Note dell'Autore(facoltative): Come richiesto dal contest ho preso in esame eventi legati al capitolo della Dodici Case, ma ci tengo ad avvisare che di un particolare tassello qui trattato, nell'anime e nel manga, si viene a conoscenza solo nel capitolo di Poseidon, ovvero la prigionia di Kanon, gemello di Saga, a Cape Sounion. Tuttavia, essendo un evento fondamentale che contribuisce ad accrescere i rimorsi di Saga, non mi è stato possibile non parlarne, dato che l'episodio va situato nel periodo da me descritto. Altra cosa importante: per le descrizioni fisiche ho utilizzato, come faccio sempre, la versione manga, per questo Saga ha i capelli color biondo scuro e non blu e la sua parte malvagia li ha neri e non bianchi. Anche per gli eventi mi sono attenuta di più al manga integrandolo con l'anime, quindi il gran sacerdote è proprio Sion, cosa che nella versione anime, mancando di chiarezza, non si capiva nei primi episodi^^

-DI TENEBRA E SANGUE-

"Dentro di noi abbiamo un'Ombra:

un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare."

- Carl Gustav Jung -

"Non scappare, Saga!"

Due bambini, l'uno davanti all'altro, correvano lungo la spiaggia lambita dalle onde, il mare come tanti cristalli scarlatti, accesi dal tramonto infuocato.

La mano ferrea dell'inseguitore si serrò sul polso del fuggitivo, lo strattonò con foga, costringendolo a voltarsi.

Due paia di occhi verdi si specchiarono gli uni negli altri, lucidi, vibranti di una disperazione intensa quelli del fuggitivo, determinati e fermi quelli dell'inseguitore. Fu quest'ultimo a parlare ancora, dando un ulteriore strattone, attirando l'altro ancor più verso di sé:

"Non devi scappare da me, Saga... mai... qualunque cosa accada!"

"Aiolos... io..."

Come poteva spiegargli ciò che... l'altro... gli aveva detto? Ciò che gli aveva mostrato?

L'altro Saga... l'altro se stesso... il suo demone. Come poteva spiegargli che...

"Ho paura... di farti del male..."

Ecco... l'aveva detto, perché era così difficile mentire ad Aiolos o anche solo nascondergli qualcosa. Aiolos era quel tipo di compagno... di amico... al quale affidare tutto senza pensarci due volte, al quale affidare completamente se stessi.

Ma Saga aveva un segreto... troppo terrorizzante... e troppo difficile da accettare... da credere. E forse neanche una persona eccezionale come Aiolos avrebbe saputo capire, forse l'avrebbe abbandonato, considerato una minaccia come santo di Athena... un nemico in preda alla follia. Eppure, Saga sapeva che non era follia e al tempo stesso sapeva che la minaccia era reale, il bambino dagli occhi color del sangue e dai capelli di tenebra esisteva, lui lo vedeva, proprio come in quel momento vedeva Aiolos davanti a sé, ci parlava, come parlava con Aiolos e...

Scosse il capo... no... non lo amava come amava Aiolos, come avrebbe potuto? O forse... dopotutto...
Perché? Perché era così difficile resistergli, così difficile non ascoltare chi palesemente voleva costringerlo a tradire tutto ciò in cui credeva?

Due mani sulle sue spalle, mani di bambino ma già forti come quelle di un uomo.

"Saga... solo a te stesso stai facendo del male..."

"Ma io... io ho visto..."

Si bloccò... stava per aprire un nuovo spiraglio, stava per confessare un ulteriore frammento; il terrore di perderlo lo trattenne ancora. Ma non l'avrebbe perso comunque, prima o poi?

Tremando sotto il tocco del compagno sollevò le proprie mani, i palmi rivolti verso l'alto e con i suoi occhi grandi affogati nel panico lo vide ancora... tutto quel sangue mostratogli dal bambino di tenebra... il sangue di Aiolos sulle proprie mani.

Il respiro affannoso frammisto a gemiti, sottili quanto dolorosi, incapace di distogliere lo sguardo dai torrenti scarlatti che scorrevano tra le sue dita, provò a indietreggiare, ma la presa sulle sue spalle si fece più salda.

