PATH

CAPITOLO I

UNO STRANO, NUOVO INIZIO

PARTE X

Suonò la campanella della ricreazione.
Da fuori, non si sentiva neanche troppo forte ed era facile fingere di non averla sentita e tornare in classe in ritardo senza essere puniti. In più, Tasha era in quel momento assorta in una sofferta partita di calcio nel cortile della scuola, assieme a dei ragazzi di altre classi. La sua squadra, fino a quel momento, era rimasta in netto svantaggio e solo grazie alle doti atletiche della ragazza si stava lentamente risollevando, con una rimonta che solo pochi minuti prima sembrava impossibile. Perché così era Tasha, lenta e inesorabile, come una valanga che inizi lentamente a staccarsi dal fianco di un monte, per travolgere tutto a valle.
La partita, comunque, finì una ventina minuti dopo la ricreazione e quando Tasha tornò in aula, fu piuttosto sorpresa di non trovarvi ancora nessuno, neanche il professore.
Strano, molto strano.
Ma doveva esserci sicuramente una spiegazione. Forse. Dopotutto quella era la classe più strana che le fosse capitato di conoscere.
Si sedette al suo banco, appoggiando la testa tra le braccia conserte e iniziò a pensare... alla nuova scuola, alla nuova casa, al mondo nuovo e per molti aspetti poco piacevole nel quale stava vivendo. Noah la preoccupava molto, dopotutto lei sapeva tutta la verità su di lui, o quanto meno sapeva tutto quello che lui stesso sapeva... e questa conoscenza comprendeva il fatto che non si sapeva quanto sarebbe vissuto. Come gli animali clonati si erano dimostrati già 'vecchi' nonostante la loro età, calcolata a partire dalla loro nascita, non fosse avanzata, era possibile che anche Noah, nonostante dimostrasse soltanto sedici o diciassette anni, avesse già un'età più avanzata o che le manipolazioni apportate al suo patrimonio genetico lo rendessero più fragile o soggetto a malattie più gravi. Insomma, la sua intera esistenza era in forse. E nonostante questo, quel ragazzo già faceva piani per il futuro. Era ammirevole. Le sue elucubrazioni furono interrotte dall'arrivo degli altri. Arrivò quasi subito Christine, seguita da Eleni, quella specie di cagnolino bastonato che non mollava un secondo la bionda. Si meritavano a vicenda, davvero. Pian piano giunsero anche gli altri, discutendo animatamente su qualcosa che era accaduto.
Levi andò a sedersi accanto a Tasha, come al solito, senza staccare lo sguardo da Christine, di cui era innamorato ormai da tempo immemore...
- Levi? -
- Eh? -
- Che diamine è successo? - gli chiese Tasha, stiracchiandosi leggermente. Si era addormentata?
- Beh, principalmente Maya ha tentato di suicidarsi e il prof. l'ha...salvata, direi - disse, con un lieve sorriso.
Ma in quel momento si era creato un attimo di silenzio in aula, dopo che tutti i restanti si erano seduti (ma Gabriele non c'era... chissà dov'era sparito? Fu chiaro a tutti poco dopo quando tornò con una chitarra in mano e si mise a strimpellare seduto sul davanzale) e così la voce di Levi, per quanto sommessa, si sentì chiaramente.
Christine si voltò, e sul suo viso si allargò un sorrisetto malefico. Intanto, Noah venne a sedersi al solito posto, poco lontano da Tasha, immerso nei suoi pensieri. Tasha sapeva che c'entravano i suoi poteri esp, ma non poteva fare molto al momento, e non contro qualcosa che riusciva a stento a concepire.
- Sì, proprio. Quella sfigata non solo ha fallito nel cercare di liberarci dalla sua presenza...ma ha anche messo in pericolo quel gran figo del professore - squittiva Christine, con arie da gran donna.
