CAPITOLO 2

Shin sbuffò e accantonò distrattamente lo strofinaccio di cui si era servito per tirare a lucido la cucina; sorrise tra sé dandosi dello stupido, erano ore che puliva e riordinava e si chiedeva perché lo facesse, che senso potesse avere continuare a pulire sul pulito.

La verità? Era nervoso, teso... e anche un po' stanco. Se solitamente i compagni non si davano molto da fare in casa, negli ultimi tempi la situazione era decisamente peggiorata... ma non solo per lui, in fondo, erano sotto esame e per questo avrebbe perdonato loro qualunque cosa. Si trattava solo di avere un po' di pazienza, avrebbe risparmiato ai ragazzi recriminazioni e sfuriate... almeno per un po'... desiderava solo che fossero rilassati e superassero quel momento difficile.

Per questo si dava da fare, senza lamentarsi di nulla... e a volte sforando nel superfluo. Quando non era occupato all'università, l'organizzazione casalinga assorbiva il restante del suo tempo, Touma diceva spesso che se li cercava i lavori; di solito si arrabbiava con lui a simili osservazioni ma per una volta, a pensarci, sorrise, consapevole che Tenku non aveva assolutamente torto. Senso del dovere portato all'estremo? Forse o, più probabilmente, esasperato tentativo di tenersi occupato, per non pensare troppo, come era suo solito.

Si sedette con i gomiti sul tavolo, il volto sorretto dalle mani e puntò lo sguardo fuori dalla finestra: candidi fiocchi scendevano ad alimentare il manto che si stendeva come una coperta gentile lungo le strade di Tokyo.

La contemplazione venne interrotta da un lieve rumore alle sue spalle che lo spinse a voltarsi, per trovarsi faccia a faccia con Seiji, che incrociò il suo sguardo un po' distrattamente. Gli sorrise, ma il biondo non ricambiò, si era già diretto altrove, verso il frigorifero nel quale si mise a rovistare come un'anima in pena.

Shin si alzò frettolosamente e si portò alle sue spalle:

"Hai bisogno di qualcosa?".

"Non credo tu possa materializzare dal nulla qualcosa di decente da mettere sotto i denti... qui dentro c'è il vuoto".

Il samurai dell'acqua si morse le labbra ed arricciò il naso, assalito da un pulsante senso di colpa: gli impegni accumulati avevano del tutto cancellato dalla sua memoria l'urgenza della spesa, aveva completamente dimenticato di farla.

"Mi dispiace, tra poco esco e vedo di fare acquisti; intanto mettiti comodo, che cerco di preparare qualcosa con quello che c'è".

Korin si strinse nelle spalle:

"Non ti disturbare, più che fame era un capriccio... forse una scusa per distrarmi un attimo dai libri".

"Ma non è un disturbo...".

"Lascia stare ho detto".

Interrotto da quel tono perentorio, Shin sussultò un poco; era consapevole che Seiji non lo faceva apposta, che non ce l'aveva con lui e che era molto teso a causa dello studio. Per lui, occuparsi del dojo di famiglia, del kendo, si era rivelato molto più facile che non affrontare gli esami scolastici; in alcuni momenti sembrava pentito di aver momentaneamente abbandonato la sua vocazione di insegnante di kendo per proseguire gli studi. Shin si chiedeva a volte se fosse davvero contento di aver lasciato Miyagi per vivere con loro o se, per l'erede dei Date, si fosse trattato di una scelta forzata, dettata dall'impulso a non deluderli. Suiko leggeva facilmente nel cuore altrui, era in grado di carpire i sentimenti dei compagni con una sola occhiata, ma con Seiji non sempre funzionava, il suo cuore e il suo spirito continuavano, nonostante la loro profonda unione, a rivelarsi spesso un enigma.

Il guerriero della luce stava già per varcare la soglia della stanza, mentre Shin cercava disperatamente il modo di superare quella tensione che percepiva tra loro e, tra il frettoloso, il timido e l'imbarazzato, gettò lì la prima domanda che gli venne in mente:

"Come procedono gli studi?".