"No Saga... no..." Il tono era una carezza, la voce un abbraccio. "Guarda me... solleva i tuoi occhi... guardami... Saga..."

Una mano si spostò dalla spalla fin sotto al suo mento e all'impositivo gesto Saga non poté opporsi; incontrò ancora quegli occhi, un po' umidi anch'essi ora, pur nella loro fierezza... umidi di commozione... e adorazione nei suoi confronti.

Perché? Perché Aiolos lo adorava così? Perché adorava chi nell'anima celava un bambino mostruoso dagli occhi di sangue che recava con sé inconfessabili tentazioni di distruzione e morte? Possibile che Aiolos non vedesse tutto quel sangue oltre il verde delle sue iridi sicuramente corrotte dal demone?

"Sono io la realtà, Saga.... io..."

Il piccolo saint di Gemini sussultò. Allora Aiolos sapeva? Aiolos aveva compreso la sua confusione, la sua incertezza su cosa fosse reale e cosa no? Aiolos dopotutto era in grado di leggergli dentro, giungendo agli anfratti più oscuri e terrorizzanti del suo animo? E gli voleva bene comunque?

Oh, se fosse stato vero, se non ci fosse stato bisogno di parlare, di spiegare!

Saga deglutì, disilluso. No, la totale verità Aiolos non poteva scorgerla, poteva forse intuire qualche ombra, ma tutta quella tenebra... no... non poteva neanche essere in grado di sospettarla, la sua purezza non poteva essere in grado di concepirla.

Saga scosse ancora il capo, una mossa lenta, le labbra che tremavano, come tutto il suo corpo.

"Tu non hai visto quel..."

Voce febbrile di bimbo terrorizzato, pulcino smarrito nei meandri di se stesso, intrappolato in se stesso.

"Cosa Saga? Cosa?!"

Vi era più nervosismo, una certa severità, questa volta, nel tono di Aiolos, generata dal desiderio di spingerlo ad aprirsi, a esternare finalmente ogni cosa e il piccolo Gemini non resse oltre; fece un balzo in avanti e si gettò tra le braccia del coetaneo, che lo accolse come fosse la cosa più naturale del mondo, lo strinse così forte da dare l'impressione di temere che sarebbe stato strappato al suo abbraccio da qualche forza misteriosa.

E sarebbe accaduto, lo sapeva Saga, sarebbe accaduto e nessuno dei due avrebbe potuto opporsi.

"Ci strapperanno dalle braccia l'uno dell'altro, lui lo farà e sarà colpa mia, perché sarà più forte di me!"

Pensieri che si aggrovigliavano nella mente di Saga, non sapeva dare ad essi un freno mentre singhiozzava tra le braccia di Aiolos; non erano santi di Athena in quel momento, non Gemini e Sagittarius, temprati fin quasi dalla loro nascita affinché potessero affrontare qualunque cosa. Erano solo due bambini, l'uno stretto all'altro, anche se forse solo Saga si rendeva conto della vulnerabilità di entrambi, di quanto potessero essere fragili due piccole vite come le loro di fronte all'ignoto di un cuore ottenebrato dal male.

"Il mio cuore... il mio cuore verrà strappato ad Aiolos... la mia anima mi verrà strappata! E io sono troppo debole per affrontare... me stesso!"

Con gli occhi serrati sul petto di Aiolos, le palpebre che, seppur tanto strette, non riuscivano ad arginare le lacrime brucianti, Saga improvvisamente rivide ciò che gli era stato mostrato.

Il se stesso adolescente... o il bambino con gli occhi di sangue?

Vide... lo vide... le proprie mani o le sue... anch'esse intrise di sangue... e ai suoi piedi Aiolos, nella posa scomposta di una morte violenta, il bel corpo dalla grazia virile, nel fiore della giovinezza, straziato da numerose ferite...

Vide l'ombra calare come un sudario... su di loro... su tutto il Santuario... forse sul mondo.

"Tu lo condurrai alla morte... sarai la sua rovina e quella dei santi di Athena... assetato di potere, lascerai che io ti prenda per mano."

Saga si divincolò con furia, portò le mani alle orecchie, strillò mentre indietreggiava, inconsapevole di avere spinto Aiolos a terra:

"Stammi lontano, stammi lontano, stammi lontano!"

