≈ Stringimi le mani ≈


***
Dentro era buio
neanche uno spiffero un taglio di luce
una lampada spenta oscillava da sola in cantina...
***
Il vento che sferzava le strade di Tokyo era intenso e feroce, costringeva le persone a camminare curve, per ripararsi dalla furia degli elementi e a correre per rifugiarsi in fretta nelle proprie case, alla fine di una giornata nella quale non restava ormai alcuna traccia dell'estate appena trascorsa, particolarmente afosa.
Touma Hashiba arrestò per un attimo i propri passi e il suo viso sbucò dal pesante cappotto che lo riparava, per posarsi sul cielo plumbeo che prometteva pioggia. Sbuffò e dalle sue labbra uscì una nuvoletta di gelo.
“L'autunno è proprio arrivato sembra”.
Non che gli dispiacesse la carezza, per quanto violenta, del vento, gli dava la sensazione di trovarsi immerso nel suo elemento in maniera totale; perché lui lo viveva ancora il legame con il suo elemento, ormai lo avevano compreso, lui e i suoi compagni, che la scomparsa delle yoroi non aveva cancellato del tutto quello che erano e lo scontro con il demone che aveva messo in pericolo il padre di Ryo ne era stata la traumatica conferma. La conclusione che ne avevano tratto e sulla quale già da tempo riflettevano aveva finito per acquisire ovvietà: non loro dipendevano dalle yoroi, ma le yoroi li avevano scelti in quanto latori delle doti richieste... nel bene e nel male.
Rabbrividì, forse per un improvviso accentuarsi del gelo intorno a sé ma non ne era convinto; la verità era che non sapeva come reagire ad una tale rivelazione... nessuno di loro lo sapeva. Troppo facile lasciarsi prendere dall'euforia; in realtà erano terrorizzati, a loro eredità le yoroi avevano lasciato ulteriori confusioni e domande alle quali trovare una risposta era davvero troppo difficile. Neanche la sua tanto decantata mente geniale riusciva ad elaborare spiegazioni e pareri rassicuranti che sottraessero i compagni allo smarrimento nel quale si trovavano chiaramente immersi, neanche lo spirito illuminato di Seiji ne era in grado... e se non era in grado lui... che era la sua sicurezza... la loro sicurezza... forse risposte reali non esistevano o, forse, le uniche plausibili erano troppo orribili anche solo per poterle prendere in considerazione.
Riabbassò il viso e lo rintanò tra le spalle, di nuovo al riparo del cappotto, abbandonandosi ad un nuovo sospiro e ricominciando a camminare; uno di loro destava in lui le maggiori preoccupazioni, l'amico che aveva, all'improvviso, deciso di trasferirsi definitivamente a Tokyo, con la scusa di prepararsi ad entrare in una valida università... e aveva scelto per sé quell'appartamento a detta di Seiji davvero troppo grande per un ragazzo dell'età di Shin. Un appartamento immenso per una persona sola, una persona tra l'altro senza troppe pretese né vizi.
Touma si scoprì a ridacchiare tra sé: glielo avrebbe fatto confessare prima o poi... perché quell'appartamento così grande? Qual era il secondo fine? Cosa sperava il loro dolce guerriero dell'acqua?
E soprattutto avrebbero cessato, prima o poi, i suoi compagni di essere così ciechi? Avrebbero intuito anche loro, come aveva intuito lui, cosa Shin si aspettava, cosa sperava gli chiedessero?
“E perché quel testone non lo dice apertamente che ci vorrebbe tutti lì, a vivere con lui?”.
Probabilmente Shin non aveva mai dimenticato le loro promesse di adolescenti entusiasti, quando vivevano di sogni... e sognavano che un giorno avrebbero condiviso lo stesso tetto e non si sarebbero separati più. Cosa spingeva a rinunciare ai sogni quando ci si amava a tal punto? E nonostante l'amore... perché certe promesse erano come dimenticate, messe da parte sotto le montagne di fango che ammucchiavano disillusioni e paure?
Era sempre più convinto che fosse necessaria una decisiva chiacchierata a cinque, ma qualcosa li bloccava e, doveva ammetterlo, li spaventava... li spaventava il pensiero di ritrovarsi tutti assieme, ecco la principale causa di quella rinuncia. Poteva sembrare assurdo, era certo che fosse difficile trovare nel mondo un gruppo di persone legato da un amore così intenso come era il loro ma... potevano la paura, la confusione, le tante incertezze che li opprimevano, essere più forti dell'amore?
Evidentemente al momento era così ed ancora più complicato si stava rivelando sondare le autentiche motivazioni. Se solo tentava di concentrarsi una in particolare, immediata, torreggiava sulle altre possibili: ogni volta che si riunivano o decidevano di farlo, accadeva qualcosa di terribile o venivano separati a forza, come se qualche volontà misteriosa avesse deciso che non meritavano di stare insieme e così uno o più membri del gruppo finivano per trovarsi in pericolo, ogni volta una nuova tragedia li attendeva dietro l'angolo.
Nel frattempo, i suoi passi l'avevano condotto alla meta. Doveva confessare a se stesso che quasi non provava più a non lasciarsi scappare lo shinkansen diretto a Osaka; i fine settimana a casa di Shin erano diventati un rituale al quale non avrebbe mai rinunciato, perché la compagnia di quel ragazzo così tenero ed affettuoso era un nutrimento per l'anima. Inoltre si rendeva conto di quanto lo stesso Shin ne avesse bisogno, nonostante fingesse di fare il duro, di rimproverarlo, di lamentarsi per la sua invadenza; ormai da un po' Touma si era reso conto che Shin attendeva e apprezzava quei fine settimana almeno quanto lui.
Soprattutto era convinto che Shin meno degli altri andasse lasciato solo, perché la solitudine lo logorava, lo annullava persino, lo faceva sentire inutile e vuoto... e lo rendeva fragile, quella fragilità subdola e crudele che si nasconde spesso dietro un'apparenza di sole e sorrisi, la fragilità di chi, per non essere di peso, la nasconde persino a se stesso. E dopo anni di legame simbiotico ed esperienze condivise, Touma era in grado di scorgerla e capirla quella vulnerabilità così sfuggente, anche se questo non significava saperla lenire, non significava riuscire a salvarlo ed era per lui stesso dolorosa, opprimente; quando Shin non riusciva più a nasconderla essa vibrava intorno a lui e aggrediva anche i cuori di chi lo circondava, immergendoli nel buio più fitto. La malinconia di Shin era contagiosa quanto i suoi momenti più positivi... sempre più radi, sempre più forzati, sempre più autoimposti e Shin era, nonostante tutto, troppo limpido per poter simulare davvero fino in fondo una serenità che probabilmente non aveva mai conosciuto per quanto si fosse a lungo impegnato a costruirla attorno e dentro di sé.
Sollevò lo sguardo facendolo correre lungo la facciata della palazzina, soffermandosi su quella che sapeva essere una delle finestre dell'appartamento di Shin; le persiane erano aperte, ma dietro i vetri regnava il buio. Il cuore di Touma si strinse; si disse che era stupido, che in fondo Shin poteva essere in un'altra stanza della casa, eppure non riusciva a dominare la tristezza che scese, intensa, dentro di lui.
La persiana di una finestra a pian terreno sbatté con forza contro il muro, facendolo sussultare; qualcuno aveva dimenticato di chiudere bene una delle cantine e il vento indomabile si era infiltrato all'interno, a provocare chissà che danni. Touma si avvicinò, sperando quanto meno di poter accostare; una lampada spenta oscillava con un suono stridente che si ripercosse sui suoi nervi, facendoli fremere e un'inquietudine senza nome si fece strada nel suo animo, un gemito che suggeriva abbandono e solitudine.
Fece qualche passo indietro, desideroso di sottrarsi a quella vista, a quel pianto, ma non servì a molto, ormai era rimasto dentro di lui. In fretta imboccò la scalinata esterna, il desiderio di incontrare Shin si faceva sempre più intenso.