Seiji si fermò un istante e, senza voltarsi verso di lui, fece spallucce, quindi scomparve richiudendo la porta dietro di sé.

Uno sbuffo esasperato si levò dalle labbra di Shin, mentre il ragazzo sollevava una mano a scostarsi il ciuffo dalla fronte, un gesto che in lui rivelava confusione e ansia.

"Non credevo che la matematica fosse in grado di ottenebrare a tal punto la nostra luce".

Improvvisamente ricordò i biscotti che aveva preparato per alleviare la pesantezza che gravava sull'animo dei ragazzi; avrebbe potuto offrire quelli a Seiji. Ma perché da un po' di tempo era così smemorato? Il suo fisico tanto avvezzo a scontri e battaglie, reggeva in realtà così poco la stanchezza? Ma, in fin dei conti, quando mai si era abituato alle battaglie? L'organizzazione domestica era un'altra cosa, non poteva assolutamente pesargli, anche se...

Si precipitò verso la credenza e afferrò a colpo sicuro il barattolo nel quale li aveva raccolti; era decisamente giunta l'ora di far visita ai compagni con una sorpresa che, sperava, li avrebbe allietati.

Si procurò quattro piattini, aprì il barattolo e divise equamente i biscotti, senza conservarne nessuno per sé; in fondo lui non ne aveva bisogno, cucinare per gli altri e sapere di aver fatto cosa gradita era molto più gratificante che godere del proprio operato.

Uscendo dalla cucina, il primo incontro fu con Byakuen, beatamente sdraiato sul tappeto del soggiorno, come un pacioso gattone in cerca di calore al riparo dal gelo invernale; la tigre sollevò il muso quando lo vide e agitò, attenta, un orecchio. Shin ridacchiò, stava per commettere un errore imperdonabile.

"I ragazzi non se ne avranno a male trattandosi di te".

Si chinò davanti al felino, prese un biscotto da ciascuno dei piattini e glieli posò davanti al muso, suscitando una prima annusata curiosa, quindi un gorgoglio di puro piacere, mentre Byakuen cominciava a sgranocchiare al colmo della soddisfazione.

Il ragazzo lo accarezzò tra le orecchie, ridacchiando ancora:

"Vedo che gradisci, ne sono felice."

-Byakuen-

Una bella casa si distingue per molte cose, ma le più importanti sono tre: un'atmosfera calda, un sorriso gratuito e un delizioso piatto nello stomaco.

Un tempo si diceva così, ma tutt'oggi le cose non sono cambiate: la grande tana dove ora viviamo tutti assieme si avvolge attorno a noi come una pelliccia calda e rassicurante e anche quando rimango solo io in casa, quando i cuccioli devono andare a scuola, la casa vibra di loro e si avvolge attorno a me.

E quando li guardo li vedo felici, sorridenti, distesi. Li vedo come quasi non li ho mai visti, perché le battaglie continue e le insicurezze li trasformavano e li rendevano tristi, spenti. Era una tristezza mista a una sorta di felicità che era conseguenza poi del loro stare assieme.

Più del sangue, più del destino stesso, più della stessa vita.

I cinque cuccioli sono, ora più che mai, parte di una sola cosa. E non è una yoroi, non è un ideale, non un nemico comune che li rende tali.

È ciò che non ha nome.

Che ne siano consapevoli forse, non del tutto.

Ma certe cose giungono col tempo, a volte giungono quando il cuore aggiunge solo un battito alle sue infinite liste: ed è quel battito a fare la differenza.

***

Il samurai dell'acqua salì le scale con il prezioso carico tra le mani e trovò buffo riflettere sul fatto che stava intraprendendo il medesimo percorso affrontato da Touma; era un po' come immergersi in un'impresa, non sbagliava Touma a pensarlo, era come dover assediare delle mura difensive invalicabili.