A chi lo diceva? Ad Aiolos o alla creatura di tenebra e sangue?

A se stesso forse... ma come si poteva stare lontani da se stessi? Neanche correndo, come si era messo a fare, il proprio io più profondo era sempre lì e mentre il suo volto di bimbo piangeva, mescolando le lacrime con la spuma del mare, lui rideva con quel ghigno di demone, tramutando ogni lacrima in sangue.

***

"Ho fatto l'unica cosa che potevo fare... lui era... pericoloso... era..."

La figura alta, aggraziata nella sua maestosità, sembrava incapace di mantenere ferma ogni singola parte del corpo mentre percorreva, nervosa, in lungo e in largo, la stanza all'interno del tempio di Sagittarius che si affacciava sul panorama arcaico del Santuario.

Il compagno, raccolto su una sedia, le braccia incrociate sul tavolo, si era limitato ad osservarlo, attento e protettivo, cercando di capire cosa realmente fosse accaduto, ma quando Saga arrestò i propri passi e, fremendo in tutte le membra, sferrò un pugno violento al muro davanti a sé, crepandolo, Aiolos fu lesto ad alzarsi, a portarsi davanti a lui posandogli con fermezza le mani sulle spalle e spingendolo un po' lontano dal muro:

"Adesso calmati, sei irrazionale!"

Le mani del santo di Gemini si sollevarono, si posarono sul suo petto e spinsero, mentre lui si divincolava, in preda ad una furia selvaggia:

"Stammi lontano Aiolos, non è il momento!"

Sagittarius si ritrovò con la schiena al muro, i suoi occhi che seguivano il compagno finché non scomparve a passi decisi oltre la soglia, eretto e fiero, di sicuro non più il bambino di un tempo, ma lo spirito era chiaramente lo stesso, i suoi tormenti, se possibile, ancor più angosciosi. Quel che accadeva tanto spesso tra loro quando erano solo due bambini si era ripetuto: i tentativi con i quali Aiolos tentava di avvicinarsi a lui, al suo animo oppresso, per carpirne ogni ansia e paura, le fughe di un Saga terrorizzato, all'apparenza da se stesso. Tutto quel terrore, adesso, lo celava sotto una rabbia travolgente e spesso distruttiva.

Il pensiero di Aiolos andò a Kanon, il gemello di Saga, che lo stesso Gemini aveva rinchiuso nelle prigioni marine di Cape Sounion, per poi rifugiarsi da lui, a sfogare la propria disperazione e riuscendo a mostrare solo l'ira selvaggia; ma Aiolos sapeva leggere in quegli occhi, anche se non poteva immaginare cosa, a Cape Sounion, fosse realmente accaduto, quali motivi avessero spinto il compagno ad un gesto talmente estremo con il quale rinnegava persino il suo sangue.

Era consapevole, Sagittarius, che di Kanon non vi era da fidarsi, eppure... chinò il capo... vi era qualcosa di sbagliato nella reazione di Saga... di tremendamente sbagliato... come sbagliata era l'inquietante atmosfera di attesa che da qualche tempo era calata sul Santuario... attesa di qualcosa... di eventi decisivi e, guardando il cielo, aveva la sensazione che le stelle dei gold saints non brillassero come avrebbero dovuto.

Ma c'era Athena... la sua venuta portava tante cose, apriva la strada a tante possibilità, la sua venuta significava l'avvento di vicende epocali, significava forse un grave, pesante futuro, ma lei era lì, era con loro ed Aiolos si sentiva completo. Forse, con lei al suo fianco, con il suo aiuto, avrebbe potuto strappare via la tenebra dal cuore di Saga... forse... dopotutto avrebbe potuto salvarlo.

***

Proteggere Athena era il suo compito, proteggere la sicurezza e la tranquillità del Santuario da ogni ingerenza minacciosa. E Kanon una minaccia lo era, Kanon che voleva tramare, voleva il potere, voleva...

I passi di Saga si fermarono davanti allo specchio appeso al muro della sua stanza, i suoi occhi si sgranarono.

"Voleva mettere a nudo la tua anima... non è vero Saga? E voleva farlo perché ti desiderava al suo fianco..."

"Taci..."

"Era amore il suo... tutto l'affetto che tu non hai mai ricambiato..."