Prima di pigiare il campanello appoggiò un attimo l'orecchio alla porta e lo colpì il silenzio che regnava dall'altra parte, così in contrasto con l'inferno elementale che sembrava essersi scatenato per le strade di Tokyo. Si lasciò andare all'ennesimo sospiro e suonò, rimanendo poi immobile in attesa; Sapeva che Shin lo stava aspettando, aveva telefonato prima di recarsi a casa sua, con molto poco anticipo, come era di prassi, tanto il tollerante Suiko era rassegnato a sottostare ai ritmi dell'invasore. Lasciò che un piccolo sorriso gli piegasse le labbra, solitamente Shin sfoderava la sua lingua tagliente senza risparmiargli critiche... e facendolo anche divertire, irritare la fochetta permalosa e adorabile per ingaggiare agguerriti duelli verbali era da sempre uno dei passatempi prediletti di Touma. Poi il sorriso scomparve al ricordo del tono con cui la voce del compagno, questa volta, aveva risposto dall'altro lato del ricevitore... un semplice, cupo: “Va bene, ti aspetto...” e aveva riattaccato, senza neanche dargli il tempo di chiedere cosa non andasse.
Impose al sorriso di tornare nel momento in cui la porta cominciò ad aprirsi, ma non riuscì assolutamente a conservarlo quando i suoi occhi incontrarono quelli di Shin... o meglio, quando cercarono di incontrarli, perché Shin non li sollevò affatto, li teneva bassi e il loro smeraldo prezioso era come offuscato e spento.
“Ciao, Touma...”.
Un saluto appena sussurrato prima di scomparire dalla soglia, lasciando aperto per consentirgli di entrare, con una sorta di malsana indifferenza. Il guerriero del cielo mise piede all'interno e si trovò avvolto da un'oscurità quasi solida che lo soffocava, la tentazione di tornare sui propri passi, a godere della carezza del vento, lo aggredì intensa.
Ovviamente non lo fece, non sarebbe fuggito... fuggire dal luogo in cui Shin viveva... non era neanche da prendere in considerazione.
“E' andata via la corrente?”.
La domanda gli salì spontanea alle labbra, mentre gli occhi tentavano di non staccarsi dalla schiena di Shin, quasi temesse di perderlo, di vederlo scomparire in quella tenebra.
“No... non credo... io... mi ero addormentato...”.
Touma aveva la sensazione che Shin faticasse persino a parlare; altro che addormentato... da tempo non lo ingannava più. Era probabile, invece, che fosse rimasto tutto il giorno da solo a piangere, era in grado di riconoscere quei momenti sempre meno rari ed erano uno dei motivi che lo spingevano a tornare ancora, se possibile sempre più spesso e che lo facevano stare sempre più male quando giungeva l'ora di lasciarlo solo per un'altra settimana.
In pochi passi fu al suo fianco, la sua mano si infilò sotto il suo braccio e rimase sconvolto dai tremiti che scuotevano il corpo dell'amico.
“Shin-chama...” cantilenò insinuante, sperando che l'ironia servisse a dare una scossa o anche solo una piccola distensione all'organismo di quel ragazzo palesemente teso, “cosa c'è che non va?”
“N... nulla...”.


***
… e le gambe bellissime e forti tremavano
e niente sembrava più come prima...

***
Shin gli sfuggì, si sottrasse al contatto, Touma lo seguì nel corridoio e lo vide infilarsi oltre la porta che dava nella camera; quando lo raggiunse lo trovò seduto sul letto, ad abbracciare se stesso fino a rendersi così piccolo da dare l'idea che volesse scomparire. Il primo istinto di Tenku fu quello di arrampicarsi su quel letto, di essere lui a donargli quell'abbraccio, ma qualcosa nell'atteggiamento di Shin lo convinse che, forse, non l'avrebbe accettato... qualcosa in Shin respingeva, manteneva le distanze e faceva male, troppo... lo spaventava.
“Posso... accendere la luce?”
“Preferirei di no...”
Touma sbuffò e fece di testa sua, allungò una mano sul muro, trovò l'interruttore e l'istante successivo la lampada dal soffitto diffuse un'illuminazione delicata e tenue... troppo tenue... aveva sperato in qualcosa di meglio.
“Dovresti cambiare la lampadina...”
“Touma, spegni...”
Non era un ordine, pareva più una supplica esternata con quella vocina sottile che nei momenti di tristezza risuonava come un guaito di agonia.
Shin aveva appoggiato una guancia sulle ginocchia e Touma fu nuovamente colpito dai brividi che lo scuotevano. Aveva freddo? Eppure non faceva nulla per ripararsi, indossava dei calzoncini cortissimi che lasciavano scoperte le gambe eleganti e forti, ma vulnerabili così esposte al gelo, incapaci di dominare i tremori intensi che da esse si diramavano a tutto il corpo.
“Invece non spengo, non ti è mai piaciuto il buio e io sono venuto a trovare un amico per fare qualcosa insieme a lui e non per...”
“Nessuno ti ha chiesto di venire se per te è un peso!”
Touma sobbalzò a quel tono che non si era aspettato; ammutolì, lo fissò a bocca aperta ed occhi sgranati e, ancora una volta, quello che lesse in quel volto lo spaventò. Dov'era Shin? Dov'era il loro cucciolo premuroso ed empatico, un po' buffone, il ragazzo dalle battute salaci e dal sorriso aperto generato soprattutto dal desiderio... di cosa? Di vivere per gli altri? Di non farli preoccupare e di sostenerli con la sua calda, avvolgente presenza? Di vegliare su di loro con la discrezione di chi a volte, forse, temeva di essere addirittura di troppo e di doversi impegnare al massimo per non deludere, per non ferire.... anche a costo di lasciare che ferissero lui? Dal desiderio di sacrificarsi, di donare se stesso immolando la propria anima ad un'abnegazione che a volte rasentava l'auto annullamento?
Quello era sempre stato Shin... e gli sembrò improvvisamente così ingiusto... non si era mai reso conto di quanto terribile fosse la situazione del più dolce tra i suoi compagni, di quanto il ragazzo avesse costruito da sempre, intorno a sé, una gabbia che lo intrappolava e nella quale più si dibatteva in preda alla confusione morale, più se ne trovava invischiato.
Shin era lì, era sempre lì, ma non ce la faceva più a nascondere quanto gli facesse male ciò che stava accadendo a tutti loro, quanto avrebbe desiderato, come tutti loro, che ogni cosa tornasse come prima... ma era davvero possibile?
Lo stesso Touma si struggeva in quel desiderio, eppure...
“I noi stessi di un tempo... sembrano così lontani adesso...”
Mentre quella considerazione restava pensiero, le sue labbra formularono altre parole:
“Vuoi che me ne vada?”
Poi avrebbe voluto mordersi la lingua, avrebbe voluto ritrattare la durezza con la quale erano uscite, soprattutto perché lo vide tremare più forte, farsi ancora più piccolo... un pesciolino minuscolo che temeva di vedersi crollare addosso tutta la vastità del tetto d'acqua sopra di lui.
Touma credette di udire un suono levarsi da quell'esserino indifeso, forse una parola, ma troppo flebile.
“Che cosa hai detto?” chiese morbidamente, non avrebbe più commesso errori, solo tenerezza, solo considerazione e tutto il potere dell'affetto che provava per il suo Shin dall'animo troppo sensibile.
Un nuovo sussurro, ancora difficile da udire, perché il vento che ululava all'esterno rendeva ancor più ardua l'impresa, ma Touma si concentrò tutto su di lui, su quello che al momento era il centro del suo mondo e comprese ogni parola.
“No... non voglio...”.
Touma fece qualche passo in avanti:
“Non vuoi che me ne vada?”
L'altro gli rispose nascondendo la bocca nella manica del pigiama, cosicché la voce ne uscì soffocata e ancor più dimessa:
“Non... non vorrei... ma... temo di non essere molto di compagnia stasera e... mi dispiacerebbe... crearti problemi...”
Touma alzò gli occhi al cielo con un lamento esasperato e decise che non si sarebbe più fatto remore; l'istante successivo era seduto sul bordo del letto e aveva avvolto Shin nelle proprie braccia, combattendo contro il suo irrigidirsi, contro tutta la resistenza che gli opponeva, ma poi il ragazzo si abbandonò e a Touma parve così piccolo... Shin-chama... di qualche mese più anziano di tutti loro... ma tanto emotivo e tenero da stimolare più di ogni altro la tendenza a volerlo proteggere... persino da se stesso.
Lo sfogo venne così improvviso e violento da far temere a Touma che quelle membra, troppo delicate per appartenere a qualcuno che era stato un guerriero, andassero in frantumi senza che lui riuscisse a trattenerle insieme; ormai sapeva che le esplosioni emotive di Shin potevano rivelarsi tanto più incontrollate quanti più sforzi il ragazzo faceva per arginarle, allora scoppiava a piangere con la stessa disperazione di un bambino smarrito e terrorizzato dal mondo... e ogni volta era sconvolgente.