Prima tappa: Seiji... forse quella che lo metteva più a disagio... e gli dispiaceva un sacco pensarlo... che ancora uno dei suoi amati compagni fosse in grado di procurargli disagio. Forse si trattava, più che altro, di timore reverenziale... estremo rispetto... era conscio della sua superiorità.

"O forse sono solo un fifone insicuro" borbottò tra sé, mentre si imponeva di bussare a quella porta dietro la quale si nascondeva un drago dalla mente impenetrabile.

Alcuni colpetti leggeri furono sufficienti a suscitare l'attenzione di colui che abitava la stanza.

"Avanti!".

Fredda cortesia... forse condita da una velata seccatura.

Shin trasse un profondo sospiro e aprì appena la porta, un sottile spiraglio, deciso a non mostrarsi invadente:

"Posso entrare? Sono Shin".

"Guarda che so riconoscere la tua voce".

Non era molto incoraggiante quel tono; forse, dopotutto, cominciava a comprendere un poco le difficoltà di Touma.

"Allora... posso?".

Lo vide tendersi, indovinò che il samurai della luce avrebbe voluto urlare, ma ovviamente non lo fece e si limitò a rispondere ancora, con un'inclinazione un po' più tagliente:

"Ti ho per caso detto di no?".

Suiko deglutì e fu sul punto di scusarsi, ma si trattenne, non era certo che Seiji avrebbe apprezzato quella sua ulteriore goffaggine, così si limitò ad avanzare verso la figura che dava l'idea di non respirare nemmeno, il volto chino sul libro, una matita in una mano, l'altra mano sulla fronte, affondata nel ciuffo più disordinato del solito... decisamente cosa non da lui e questo la diceva lunga su quale fosse il suo umore.

Shin si accostò alla scrivania, diede una sbirciata il più discretamente possibile: matematica... ancora...

Suiko non se la cavava male in quella materia, certo, non era ai livelli di Touma, chi mai avrebbe potuto esserlo alla loro età? Solo un genio come Tenku, appunto. Ma riusciva discretamente in tutte le discipline, almeno da rientrare nella sufficienza. Una parte di lui avrebbe desiderato offrire il proprio aiuto, ma una vocina dentro di lui gli suggeriva che non era il suo compito quello. Doveva essere Touma a trovare la strada per offrire il proprio aiuto dal punto di vista strettamente culturale; lui si sarebbe impegnato a creare intorno ai ragazzi un ambiente accogliente, affettuoso, a non far mancare loro nulla, a soddisfare tutti i loro bisogni ancor prima che loro si rendessero conto del bisogno stesso... e già così c'era tanto da fare.

"Come procede, Seiji-kun?".

Il volto di Korin rimase fisso sul libro, la mano scomparve ancor più, perdendosi completamente nel ciuffo arruffato; possibile che Seiji non si fosse neanche pettinato quel giorno? Si sarebbe trattato di un evento epocale in quel caso.

"Ascolta Shin, non ho tempo di farti il resoconto dei miei successi ed insuccessi; se voglio che i successi aumentino non posso perdere neanche un istante".

Shin si agitò un po' nervosamente.

"Certo... scusami" balbettò con un filo di voce. "Ti ho portato qualcosa che spero possa rasserenarti un po'".

"Sono sereno".

Suiko non poté impedirsi di sospirare, ma restava deciso a non prendersela: sapeva essere paziente quando necessario. Avrebbe dominato il proprio istinto a reagire.

Sorrise più dolce che poté e posò il piatto con i biscotti accanto al libro; Seiji spostò appena l'unico occhio visibile, che si fece lievemente più grande, ma Shin se ne stava già andando.

"Buon proseguimento, Seiji-kun; se hai bisogno di qualunque cosa, non esitare a chiedere".

Il samurai dell'acqua non attese risposta e si richiuse la porta alle spalle, vi appoggiò contro la schiena e rimase immobile per qualche istante, il volto basso e gli occhi chiusi, il petto scosso da un profondo sospiro.