"Ora basta..."

"Perché metterti al corrente altrimenti? Perché volerti coinvolgere, sapendo quanto rischiava a svelare quali fossero realmente i suoi piani? Perché lui si affidava a te, tu sei sempre stato l'unica persona sulla quale poteva contare, tu sei sempre stato la sua unica speranza... e l'hai tradito!"

"LUI HA TRADITO TUTTI I PRINCIPI DI ATHENA!!!"

I pugni di Saga si sollevarono, stretti e tremanti e dall'altra parte dello specchio due occhi infuocati si accesero, così simili ai suoi eppur tanto diversi... e tuttavia suoi...

Kanon aveva visto quegli occhi? Aveva visto quel ghigno sul volto di Saga che si allontanava da lui, dopo averlo consegnato al suo amaro destino?

"Lui ha tradito tutti i principi? E tu? Tu che hai provocato dolore nell'animo del tuo stesso sangue, del tuo gemello... questo è seguire i principi di Athena?"

"Non... avevo... scelta..."

E non aveva forse la scelta di smettere di parlare con quel demone che ghignava dall'altra parte del vetro? Non aveva la scelta di metterlo a tacere e di ritrovare la propria lucidità? Si portò le mani alle tempie, incassò la testa tra le spalle, un rantolo soffocato che gli usciva dal petto.

"Anche adesso non hai scelta... lo sai..."

Sussultò, occhi sgranati di nuovo fissi sullo specchio, le mani sempre affondate nei capelli, quasi artigli con i quali sembrava volerseli strappare.

"Leggo i tuoi pensieri, sì... dovresti saperlo ormai... leggo i tuoi dubbi perché... Saga... perché continui a negarlo e a far finta che non sia così?"

"Cosa? Cosa stai dicendo... cosa..."

"Eppure, dentro di te, lo sai da sempre... che nessuno può capirti meglio di me... perché... non c'è nessuno come se stessi che possa conoscere e capire..."

Il respiro di Saga si fece affannoso, gli occhi ora grandissimi erano quelli di un folle in preda ad un'allucinazione; e non era forse così? Oppure, più che allucinazione era...

"Non mascherare tutto dietro al sogno, dietro alle fantasie irrazionali... dietro alla tua pazzia Saga... non mascherare quello che veramente sei tentando giustificazioni che non hanno ragion d'essere. Io esisto perché tu esisti, io esisto perché tu sei quello che io sono, perché tu... noi... non siamo l'angelo... noi siamo il demone che brama potere e dominio sul mondo!"

"TU SEI IL DEMONE, NON IO, TU!"

"E chi pensi che sia io, Saga? Ancora mi neghi... perché non vuoi accettare te stesso."

Un urlo si levò dalla bocca del santo di Gemini mentre si scagliava contro lo specchio e, nel momento in cui lo colpiva, il pugno teso e ferreo, la risata dell'altro gli esplose nelle orecchie, la risata di chi sapeva di avere la vittoria tra le mani, il dominio su un'anima che ormai naufragava in se stessa.

Il tintinnio dei vetri infranti esplose nelle orecchie di Gemini come il dolore non ascoltato esplose nelle nocche; non certo per quello si ritrovò a cadere in ginocchio, elevando all'alto soffitto della stanza un urlo lancinante, le mani, una intrisa di sangue, ad afferrarsi ancora i capelli.

"Vuoi uccidermi Saga? Uccidere me equivale a uccidere te stesso."

E anche se così fosse stato? A quel punto la morte cosa poteva contare?

Urlava, urlava ancora e ancora una voce si infiltrò, tra le sue grida, la tenebra e il sangue:

"Saga, per tutti gli dei, Saga, cosa hai fatto?!"

Lo stava toccando, lo stava abbracciando, voleva farlo suo completamente, voleva... essere dentro di lui, ma non era già dentro di lui?

"STAI LONTANO DA ME, STAMMI LONTANO!"

"SAGA!"

Due mani, troppo forti nella loro determinazione, afferrarono le sue, le strapparono dai suoi capelli intrisi del suo stesso sangue e a Saga sfuggì un singhiozzo; era impotente, troppo impotente contro di lui... era impotente... contro quell'amore?

