-6-
 
La giornata trascorse più o meno nella medesima atmosfera, davanti agli occhi attoniti dei compagni: Shu ordinava e Shin obbediva, con ogni evidenza ingoiando maledizioni e consapevole che se avesse dato retta all'istinto, Kongo avrebbe pagato cara ogni angheria.
Ma non lo faceva, l'istinto era messo a tacere e questo era ciò che maggiormente sconcertava i ragazzi; persino Byakuen scrutava ogni scena con i suoi occhi attenti ed inquisitori, impossibilitato lui stesso a capacitarsi dell'assurda.
Ryo aveva tentato più volte di tornare alla carica, spesso con la complicità di Touma ma nessuno era riuscito, in alcun modo, a far sì che Shin si sbottonasse e rivelasse alcunché di quell'interazione tra lui e Shu diventata bizzarra e surreale.
Era questione di tempo perché tutto precipitasse.
Quando, dopo cena, Shin si alzò per sparecchiare, in seguito alle sollecitazioni di Shu, Ryo non resse oltre; si alzò a propria volta, la sedia che emetteva uno stridore distorto strisciando sul pavimento, afferrò Shin per un braccio, strinse il pugno intorno al colletto della felpa di Shu trascinandolo in piedi e li strattonò verso di sé:
“Se prima domandavo e cercavo di capire, adesso faccio davvero il capo e ve lo ordino; o mi dite cosa sta succedendo o diventerò davvero pericoloso!”
Il suo tono era acceso, cercava anche di renderlo duro ma Kongo lo affrontò con sprezzante ironia:
“Lascia perdere, grande capo, sei poco credibile”.
Un fremito attraversò le membra del samurai del fuoco, la mano intorno all'avambraccio di Shin si aprì lasciandolo libero e Suiko barcollò per la foga di Ryo che, intanto, aveva invece accentuato la stretta con la quale imprigionava Kongo, infondendo tanta energia da sollevarlo quasi da terra:
“Vediamo se continuerò ad essere poco credibile quando mi vedrai davvero infuriato, Shu! Vediamo fin dove saprà spingersi questa tua irritante leggrerezza!”
Era talmente strano vedere Ryo così teso ed adirato nei confronti di uno di loro che Shin provò un malessere profondo, oltre che un immediato senso di colpa; lui e Shu avevano generato tensione nel gruppo e la cosa lo metteva a disagio, non gli era possibile accettarlo. Con tutta la dolcezza di cui era capace, posò la propria mano su quella con cui Ryo artigliava il colletto di Shu; bastò il suo tocco a far allentare la morsa, unito alla carezza della sua voce:
“Per favore... Ryo...”
L'ascendente che Shin aveva sulla Vampa sortì l'effetto desiderato; le dita di Rekka si allentarono fino a lasciare la presa e Shu fece un passo indietro, il volto basso, a disagio. Non gli piaceva litigare con i compagni, tanto meno con Ryo, anche se a volte accadeva a causa dei loro caratteri impulsivi.
I sentimenti di Ryo non erano molto diversi; abbassò il capo anche lui, deglutì:
“Mi dispiace... mi sono lasciato trascinare perché sento che c'è qualcosa che non va... e io non voglio che ci sia qualcosa che non va tra di voi”.
La mano di Shin si posò sulla sua spalla:
“Lo so... è colpa nostra... tu vuoi solo aiutarci e noi siamo due idioti”.
Shin credeva realmente a ciò che stava dicendo; stavano rischiando di rovinare la vacanza a tutti a causa di uno stupido gioco degno di bambini immaturi e una delle cose che il samurai dell'acqua meno poteva sopportare era dar mostra di immaturità.
“Però” soggiunse, lo sguardo che fuggiva a terra, “non devi sentirti sempre responsabile per tutto Ryo, siamo grandi abbastanza da prenderci le nostre responsabilità... e non sei tu che devi ritenerti inadeguato se i tuoi nakama si dimostrano indegni di te”.
Il volto di Rekka si sollevò, l'espressione costernata di chi aveva appena udito la sciocchezza più immane:
“Non parlare così, non è vero, non pensate mai una cosa del genere di voi stessi”.
Shin sembrò non ascoltarlo, tutto concentrato sul proprio bisogno di risolvere la questione strinse le dita intorno al polso di Kongo, che se ne stava ancora con lo sguardo rivolto a terra:
“Adesso non preoccupatevi più, usciamo a fare una chiacchierata noi due e metteremo tutto a posto”.
Lasciando i compagni ammutoliti, incapaci a quel punto di rispondere, trascinò Shu verso l'uscita; solo quando scomparvero oltre la porta un sospiro esasperato si levò da Touma, persino lui si era mantenuto in silenzio, immerso nella sua costernazione, per tutta la durata del litigio. Anche Seiji sospirò, come se un peso gli fosse stato tolto dal petto e scosse il capo.
Il primo a parlare fu Ryo, ma senza riuscire ancora a sollevare il capo da terra:
“Mi dispiace ragazzi... non avrei voluto aggredire Shu in quel modo”.
“Nessuno ha detto che non lo meritasse” sentenziò Touma, abbandonandosi all'indietro contro lo schienale della sedia.
Ryo fece un cenno negativo del capo, ma ogni protesta verbale venne interrotta nuovamente dalla voce di Tenku:
“Anche Shin però... che razza di atteggiamento... quel ragazzo è davvero strano a volte...”