Lo strinse più forte, cullandolo e accarezzandogli i capelli, posandogli baci sulla nuca, sussurrando a tratti parole con le quali sperava di accarezzare anche il suo animo.

***
...pensa se fosse possibile alzarsi e volare lontano da qui
pensa se fosse così...
***
Shin aveva pianto fino ad esaurire tutte le lacrime che ancora gli restavano; perché Touma era perfettamente consapevole che non erano state le prime quel giorno e il solo pensare che si era trovato a versarne altrettante, e forse di più, in completa solitudine gli faceva stringere lo stomaco come in una morsa.
Alla fine davvero doveva averle esaurite, Tenku percepiva tutta la stanchezza di quella figurina ora raccolta sul letto, la testa poggiata sulle sue cosce mentre lui non aveva ancora smesso di passargli le dita tra i capelli. Non avevano più parlato, Touma era convinto di dover lasciar prima sfogare tutto il pianto, di dover solo recare conforto silenzioso permettendo semplicemente all'amico di aggrapparsi a lui; avrebbe atteso il momento giusto per cominciare a parlare... ma non era così facile coglierlo.
Le folate di vento sovrastavano il silenzio che intercorreva tra loro; ad un ululato più forte Shin sobbalzò.
“Ti fa paura il vento?” chiese Touma, senza alcun intento canzonatorio, si sentiva un po' come un padre che stava proteggendo il proprio figlio dagli incubi... o come un fratello maggiore... lui che del gruppo era il più piccolo.
La vocina di Shin si fece udire, titubante:
“Non paura... mi mette tristezza stasera... sembra il grido di una creatura in agonia...”
Lo accarezzò con più decisione e si trovò sommerso da una serie di tormenti che si rincorrevano nella sua testa:
“Sei tu la creatura in agonia? E' il tuo stesso grido che senti? O il nostro... quello di noi Troopers che ci stiamo sgretolando sotto il peso della nostra confusione, della nostra incapacità di ritrovarci tutti insieme a stringerci in unico abbraccio?”
“Touma...”
“Dimmi, Shin-chama...”
“Hai... sentito i ragazzi? Come stanno?”
Il cuore di Tenku perse un battito; ecco il fulcro di tutto quanto, il centro di tutti i problemi e l'incapacità di affrontarli... la lotta per trovare le parole giuste, quelle che non avrebbero causato ulteriore sofferenza ad un cuore spezzato... ma esistevano parole simili in una situazione come la loro?
“Io... ecco... stanno...”
Non poteva dire che stavano bene, non era vero e Shin avrebbe sofferto in qualunque caso: sia nel sapere che stavano bene senza di lui, sia nel sentirsi dire che erano a pezzi... come lui.
“Non lo so Shin... è difficile capirlo... credo che, più o meno, siamo tutti nella stessa condizione, non pensi?”
“Mi... mi dispiace...”
Touma si morse le labbra; perché Shin non li cercava? Perché Ryo e Shu non cercavano lui? Seiji era l'unico tra loro che tentava, in qualche modo, di mantenere i contatti, sapeva che Shu e Ryo avevano preso a frequentarsi abbastanza regolarmente... un po' come lui e Shin... Shu si prendeva cura della solitudine di Ryo così come Touma si prendeva cura di quella di Shin ma... quella distanza tra loro che erano sempre stati così uniti, in una simbiosi perfetta... che stava accadendo? Cos'era accaduto?
“A me dispiace per te adesso...”
La testolina rossa posata sulle sue gambe si scosse, con un lieve fruscio di capelli:
“Non devi... davvero... non c'è nessun motivo per cui si debba stare male per me...”
Quanto odiava simili affermazioni Touma, qualunque senso si volesse conferire ad esse erano troppo dure, troppo crudeli, nessuno avrebbe dovuto rivolgerle a se stesso; quanto poteva far male la fiducia tradita? E quanto ad una persona che dalla fiducia nei confronti del prossimo, aveva da sempre tratto nutrimento, stimolo... forse l'unica ragione per camminare e lottare nel mondo? Il samurai del cielo strinse le labbra per trattenere un'imprecazione, una risposta rabbiosa:
“Il motivo c'è eccome, ed è che ti voglio bene, razza di scemo senza speranza, perché devi dubitarne? Perché devi volerti così male da credere di non meritare il nostro amore?”
Lo vide rannicchiarsi, farsi ancor più minuscolo, la voce ridotta ad un pigolio debole debole:
“Non... è che ne dubito... so che mi vuoi bene...”
“Non solo io Shin... anche Seiji... anche Ryo e Shu te ne vogliono...”
Quando gli rispose il silenzio Touma comprese di aver colto nel segno; Shin forse voleva disperatamente credere a quell'ultima affermazione, perché era nella sua natura credere nel prossimo, credere ciecamente soprattutto nei suoi affetti ma gli era sempre più difficile, con ogni evidenza non sapeva più a cosa appigliarsi per continuare a credere.
“Shin... ti prego... non puoi pensare che non ti vogliano bene... qual è il problema? Da quanto tempo non parli con Shu e Ryo?”.
“Credo... di avere perso il conto... non lo so... da... da tanto tempo...”
“Ed è evidente che hai bisogno di sentirli, chiamali, non è così complicato!”
Un altro sussulto, tremiti più violenti e il volto di Shin si nascose:
“Penso... di avere paura... loro non hanno bisogno di me... e...”
“Perché non hanno bisogno di te? Perché non ti cercano? Avanti, Shin, razionalizza la situazione, sappiamo come è fatto Ryo, lui non cerca nessuno a meno che non siamo noi ad andarlo a stanare dai suoi monti, non perché non ci ami, ma perché non è mai stato abituato a farlo, senza contare che è terrorizzato dall'idea di crearci problemi, mentre Shu... Shu è spaventato almeno quanto te e non sa come comportarsi... e... e...”
Si bloccò, rendendosi conto che si stava infervorando troppo in quel discorso ma non poté impedirsi di concludere, con una certa foga:
“E siete tre inguaribili idioti, ecco la verità!”
Uno Shin nel pieno delle sue forze e delle sue facoltà mentali, a quel punto, si sarebbe tirato su, avrebbe afferrato un cuscino per sbatterglielo sulla faccia e avrebbe formulato la risposta più tagliente che la sua testolina vispa gli avesse suggerito; ma quel piccolo, adorabile monello dalla lingua lunga sembrava essere stato trascinato via dall'abisso oscuro di un mare in tempesta, lasciando, sua unica traccia, il ragazzo sofferente e spento che giaceva tra le braccia di Touma, bisognoso di comprensione e di coccole, come un cucciolo abbandonato. E forse, dopotutto, era davvero un cucciolo abbandonato.
“Non da me” si trovò a pensare accentuando la stretta, “da me mai...”
“Touma...”
Quando si sentiva chiamare così, con quel tono che sembrava lo squittio di un topolino in trappola, Tenku lottava tra la tentazione di afferrarlo e soffocarlo nel suo abbraccio e l'istinto di piangere, perché vederlo in quello stato era troppo... il suo Shin... faceva male in maniera insopportabile.
“Cosa... cosa cucciolo?”
“Per favore... chiudi la luce?”
Ancora? Voleva ancora immergersi nel buio?
“Perché vuoi stare al buio? Fuori è già tanto buio... e fa freddo... anche qui dentro fa freddo... se chiudiamo la luce, sembrerà ancora più buio e freddo...”
“Ne ho bisogno... alla luce ho più paura, perché vedo la realtà... al buio posso ancora sognare...”
“Shin...” sospirò Tenku.
“Mi sento più libero al buio... e più protetto...”
“Shin...”
“Touma... ti prego...”
Accompagnando il gesto con un nuovo sospiro, Tenku allungò la mano a cercare uno degli interruttori della camera, che si trovava sul muro vicino al letto e subito la stanza piombò nell'oscurità.
“Ti senti meglio adesso?”
Se anche la risposta di Shin fosse stata affermativa, lui non poteva dire lo stesso, quel buio era come una stretta maligna che gli rendeva difficoltoso persino respirare... era come... capirlo fu terribile... era come l'acqua, come l'oceano laddove era più scuro, profondo e freddo... quell'abisso dal quale risalire era difficile.
“E' lì che vuoi restare, Shin? Nell'abisso?”
Pose la domanda con un fremito, in realtà non avrebbe voluto porla ad alta voce ma era uscita ed era così sconvolgente che, mentre parlava, gli occhi di Touma si sgranarono su quella densa tenebra, come alla ricerca di uno spiraglio di luce... purtroppo introvabile.