"Aiolos... sei tu..."

Un sospiro penoso mentre si abbandonava sul petto che lo accolse e lui tornava bambino, piangeva come un bambino, ma in quel momento non gli importava... in quel momento con Aiolos, che era lì per lui, nonostante tutto.

"Lo specchio... la tua mano... Saga... cosa..."

Era terribile sentire lui stesso così spaventato, così smarrito.

"Non mi abbandonare... Aiolos..."

Credeva di averlo pensato ma dalle sue labbra si era levato un sussurro, mentre lo sguardo si perdeva lontano, assente, stanco, troppo stanco perché gli occhi potessero mantenersi aperti ancora a lungo.

"Io... non potrei mai..."

"Eppure dovresti farlo..."

Questa volta rimase unicamente pensiero, mentre invece proprio quello avrebbe dovuto urlare, con tutto il fiato che aveva in gola, proprio quello era importante... che Aiolos lo abbandonasse, che fuggisse da lui... Aiolos scelto come successore del gran sacerdote... Aiolos che era stato giudicato più degno di lui...

Gli occhi di Saga si sgranarono di colpo; cosa stava pensando? Cosa diavolo stava pensando?

Si divincolò con foga, arretrò strisciando per terra, simile ad un misero essere senza più forza nelle membra.

Era già cominciato, dunque? Il percorso verso la dannazione già giunto così oltre?

"Saga... ancora così ingenuo... ancora così legato alla visione idealizzata che hai di te stesso... è mai possibile che tu non te ne faccia una ragione? Che tutto questo è iniziato con la tua nascita? Mai possibile che non riesci a renderti rassegnato e consapevole della tua vera natura? Tu che hai rinchiuso e praticamente condannato ad una morte lenta e in agonia un gemello che ha avuto il solo torto di metterti davanti a te stesso e ai tuoi autentici desideri?"

"No... non è vero... no..."

Le mani di nuovo alle tempie, gli occhi spalancati su un'allucinazione che andava rendendosi gradualmente perenne.

"Saga!"

Non gli permise, Aiolos, di allontanarsi da lui, strisciò a propria volta, ancora tese le braccia, lo prese e lo attirò contro di sé, con maggior vigore questa volta, pronto a prevenire ogni ulteriore tentativo di fuga.

"Quella mano, Saga..." intanto gli strinse delicatamente il polso per guardare più da vicino la mano insanguinata, "mi sa che ci sono dei vetri nelle ferite... dobbiamo toglierli... ma... Saga... si può sapere cosa..."

Era confuso il saint di Sagittarius, da quando erano piccoli aveva assistito alle crisi del compagno, ai suoi improvvisi cambi d'umore, a quelli che sembravano autentici attacchi paranoici. Ed era difficile abituarsi, vederlo soffrire così e sentirsi impotente, non sapere assolutamente cosa fare per sottrarlo al dolore che si dipanava dentro di lui giorno dopo giorno. Ma l'autolesionismo... a maggior ragione, abituarsi a quello era davvero impossibile, un santo di Athena, un guerriero, che feriva se stesso così, come per punirsi, cosa avrebbe fatto in battaglia? Si sarebbe lasciato uccidere gettandosi disperato in una mischia senza possibilità di scampo?

I denti di Aiolos si serrarono a soffocare un'imprecazione spontanea perché, conoscendo Saga, una simile eventualità non gli sembrava assolutamente così remota.

Lo strinse forte a sé, affondò il viso nei suoi capelli d'oro scuro, così morbidi, tanto folti da perdercisi in mezzo e i tremiti del santo di Gemini si accentuarono, ma non si dibatteva più, rimaneva completamente inerme contro di lui. La voce resa soffusa da quella massa che aveva la consistenza di una nuvola, Aiolos parlò:

"Non ascoltarla mai, quella voce che ti spinge a farti del male... Saga..."

"Non... è a me... che fa del male..."

Non era presente a se stesso mentre parlava, la voce di Gemini pareva venire da un mondo lontano e cupo, così nero, così privo di luce che impregnava di oscurità persino il tono delle sue parole; Aiolos lo strinse con tutto il vigore che le sue braccia di fanciullo guerriero precocemente cresciuto gli consentivano:

"Oh sì invece... a te... più che a chiunque altro."