Non si avvide dell'occhiata eloquente rivoltagli da Seiji, il sopracciglio rialzato in un'espressione di divertita perplessità, ma udì chiaramente il suo commento:
“Forse è il motivo per cui andate tanto d'accordo”.
Rispose a Korin un'occhiataccia imbronciata ed una protesta lamentosa:
“Ma se mi strilla sempre dietro”.
“Forse perché tu lo stressi di continuo, Touma”.
Il samurai dell'aria intrecciò le dita dietro la nuca e commentò con ingannevole e riflessivo candore:
“E' che si presta, stuzzicarlo dà soddisfazione”.
Seiji si portò una mano alla fronte e reclinò il capo, un po' rassegnato, un po' esasperato:
“Sembri un bambino che parla di un giocattolo da smontare per pura curiosità”.
“Shin è un po' un giocattolo da esplorare, non credi?”
“Touma!”
Ryo, spazientito, aveva prevenuto ogni ulteriore risposta di Seiji.
Tenku sollevò gli occhi al soffitto ed emise il tipico lamento del bambino capriccioso che si sentiva incompreso per le sue idee così ovvie ed innocenti.
Ryo tuttavia non lo guardava più, i suoi occhi erano tornati alla porta che dava sull'esterno, così come i pensieri che seguivano i due compagni usciti poco prima.
“Speriamo che vada davvero tutto bene” mormorò. Non riusciva in alcun modo a fugare del tutto l'ansia dal proprio animo, incapace di mostrarsi distaccato, soprattutto se un qualunque problema affliggeva il cuore di coloro che amava.
 
 
***
 
 
 
I monti di Kanagawa erano già lambiti dalle prime tracce di oscurità, nel cielo le sfumature tendenti al grigio annunciavano la notte, la luna aveva sostituito l'astro diurno.
Shin trascinò il compagno per qualche passo lontano da casa, in direzione del lago, poi gli lasciò il braccio e arrestò i propri passi, le mani abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo che tendeva a fuggire verso il basso.
Siccome Shin sembrava smarrito in un personale e muto disagio, fu Shu a rompere il silenzio tra loro:
“Non volevo che andasse così, mi dispiace che Ryo si sia arrabbiato tanto”.
“Nemmeno io” mormorò la delicata voce di Suiko che, tuttavia, acquistando sicurezza, si rese quasi subito più severa, “e non immaginavo che avresti esagerato a tal punto”.
“Sarebbe colpa mia adesso?” si infervorò Kongo.
“E' da stamattina che non mi dai tregua e che godi a fare il despota approfittando di una scommessa vinta con l'inganno e pretendi che gli altri non si rendano conto di nulla? Hai tirato troppo la corda, Shu!”
“Ma tu sei stato al gioco e non mi hai dato un freno, quindi caso mai dobbiamo dividerci la colpa a metà!”
Shin si portò una mano alla fronte:
“Mi chiedo perché l'ho fatto, questo è certo, mi sento così... così... cretino!”
“L'hai fatto perché hai perso la scommessa e sei un uomo d'onore!”
Un borbottio dubbioso si levò dalle labbra di Shin; non capiva le motivazioni della propria accettazione, non le comprendeva prima e continuava a non comprendersi.
“Certo... un uomo d'onore... l'unica cosa di cui sono sicuro adesso è che ti ho trascinato fuori per parlare con calma e stiamo di nuovo litigando... cosa c'è che non va?”.
Shu parve non accorgersi dell'atteggiamento infelice di Shin, di quel suo modo di parlare quasi a se stesso, interrogandosi e ponendosi domande alle quali non sapeva trovare risposta e proseguì sicuro lungo la propria strada:
“L'unica cosa che so io, invece, è che la giornata non è ancora finita e che sei ancora il mio schiavetto personale!”
Nel parlare afferrò le mani di Suiko, ma non si era aspettato la reazione violenta del compagno, che si divincolò con tale energia da farsi male ai polsi, mentre Shu venne sbalzato all'indietro, il suo equilibrio messo a dura prova.
“Vuoi smetterla con queste scemenze?” strillò e nel frattempo si allontanava, camminando a ritroso, “il gioco è finito Shu, mi sono stancato, non avremmo neanche dovuto iniziarlo!”
Davanti agli occhi attoniti di Kongo si voltò e scappò via; il Diamante però sapeva benissimo dove sarebbe andato e l'espressione perplessa si mutò in un sorriso fin troppo simile a un ghignetto dispettoso. Non sapeva spiegarsi perché ma non riusciva a dargli retta questa volta, non riusciva a porre fine a quel gioco, nonostante tutto, nonostante la tensione generata, nonostante la rabbia di Shin... qualcosa lo spingeva a non controllarsi... e non sapeva dire cosa.
Lo trovò dove aveva immaginato, in piedi sulla banchina di legno, affacciato sulle acque placide del lago incupite dalle ombre della sera.
Il ghignetto si accentuò, anche se una vocina interiore lo metteva all'erta, perché dentro di sé lo sapeva, quando Shin si trovava in quella disposizione d'animo era solitamente necessaria cautela e tanta, tantissima sensibilità; eppure ancora non seppe far emergere la parte più dolce di sé. Si accostò alle sue spalle, le sfiorò appena:
“Non vorrai sfuggire al tuo destino, sirenetto.”
Il sussurro morbido e carezzevole contraddiceva il significato delle parole. Il capo di Shin si abbassò e si scosse.
“Falla finita” ringhiò a bassa voce... degno di un cucciolo di Byakuen o di uno squaletto, si trovò a pensare Kongo, il sorriso che si accresceva ancora.