“E'... tutto tranquillo... immobile... immutabile... nell'abisso...”
“Shin...”
Era troppo, non era accettabile tutta quella sofferenza, non era il suo Shin quello... il suo Shin non poteva essersi ridotto a tanto, non lo meritava, non era giusto!
“Perché vuoi farti del male a tal punto?”
Lo sentì muoversi, il volto di Suiko risalì fino a posarsi sul petto di Touma, le dita fini ma forti si aggrapparono alla sua schiena:
“Voglio solo sognare... di non essere qui, in questa stanza... vorrei poter andare lontano, vorrei... poter volare... ed essere libero...”
“Shin... per poter volare devi allontanarti dal fondo... devi lasciare l'abisso...”
“Ma io non so volare, Touma... posso solo sognare di farlo... e ho bisogno dell'abisso per riuscire almeno a sognare...”



***
...stringimi le mani fuori batte il vento
vieni alla finestra che stanotte cambia il tempo...
***

Una folata di vento più forte strappò la persiana ai fermi che la tenevano aperta facendola sbattere violentemente; tutti e due sussultarono e Touma si rese così conto di quanto i loro nervi fossero provati. Ma lui era più saldo in quel momento e Shin aveva bisogno di aiuto, sarebbe rimasto lucido.
Il compagno si avvinghiò a lui, Touma era turbato da quella vulnerabilità che rasentava quella di un bambino traumatizzato; Shin si era dunque trasformato in quello?
Lo strinse a sé e lo cullò:
“Ssht... è solo il vento...”
Sembrò calmarsi ma quel che udì dalla vocina sempre un po' infantile lo sconvolse, lo fece sentire ancora più male:
“Tu non mi lascerai, vero, Touma?”
“Piuttosto mi faccio trascinare via dal vento insieme a te, cucciolo”.
“No... non farlo... non potrei mai perdonarmi...”
“Ma... il vento mi appartiene... come può farmi paura?”
“Io a volte ho paura dell'acqua... di come può diventare distruttiva... e nera... e nonostante mi spaventi tanto, vorrei che mi portasse via con sé... in fondo le somiglio...”
Touma imprecò, si mosse con violenza, tanto che Shin si ritrasse e nel buio il compagno poté scorgere i suoi occhi così espressivi e intensi, ora colmi di tristezza e paura... non gli occhi luminosi del suo Shin. Gli afferrò le mani... erano così fredde... come pezzi di ghiaccio.
“Adesso basta Shin, devi smetterla, non so ancora come, ma ti costringerò a smetterla con queste sciocchezze, dovesse essere l'ultima cosa che faccio!”
Lo trascinò con sé fuori dal letto e, anche se il giovane Mori tentò di sottrarsi, la presa di Tenku sulle sue mani si mantenne salda.
“Touma, cosa...”
Si divincolò ancora e Touma accentuò la stretta:
“Non ti lascerò Shin, fattene una ragione, a costo di farti male, ho promesso che non ti avrei lasciato e non voglio lasciarti crogiolare in questa tua autodistruzione!”
Lo condusse, ignorando la sua tensione, fino alla finestra, aprì la vetrata e lasciò che folate di vento gelido li sferzassero entrambi; Shin indietreggiò, ma Touma lo riportò in avanti.
“Non sfuggirmi, Shin!”
“Non... voglio fuggire da te... ma... il vento è freddo...”
“Anche dentro fa freddo... il freddo della prigionia, della paura... Quello che senti adesso è vita e libertà!”
Suiko non tentò di fuggire ancora, ma si avvicinò di più a lui, raccogliendosi contro il suo corpo, in cerca di riparo:
“Anche quel che c'è la fuori mi fa paura... comunica tanta rabbia, tanta disperazione...”
Touma si impose di ammorbidire il tono della propria voce, anche se doveva tenerla alta per farsi udire al di sopra del grido del vento:
“E' il tuo stato mentale che riflette tutto questo!”
Con la mano andò a catturare il viso di Shin che si rifugiava contro il suo petto, nascondendosi completamente, lo spinse a sollevarsi:
“Guarda il cielo, assapora il profumo dell'aria... il tempo sta cambiando... tra poco giungerà la pioggia... pioggia e vento saranno insieme, proprio come noi adesso”.
Chinò il capo ad incontrare i suoi occhi e li trovò, grandi, bellissimi pur nella loro tristezza, vide le sue labbra schiudersi:
“To... Touma...”


***
...stringi le mie mani non aver paura
lascia indietro il fondo dove l’acqua è fredda e scura...
***
“Devi tornare alla superficie, dove l'acqua è più limpida, dove essa si incontra con il cielo; lì c'è la vita, e ci siamo noi. Come hai detto tu, sul fondo c'è buio e immobilità...”
“E... freddo... tanto freddo... ma anche questo vento è così freddo... Almeno laggiù c'è pace...”
“No Shin, c'è la morte dell'anima, quella non è pace, non ti salverà il buio, non ti salverà l'immobilità, ti porterà solo a spegnerti, sempre di più, e io...”
Touma tacque per un attimo, il tempo che gli servì per ricatturare lo sguardo di Shin che ricominciava a fuggire, per tenere saldamente il suo corpo che nuovamente voleva allontanarsi ed in effetti dall'impeto di quella fuga vennero entrambi ritrascinati verso l'interno della stanza. Perché faceva così? Perché era così simile ad un animaletto traumatizzato che alla vita preferiva l'annullamento di sé nell'illusoria sicurezza della propria tana?
Lo riafferrò, lo attirò per un polso contro di sé, gli posò due dita sotto al mento e lo fissò con fermezza; erano lontani dalla finestra, quindi poté rendere la voce più bassa e carezzevole:
“Io non voglio che tu ti spenga... come faccio senza di te, senza il mio compagno di battibecchi e scontri verbali?”
L'altro scosse il capo arretrando ancora, con una risatina amara; evidentemente neanche l'ironia, neanche appellarsi ai loro ricordi di un tempo in cui la loro innocenza ammantava anche un fato crudele di una parvenza di felicità, erano in grado di risvegliare un solo frammento del suo Shin.
Gli prese anche l'altro polso, rese ancor più ferma la sua presa, lo attirò contro di sé, facendo aderire il suo petto al proprio; il viso di Shin riprese a fuggire, in un soffio si levarono le sue nuove parole, come le precedenti intrise d'angoscia, di tutto ciò che di più crudele poteva rivolgere a se stesso:
“Ti fai solo del male a restare con me, dovresti andartene, davvero”.
Touma imprecò tra i denti e rimase così interdetto che senza avvedersene allentò la presa, consentendo a Shin di sfilare le mani dalle sue; poi lo vide arrampicarsi ancora sul letto, lo vide raccogliersi su un fianco e dargli le spalle.
Una mano di Touma si sollevò a scostarsi un ciuffo dalla fronte, ma più che altro per spazzare via il velo di confusione che era calato sulla sua mente; era vero che lo smarrimento di Shin lo contagiava, era vero che penetrava nel cuore e nell'anima proprio come quell'abisso oscuro nel quale la loro fochetta si trovava immersa. Era per questo che Shu si era allontanato? Per questo non aveva il coraggio di cercarlo? Forse Shu, da quello Shin irriconoscibile e senza più luce, era spaventato?
Touma scosse il capo, non era una giustificazione quella, proprio in nome del loro amore ciascuno di loro avrebbe dovuto lottare per salvare gli altri... e Shin doveva chiaramente essere salvato, non da un nemico, non dal dolore fisico delle battaglie, ma dalla propria perdizione, doveva essere sottratto all'abisso e riportato alla superficie, doveva essere riscaldato e protetto da tutto quel freddo che aveva dentro. A cosa sarebbe servito il loro amore, altrimenti?
Fece qualche passo, rimase immobile per qualche istante, le gambe appoggiate al letto, ma non si decideva a fare altro; le braccia abbandonate lungo i fianchi rimase ad osservare quel piccolo involucro di disperazione che proprio non riusciva a fondere con il ragazzino incontrato per la prima volta poco più di due anni prima, con quel sorriso che portava il sole e che nel giro di poco era diventato il compagno di monellerie di Shu e Ryo.
Sbagliava, ne era consapevole perché, già allora, Shin non era semplicemente quello, già allora avrebbero dovuto capirlo molto di più; ma quel piccolo testardo faceva di tutto per non farli preoccupare, per far credere loro che andasse tutto bene... che lui stesse sempre bene e che non ci fosse altro sotto quel sorriso, quella disponibilità, quella discreta presenza piena di premure.