***

Per la seconda volta, con la seconda persona, aveva esternato un caratteraccio che non credeva di possedere. Altro che cortesia, si stava comportando da cafone con chi cercava solo di essere gentile con lui.

Seiji non riusciva a distogliere lo sguardo dal piattino traboccante di biscotti, quelli buonissimi, che Shin sapeva cucinare alla perfezione e che facevano la gioia di ogni abitante della casa quando il loro profumo si diffondeva tra le mura domestiche.

Ne prese uno in mano e cominciò a sgranocchiare, godendo fino in fondo ogni boccone.

"Non le merito le attenzioni di Shin" si trovò a pensare. "E probabilmente neanche quelle di Touma".Sbuffò e si sforzò di riportare la propria attenzione su quel maledetto teorema del quale non veniva a capo. Possibile che la luce, in grado di trionfare sulla tenebra, non sapeva rendere più luminose le oscure leggi della matematica? Sbuffò ancora e borbottò:

"Vedranno una fine questi maledetti esami, prima o poi, e forse anche io tornerò alla normalità".

***

Seconda tappa, la camera che divideva con Shu... nonché il loro nido d'amore... almeno finché non era iniziato il periodo d'esami. E da allora era già tanto se Shu gli rivolgeva uno sguardo.

Anche in quel caso, Shin cercava di non prendersela, era comprensibile che una persona come Shu, non esattamente brillante nelle faccende scolastiche, affrontasse gli esami con tanto timore; per lui si trattava di un'autentica battaglia, anche contro se stesso e i propri limiti.

Shin doveva anzi ammettere di sentirsi orgoglioso della sua scimmietta, del modo in cui si era gettato anima e corpo in quell'impresa. D'altronde, Shu era un testone e se si metteva nell'ordine di idee di dover riuscire in qualcosa, si immergeva con tutto se stesso e niente l'avrebbe distolto; per questo Shin era convinto che i suoi esami si sarebbero rivelati un successo.

Sorrise e bussò, ma non si era aspettato la risposta arcigna che giunse alle sue orecchie:

"Se non è nulla di importante non disturbatemi, grazie!".

Il labbro inferiore di Suiko si sporse in avanti in una smorfia un po' comica; in un'altra occasione, ad una replica del genere, avrebbe spalancato la porta in maniera piuttosto violenta e avrebbe rivolto al responsabile una strigliata con i fiocchi. Ma contò fino a dieci, respirò a fondo per l'ennesima volta e ritrovò il sorriso paziente che, da giorni, in presenza dei compagni, non lo abbandonava mai.

Si affacciò con il viso oltre la porta e sbirciò all'interno: Shu era sempre accucciato per terra, sepolto sotto una valanga di libri e, una volta di più, rimase ammirato dalla sua costanza... anche se il suo modo di studiare era alquanto confusionario... come il modo in cui riduceva la loro camera. E non era neanche possibile entrare per riordinare, non poteva permettersi di disturbarlo.

"Uno spuntino ti sembra un argomento abbastanza importante, scimmietta?".

La testa di Kongo si levò dal libro che teneva sulle ginocchia, Shin era certo che se avesse avuto le antenne le avrebbe rizzate; però non ricambiò il suo sorriso, Shu rimaneva, anzi, del tutto serioso e compito, tanto che Suiko si chiese se si trovasse davanti al samurai della terra che conosceva. Si avvicinò a lui e gli si acquattò davanti, porgendogli uno dei piattini:

"Forse questi ti renderanno lo studio più piacevole".

"Piacevole è una parola grossa".

Nonostante il persistente malumore, Shu si impossessò del piatto senza farsi pregare... e anche dimenticandosi di ringraziare perché, mentre divorava il primo, il suo sguardo tornò immediatamente alle pagine che giganteggiavano sotto i suoi occhi. E non pronunciò più una parola.