“Perché dovrei? Sono ancora il tuo padrone, dopotutto”.
Era più forte di lui, non sapeva trattenersi; quella situazione si rivelava troppo stuzzicante... come stuzzicanti erano gli istinti del suo corpo... e della sua mente. Ancora la vocina interiore continuava a suggerirgli:
“Fermati Shu di Kongo... sei già andato troppo oltre, le cose rischieranno di degenerare se non dai loro un freno”.
La sua coscienza?
Eppure... eppure...
“Dopo tutto quel che è accaduto in casa, hai ancora voglia di fare il cretino?”
Shin gli parve un po' esasperato, un po' rassegnato... ma anche un po' arrendevole... e forse curioso. E anche Shu era curioso... di sperimentare quanto in là la sua fochetta gli avrebbe concesso di spingersi. Curiosità... certo... semplice curiosità... non gli avrebbe di sicuro fatto del male... eppure... c'era qualcosa nell'atmosfera, nella situazione... anche nell'atteggiamento di Shin... che lo induceva a non volersi porre troppe domande, a non volersi neanche dare dei limiti o prendere in considerazione freni inibitori.
“Qui non siamo in casa...” Tono insinuante... con un passo si portò al fianco di Shin, “sei ancora in mio potere... posso far finta di niente in presenza degli altri ma qui, da soli, nulla ci impedisce... mi impedisce... di continuare a giocare...”
Shin si spostò, scrutandolo con un breve sguardo obliquo, per poi riportare gli occhi alle acque scure. Shu fece un passo laterale e le loro spalle si sfiorarono di nuovo:
“Se molli tutto adesso, se non porterai fino in fondo questa cosa, sarà come se non avessi rispettato i termini e la fatica che hai impiegato finora sarà stata vana”.
“Stai rimescolando le cose a tuo comodo” sbottò Suiko, girò su se stesso e nell'allontanarsi gli diede una spinta. Colto di sorpresa, Kongo barcollò pericolosamente e gli ci volle tutta la sua capacità di reazione per riprendere il controllo del proprio equilibrio e non cadere in acqua.
Shin aveva già messo i piedi sul prato e Shu fu lesto a raggiungerlo in pochi balzi, gli girò intorno e gli si piazzò davanti, sfidando lo sguardo tagliente ed irrequieto di quegli occhi tanto belli, in grado di fargli girare la testa... ed in effetti gli girava, era come trascinato da un vortice... un vortice d'acqua e passione. Ridacchiò.
“La vuoi smettere di sfuggirmi?”
Un passo verso di lui, i loro nasi che si sfiorarono, i corpi prossimi ad aderire. La voce di Kongo si abbassò, si mutò in un sussurro che fece sgranare gli occhi di Suiko:
“Altrimenti diventerò molto severo... e dovrò punirti... lo sai?”
Suiko puntò le mani sul suo petto e lo spinse lontano da sé:
“Ti ho detto che la devi smettere, non sto scherzando, Shu!”
In altri momenti Kongo si sarebbe fermato, quello sguardo, quel tono, quella... paura... che si diramava da Shin sottoforma di energia negativa... tutto questo e anche molto meno sarebbe stato sufficiente a farlo smettere di scherzare, di giocare... di fare qualunque cosa si fosse messo in testa... ma quello non era un momento normale e si ritrovò a serrare le proprie dita poco sotto le spalle di Shin:
“Neanche io sto scherzando... proprio per niente...”
Troppo serio adesso... troppo poco rassicuante... troppo poco Shu...
Sul viso di Shin si palesò un'espressione frustrata, furente... e fin troppo inquieta. E si odiò, perché non riusciva semplicemente a mandarlo al diavolo perché, nonostante si rendesse conto di quanto assurdo fosse quell'atteggiamento, non era in grado di opporsi.
“Sta cominciando ad essere umiliante tutto questo, Shu, non te ne rendi conto? Per tutti e due... è stupido... tu ti stai comportando da bambino stupido...”
La sua voce era ridotta ad un offeso piagnucolio, che si tramutò in gridolino di disappunto e sorpresa quando il compagno lo spinse, facendolo precipitare a terra; subito dopo lo ritrovò carponi sopra di sé, le mani a bloccargli le braccia, quel ghignetto odioso, onnipresente, che a Shin cominciava a sembrare anche un po' inquietante.
“Dipende dai punti di vista, pesciolino, a volte anche essere bambini... e magari anche un po' stupidi... fa sentire liberi...”.
Discorso superficiale e tanto poco degno di Shu... del suo Shu... che ora si chinava su di lui, Shin sentì i loro bacini a contatto e fu scosso da un tremito violento, seguito da altri quando il dorso della mano di Kongo gli carezzò languidamente una gota. Poi quella mano indugiò sulla guancia con il palmo e, infine, Shu prese tra le dita il viso di Shin, vi avvicinò il proprio, finché Suiko percepì il suo alito sulla propria pelle e si agitò, paura, calore, inquietudine, adrenalina... tutto che diventava insopportabile, troppo pesante da sostenere.
La lingua di Shu uscì dalle labbra e lambì, lenta, insinuante, la punta del naso di Shin che si arricciò, mentre il ragazzo tentava di ritrarsi.
“Sei adorabile pesciolino” sussurrò Kongo, il corpo che si abbassava ancora, finché la loro adesione divenne totale.
“Sh... Shu...” balbettò Shin, l'incredulità ormai giunta all'estremo.