Si chinò appena, con un sospiro e allungò una mano a sfiorare la chioma rossiccia, solitamente in ordine e invece in quel momento scarmigliata, sparsa sul cuscino e intorno al viso seminascosto. Touma sorrise intenerito: se li stava facendo ricrescere di nuovo... non glielo aveva chiesto Shu, un po' di tempo prima?
A quel tocco Shin fremette, come per ritrarsi e il sorriso scomparve dalle labbra di Tenku, che si strinsero in una linea dritta e decisa, mentre la sua mente lavorava, frenetica:
“Scordatelo che ti lascio solo, ho già commesso quest'errore in passato, mi sono ripromesso allora che... che avrei innalzato il mio punto di vista sempre di più per voi... solo per voi... e tu, Shin, hai bisogno di me...”
Si chinò di più, portò le mani avanti, cercando quelle del compagno, che intanto faceva di tutto per nasconderle; ma le trovò, strinse forte i suoi polsi e con l'imposizione del gesto lo fece voltare in posizione supina. Shin si agitò con un piccolo lamento, i suoi occhi erano aperti, grandi, sul soffitto e come odiava Touma quella patina opaca che distendeva un velo sulla loro antica vitalità.
“Si legge sul tuo volto il bisogno d'amore che hai, Shin... perché non impari a chiederlo?”
Lo sentì sussultare e finalmente immobilizzarsi, mentre il volto smagrito si voltava a fissarlo, le labbra un poco schiuse, come se lui stesso fosse sconvolto da quella rivelazione. Touma spostò le mani, cercò di intrecciare le sue dita a quelle di Shin ed ottenne una diversa reazione: ebbe la sensazione che questa volta il compagno vi si aggrappasse, per sfuggire a quel gorgo che lo stava risucchiando.
Lo attirò verso l'alto, lo fece mettere seduto e si accomodò al suo fianco, sul bordo del letto, rendendo ancora più saldo l'intrico delle loro dita, simili, lunghe e fini, delicate ma forti, temprate da anni di addestramento nelle loro discipline.
Testardo, il visetto che sapeva risultare adorabile in ogni sua manifestazione sfuggì, rintanandosi tra le spalle, imbronciato:
“Non... ho bisogno di nulla...”
Ancora tentava di rendersi credibile con quell'atteggiamento da ragazzo grande, responsabile e maturo in grado di cavarsela da solo che, tuttavia, non aveva mai ingannato del tutto nessuno? Touma diede uno strattone alle sue mani, lo portò più vicino a sé e fece aderire le loro fronti:
“Shin-chama...”
L'altro tentò invano di abbassare il volto, i suoi capelli solleticarono le guance di Touma, mentre il broncio si faceva più accentuato... o era più l'espressione del cucciolo che nasconde una richiesta di coccole dietro alla ritrosia?
“Tou... Touma...”
“Smettila di crogiolarti in quell'abisso, smettila di ricercare l'acqua laddove è fredda e buia, ritrova la sua limpidezza.... che è anche la tua!”
Il capo di Shin si scosse.
“Non ho niente di limpido” squittì.
“E' la paura che ti fa parlare così... tu hai tanta paura... e forse anche io ne ho un po', sai? Ce l'abbiamo tutti... ma...” strinse le dita di Shin così forte che l'altro sussultò, “ma io sono qui... e non ti lascio... voglio che tu non mi lasci... aggrappati alle mie mani, Shin, sentile... ed andrà tutto bene, te lo prometto”.

***
...e ti aprirò il mio cuore come una casa al mare
se tu vorrai restare...
***
Tutto ciò che Touma ottenne fu un abbandonarsi delle membra di Shin contro di lui; il ragazzo più anziano si lasciò cadere in avanti ed il suo viso scomparve contro il petto di Tenku, che si sentì solleticare il mento da quella massa abbondante di capelli spettinati. Ciò non gli impedì di allargare le braccia per accoglierlo meglio, richiudendole poi intorno a lui, affondando in quegli stessi capelli il proprio volto, esalando un sospiro che conteneva in sé pena, disperazione, ansia, paura e... tanta nostalgia... non delle battaglie, no... dalle yoroi avrebbe continuato a fuggire, così come da un passato di guerra e dolore... ma nostalgia di Shin, delle sue risate, dei loro battibecchi, delle sue scaramucce con Shu e delle loro coccole... nostalgia di quello che erano stati, tutti insieme, quando il calore tra loro leniva ogni sofferenza e rendeva tutto più leggero e sopportabile.
Si ritrovò quasi senza accorgersene ad accarezzargli la testa, affondando le dita nei serici fili rossastri, percependoli come sempre morbidi, preziosi nella loro fine sottigliezza sotto i polpastrelli e la sua mente tornò a quando quei gesti era Shin a distribuirli a tutti... una carezza per ognuno di loro, tra i capelli o, nel caso di Seiji, sulla guancia sapendo quanto lo infastidisse che la sua chioma d'oro venisse tormentata in qualunque modo. E Shin lo sfiorava altrove, con tutta la naturalezza che gli era propria, senza mai chiedere né pretendere nulla... neanche quello che effettivamente desiderava da sempre... un gesto simile che troppo spesso gli mancava.
Coccolare per colmare il proprio bisogno di coccole... questo era Shin... dare amore per sentirlo e viverlo dentro di sé, fare del proprio meglio per rendere gli altri felici perché questa era la sua felicità; ma se coloro che più desiderava rendere felici non lo cercavano più, non si aggrappavano più a lui... in mancanza di tutto questo... cosa restava ancora ad una persona come Shin?
Il nulla... lo sapeva Touma... senza il suo nido d'amore intorno Shin era il nulla... e la famiglia d'origine, con ogni evidenza, non era più sufficiente a colmare quel suo bisogno di dare amore, troppi frammenti del suo cuore, in quel momento, stavano mancando.
La testolina arruffata si mosse, era così strano vedere i capelli di Shin conciati in quel modo che Touma fu colto dal desiderio quasi insopprimibile di passare tra essi un pettine, ma forse solo perché stimolavano la voglia di prendersi cura di loro... coccolarli... come il loro proprietario. Suiko gettò indietro lentamente la testa e i loro occhi si incontrarono; in quelli di Shin vi era uno strano languore, in qualche modo dava la sensazione di trovarsi in un altro posto, di non essere del tutto consapevole di ciò che stava accadendo.
Ma certo che era in un altro posto: era nel suo abisso di acqua fredda e scura nel quale poteva sperare, almeno, di non provare nulla. L'unico sollievo che evidentemente era in grado di concepire in quel momento di disperazione.
In quel volto dall'espressione vacua che lo guardava dal basso in alto, le labbra sussurrarono piano:
“Ho... sonno...”
L'impulso mosse una mano di Touma, che affondò in quei capelli, lasciando un'ampia carezza nello spingerli un poco indietro; quando staccò la mano essi ricaddero sulle tempie e sulla fronte in una pioggia d'oro rosso e lucente. Nonostante tutto erano sempre belli, solo quelli di Seiji risultavano altrettanto preziosi alla vista e al tocco.
“Se vuoi dormire, pesciolino...”
Non fece in tempo a finire, perché la voce di Shin gli parlò sopra, improvvisamente spaventata e colma di urgenza:
“Tu resti qui? Anche se mi addormento?”
Gli occhi di Touma si strinsero, così come le labbra e il cuore, mentre un'aura di cupezza scendeva intorno a loro poi, in un sospiro che conteneva rassegnazione, continuando ad accarezzare:
“Sei tu a dover restare, Shin... resta con noi... con me...”
I due oceani di smeraldo si sgranarono di più, intrisi di emozioni che potevano significare qualunque cosa, perché in Shin le emozioni non si presentavano mai da sole, indipendenti l'una dall'altra, si miscelavano in un amalgama spesso incontrollato, caotico, che gettava quella povera anima ora terrorizzata in una confusione ancor più distruttiva.
Il capo di Suiko si reclinò ancora mestamente, scivolando di più contro il suo petto:
“A cosa può servire... uno come me?”
Touma ringhiò, fu sul punto si scuoterlo, se non si fosse trattenuto con tutto se stesso l'avrebbe probabilmente schiaffeggiato, perché una frase del genere non poteva assolutamente accettarla, non da Shin, non dal loro folletto dispettoso e pieno di vita... com'era sempre stato... e come sembrava non essere più.
Si fermò, perché percepì il singhiozzo, l'unico, che scosse un attimo le spalle del compagno, mentre scivolava di più contro di lui, la testa ora completamente in grembo, un pugno chiuso davanti alla bocca, le gambe raccolte sul petto: di nuovo l'immagine di un cucciolo smarrito nella propria paura del mondo.