Un sospiro arrendevole fu l'ultima risposta di Saga prima di annullarsi nell'oblio; era inutile insistere e non ne aveva neanche la forza. Aiolos non poteva capire, insisteva a non voler capire, il futuro gran sacerdote non vedeva il pericolo che minacciava Athena e il Santuario.

"E' ancora l'invidia che parla... mio povero Saga... e ad essa sei sempre più rassegnato, non mi contrasti neanche più."

Chiuse gli occhi il santo di Gemini: se solo tramite quel gesto fosse riuscito a spegnersi, a cancellarsi, a non svegliarsi mai più o magari addirittura a scomparire... se solo avesse potuto...

"No Saga... non ti permetterò di ucciderti, tu lo sai; abbiamo grandi cose da fare, tu ed io... noi... tu hai grandi cose da fare insieme al tuo vero te stesso."

E mentre la risata maligna faceva svanire persino l'abbraccio e i dolci sussurri di Aiolos, Saga si immerse nella tenebra senza sentire più nulla; dopotutto era così accogliente e portava un tale sollievo lasciarsi andare, senza più combattere... il riposo della mente, dei sensi e del cuore, senza più pensare.

"E per ottenere ciò che realmente desideriamo..."

***

"Non guardarlo Saga... non guardargli il volto, prendigli solo la maschera..."

Il respiro affannoso dell'assassino di Sion rispose al suggerimento del demone, allungò la mano, tremante, ancora lorda del sangue sacerdotale, ancora pulsante su di sé e nella ferita mortale da lui stesso provocata. Ancora davanti alla sua mente lo sguardo di Sion mentre moriva, sguardo... d'amore... per lui... di affetto sincero... sguardo protettivo e pieno di pietà, così come le sue parole che ancora risuonavano nel suo orecchio:

"Mi dispiace tanto, Saga, il peggio per te comincia adesso... e io non ho potuto fare niente, per te, per Athena, per tutti i saint che da me dipendevano... ora posso solo morire, sperando... che qualcuno ti salvi... e ci salvi..."

"Non ascoltare Saga, non ascoltare, prendi la maschera, è tua di diritto ora, come tuo di diritto è il trono che non ti voleva concedere!"

E la prese, credendo di scottarsi, sembrava bollente al contatto, corrosivo al pari dell'acido era quel sangue che continuava a scorrere come monito.

"Sono solo sensazioni, è suggestione, ma da questo momento in poi non avrai più nulla da temere, più nulla. Tutto sarà nostro... tuo... tutto sotto il tuo controllo..."

"Il tuo controllo... non il mio... non il..."

"E' la stessa cosa, ancora non ti rassegni... è la stessa cosa..."

La mano si sollevò al volto, non lui la muoveva ma l'altro se stesso... era la stessa cosa... era vero; la maschera sacerdotale soffocò l'ultimo singhiozzo e dietro essa si sentì, per qualche istante, soffocare lui stesso. Barcollò, ricadde all'indietro, la testa che pulsava e vorticava, la vista dietro la maschera si tingeva di tenebra e sangue.

Una risata dentro di lui:

"Saga non esiste più, siamo Arles adesso..."

Il nuovo sommo sacerdote si ripiegò su se stesso, nello specchio che aveva riflesso, istante dopo istante, l'omicidio, focalizzò l'inconfondibile figura dai capelli di tenebra e gli occhi color sangue... pozze di sangue che si allargavano oltre la maschera. Istintivamente afferrò una ciocca dei propri capelli, la portò davanti al viso: erano color della tenebra, ogni scintilla dorata scomparsa, affogata in tutto quel nero, soffocata dall'incubo... era diventato... lui...

"Sei diventato te stesso..."

Portò le mani al volto, con la spasmodica speranza di non vedere più nulla, ma non era possibile nascondersi a se stesso:

"No... no... NO!"

"Ci resta una sola cosa da fare, adesso, per ottenere il dominio completo..."

"No... non Athena... Athena... salvami!"