“Il mio ultimo desiderio da tuo padrone, pesciolino... in questo momento sei mio... tutto.. completamente...”
Quel tono, quei gesti, quell'atteggiamento... Shin si smarrì in un vortice emotivo che rischiò di sopraffarlo, non capiva cosa stesse accadendo, troppi contrasti lottavano dentro di lui, senza risoluzione alcuna. Paura e desiderio, che amalgama bizzarro... l'aveva già provato ogni volta che, tra loro, si erano verificati approcci simili, tentativi di concludere mai andati in porto... proprio perché la paura aveva sempre avuto il sopravvento... e Shu l'aveva sempre rispettato, fino in fondo, senza mezzi termini, mai l'aveva forzato a fare qualcosa e allora... cosa gli stava accadendo?
C'era qualcosa di diverso in lui, quelle fiamme quasi feroci, che potevano significare la mancanza di controllo sul proprio desiderio... era davvero così? Shu si stava lasciando trascinare dal puro istinto dimenticando ogni altra cosa, persino le promesse e il rispetto nei suoi confronti?
E allora perché non lo cacciava, non protestava, non gli diceva che non si stava divertendo affatto? Perché, nonostante tutto, il suo corpo reagiva con quello strano calore che risaliva da ogni terminazione nervosa e provocava risposte contrastanti con il terrore che la parte razionale provava?
Shu era completamente incollato a lui, le sue mani affondarono nella chioma fulva, raccogliendo e lisciando tra le dita i capelli di Suiko e il ragazzo di Hagi, ad ogni carezza, rabbrividiva di piacere e di ansia perfettamente fuse. Poi le mani scesero lungo tutto il suo corpo, un nuovo sussurro uscì dalle labbra di Kongo:
“Ora... farai tutto quello che io vorrò... perché io sono il tuo padrone e tu sei bellissimo...”
Il tono di Shu accentuò i tremiti di Suiko, dilatò la paura e anche la singolare curiosità che le reazioni proprie e del compagno gli stavano causando; c'era un'atmosfera diversa da quella che era solita instaurarsi in simili momenti tra loro, c'era un sentore di fatalità, di ineluttabile necessità alla quale gli era impossibile sottrarsi.
Fu proprio quel pensiero a tramutare la paura in autentico, indomabile orrore.
Si divincolò, trascinò la schiena sul prato per sottrarsi più che poteva al contatto, ma Shu era troppo forte, dal punto di vista prettamente fisico contro di lui non avrebbe avuto alcuna speranza.
Trattenne il fiato, cosa stava pensando? Che gli sarebbe stato necessario difendersi contro Shu? Era troppo... non vi era nulla di credibile in una tale constatazione.
“Che cosa stai facendo?”
Riuscì a tirar fuori un filo di voce, un mormorio flebile e un po' roco. Mentre tentava ancora di sottrarsi, Shu premette maggiormente contro il suo corpo, gli bloccò il viso con una mano, l'altra mano che si insinuava sotto la maglia, la percepiva sulla pelle del fianco e quel tocco era così spaventoso e così elettrizzante a un tempo da farlo gemere.
“Avanti pesciolino, che lo sai... lo sai cosa sto facendo... mi prendo quel che mi spetta...”
L'organismo di Shin si tese in ogni fibra, si irrigidì come un pezzo di pietra, aveva la gola secca e comprese cosa significasse sentirsi disidratato; aveva bisogno del suo elemento, magari anche per rinfrescare se stesso e quel pazzo che si strusciava lascivo contro di lui.
“Shu stai... stai scherzando, vero? Adesso rinsaviamo tutti e due e mi dici che... che questo... è tutto uno scherzo...”
Mantenendo immutato il proprio atteggiamento, Kongo rispose:
“Perché dovrebbe essere uno scherzo? Sei il mio ragazzo e in questo momento sei anche il mio schiavo, credo che la situazione sia del tutto naturale”.
Suiko non potè trattenere un ruggito di rabbia; alla paura, all'incertezza dettata anche dalla propria curiosità di capire cosa stesse accadendo, si aggiunse una furia incontenibile, provocata dal modo in cui quella persona, alla quale aveva affidato tutto se stesso, la propria vita, il proprio cuore, si stava comportando nei suoi confronti.
“Non sei serio, non puoi essere serio Shu... io...”
Le parole si trasformarono in un gemito di sorpresa quando Shu infilò la mano nei suoi pantaloni e si mosse sui glutei, afferrandoli con decisione e lasciando che le proprie dita si insinuassero tra essi, prepotenti, impulsive.
Fu più di quanto Shin potesse sopportare; lottò con maggior energia contro il peso di Shu, le sue mani tentarono di respingerlo e quando Kongo gli afferrò i polsi, sollevandoli in alto per bloccarlo, quel dominio irrispettoso troppo simile ad un autentico abuso provocò in Shin dolore e rabbia. Non si trattava solo del fatto che il comportamento di Shu lo feriva, era adirato anche con se stesso, che non sapeva mostrarsi deciso nell'imporre un netto rifiuto.
“Sono serissimo pesciolino, ti voglio... più di ogni altra cosa al mondo...”
Ed in effetti era serio adesso il suo sguardo, non era l'espressione di chi si stava semplicemente divertendo. C'era anche adorazione in quegli occhi accesi di desiderio, ma Shin era più focalizzato sull'ardore che bruciava incontrollato e spaventoso alle sue percezioni, quella scintilla di autoritaria imposizione che non gli piaceva affatto in un rapporto come il loro... quel rapporto che era il suo sogno perfetto...