E allora Tenku non fece nulla e sospirò, lasciandosi sfuggire solo poche parole rassegnate, sussurrate a fil di labbra:
“Uno come te... Shin... non può andarsene senza lasciare un vuoto incolmabile...”
Sperò che le sue parole sortissero qualche effetto, che risultassero almeno un poco convincenti, ma non ottenne risposta; scrutò in basso, a contemplare quel corpicino più piccolo e indifeso che mai. Sembrava ancora più piccolo di quando piccolo lo era davvero, nel corso del loro primo anno di conoscenza.
“Stai dormendo?”
Gli rispose un lieve mugolio; se non stava dormendo c'era molto vicino. E allora Touma non volle impedirglielo... dormire così, tra le braccia di qualcuno, gli avrebbe forse portato un sonno senza incubi. Perché il samurai dell'Etere era convinto che i sogni di Shin, da tempo, non vedevano più la luce, non erano più luminosi di quell'oscuro fondale nel quale si trovava costantemente immerso. Non era vero che riusciva ad avere bei sogni in quella tenebra; forse li cercava, vi si aggrappava, annaspava per raggiungerli, ma gli era impossibile.
Almeno finché lui era lì, forse sarebbe riuscito a donargliene qualcuno, a cullare qualche bel sogno, così si ritrovò ancora a parlare, sommessamente, come se cantasse una ninnananna, ricreando per lui ciò che Shin maggiormente amava.
“Io ho bisogno di te, sai, Shin-chama? Anche gli altri hanno bisogno di te... e tutti rivorremmo vedere il tuo sorriso... i ragazzi non sanno come chiedertelo... ma ce la faremo, sapremo ancora venirci tutti quanti incontro. Sai, io ci credo che un giorno vivremo tutti insieme... e magari avremo anche una grande casa in riva al mare e nessuno nasconderà più niente a nessuno, nessuno abbandonerà nessuno, i nostri cuori saranno aperti, proprio come la nostra casa, proprio come il mare e non ci faremo più del male a vicenda... io ci credo... davvero. Però vorrei che anche tu ascoltassi queste parole, che le capissi... Shin-chama... ascolta te stesso, ascolta noi, i nostri cuori... il mio... cerca di capire quanto ci amiamo... e quanto amiamo te...”
Un piccolo movimento, le membra del giovane Mori si agitarono e le labbra emisero un sottile lamento; Touma lo sentì aggrapparsi maggiormente a lui e gli passò una mano sulle guance trovandole umide. Perché il dolce Shin piangeva così tanto? Come poteva essere accaduto proprio a lui? Come poteva essere avvenuta nel suo cuore una metamorfosi così sconvolgente? Cosa gli avevano fatto le yoroi, a lui... e a tutti loro?


***
...dentro era buio e la solitudine prende alla schiena
e ti inzuppa alle ossa una fredda foschia
e gli occhi i tuoi occhi amarissimi asciutti pregavano
lasciami solo un minuto vai via...
***
Il viso di Tenku si abbassò, ricadde mesto sul petto, mentre un fosco pensiero si faceva strada in lui:
“Era dunque meglio non conoscerci affatto? Non ci sarebbero state le yoroi, niente combattimenti, niente Troopers... e niente noi... l'unica cosa davvero bella. Ma, forse... così bella non era se ha portato a questo... se ha rovinato il carattere meraviglioso di Shin... se ci ha resi tutti così infelici... se ha reso così infelice il nostro rapporto... era meglio non conoscerci, Shin-chama?”
Non glielo chiese, ma lo domandò a se stesso e per lui era così ovvia la risposta... lui senza di loro perdeva ogni senso... niente sarebbe stato meglio... erano stati loro a farlo nascere davvero, a fargli capire il significato dell'avere una famiglia, dello stare insieme, dell'essere speciali gli uni per gli altri, lui che era sempre stato speciale senza volerlo davvero in un vuoto affettivo che non si colmava mai. Ma se adesso tutto finiva, se gli altri non si cercavano più, se Shin affogava in un oceano di solitudine, cosa ne sarebbe stato di lui? Cos'altro poteva fare se non perdersi insieme a loro?
Mentre Shin scivolava lentamente nel sonno, un'opprimente ondata di solitudine sorprese Touma, proprio come una pioggia ghiacciata, proprio come l'acqua quando è tanto fredda, così come era freddo il corpo di Shin mentre lo accarezzava. Il gelo del compagno si trasmetteva a lui e risaliva provocandogli brividi incontrollati lungo la schiena; si scoprì a tremare, era troppo freddo... Shin era troppo freddo e, istintivamente, lo strinse più forte, come a volerlo riscaldare, ma nessun calore sembrava riuscire a penetrare quel gelo. Era davvero come se Shin fosse immerso nell'acqua, ma non quella cristallina, pura, era una fonte di tenebra e gelo innaturale che penetrava fin nelle ossa e faceva tremare Touma, perché fluiva in lui, in una simbiosi che, lo sapeva, non si era mai del tutto estinta.
E allora perché proprio Shin, così sensibile, empatico, intuitivo, perché proprio lui quella simbiosi non la percepiva più? Perché percepiva solo quel blocco di ghiaccio che si formava intorno al cuore stringendolo, soffocandolo come una morsa?
Intorno al cuore di Shin come a quello di Touma in quel momento e davanti agli occhi di Tenku si formò una nebbiolina inattesa e fastidiosa, la patina inconfondibile delle lacrime che offuscavano ancor più il mondo intorno a lui già così impenetrabile, diventato troppo difficile da comprendere.
Posò ancora la mano sulla testolina rossa arruffata, compiva quel gesto quasi ossessivamente, aveva persino paura ad averlo tra le braccia così, immobile: razionalmente Shin stava solo dormendo e lui era una persona razionale... lo era sempre stato...
Scosse il capo, a chi voleva darla a bere? Era un genio no? E 'genio' e 'razionalità' non erano due parole fatte apposta per andare d'accordo; lui non era razionale, era una mente impazzita che si ingarbugliava su se stessa in un intrico che neanche la sua tanto decantata saggezza sapeva più sciogliere.
Tutto era silenzio, era buio, era freddo... ed era solitudine. Una parte di lui avrebbe voluto scuotere quell'esserino scivolato nell'oblio, perché non voleva più sentirsi così solo, voleva che Shin continuasse a parlargli, forse per rassicurarlo, perché potesse essere certo che... era ancora lì con lui... che Shin non se ne stava andando del tutto. Quasi temeva di vederlo svanire, come spuma di mare che si dissolveva nell'aria... nel suo abbraccio che non riusciva più a trattenerlo.
Bastò quell'immagine a far crollare l'ultimo residuo di autocontrollo e, mantenendo un braccio saldo intorno alle spalle di Shin, si portò l'altra mano al volto, chiusa a pugno, premendo il polso contro un occhio nel vano tentativo di arrestare le lacrime ormai prive di argine.
Un movimento sul suo grembo lo spinse a spostare la mano dal volto per riportare la propria attenzione su quel povero ragazzo triste che aveva ripreso a tremare e ritrovò i suoi occhi ora aperti, appena visibili nella penombra della stanza ma ben evidente era la loro strana luce... inquietante era la giusta definizione? Inquietante poteva essere una parola che si addiceva a Shin? Purtroppo era così; ciò che gli stava accadendo lo rendeva quasi spaventoso alle percezioni di Touma, perché non riconoscere qualcuno che si ama, vederlo smarrirsi in se stesso, veder svanire una creatura dolcissima e bella per lasciare il posto ad una maschera di paura e smarrimento, vedere due occhi nei quali un tempo fluttuava il mare riscaldato dal sole mutarsi in pozze di oppressione... e distanza... distanza da tutto, anche da se stesso... certo che era inquietante, era spaventoso, inaccettabile per Touma. Perché in quegli occhi si sarebbe smarrito lui stesso, le proprie convinzioni crollate, i propri appigli, tutto ciò che restava delle loro sempre più vacillanti, misere certezze.
Erano svegli quegli occhi vacui o galleggiavano nel limbo di un eterno incubo? Erano sempre così belli ma tanto struggenti da far male al cuore nella loro amarezza; e non c'erano neanche più le lacrime a dare un'illusione di, seppur triste, luminosità. Asciutti, baratri senza fondo di vuoto e nulla, lo fissavano ma davano la sensazione di non guardarlo realmente.