***

Era tutto finito, ogni speranza, ogni possibilità di salvezza... di redenzione... finita nel momento stesso in cui aveva sollevato il pugnale sulla dea bambina, in cui Aiolos di Sagittarius aveva, con la prontezza che lo caratterizzava, evitato che quel pugnale andasse a trafiggere le tenere carni... finita nel momento in cui lui l'aveva riconosciuto... nel momento in cui gli occhi di Aiolos si erano tinti di sgomento... non rabbia, non odio... solo orrore... e un'infinita tristezza.

Saga... o Arles? O la parte di sé che ancora restava Saga... si soffermava sull'ultima immagine, la schiena nuda di colui che era stato... l'amico... l'amante... l'amore... che si allontanava nella notte, lui che aveva avuto la forza di non crollare neanche in quel momento, perché la salvezza di Athena era la priorità, ma quanta tristezza in quella fuga solitaria, tra le braccia il solo sacro fardello e sulle spalle un gold cloth da mettere al sicuro?

Quanta tristezza poteva aver provato il cuore di Aiolos nell'udire l'ordine che il suo Saga lanciò nella tenebra, sotto quel cielo in cui persino le stelle sembravano lontane?

Ordine di prenderlo, giustiziarlo... di punirlo in nome di Athena... parole che lo accusavano di tradimento, pronunciate da un traditore suo malgrado perché negli occhi dell'usurpatore un'altra cosa, forse, aveva letto Aiolos: Saga era la prima vittima... vittima di se stesso, Saga era il primo condannato.

E da quel momento cominciò l'attesa, in un dibattersi talmente grottesco di euforia e disperazione da causare un dolore fisico reale nel petto, nell'anima, il dolore della lacerazione, dello strappo insanabile; Shura si era lanciato all'inseguimento di Aiolos, Shura che in Aiolos aveva sempre creduto, che a Sagittarius si era aggrappato come al più perfetto dei modelli, Shura che era ancora un bambino, che non avrebbe meritato il crollo definitivo del suo sogno, non avrebbe meritato di venire a sua volta così brutalmente ingannato... Shura che adorava Aiolos... e che nell'obbedienza al sacerdote portavoce di Athena infondeva il suo più alto ideale. Shura che vedeva crollare le sue illusioni in una notte spettrale, dove niente aveva più senso, illusioni che erano ben riposte, in Aiolos, ma che comunque erano state infrante nella maniera più impietosa.

Il sacerdote sedeva sul trono e Arles senza sosta dialogava con Saga, perché il santo dei gemelli non voleva saperne di scomparire del tutto, il santo dei gemelli si struggeva per la sorte di Athena e di Aiolos, per il cuore spezzato di Shura, per il Santuario che andava incontro ad un periodo oscuro a causa della sua debolezza.

Attese, in apparenza immobile ma tremando nell'anima e nel cuore, vacillando mentalmente istante dopo istante e quasi esplodendo in un urlo quando, ad un'ora imprecisata, gli venne annunciato da qualcuno di cui non ricordava neanche il volto, poteva essere una voce dagli inferi:

"Il corpo è stato ritrovato, ma non vi è traccia della bambina e neanche del gold cloth di Sagittarius."

La voce di Arles si levò, dominante, in preda ad un'incontenibile furia:

"Il gold cloth di Sagittarius deve tornare al Santuario, è necessario scoprire da chi è stato sottratto, dove quel traditore l'ha nascosto prima di..."

E lì si fermò, perché dentro di lui Saga urlava, non urla di comando, ma strazianti grida di dolore che disturbavano il furore di Arles. I suoi passi lo condussero fino alla sagoma avvolta nel manto scuro, abbandonato da qualcuno nel mezzo della sala del trono, il suo corpo non resse e in pochi istanti si ritrovò in ginocchio, una mano che tremava impazzita si tese a sfiorare il nero involto di stoffa, ma a mezz'aria si bloccò, come spaventata, irrigidita dalla folle angoscia che dal centro del petto in subbuglio si diffondeva al cuore e allo spirito.

Il volto abbassato e gli occhi fissi sull'unica cosa che in quel momento importava per lui, un grido si levò dalle sue labbra, ultimo grido di Arles prima di lasciar spazio, per l'ultima volta, a Saga che stava morendo dentro:

"USCITE TUTTI DI QUI, NON VOGLIO NESSUNO INTORNO PER UN PO', ANDATE VIA!"