“Non così Shu... non così...”
Aveva le lacrime agli occhi e la sua voce era incrinata dal pianto; Shu non poteva non accorgersene, la sua scimmietta sempre così angosciata al solo pensiero di vederlo piangere, di saperlo sofferente.
Eppure non dava l'impressione di accorgersene, forse fingeva di non vedere, era possibile? Possibile che restasse così indifferente alle sue lacrime?
Poi Kongo chiuse gli occhi, facendolo sentire ancor più ignorato e affondò le labbra nel collo di Shin, premendo con tutto il proprio peso, gli bloccò le braccia sopra la testa con una sola mano e portò l'altra mano nuovamente alle sue parti intime che, nonostante la tristezza impadronitasi del cuore e della mente del samurai dell'acqua, reagivano ad ogni tocco, in contrasto con il suo sconvolgimento emotivo.
Ad una carezza più audace, Shin si ritrasse con uno scatto violento, il rifiuto divenne totale, cancellando ogni altra reazione:
“Shu, ti sto dicendo di no, non voglio!”
Senza neanche sapere dove avesse trovato la forza di rivaleggiare con la possente energia di Kongo, Shin riuscì a spingerlo via con il ginocchio e a sgusciare sotto di lui; si trascinò lontano, lottando per rimettersi in piedi. Ma era talmente smarrito e confuso che le sue membra tremanti non lo sostennero e ricadde quasi subito, ritrovandosi ripiegato su se stesso, una mano davanti agli occhi.
Seguirono istanti di immobilità assoluta, il silenzio rotto dal respiro affannoso di entrambi; Shin non poteva vedere, in quel momento, lo sguardo di Shu, completamente mutato, ora sconvolto, sbigottito, gli occhi enormi da bambino fissi sul suo tesoro che lui stesso aveva terrorizzato a tal punto.
Le sue labbra si mossero in un sussurro leggero leggero:
“Non ci posso credere...”
Chinò il volto, lo posò sulle proprie mani, i palmi sollevati verso l'alto:
“Ma come posso essere... talmente... talmente...”
“Talmente bastardo, Shu?!” lo aggredì lo strillo disperato di Suiko, che intanto aveva abbassato la mano, ma teneva lo sguardo a terra, senza neanche tentare di sollevarlo su di lui.
“Me lo chiedo anche io” continuò il Torrente, il tono più flebile, incerto, “non riesco... a capacitarmi di quanto... di quanto...”
“Di quanto sono bastardo, lo so...”
Questa volta fu Shu a completare la frase iniziata da Shin e lo fece intridendo la sua affermazione di assoluta sincerità, tanto che il compagno, pur rintanando ancor più il capo tra le spalle, allentò un poco la propria tensione e i tremiti sembrarono all'improvviso meno accentuati.
Shu si mise carponi e strisciò verso di lui, allungò una mano fino a sfiorargli la spalla:
“Koi... senti...”
Suiko si ritrasse con rabbia:
“Non mettermi le mani addosso Shu, non osare toccarmi!”
Stava ancora piangendo e Kongo si sentiva morire ad ognuna di quelle lacrime che lui stesso aveva provocato, di fronte a quella paura che Shin aveva di lui... paura di lui...
“Maledizione, sono un cretino, cretino, cretino!!! Forse ho rovinato tutto con la più grande stupidaggine della mia vita! Non posso accettarlo!”
Tra quei pensieri che si rincorrevano e si accavallavano gli uni sugli altri, si distinsero le uniche parole che riuscì a pronunciare:
“Puoi anche picchiarmi, prendermi a pugni, qualunque cosa se questo bastasse ad ottenere il tuo perdono!”
Si avvicinò ancora e, vedendo che Shin non si allontanava, arrischiò un nuovo contatto fisico, più delicato e al tempo stesso, sperava, più significativo: con la mano andò a cercare quella dell'altro ragazzo, la trovò, la prese. La mano di Suiko rimase inerte, ma almeno non si oppose a quel gesto e non lo respinse. Shu strisciò sull'erba, fino a portarsi davanti a lui, desiderava ardentemente incontrare i suoi occhi, anche se temeva di scoprire cosa essi avrebbero potuto contenere: paura, rabbia, forse odio nei suoi confronti. Aveva davvero infranto la fiducia di Shin? Niente e nessuno era mai riuscito in una simile impresa e adesso...
“Adesso proprio io... che desideravo, più di ogni cosa al mondo, renderlo felice, adorarlo, essere la fonte principale del suo sorriso... proprio io che avrei voluto donargli il mondo... ho distrutto il tesoro che ha dentro?”
Trasse un profondo respiro, serrò un attimo le palpebre e quando le riaprì chiamò, delicato come un alito di brezza che smuove un poco le foglie:
“Shin... Shin-chan... cucciolo...”
Anche il corpo di Suiko fu scosso da un sospiro e da un gemito così lieve che Shu non era certo di averlo udito; il volto rintanato tra le spalle era completamente celato dietro ai capelli rossi che formavano una barriera tra lui e il mondo, tra lui e lo sguardo di Kongo.
“Vorrei che mi guardassi Shin... e forse capiresti che... sono la tua scimmietta di sempre...”
“Non te lo meriti... baka...” pigolò la vocina che, tuttavia, più che arrabbiata o spaventata sembrava ora solo tanto triste e confusa.
Shu azzardò un'ulteriore mossa; senza lasciare la mano del compagno, con l'altra salì fino al mento di Shin e, con l'indice, fece una leggera pressione, inducendolo a sollevarsi, sottolineando il gesto con un nuovo, intenso sussurro:
“Tesoro... amore mio...”
