CAPITOLO 3
EX NIHILO

PARTE IV



Capitombolò all'istante. La sorpresa gli permise di focalizzare soltanto le geometrie del pavimento.
Sapeva di vissuto versato all'esterno, sulla pelle e le mattonelle: il palmo macchiato d'un acre carminio, liquido appena denso, appiccicaticcio. Quel sangue non era suo.
Accadde in un attimo. La trazione d'una mano o forse il richiamo d'una volontà più forte della sua non consentirono a Paolo ulteriori ragionamenti. Occhi folli fecero presa sul suo viso, attaccarono l'interno. Affilati come fendenti quegli occhi screziati di sadismo forarono i suoi: aghi penetrarono a fondo retina e pupilla, fruste invisibili a sferzare nervi e sinapsi, fibre immaginarie attecchirono come radici parassitarie. Era una preda da rettile, ora, una vittima! Era veleno ciò che occhi iniettavano, e andava in circolo... era.. era in pericolo!
Un virus lo annullò, fulminandolo con la verità.
I bulbi oculari bruciarono, convulsioni e spasmi sconvolsero il corpo, iniziò a tremare, perse coordinazione.
Connessioni neurali impazzite.
Fuori controllo.
Al rifiuto del cervello, l'organismo s'adeguò.
Black out
Kaputt
K.O.


Ripetute smembrate le parole stordivano, ronzii, fuochi saltellanti, echi secchi voci di bambini di vecchi: tutte sue. Cambia il passo del percorso. Respiri affannati, un Alito Superiore soffia, singhiozza, sghignazza, sbadiglia?????? Senza senso suono alterato, shhhhh coperto occultato, dalla voce bambina vecchia divina, il ritmo lontano. Riverberi, strappi, sonagli... sotto-fondi ... ritmi remoti di mondi, echi fondono si... cristallizzandosi nell'ultimo fischio...
agonizzante
orizzonte
silenzio
fumé
più niente
...
...
...
C'era, certo!
informe
integro/frammento
fagocitato
(incapace d'oltrepassare l'orizzonte)
dalle ombre
del reame smembrato
Immateriale la forma. Nel tunnel il nulla. Vuoto. Buio di piombo. Senza tempo. Percorso inconscio fino al nucleo? sballottato nel dove senza cornice e/o paesaggio, confusione nel caos indistinto. Percorso inconscio fino al nucleo?
Vicina-distanza: un luogo nuovo. Suo? davvero? Caldo.
Di schiena, una figura femminile si voltò e sorrise, ma poi l'ammantò una notte lucida e su cuscini candidi di spuma marina lei si distese, cullata, a dormire.
Addiooooo....
Solo.
Lui ancora non sapeva librarsi né fluire.
Piombò giù.
Visione seppellita da una terra col sapore della solitudine e della tristezza. Ingoiò terriccio fino a soffocare, ma voleva combattere, difendere, non soffocare...no, non dormire (morire?)...
...ancora più in basso...
…annegare di bile, acido di dissoluzione...
Subito! prima che i frantumi non potessero più essere uno! Una gomena di salvataggio per fuggire a quell'annegare smarrito, prima dello sgretolamento... presto!

Riemerse sconvolto, aggrappandosi ai contorni di Maya, trovando salvezza nei lineamenti della ragazza. In un gesto istintivo, si levò a sedere prendendole il viso fra le mani. Calore di respiri sulla superficie dei volti.
Si guardò attorno, stralunato, in cerca d'orientamento. Si staccò da lei, si sfregò petto e torace a tastarne la consistenza. Si ora c'era! seduto a terra, un panno fresco era scivolato sul pavimento, Maya lì accanto.
Lei gli bagnò la fronte, di nuovo; si preoccupò di sapere come stava.
Paolo mosse le labbra, la risposta morì sul nascere, censurata dalla diffidenza: l'istinto lo mise in allarme, memore dell'invasione ricevuta.
Lei intese il suo indugio, cercò di trovare le parole più adatte:
- Mi dispiace per quello che è successo. Elia, lui.. lui non è sempre così, sa essere molto buono e gentile, non so perchè oggi sia così furioso... – sospirò e proseguì - Per favore, quello che ti chiedo ti sembrerà ingiusto ma, ti prego... non dire niente. Non è facile, per quelli come noi...mi capisci vero? -
Lui parve scosso all'inizio, ma nel giro di pochi secondi s'irrigidì visibilmente. Capiva cosa?? Doveva capire cosa??!! Che cavolo stava dicendo quella?!
Una smorfia di collera e fastidio tese il suo volto smunto. Sbraitò contro Maya solo per sfogarsi, solo per sostituire la rabbia alla paura. Maya non reagì alla sfuriata, non sarebbe mai riuscita a comunicare con lui in quello stato. La serenità della mattina era svanita: si sentiva contrita, mogia, impotente. Sapeva cosa lui stava passando, sapeva come aiutarlo... ma non subito. La pazienza le costava amarezza.
Paolo si alzò brusco. Nessun congedo. Un mancamento e rischiò di cadere, solo un enorme sforzo di volontà (ed orgoglio) gli permise di rimanere in piedi. Reggendosi alla parete proseguì incerto verso l'uscita. Gli occhi erano gonfi, la luce differente ad ogni battito di ciglia, la visione deformata, da allucinato.
Maya lo seguì con lo sguardo.

L'aspetto del ragazzo che pareva attenderlo fuori dalla porta lo colpì. Capelli lunghi e bianchi incorniciavano un viso dai tratti orientali, l'aria saggia, sveglia e un po’ triste, uno sguardo che emanava coraggio. Aveva bende, cerotti e bugne ovunque sul corpo: doveva essere stanco, sedeva con la schiena contro il muro.
Cercò di dissimulare, ma terrorizzato dall'impressione di fiducia che gli ispirò, quando Kusagra (il ragazzo sconosciuto) tentò di articolare un discorso, Paolo lo provenne con una scarica d'astio. Kusagra gli lanciò solo un'occhiata piena di compassione, per poco non frantumò le sue difese; infine, mortificato, abbassò la testa e rinunciò a dire la sua.

Certo, rinvenne ma senza riaversi sul serio da quel sogno che ora era il suo giorno.
Inseguito dai suoi peggiori fantasmi, Paolino voltò la schiena a Kusagra, radunò le risorse che gli rimanevano per andarsene dal maledetto stanzino e cancellare la presenza di quegli scherzi della natura.
"Scherzo della natura..." già, così aveva offeso lo sconosciuto alla porta: si sentiva sbagliato, in colpa... e dannazione... arrabbiato! beccato come uno stupido moccioso ficcanaso; umiliato, sapendo d'essere stato completamente vulnerabile, un libro aperto. Non era affatto abituato all'insicurezza, invece lì: smarrito, impotente, ferito. Rabbia. Credeva d'esplodere, grondava sudore, lottava con la nausea e un senso cocente d'afa.
No, non doveva ammetterlo, non sarebbe crollato... ma, prosciugato d'energia, perse l'equilibrio ancora, cadde in ginocchio. Esausto.