- Dovrò andare a trovarlo in ospedale...non posso mica lasciarlo solo soletto con quella svampita! - sospirò poi, sedendosi sul suo banco con atteggiamento da vamp.
Eleni era in piedi vicino a lei e annuiva con aria ugualmente maligna.
- E' vero, che spreco rischiare la vita per una come lei, si voleva suicidare no? Tanto vale lasciarglielo fare... -
- Ma siete impazzite? - disse in quel momento un'altra voce.
Era quella di Jules, appena arrivata in classe anche lei.
Andry, vedendo come si mettevano le cose, optò per una ritirata strategica sulla terrazza, il suo luogo preferito per riprendersi e fare i fatti suoi, come osservare l'incessante passaggio delle automobili lungo la strada che costeggiava la scuola o l'indaffararsi della gente su e giù nelle finestre di un condominio di fronte, nel quale si poteva spiare quasi come osservando la vita di persone in miniatura in una casa di bambola.
- Cosa vuoi tu? - ribatté Christine, con aria oltraggiata.
- Voglio tapparti la bocca, ecco cosa voglio. Maya è nostra amica, che diavolo ti passa in mente di dire che potrebbe anche essersi uccisa? Ma ti ascolti quando parli? –
- Sarà tua amica, ma certo non mia -
- E neanche mia - incalzò Eleni
- E anche se fosse l'amica del Papa in persona, non mi interesserebbe, sai? Perché è una persona assolutamente inutile e non ha senso la sua esistenza. Se sente di poterci togliere l'impiccio della sua presenza scomoda, allora è meglio assecondarla -
- Hai proprio poco in quella bella testa bionda se la pensi così - intervenne Tasha, che fino a quel momento aveva sopportato in silenzio.
- Beh, almeno ho una bella testa, tu non hai neanche questo, soldatessa, neanche la bellezza, che apre tante porte... -
- Ah sì? E quali porte? Quelle della camera da letto? -
Christine non replicò subito, ma raccolse da terra il cassino della lavagna (arrivato lì chissà come) e glielo tirò addosso. Il cassino colpì Tasha sulla giacca, formando una macchia bianca di polvere di gesso.
- Ecco, ora hai il simbolo che andrebbe messo sugli esseri inferiori come te e tutti voi altri, in particolare Maya -
Eleni le sussurrò qualcosa all'orecchio
- E Levi, ovviamente -
Tasha ci vide rosso: Levi era diventato mortalmente pallido, e si era fatto piccolo piccolo. Fino a quel momento aveva cercato di giustificare in qualche modo il comportamento di Christine, ma ora...
Eleni avrebbe detto qualcosa altro per appoggiare la tesi dell'amica, ma in quel momento un doppio ciclone le avvolse.
Jules, che si sentiva prudere le mani da un bel po', ormai, si era gettata sulla bionda stupida, mentre Tasha torreggiava su Eleni, la quale si difendeva a morsi e unghiate.
Christine tirò un calcio negli stinchi a Jules, ma tanto lei era più agile e forte e le torse un braccio dietro la schiena, minacciando di farle molto molto più male...
- Jules! Lasciala stare! - gridò Levi, cercando di sovrastare il gran frastuono, ma nessuno lo sentì.
S'alzò in piedi e s'avvicinò alla rissa - Jules, lasciala stare, dannazione! - gridò ancora più forte e in quel momento Jules sentì e lasciò che qualcuno (non vide neanche chi fosse) la trascinasse via e la separasse da Christine, che ora perdeva sangue dal naso e dal labbro spaccato.
Anche Tasha fu separata da Eleni, con maggior difficoltà, e costretta a sedersi, cosa che fece con risentimento.
Jules, invece, uscì come una furia dall'aula e non si fece più vedere.
La rissa stava giusto per finire, quando nell'aula entrò il bidello Guinness e annunciò che avrebbe tenuto lui la classe per il resto di quel giorno...