Per quanto Suiko ancora tentasse di sottrarsi al suo sguardo, i loro occhi non poterono fare a meno di incontrarsi e Shu tentò di interpretare ciò che contenevano quelli di Shin... forse... forse... non erano poi così spaventati... o sì?
“Puniscimi come vuoi, pesciolino”.
L'altro scosse il capo, sfuggendo così alla mano di Shu ma non lo riabbassò, distolse solo un poco lo sguardo deviandolo lateralmente, su un un punto indefinito nel buio, prima di rispondere, dimesso e, parve a Shu, non più così arrabbiato... ma triste... deluso... ed era peggio:
“Dai... falla finita...”
“Ma allora dimmi come posso farmi perdonare”.
Shin si rannicchiò un po' su se stesso, si fece piccolo:
“Riesci almeno a renderti conto di... di come mi hai fatto sentire?”
Ancora quel tono... così calmo... così dolce e triste...
“Non si capisce, cucciolo? Mi sto sentendo... così male... non te ne accorgi?”
Un profondo respiro rese più intensi i tremiti di Shin:
“Ma... Shu... cosa... io vorrei... vorrei capire...”.
Ed ecco il ragazzino che non voleva accusare, che cercava affetto e comprensione reciproca, il cuore d'oro che non voleva saperne di vedere il male... soprattutto desiderava disperatamente continuare a credere in coloro che amava. Non lo stava tagliando fuori, voleva spiegazioni, cercava il dialogo; la speranza rifiorì nel cuore di Shu, la sua fochetta forse non lo stava rifiutando, aveva ancora bisogno di lui.
Si tese con tutto il proprio corpo, avvicinò le proprie labbra al viso di Shin ma non lo toccò; Shin rimase immobile, ad ascoltare le sue parole:
“Non ti... avrei mai fatto del male... vorrei che mi credessi...”.
“Perché, quello che hai fatto cos'era, secondo te?”
Il tono si era di nuovo incrinato, si era reso più acuto.
“Non... lo interpretavo... così...”.
“E come allora? Shu...”.
Ancora il pianto che arrivava implacabile e il cuore nel petto di Shu perse diversi colpi, gli fece tanto male che credette di sentirsi morire. Ma doveva resistere, doveva impegnarsi con tutto se stesso per rimediare al danno compiuto.
“Io... vorrei... che fosse bello tra noi... anche quel lato... quello fisico...”.
“E volevi renderlo bello così?” scattò Shin sollevando fieramente il viso, trafiggendolo con i suoi occhi ora così lucidi e accesi di tutte le emozioni possibili, “costringendomi con la scusa di uno stupido gioco? Ma come ragioni, Shu?!”
Il capo di Kongo si abbassò in un'espressione contrita; aveva ragione la sua fochetta, era stato così impulsivo... incosciente... uno stupido scherzo spintosi troppo oltre... di pessimo gusto... ma uno scherzo... era vero che non...
“Non l'avrei mai fatto Shin... sul serio... non ti avrei mai... forzato... a quello...”.
“Lo stavi facendo!”
Il Diamante sollevò il viso, fissò quello del suo tesoro con tutta l'intensità di cui era capace... e con tutta la sincerità, l'amore soffocante che provava nei confronti di quel ragazzo tanto emotivo, ma la cui emotività restava rinchiusa, tanto spesso, nella cassaforte insondabile del suo cuore immenso.
“Mi sarei fermato Shin, avanti, non puoi pensare davvero che non mi sarei fermato! Era uno scherzo, uno scherzo idiota, stupido, crudele anche, ma uno scherzo!”
“Mi sono sentito tradito da questo scherzo, lo sai?!”
“E quindi da me... lo so... sì...” deglutì Shu, profondamente infelice. Come dargli torto? Anche lui, dopotutto, si sentiva tradito da se stesso.
“E' per questo che vorrei che ti sfogassi, che mi punissi nel modo peggiore che riesci ad inventare”.
“E continuare a comportarci come due bambini che si fanno la guerra e che agiscono in maniera sconsiderata? Vuoi davvero che vada così?”
Adesso era lo sguardo di Shu che fuggiva e non riusciva a sostenere quello del guerriero dell'acqua, perché gli occhi di Shin erano come specchi di sincerità che spalancavano mondi ed emozioni difficili da sostenere:
“Non... intendevo questo... sono stupido, lo sai... sto disperatamente provando ad elaborare un modo, uno qualunque, per farmi perdonare... per rimediare... per fare in modo che tu ti fidi ancora di me e niente mi sembra abbastanza, perché adesso sono io ad avere tanta paura Shin!”
Gli attimi di silenzio che seguirono si impregnarono dei loro sospiri, dei loro tremori, del vibrare delle loro emozioni. Poi un sospiro più forte, un gemito, precedettero l'esplosione ormai disarmata di Shin, la sua voce da bimbo vittima di un'ingiustizia ma troppo bisognoso d'amore per restare arrabbiato con chi l'aveva ferito, perché chi l'aveva fatto era anche il suo principale rifugio e la sua salvezza, non vi poteva rinunciare e, forse, gli avrebbe perdonato qualunque cosa:
“Sì, sei stupido, stupido, stupido!”
Il suo slancio colse totalmente di sorpresa il compagno; Shu se lo ritrovò addosso, le sue braccia che lo circondavano, mentre Suiko si lasciava scivolare sul prato, affondando il volto contro il suo petto, le membra talmente dilaniate dai singhiozzi che sembravano essere sul punto di andare in pezzi.