Una voce servile e paurosa osò tentare una poco convinta obiezione:

"Ma signore, dovremmo occuparci delle spoglie del traditore e..."

"HO DETTO ANDATEVENE E TORNATE SOLO QUANDO VI RICHIAMERO' AL MIO COSPETTO!"

Quasi non udì i passi che si allontanavano, lasciando dietro di sé un silenzio spettrale ad echeggiare come urla strazianti nella sala del trono, l'alto soffitto sembrava pieno di quelle grida senza voce che si mutarono in pianto quando la mano finalmente scoprì quel che il manto nero celava.

"Era il nostro ultimo ostacolo, lo sai."

"Ora no, vai via, almeno ora, ti supplico, è tutto finito, lo so, so che ogni speranza che mi rimaneva con quest'ultimo delitto scompare, non mi resta che essere tuo, quale altra scelta se al mio fianco non c'è neanche più lui?"

E Arles tacque, forse per la prima volta da quando era nato Saga aveva dominato il suo doppio, forse il dolore che in quel momento provava era ancora più forte di tutta l'impotenza subita nel corso dei suoi precedenti anni di vita.

Con una mossa violenta gettò lontano il mantello, rivelando il corpo immobile e freddo di colui che era stato il suo grande amore, di colui che aveva condannato a morte con una sola parola di governante ormai prigioniero della sua solitudine.

Mentre le sue braccia afferravano le spoglie di Aiolos stringendolo con forza disperata al petto, mentre il grido d'agonia di Saga si levava a stendere un gelido manto funereo su tutto il Santuario, il santo di Gemini moriva nell'anima insieme a Sagittarius ed Arles si preparava, ormai libero da ogni legame col mondo, alla sua ultima, dolorosa battaglia.

***

L'ultimo rintocco era giunto; le ambizioni di dominio e controllo sul mondo svanite grazie all'abnegazione e alla purezza di cinque bambini, cinque piccoli saint di bronzo che avevano riportato la giustizia al Santuario di Atene. E con loro era tornata la Dea che ora, nel suo manto di luce, era china su di lui e lo avvolgeva come una madre, perché lei era madre, di tutti loro, e come madre li amava e con loro soffriva.

Occhi di dea, sconvolti, aperti su di lui che stava morendo.

"Perché Athena piange per me? Perché tanta tenerezza, mia dea che io ho tradito?"

Non vi era risposta, solo la consapevolezza di dea, l'abbraccio gentile della giustizia che comprendeva e leniva il suo cuore e che nel suo cuore leggeva non crudeltà, ma solo tanta sofferenza.

E mentre i suoi occhi si chiudevano, mentre il corpo si abbandonava tra le braccia di Athena, riudì dalla sua voce parole simili ad altre già udite da bocche diverse e che lo accompagnarono verso il nulla della morte:

"Io non ho potuto fare niente per te... non sono riuscita a proteggere i miei saint dal dolore come avrei dovuto... non sono riuscita a proteggere te..."

Con quella voce non solo Athena parlava, ma tutti coloro che l'avevano amato e ai quali lui aveva rovinato l'esistenza, fino a condurli alla morte, in quella voce udiva Athena, ma udiva anche Sion ed Aiolos e seppe di essere stato perdonato. Ma di una persona gli mancava il perdono e sapeva che non l'avrebbe mai ottenuto, neanche nel vuoto della morte: quella persona era Saga che mai, neanche varcando le soglie della vita, avrebbe potuto perdonare Arles, mai avrebbe potuto perdonare se stesso.

"Saga aveva una doppia personalità... ogni uomo nel profondo del suo cuore possiede sia il bene che il male... fino a quando riesce a controllare il suo lato maligno razionalmente, risulta essere buono, invece quando la sua brama è troppo forte, tanto da non poterla trattenere, diventa una persona malvagia... nel caso di Saga questi due lati opposti erano particolarmente estremi... per cui quando il male lo dominava diventava davvero malvagio, quando invece aveva il sopravvento il suo lato buono si comportava in modo gentile, come se fosse un dio... Alla fine chi ha sofferto più di chiunque altro in questa battaglia è stato proprio Saga... perché combatteva dentro se stesso con il bene e il male..."

-Mu di Aries-

(Saint Seiya, volume 13 - Edizione Star Comics)