Shin rimase a guardarlo per un po', l'espressione a metà tra il sorridente e lo scrutatore; quindi gli posò una mano tra i capelli arruffati e gli lasciò una dolce carezza:

"Forza e coraggio scimmietta, ho fiducia in te".

Gli rispose un grugnito esternato a labbra serrate, forse non aveva neanche udito le parole di Shin che, nel frattempo, si alzò in piedi, gli rivolse un'ultima occhiata e, in silenzio, lasciò la stanza.

***

Avrebbe fatto volentieri a meno di quell'opera maniacale intitolata "Confessioni di una maschera" di Mishima e, al suo posto, avrebbe riletto anche mille volte il "Genji Monogatari": la tortura della letteratura del Novecento era, per lui, insopportabile. Proprio non riusciva a concepire come si potesse inserire in un programma certi autori così... squilibrati.

Uno sbuffo, una smorfia e il desiderio di gettare tutto al diavolo gli attraversò la mente: era stanco, quasi stremato... si sentiva come se fosse passato un tempo infinito dall'ultima volta che aveva sentito la propria schiena rilassarsi completamente.

E che aveva riso, scherzato... sorriso a Shin?

Con uno scatto veloce - e il collo parve incriccarsi per un attimo - si voltò ad osservare il piattino di biscotti che il ragazzo gli aveva appena portato: gli occhi blu, opachi di una stanchezza che ornava di occhiaie il suo viso stranamente pallido, vagarono sui frollini ancora tiepidi del calore del forno e, con un moto di esasperazione, si accorse di averlo fatto ancora.

Perché accidenti non riuscisse a nascondere l'irritazione, la troppa mancanza di legami con tutto ciò che non riguardasse Mishima, i romantici o la restaurazione Meiji...

Stava trasformandosi in un orso, altro che scimmietta: non parlava quasi più, andava avanti a grugniti incomprensibili e scosse di testa, sospirava, s'innervosiva e riusciva, così, a produrre ancora meno di quel che desiderava. Così s'innervosiva ancora e tutto ricominciava da capo.

Shu non era mai stato il primo della classe, non come 250QI-Touma, ma se l'era sempre cavata bene, distinguendosi soprattutto nelle materie scientifiche. Ma perché mai, ora, giapponese lo mettesse così a dura prova, proprio non lo concepiva.

Era arrivato al punto di dormire assieme all'antologia e di leggere a voce alta certi brano fin quando gli occhi non lo abbandonavano e, al risveglio, si ritrovava a pensare ad assurdi sogni dove Mishima stesso gli intimava, assieme al professore, di recitare tutta la sua opera a memoria.

Non stava dormendo... quelle poche ore in cui riusciva a chiudere gli occhi, prima che il dovere lo riscuotesse dal torpore, erano solo di un sonno leggero, quasi impercettibile: se non fosse stato per quello che mandava giù ai pasti, sapeva benissimo che sarebbe crollato a terra senza più trovare la forza né la volontà di alzarsi.

E poi... tutto era stato così veloce.

Il ritrovarsi con i ragazzi, Suzunagi, i ragazzi che...

Shu scosse la testa, se la ritrovò che gli girava: afferrò con decisione il piattino e mangiò tutti i biscotti rimasti uno dietro l'altro, senza nemmeno gustarli. L'energia era ciò di cui aveva bisogno e nient'altro or ora. Almeno fino a quel miracoloso momento che tutti agognavano, era anima e corpo di Letteratura Giapponese.

***

Gli restavano solo due porzioni di biscotti; siccome non aveva certezza su dove si trovasse Touma ma era certo che, come tutti gli studiosi, Ryo era di sicuro barricato in camera, si diresse direttamente da lui. Chissà se anche il loro tigrotto avrebbe messo da parte la considerazione nei suoi confronti come sembravano aver fatto Seiji e Shu. Si strinse nelle spalle, simili pensieri non avrebbero neanche dovuto sfiorarlo, non era giusto e in più detestava assumere il ruolo della vittima; stava facendo unicamente ciò che voleva fare, nessuno glielo chiedeva o imponeva, la scelta era unicamente sua e l'aveva compiuta perché li amava, al di sopra di tutto e anche di se stesso, alleggerire le loro spalle il più possibile di tutti i pesi, facilitare loro l'esistenza, era per lui una missione e non certo perché desiderava sentirsi dire 'grazie' o ottenere qualcosa in cambio.