Il fiato di Shu restò mozzato in gola per parecchi istanti durante i quali temette di soffocare, gli occhi sbarrati nel vuoto, le membra rigide e i nervi tesi... non perché il gesto di Shin gli dispiacesse, assolutamente no... ma perché non se l'era aspettato, credeva che il compagno fosse prossimo ad odiarlo, temeva che non l'avrebbe mai perdonato, che non avrebbe mai più ricercato coccole da lui... e invece...
Quella reazione contribuì, in qualche modo, a farlo sentire ancora più piccolo, più colpevole e sporco. Quale punizione poteva rivelarsi peggiore di quell'abbandono totale che Shin gli concedeva? Di quel ricercarlo con... fiducia... ed inequivocabile affetto? Shin lo stava punendo regalandogli tutta la propria dolcezza, la purezza che metteva ancor più in evidenza quanto il confronto rendesse la terra tanto gretta e nulla in confronto alla limpidezza incorrotta dell'acqua.
Gli occhi di Shu si strinsero nel vano tentativo di arginare un'ondata di lacrime, le sue braccia finalmente riuscirono a chiudersi intorno alle membra tremanti di Shin, che gli sembrarono così esili in quel momento, anche se non era molto più piccolo di lui e in altezza lo superava di un poco.
“Ti amo così tanto Shin e... se dovessi ancora rischiare di rovinare tutto... io...”.
Il volto di Suiko si strofinò contro il suo petto, il Torrente si strinse ancor di più a lui, fremendo in ogni fibra, aggrappandosi come all'unica speranza di salvezza e di rassicurazione e, tenuto conto di quanto era accaduto, a Shu sembrò ancora più miracoloso e paradossale che Shin cercasse in lui rifugio.
Rifugio da cosa, quando proprio lui aveva rischiato di ferirlo nella maniera più profonda?
“Non farlo mai più” pigolò la vocina smorzata dal contatto con il suo addome che accoglieva anche il pianto, ormai ridotto ad un flebile suono, “mai più Shu... non farmi mai più una cosa del genere, promettimelo, promettimelo!”
“Piuttosto morire pesciolino!” rispose Kongo con un impeto così violento che Suiko sollevò un poco il viso per cercare il suo sguardo.
I singhiozzi erano sempre più calmi, così come la voce, quando riprese a parlare:
“Non voglio la tua morte, non sopporterei di trovarmi senza di te, se tu dovessi morire morirei anch'io... ma ho tanto bisogno di una promessa sincera... solo una promessa Shu... e io mi affiderò a te totalmente”.
Le membra del samurai della terra furono scosse da tremiti così intensi che credette di andare in pezzi; un momento terribile si stava tramutando in qualcosa di sacro, un dono che gli veniva elargito e che era ben deciso a non sprecare, a non gettare, a non rischiare più di coprire di fango, c'era andato così vicino.
Si chinò un poco, posò le mani sulle guance di Shin, attirò il suo viso verso l'alto fino ad averlo davanti al proprio.
“Una promessa, pesciolino? Questo vuoi? Ma anche io voglio essere sicuro, voglio sentire, percepire senza ombra di errore, dentro di me, che tu mi crederai, che quanto ti dirò arriverà dritto al tuo cuore e che saprai davvero gettarti alle spalle quanto è accaduto!”
“Sh... Shu...”.
“Perché possa essere così devi guardarmi, devi vedere i miei occhi, devi affondare nei miei occhi e leggere in essi, cercare dentro di me la tua sicurezza, perché le mie parole non possono bastare!”
Il ragazzo era così infervorato che Shin si trovò completamente rapito nel vortice del suo discorso intriso di decisione, volontà ed anche una buona dose di candore. Perché Shu era candido, era ingenuo, sotto quella scorza di istintualità che lo portava a compiere atti irrazionali a volte... e poteva sembrare incredibile ma, nonostante tutto, agli occhi di Shin si manteneva innocente.
Sollevò una mano e la posò sul suo volto, gesto che spinse Shu a zittirsi, lo sguardo completamente perso in lui, uno sguardo che aveva assunto i connotati del cucciolo adorante, colmo di aspettative, speranza, totale dipendenza dall'oggetto della sua venerazione.
“Sono io il tuo schiavo... Shin...”.
Il sussurro che faceva da perfetto coronamento a quello sguardo, a quel completo affidarsi a chi teneva il suo cuore in proprio potere.
La commozione di Suiko generò nuove lacrime, non più dettate da rabbia e dolore, ma dal trasporto emotivo, perché Shin stava vivendo dentro di sé quello che Shu stava effettivamente provando; le sue capacità empatiche glielo consentivano, certo, ma non solo... era così facile comprendere Shu, era un libro talmente aperto, talmente limpido.
“Il mio... il mio Shu...”.
Il balbettio sfuggito alle sue labbra strappò un sussulto alle membra di Kongo, il suo sguardo rasentò l'incredulità più estrema, prese la mano di Shin e se la posò sul petto:
“Voglio che tu la senta dentro di me koi... la sincerità della mia promessa intendo... so che puoi farlo, perché nessuno meglio di te sa leggere nell'animo altrui... ti basterebbe...”
“...Ascoltare il tuo cuore... non perché io sono bravo a capire, ma perché tu... sai aprirlo meglio di chiunque altro... soprattutto a me... ed è un cuore così pieno d'amore, di dedizione, di...”