Da una piccola teiera in argento, posta sul più vicino comodino, proveniva l'aroma che aveva colmato tutta la stanza. Il sottile getto di vapore era impercettibile e la teiera appariva come fuori luogo, sbagliata in quella piccola camera d'ospedale come la traccia di qualcosa che non dovrebbe esserci.
La sua testa e le membra erano ancora indolenziti, pesanti e ogni tanto tremava, faticando ad accettare il cambiamento fisico e lo sforzo mentale che la tenevano ancora in contatto con la realtà. Maya era diversa, adesso, ancora più particolare di prima, e lo sapeva. Qualcosa si era risvegliato dentro di lei quella mattina, il primo giorno del nuovo professore Ryan, e Maya lo aveva sentito crescere e urlare, fondersi con i suoi organi e proclamare vittoria ed era per questo che si era alzata ed era andata sul balcone, indecisa se volare giù o accettare l'inevitabile, ciò che aveva aspettato e temuto per anni era giunto carico di potenza e decisione.
Il fatto di essere in quel letto, viva, significava aver superato la prova e prepararsi per le altre.
Perciò si alzò e appoggiando il capo sulla testiera metallica osservò la stanza e lui, seduto malamente in un angolo, intento a leggere un libriccino bordato di rosso e nero. Non era difficile percepire la sua presenza tanto ella lo sentiva legato a sé, attratta e impaurita allo stesso tempo, e sebbene lui sembrasse vagamente scocciato Maya si sentì incoraggiata e sorrise.
- Era ora - mormorò il ragazzo senza staccare gli occhi dal libro - Ce ne hai messo di tempo per svegliarti, eh -
- Come...come sta la tu mano? - azzardò lei prima di rendersi conto di aver effettivamente parlato.
L'altro s'irrigidì - Ma come...allora è vero quello che si dice in giro. Benvenuta nel club. -
Chiuse il libro, con gentilezza.
- Ti ho visto, nella mia testa, ti ho visto mentre facevi delle cose strane che non ho capito bene e....poi stavi picchiando qualcuno e ti hanno colpito la mano. Ha senso? -
- Si chiama metempsicosi, o qualcosa del genere. Le cose noiose le devi chiedere a Lelio. Per farla breve, stamattina io e te ci siamo scontrati e bingo, hai letto dentro di me. Sapevi di essere una esper? -
- Intendi, se sapevo di poter fare questo genere di cose? -
La squadrò fisso e in silenzio, le pupille troppo profonde per poter essere scorte nella penombra.
Maya tentennò - Non pensavo di esserne capace -
- Come sta la mia mano? -
- Cosa? Io...come posso saperlo -
- Provaci -
E questa volta la paura non c'era. Chiuse gli occhi e si ritrovò ancora davanti quelle immagini, che non erano solo immagini ma forza, e scavò dentro di esse per cercarne la fonte. Il ragazzo che assaporava un limone discutendo con altri compari. Il ragazzo che vedeva una persona, si alzava e lo seguiva in mezzo alla folla. Colpi, tanti, e un corpo disteso a terra che si contorceva chiedendo basta ma appena lo sguardo si sposta c'è un coltello che luccica, Maya sente la lama trapassarle la mano e fa male anche se sta solo rivivendo un ricordo. Poi dopo... non riesce a vedere chiaramente. Si concentra sulla mano e nient'altro, non vuole rompere il legame.
- Stai bene - risponde, alla fine
- Bingo -
- Allora perché quelle fasciature? -
- Fanno scena. Diciamo che ieri sera mi sono fatto ferire per finta. E' strategia. -
- Ma io ho sentito la lama.. -
- Troppo poco per farmi male veramente, ragazza senza nome. -
- Oh, scusa. Mi chiamo Maya. -
- Piacere, Elia. -
Ancora, Maya non poté fare a meno di sorridere. Era molto tempo che non parlava con un ragazzo, era molto tempo che non parlava con qualcuno di beh, vivo. Per la prima volta mise a fuoco la teiera d'argento e non riuscì a comprenderne le iscrizioni. Era sicura che quei simboli avessero un significato, era certa di averli già visti da qualche parte, ma prima che potesse lasciarsi andare ancora Elia si alzò e si tolse la giacca. Eccoli, i simboli erano tatuati lungo tutto il suo braccio destro.
- Non affaticarti troppo, Maya. Riposa, hai tutto il tempo che vuoi -
Già, era stanca, ma c'erano tante cose che voleva ancora chiedere...
- Oggi è il primo giorno in cui hai effettivamente usato le tue capacità esp, non strafare. E non preoccuparti nemmeno per dottori, psicologi o cose varie, ci ho già pensato io. - mentre parlava si era avvicinato tanto da riempire di rosso le guance di Maya
- Tornerò a trovarti - accennò a qualcosa che poteva essere un sorriso d'incoraggiamento. – Ciao -
Lo salutò anche lei, perdendo la parola mentre la porta si chiudeva.