“Cosa stai guardando? Cosa vedi?”
Non poté fare a meno di chiederglielo, ma l'espressione di Shin non mutò, il suo corpo arretrò, si staccò con una sorta di solenne e spaventosa calma da lui e strisciò a ritroso, fino alla sponda opposta del letto:
“Lasciami solo... non devi restare qui, Touma... allontanati da me...”
Le palpebre di Tenku sbatterono più volte, le sopracciglia si inarcarono in un moto di stupore e incredulità; non poteva volerlo davvero, non lo voleva davvero neanche quando si lanciavano nel pieno delle loro scaramucce verbali e Shin faceva il finto seccato nel vedere la propria casa invasa da un perenne ritardatario che non brillava certo per educazione e formalità... quella stessa casa che in realtà il piccolo Shin sognava popolata, chiassosa, messa sottosopra dal gruppetto di coinquilini più variegato, assurdo ed innamorato che si potesse immaginare.
Non glielo avrebbe permesso, qualunque cosa avesse detto o fatto, Touma non se ne sarebbe andato.
“Più fai così, più mi convinci che voglio restare, sai pesciolino?”
Nell'udire quel nomignolo che raccontava di antichi scherzi tra amici, di coccole e affettuose schermaglie, di giorni che mai, come in quel momento, erano apparsi così lontani, non tanto in un arco effettivo di tempo, ma nello spirito, perché tra quella sera terribile che stavano vivendo e quel passato risalente a pochi mesi prima sembrava essersi aperto un varco incolmabile, quasi si trattasse di due differenti esistenze... quasi loro stessi fossero attori diversi che recitavano un nuovo copione... nell'udirlo e legarlo a tutti quei ricordi, qualcosa si trasformò nell'atteggiamento di Shin. Touma rivide negli occhi il lucore delle lacrime, infelice, angoscioso ma un segno di vita che gli giunse gradito, vide nuovamente un tremito scuotere le spalle irrobustite dal nuoto che mantenevano intatta la loro grazia innata, anche se quel corpo che il contatto con l'acqua aveva temprato, stava nuovamente perdendo il proprio vigore. Ogni volta che giungeva a trovarlo, Shin gli appariva più magro... era forse illusione? O davvero il vivere da solo, lontano dalla famiglia che si prendeva cura di lui, immerso in una tristezza crescente, lo consumava giorno dopo giorno?
Ancora la paura di vederlo scomparire aggredì Touma in una maniera così violenta che si gettò in avanti, allungando le braccia e afferrandolo. Intravvide appena i suoi occhi che si sgranavano, un attimo prima di stringerlo fortissimo a sé, premendogli il viso contro la propria spalla e non potendo a sua volta nascondere un singhiozzo nel tuffarsi nella nuvola rossa dei suoi capelli.

***
...pensa potessimo nascere ancora pensa se fosse così
l’aria è freschissima fuori di qui...
***

Tornare indietro, ad un punto in cui il declino ancora non era cominciato, tornare e cambiare ciò che a un certo punto era risultato sbagliato...
Qual era precisamente quel punto? Il momento esatto in cui la sua memoria doveva fermarsi e cominciare a cancellare, soprattutto dalla mente di Shin, ciò che era andato storto?
Forse la litigata terribile di qualche mese prima, quella che aveva visto Shin in preda ad un esaurimento nervoso senza precedenti? Era lì che la sua indole così straordinaria si era avviata verso il tracollo?
Touma scosse il capo mentre Shin, arrendevole, fin troppo passivo, si abbandonava alla sua stretta, come una bambolina priva di consistenza; e nonostante si lasciasse andare con tutto il proprio peso, a Touma non era mai perso così leggero, forse perché, in quel momento, sostenerlo era per lui lo scopo centrale della sua esistenza? Forse perché sentiva di volergli tanto bene da potergli donare qualunque cosa, la sua vita, la sua anima stessa, pur di veder tornare anche un solo sprazzo della loro piccola peste, Shin dalla lingua troppo lunga e dalla battuta sempre pronta, espressa con il suo trillo da uccellino e che non si poteva fare a meno di trovare adorabile, disarmante... anche quando veniva voglia di ucciderlo per la sua insolenza. Quanto rivoleva quel Shin, Touma, quanto gli mancavano i loro duelli verbali... e gli ultimi risalivano solo a pochi giorni prima... ma Shin da tempo, ormai, era fin troppo arrendevole, non era più lo stesso.
La sua mente tornò a quella lite e scosse ancora il capo; certo, era stata terribile, ma il declino di Shin era cominciato prima. Quello era stato il culmine, il punto di non ritorno... loro errore non essersi resi conto del progressivo accrescersi dei suoi atteggiamenti malinconici, così evidenti a rifletterci col senno di poi.
“Ci perdoni, pesciolino, se siamo stati così ciechi?”
Glielo sussurrò piano, nell'orecchio e i tremiti del compagno si accentuarono, si divincolò, Touma si vide spinto via dalle sue mani che sapevano diventare tanto energiche, persino pericolose nei momenti di disperazione, quelli in cui Shin rischiava di perdere il controllo di sé:
“Non voglio questo, è colpa mia, di nessun altro, solo mia, io non voglio farvi del male!”
Non era stato un grido rabbioso quello del samurai del Torrente; somigliava più a un lamento d'agonia che scese nel cuore di Touma fino a fargli male e non lo convinse affatto ad arrendersi, rese anzi ancor più salde le sue reazioni.
Testardamente lo raggiunse di nuovo, catturò un suo avambraccio e lo attirò ancora verso di sé, fissando quegli occhi ora immensi, improvvisamente regrediti a quelli di un bimbo in cerca di aiuto; ma almeno erano più riconoscibili, almeno in essi c'era qualcosa del piccolo Shin.
Si era aspettato una resistenza da parte sua, invece il Torrente fu scosso da un sussulto, lo guardò ancora, implorante e nel momento in cui l'altra mano di Touma si levò a sfiorargli una guancia, le palpebre si strinsero e una pioggia irrefrenabile e intensa di lacrime prese a scorrere sul viso del ragazzo. Eccolo che di nuovo riusciva a piangere... meglio così... meglio di quell'assenza di tutto, di quel nulla, di tutto quel vuoto.

***
...stringimi le mani
fuori passa il vento
vivi ogni minuto come fosse tutto il tempo...
***
Il corpo di Touma si mosse al di fuori del suo controllo, non aveva preventivato niente, non sapeva cosa avrebbe fatto. Ma scese dal letto, le mani strette intorno a quelle di Shin e se lo trascinò dietro, ancora una volta tentava di strapparlo al torpore, a quel letto che stava diventando immagine stessa dell'abisso di tenebra.
Dove l'avrebbe condotto?
Appena mise i piedi a terra Shin barcollò, colto alla sprovvista dall'iniziativa di Touma o forse... forse... indebolito dal suo stesso dolore?
Il samurai dell'Etere lo raccolse tra le sue braccia e lasciò che si appoggiasse contro il suo petto mentre, in quello stesso istante, il fischio del vento si levò di nuovo in un urlo più acuto. Le mani di Shin si sottrassero a quelle di Touma con una certa violenza e se le portò alle orecchie, rannicchiandosi contro il compagno con un mugolio soffocato dal maglione pesante di Tenku.
“Non è niente, cucciolo... il vento non è un nemico, sai?”
“Lo so...” vocina ancora incerta e attutita da quella posizione raccolta, “sono io... io che...”
Poi il capo di Shin si mosse, il suo viso si sollevò di colpo e Touma rivide quello sguardo, in esso affondò, era come un'onda tanto bella ma scura che lo travolgeva portandolo via con sé.
“Sono io, Touma... che non capisco nulla... di me... del mondo... di noi...”
“Devi solo tornare a vivere... ad amare la vita come solo tu sai fare...”
“Ma non la capisco più...” lo interruppe la voce sottile, rassegnata, accompagnata da un sospiro.
Le mani di Touma raggiunsero il viso di Shin e lo tennero fermo:
“Tu stai scappando, Shin-chan, non la capisci più perché non sai più accettarla... è vero... non tutto è bello come forse l'avevi sognato... non è così?”
“To... Touma...”
“Eppure...” Touma abbassò le mani, con una prese di nuovo quella di Shin, “eppure io sono convinto che se la sappiamo ascoltare, se le corriamo incontro, la vita può riservarci ancora tante sorprese bellissime... se siamo insieme... questa è la condizione essenziale... e lo capirete, lo capirete tutti, devo farvelo capire!”