“Io ti ho fatto del male... e mi dici queste cose?”
Il capo di Shin si scosse, sulle sue labbra un sorriso dolce:
“Non me ne avresti fatto... ho fiducia in te... so che ti saresti fermato...”.
Kongo strinse le labbra e le palpebre, riducendo gli occhi a due fessure intrise di lacrime. Non riuscì a ribattere nulla e ascoltò le nuove parole di Shin:
“Riesco a sentirlo così bene il tuo cuore... l'idea di farmi del male ti terrorizza più di ogni altra cosa...”.
“Non avrei neanche dovuto iniziarlo quello stupido scherzo” fu finalmente in grado di rispondere il Diamante, la voce incrinata dal pianto.
Un altro cenno negativo di Shin:
“Gli errori si fanno in due, abbiamo passato la giornata a comportarci come due bambini immaturi e io con te sbaglio da troppo tempo; se fossi più coraggioso... se non avessi così paura... è logico che tu abbia voglia di...”
Faticava, con ogni evidenza, il giovane erede dei Mori ad esprimere concetti che un po' lo imbarazzavano, un po' lo spaventavano; ma ciò che tentava di dirgli sconvolse Shu a tal punto da fargli sgranare gli occhi. Si gettò su di lui, le mani sulle sue guance, a rincorrere con lo sguardo lo sguardo di Shin, sforzandosi di assumere un cipiglio severo, perché i rimproveri che il pesciolino faceva a se stesso non li poteva assolutamente accettare.
Quando fu certo che Shin lo stesse guardando attentamente e che era pronto ad ascoltarlo lo apostrofò, serissimo, il tono di chi non ammetteva repliche:
“Non voglio sentirlo mai più! Non osare mai più dare la colpa a te stesso per una cazzata che io ho fatto, non è giusto nei tuoi confronti e nemmeno nei miei, perché dimostrerebbe che non mi ritieni degno di assumermi le mie responsabilità, che per te sono un comune uomo da poco neanche in grado di controllarsi con la scusa dell'impossibilità a reprimere certi istinti!”
“Sh... Shu... Non... non volevo... dire questo...”.
“E allora non dire niente e...”.
Shin lo interruppe con un gesto speculare, mise le proprie mani sulle guance di Shu, sorrise ancora, avvicinò le labbra alle sue:
“Smettiamola tutti e due... basta parlare... dimentichiamo tutto...”.
Sigillò la frase con un bacio dolcissimo che fece sciogliere le membra di Shu e gli strappò un gemito, perché il sapore del suo Suiko era così buono, così complesso nelle sue innumerevoli sfumature dolci e salate, così... generoso... come l'animo di chi lo stava donando.
Quando si separarono fu un solo, unico sguardo, i loro occhi specchi l'uno dell'altro, le espressioni attonite, rapite, completamente perse nel sentimento inebriante che li faceva quasi respirare all'unisono.
E l'ultimo di quei respiri, più profondo degli altri, un autentico sospiro liberatorio, si concluse con l'abbassarsi dei loro volti, finché le loro fronti si toccarono; quando entrarono in contatto un unanime sorriso, un po' birichino, un po' dolce, fece tornare i loro lineamenti del tutto simili a quelli di due bambini che si erano appena scambiati un innocente dispetto. La mano di Shu si sollevò fino a posarsi tra i capelli di Shin e li scompigliò allegramente:
“Torniamo dentro, pesciolino?”
***
 
I compagni li videro rientrare poco dopo, mano nella mano, le espressioni quasi estatiche, la qual cosa non mancò di suscitare l'osservazione sardonica di Touma:
“A quanto sembra, i due colombini hanno fatto pace”.
Shu si avvicinò alla sedia dove Tenku se ne stava raccolto, chinò il capo per portarlo all'altezza di quello del compagno e, naso contro naso ribatté, il sorriso ancora stampato sul volto:
“Non ho nessuna intenzione di farmi rovinare da te questo momento, piccolo panda”.
Concluse con quella che era un po' una pacca e un po' una carezza sulla testa dell'Etere, strappandogli un gemito di disappunto, quindi si rimise dritto e trotterellò di nuovo al fianco di Shin, come se fosse per lui vitale non allontanarsi di troppi passi, neanche per pochi istanti.
Non era tuttavia così semplice far tacere Touma che, puntuale, tornò all'attacco:
“Non oso immaginare quali modi sconci avrete trovato per fare pace là fuori, la presenza del lago avrà risvegliato gli istinti del pesciolino”.
Richiamò su di sé due paia di occhi feroci i quali, se avessero avuto il potere di fulminare davvero, l'avrebbero probabilmente ridotto in cenere. Ma non era sufficiente neanche quell'occhiata ad impressionare Touma che, con apparente, falsissima innocenza, decretò:
“Forse è stata la volta buona, Shin? Finalmente ti sei deciso a soddisfare fino in fondo le pene d'amore della tua scimmietta?”
“BAKA!”
Il grido corale dei due accompagnò il contemporaneo afferrare di tutti i cuscini che le loro mani potevano contenere e che servirono da altrettanti proiettili con i quali assalire il samurai dell'Etere, davanti all'occhiata complice scambiata tra Seiji e Ryo.
“Con ogni evidenza sono tornati d'amore e d'accordo” sentenziò Korin, le braccia incrociate sul petto, fingendo di ignorare le richieste di aiuto di Touma, completamente sotterrato dai due battaglieri colombini ben decisi a non lasciargli scampo.