O meglio... in cambio voleva qualcosa... la loro soddisfazione, la loro felicità.

E allora anche lui sarebbe stato felice.

Attese invano la risposta al suo bussare, sembrava regnare il silenzio nella stanza di Ryo; era così immerso nello studio da non sentire neanche ciò che gli accadeva intorno? Ritentò e nuovamente nessuna voce giunse alle sue percezioni.

Shin cominciò a preoccuparsi; era certo che Ryo non fosse uscito, non si era visto in giro quel giorno, quindi era sicuramente chiuso in camera. E allora perché non rispondeva?

Si adirò con se stesso: non vi era alcun motivo per pensare al peggio, le esperienze passate l'avevano reso troppo apprensivo, ogni anomalia rischiava di gettarlo nel panico, anche se si trattava di sciocchezze, il suo ottimismo, la sua capacità di voler vedere le cose in positivo, erano un lontano ricordo ormai.

Scosse il capo con gesti nervosi, un po' per cacciare i cattivi pensieri, un po' per rimproverare se stesso e si decise ad aprire la porta; la scena che si trovò davanti lo rassicurò immediatamente e sul suo volto prese forma il suo sorriso più tenero.

Ryo era in camera in effetti, ancora sul pavimento e ancora sommerso dai libri ma... era raggomitolato sul tappeto come un cucciolo di felino, le gambe raccolte sul petto e le braccia incrociate sotto il viso a fare da cuscino, profondamente addormentato. Prima o poi sarebbe dovuto succedere, Shin era certo che fosse stata più la noia a far crollare Rekka che non la stanchezza, il loro leader scavezzacollo non poteva restare prigioniero di una camera rinunciando ad aria aperta e movimento troppo a lungo.

Avanzò al centro della stanza e si inginocchiò, per contemplarlo più da vicino, il sorriso sempre presente; poi lanciò un'occhiata intorno a sé. Ryo era ancora più caotico di Shu nell'organizzazione dello studio, pretendeva di interiorizzare tutte le materie possibili e i concetti più disparati nel medesimo tempo. Il sorriso di Shin si mutò in una risatina: forse il samurai del fuoco, come prima cosa, avrebbe avuto bisogno di trovare un proprio metodo di studio.

Immaginava, conoscendolo, che gli restassero ancora molte cose da fare, ma non aveva lo stesso intenzione di svegliarlo.

"Ma sì" sussurrò. "Te lo meriti un po' di riposo".

Intanto gli sfiorò le ciocche corvine scarmigliate con una lieve carezza e depose i biscotti accanto a lui, in modo che vedesse prima loro dei libri una volta aperti gli occhi. Resistette alla tentazione di posargli un bacio sulla guancia, per non rischiare di svegliarlo e si alzò, diretto verso l'ultima meta.

***

Una carezza... era così bello riceverne.

Ryo sbatté le palpebre più volte, faticava ancora a rendersi conto di dove si trovasse; si era addormentato? Se così era, aveva fatto un sogno bellissimo... la carezza di sua madre... non credeva di ricordarla ancora, era così piccolo quando lei se n'era andata. Com'era la carezza di una madre?

Probabilmente come quella che aveva ricevuto in sogno e per questo, istintivamente, sorrise.

Al sorriso contribuì il profumo che giunse alle sue narici e che riuscì a svegliarlo del tutto, permettendogli di notare il piattino con dentro i biscotti; la sua espressione si fece perplessa, poi scoppiò a ridere, mentre si sollevava, a contemplare quei dolcetti come incantato.

