca, il viso segnato, si vedeva la preoccupazione mentre dormiva.
Era la mancanza di sonno, ma perchè non riusciva a dormire?
Derek non poteva che chiederselo ripetutamente.
E' davvero così fragile... “ Pensò carezzandogli la fronte ed i capelli scendendo sulla guancia.
Si sedette e rimase a guardarlo silenzioso, liberamente preoccupato. Si era sentito così solo per Cora. Cora aveva potuto guarirla rinunciando ai suoi poteri di alpha, ora non aveva più niente a cui rinunciare se lui avesse avuto una malattia incurabile, ma a quel punto avrebbe trovato un'altra soluzione, a costo di obbligare Scott.
L'ansia di perdere Stiles lo paralizzò.
Se ne era andato per proteggerlo e forse qualcosa di umano e terribile poteva portarglielo via.
Smettila, è solo mancanza di sonno.” Ma non poteva non chiedersi cosa mai glielo potesse togliere fino a quel livello.
Gli prese infine la mano fra le sue e se la portò alle labbra.
Era questo amare, si disse.
Sentirsi morire quando lui stava male.
A volte amare sembrava più una maledizione che altro.
Starà bene... starà bene... lui è Stiles... quale 'cosa' sovrannaturale lo vorrebbe? È così petulante, fastidioso, irritante... così debole... il sovrannaturale è attratto da creature potenti... “ Si ripeteva come una litania chiudendo gli occhi.
Pensare che il sovrannaturale se la prendesse era peggio, per Derek. Perchè c'erano cose sovrannaturali davvero troppo forti, a volte. Per chiunque.
Starà bene...”
Tornò a ripetersi.
Quando guardò l'ora e vide che erano vicini al tramonto, l'ora in cui si erano dati appuntamento da Scott per affrontare quegli esseri in armatura venuti per fare chissà cosa e che avevano marchiato quasi tutti loro, dovette a malincuore lasciarlo. Se dormiva andava bene, si disse.
Stiles non aveva niente. Solo mancanza di sonno e l'insonnia era dovuto a qualcosa di affrontabile, di umano. Ne era certo. Non c'erano altre possibilità.
Stiles sarebbe stato bene.


Stiles era consapevole che poteva essere la malattia di sua madre e l'idea che fosse quello, per lui che l'aveva vissuta in prima persona, non lo faceva stare bene.
Aveva il terrore di avere quello e si ripeteva che era altro, doveva essere altro. Potevano esserci miliardi di altre opzioni, ma la sua mente era troppo piena di nozioni e sapeva che per quante possibilità ci fossero, la prima, quella in cima alla lista, era la malattia.
Eppure pensava a quello che aveva trovato, era sicuro d'aver visto la scritta sulla lavagna, aveva trovato la propria firma nel caso Barrows che gli aveva dato conferma. E quella chiave... non sapeva come era sparita, ma sapeva che c'era.
Per cui quello... quello non era spiegato dalla malattia.
Perchè per quanti problemi potesse portare, non lo trasformava in una persona cattiva.
Ma era cattivo?
Stiles si sentiva sempre più sottile e stiracchiato, il controllo labile. Non ce l'avrebbe fatta a lungo a controllarsi e sentiva che quando avrebbe ceduto, sarebbero stati tutti in pericolo. Sapeva che sarebbero stati guai seri. Non sapeva bene come, perchè e cosa, ma sentiva che non poteva cedere.
Qualunque cosa gli stesse capitando.
Qualunque.
Pensava a Derek, a Scott, a Lydia... a tutti i suoi amici, a suo padre... e capiva Derek ed il suo isolamento di qualche mese prima, quando aveva capito che chiunque gli sarebbe stato accanto sarebbe finito male.
Lo capì in pieno.
Nell'addormentarsi si lasciò prendere e portare via dalle forze invisibili che lavoravano in lui.
Due diverse, una umana, la malattia, ed una sovrannaturale, lo spirito oscuro.
Anche se poi sempre e solo di una si trattava...

Eppure la volpe poteva permettersi di accontentarlo sulla maggior parte dei suoi desideri, pur di poterlo prendere. Ma c'era uno di questi che non poteva proprio realizzare.
Fra le persone che il povero piccolo Stiles voleva proteggere, uno era il solo in grado di farlo tornare in sé nei momenti critici. Quell'unico reale consistente pericolo per sé stesso, non poteva essere risparmiato.
Gli dispiaceva ferire il suo dolce Stiles, ma non poteva permettersi di perderlo.
Derek non poteva risparmiarlo.