Gli fu improvvisamente tutto chiaro: la mano che li aveva cucinati e portati fino a lì, era la stessa che lo aveva accarezzato mentre dormiva.

"Mammina Shin... il nostro caro Shin...".

Sospirò, assaporando il primo biscotto: Shin era per lui una presenza fondamentale, senza di lui si sarebbe sentito perso. Senza i suoi compagni si sarebbe sentito perso.

Famiglia... che sapore strano aveva quella parola... un sapore per lui sconosciuto ma, in qualche modo, cominciava a comprenderne il significato.

Famiglia significava avere intorno coloro che più contavano, essere terrorizzati all'idea di perderli, ritenerli tutti indispensabili e speciali. Famiglia significava condividere la propria esistenza con qualcuno che si prendeva cura di te... e del quale prendersi cura.

Si fece pensieroso, serio, mentre sollevava il piattino e lo portava vicino al proprio naso, con il suo contenuto, inspirando profondamente, ancor più goloso di quella fragranza che sapeva di casa e famiglia, che non del sapore. In realtà, avrebbe desiderato che quei biscotti non finissero mai, poterli conservare per sempre, così come apparivano davanti ai suoi occhi, con quello stesso profumo.

"Shin... caro Shin...".

Sospirò; si rendeva perfettamente conto di quanto il tenero Suiko stava facendo per tutti loro.

"E io, come al solito, sono un peso... Shin, lascia che mi getti alle spalle questi maledetti esami e rimedierò, farò qualunque cosa per te, te lo prometto!".

***

Ultimo piattino, ultima tappa... e in questo caso c'era da rovistare per la casa. Shin rimise piede nel soggiorno e vi trovò Byakuen ancora pigramente raggomitolato e, com'era ovvio, dei biscotti che gli aveva donato non vi era più traccia.

"Erano di tuo gusto allora, ne' Byakuen?".

La tigre gli rispose con un sonoro sbadiglio, in seguito al quale si alzò, per dirigersi verso Suiko e gratificarlo con una strofinata di ringraziamento sulle gambe. Il ragazzo lo grattò tra le orecchie e rise:

"Tu sì che dai soddisfazioni".

Si guardò intorno:

"Senti, hai visto Touma? Anche lui, in fondo, merita la sua razione, che ne dici?".

Byakuen prese delicatamente tra i denti un lembo della manica di Shin, senza affondare, tirò solo un poco per invitarlo a seguirlo; il giovane Mori sorrise e gli andò dietro senza esitare, finché si fermarono davanti alla porta dello studio, la stanza dove avevano posizionato la libreria e dove Touma amava tanto spesso rifugiarsi.

"Non avrei neanche dovuto chiederlo" mormorò Suiko, stringendosi nelle spalle.

Non si preoccupò di bussare e aprì leggermente la porta, ma lo scenario che gli si presentò non era esattamente quello che si sarebbe aspettato; quando Touma si isolava nel suo prediletto angolino di mondo si immergeva nella lettura o al computer. Invece lo vide sussultare, la schiena rivolta verso di lui curva, apparentemente intento in nulla. Ebbe l'impressione che avesse nascosto velocemente qualcosa.

Si schiarì la voce con un colpetto di tosse e Tenku si girò di scatto, gli occhi sgranati come quelli di un cucciolo spaventato.

"Ma che hai?" lo interrogò Suiko addentrandosi di qualche passo e fermandosi accanto a lui. "Perché sei così teso?".

"Non sono teso" bofonchiò l'altro. "Solo che non mi piace quando mi si distoglie senza preavviso dalle mie occupazioni".

Shin fece correre alternativamente lo sguardo dal volto dell'amico, al bancone vuoto davanti a lui, al computer spento:

"Quale occupazione? Stallo mentale? Non mi sembra sia un ambiente di lavoro molto attivo".

"Sei venuto per recriminare su quello che faccio? Non puoi vedere in quale direzione si stiano muovendo gli ingranaggi dentro di me, ma ti posso assicurare che non sono inattivi!".

"Va bene, va bene, non ti arrabbiare adesso, non era mia intenzione crearti problemi. Ti ho solo portato una cosa".

Sull'ultima parte del discorso, gli posò davanti al naso i biscotti, provocando uno sgranarsi ancora maggiore degli occhi di Tenku, che guardò prima il regalo poi Shin, la bocca aperta, visibilmente imbarazzato.

Alla fine, nel tentativo di sfuggire all'evidente disagio, Touma si massaggiò la nuca con un sorrisetto che cercò di rendere spigliato, ma che venne fuori un po' goffo:

"Grazie Shin, scusami".

Il samurai dell'acqua sorrise:

"Non è successo niente, vorrei però che la smettessi di essere così preoccupato".

"Non sono preoccupato, davvero, sto solo pensando".

"Il pensare troppo è indice di preoccupazione".

"Non sono te, Shin".

Suiko si erse, con una smorfia e un lamento seccato. Touma lo scrutò, le sopracciglia inarcate, quindi si alzò per poterlo guardare meglio negli occhi:

"Guarda che non era una critica".

"Non era neanche un'osservazione positiva".

"E' positiva nel senso che sei sensibile è questo è bello, negativa perché tu quando pensi finisci per stare male".

"Non cercare di indorare la pillola ubriacandomi con le parole, Touma!".

Toccò a Tenku fare una smorfia di disappunto, mentre si ritraeva un poco:

"Sei sempre prevenuto con me. Io sono sincero, lo sono sempre".

"Lo so" sospirò Shin, reclinando il capo sul petto. "Sono permaloso".

Seguì qualche istante di silenzio, che Touma superò portando una mano dietro la nuca di Shin ed attirandolo contro di sé, fino a far aderire i loro nasi e a far affondare gli occhi negli occhi, strappando a se stesso e al compagno uno speculare sorriso:

"Vai benissimo così come sei".

"Anche tu...".

"Tu di più...".

"No, non è vero...".

"Shin...".

"Touma...".

Uno sbuffo tra le labbra precedette l'esplosione di ilarità di Suiko, immediatamente imitato da Tenku.

"Siamo incorreggibili" sentenziò infine quest'ultimo, lasciandosi ricadere sulla sedia.

"Tu lo sei, io cerco solo di tenerti testa".

"Ma sentitelo, vuoi ricominciare?".

"No no" ridacchiò Shin. "Ti lascio alle tue elucubrazioni mentali qualunque esse siano, io devo uscire".

Touma si fece serio ed attento:

"Con questo tempaccio? E dove vai?".

"Non c'è più nulla in casa, è assolutamente necessario fare spesa".

"C'è quasi tormenta fuori, non puoi aspettare che smetta? Ci arrangiamo con poco con un po' di impegno".

Shin si strinse nelle spalle:

"Voglio che i nostri studentelli disperati possano quanto meno gustare dei pasti decenti, se lo meritano".

"Ma c'è un gelo polare la fuori".

"Touma, la neve è solo acqua sotto un'altra forma, è il mio elemento in fondo, con tutto quello che abbiamo passato non credo che sapermi in mezzo a un po' di neve debba preoccuparti".

"Sarà" borbottò Touma, non del tutto convinto. "Però, anche se ti piace l'acqua, tu sei freddoloso".

"Esistono sciarpe, guanti e cappotti proprio per questo, genio".

Shin concluse la frase posandogli un bacio sulla fronte e fece per allontanarsi con un allegro saluto.

La porta si stava già richiudendo quando Touma lo richiamò:

"Shin-chama...".

Il visetto sempre un po' infantile di Suiko rifece capolino:

"Dimmi...".

"Grazie ancora per i biscotti".

"Ma di nulla, Tou-chan".

Una strizzata d'occhio e una linguaccia furono i suoi ultimi gesti prima di richiudersi la porta alle spalle.