“Io lo so, Tou-chan... lo so... io con voi... per voi... andrei in capo al mondo...” poi il volto di Shin fuggì, si riabbassò, la sua voce si fece spenta e dimessa, “o, forse, un tempo l'avrei fatto... non rivoglio le yoroi... non rivoglio la lotta... non so se sarei ancora in grado di... di venirvi dietro in questo se...”
Quanto dovevano essere dolorose quelle confessioni per il piccolo Suiko, che sempre aveva dato tutto se stesso, senza risparmiarsi? Quanto doveva sentirsi in colpa nell'ammettere la propria stanchezza, le proprie paure, quanto doveva essere difficile per lui accettare quei dubbi... e rivelarli... e quindi sentire di meritare...
“Quindi... è giusto così... credo... Touma... non sarei più degno di voi... sono un vile... troppo debole per essere degno di voi... devo... imparare a vivere da solo...”
Sentire di meritare l'abbandono... ecco una parte della terribile realtà nella quale affogava il cuore di Shin, quel cuore così emotivo e speciale senza sapere di esserlo, perché si riteneva costantemente in difetto, soprattutto se metteva a nudo le proprie debolezze, temeva che nessuno le avrebbe mai potute accettare, proprio perché lui stesso era il primo a non accettarle. E non aveva capito nulla. Non aveva capito che lo amavano semplicemente perché era Shin e che, nonostante tutto, nonostante i dubbi, le paure, anche nonostante i difetti di cui nessuno era privo, lo amavano perché era speciale?
E poi Touma lo sapeva, ne era certo, che alla fine Shin sarebbe sempre e comunque tornato da loro, qualunque cosa fosse accaduta, qualunque tentennamento avesse potuto frenarlo. Ma dopotutto perché porsi problemi inutili?
Ancora le mani di Touma salirono sulle guance di Shin, lo guardò fissamente, quasi severo:
“Non mi convincerai e non convincerai nessuno di noi a non avere fiducia in te, sai?”
Percepì il suo tremito sotto i polpastrelli, perché era evidente, Shin era il primo a non avere fiducia in se stesso, l'aveva persa fino all'ultima goccia man mano che le proprie incertezze e le proprie ombre, che prima nascondeva anche a sé, erano risalite in superficie come una marea distruttiva. Era il primo a non accettarsi, a disprezzarsi nel vedersi ridotto ad un piccolo bambino spaventato e quell'immagine di sé gli faceva temere che avrebbe rifiutato qualunque cosa, qualunque conflitto, preferendo nascondersi ed attendere passivo l'annullamento della propria meravigliosa essenza.
Continuò a parlargli, con tono più gentile:
“Le yoroi non torneranno, Shin... devi smetterla di porti problemi che non hanno più motivo d'essere... non devi più avere paura di loro...”
“Forse... non se ne andranno mai... del tutto...”
La voce tremò, sull'ultima sillaba vibrò un tenue singhiozzo.
“Cosa intendi dire?”
“Non lo senti il loro spettro che aleggia su di noi? Non lo senti cosa ci stanno facendo, ancora?”
Touma deglutì, l'inquietudine tornò al suono di quella voce che si era fatta quasi spettrale nella sua sottigliezza, la delicatezza della voce di Shin ridotta ad un sussurro spaventato e spaventoso che gelava il sangue.
Ma, in quel momento, Touma capì quale significato avesse il discorso di Shin: non riuscivano a stare insieme a causa delle yoroi. Dopo averli condannati a sacrificare la loro adolescenza sull'altare della lotta contro il male, adesso che finalmente avrebbero potuto vivere in pace, le yoroi li condannavano a non coltivare il loro legame perché...
Perché?
Dovevano smetterla di usare le yoroi come alibi, dipendeva da loro, unicamente da loro.
“Basta volerlo, Shin e le cancelleremo, dobbiamo smetterla di avere paura di loro, di temere che ci accada qualcosa se noi restiamo insieme, dobbiamo smetterla di attribuire il nostro legame solo a loro e di farci del male, a volte sembra che... che...”
Si interruppe, esitando sulle ultime parole che Shin pronunciò al posto suo, con calma apparente che era soprattutto rassegnazione, ammissione di un tormento che lo dilaniava:
“Che ci stiamo auto punendo... perché il nostro legame, consolidatosi con le yoroi, non può essere positivo se le yoroi non lo sono...”
“Ma il nostro legame... è indipendente da loro...”
Touma non ne poté fare a meno, la sua voce vacillò, si fece lamentosa, frustrata, perché quel discorso aveva preso una piega che non gli piaceva affatto.
Shin interruppe ogni contatto, si portò le mani al petto e indietreggiò, il volto basso, a Touma sembrò dissolversi lentamente nella tenebra della stanza:
“Ne sei proprio sicuro? Loro sono scomparse... e guarda cosa è successo a noi... ma va bene così, giusto? Sono scomparse... lo desideravamo... io lo desideravo tanto...”
Un impulso irrazionale spinse Touma a fare un balzo in avanti, prima che l'amico potesse svanire del tutto, temeva che sarebbe stato troppo tardi se non l'avesse fatto, se non l'avesse afferrato in tempo. Così il suo pugno si chiuse, ferreo, sul polso smagrito dell'altro ragazzo, che si trovò trascinato ancora verso il compagno, piombando contro il suo petto dove, senza poter resistere oltre, senza alcun preavviso, contraddicendo con il tono apparentemente dimesso e calmo di poco prima, scoppiò in un pianto irrefrenabile.
“Non ci capisco più nulla, non capisco me, non capisco noi, non so cosa fare, né cosa voglio, Touma, aiutami!”
Aiutarlo... non era forse l'unico scopo della sua esistenza da quando era entrato in quella casa le cui mura trasudavano smarrimento, terrore, disperazione? Era questo il punto, perdendo ogni certezza Shin aveva perso la fiducia, in qualunque cosa potesse ancora fargli amare la vita, potesse ancora farlo sperare, fargli pensare che qualcosa di positivo era venuto dal loro passato... e uno Shin senza fiducia... non poteva essere più Shin, giusto? Lui che della fiducia rappresentava l'essenza, lui che era la fiducia, quella stessa fiducia che lo rendeva così aperto alla vita, all'amore, che lo portava a credere che la purezza del suo cuore, che la purezza dell'acqua, appartenesse a tutti, ad ogni aspetto dell'esistenza. Crescere, scoprire le ambiguità delle yoroi, aveva significato per lui entrare a contatto con le ambiguità che caratterizzavano tutto il reale e anche lui stesso e allora...
Riportare indietro il suo Shin... come se non aiutandolo a trovare ancora fede nella vita, se non facendogli capire quanta bellezza ci fosse nel mondo pur nelle sue contraddizioni? L'aveva trascinato di nuovo verso la finestra rimasta aperta, il vento li aggrediva, apparentemente impietoso ma Touma sapeva che il vento era dalla loro parte, che suo intento era dare un suggerimento a lui e scuotere il piccolo essere sperduto tra le sue braccia, che si rannicchiava contro il suo corpo alla ricerca di calore morale.
Insegnargli a vivere di nuovo... era questo il modo per aiutarlo? Ne sarebbe stato in grado? Lui, insegnare a vivere a Shin? Non era sempre stato il contrario, in fondo? Non era sempre stato Shin, da quando si conoscevano, a trascinarlo nel vortice della vita? Shin e i ragazzi... ma soprattutto Shin, che sapeva cogliere il bello in ogni cosa, che sapeva accettare la vita, proprio perché era convinto che tutto, anche il male più profondo potesse essere convertito al bene, al bello, alla purezza? Perché grazie alla fiducia sperava, credeva, lottava affinché il peggio si mutasse in meglio, accettando le accuse di ingenuità che gli venivano rivolte con una scrollata di spalle ed un sorriso birichino.
Come poteva insegnare di nuovo a vivere ad una persona del genere, proprio Touma, che di cogliere la vita al pieno non era mai stato capace finché i ragazzi non gli avevano aperto nuove strade e spalancato le porte della piena esistenza?
Una ventata più forte gli colpì il volto come uno schiaffo e lui colse il messaggio, lo sentì gridare dentro di lui:
“Il cuore, Touma, se ti hanno insegnato ad aprirlo, allora usalo! Non farti domande, lascia che ti guidi!”
Smise di pensare; l'istinto, nel suo caso, rifletteva la voce del cuore. Staccò Shin da sé e, ignorando i suoi occhi sgranati per lo stupore, lo spinse in avanti, fino a farlo appoggiare con il busto alla finestra, in piena balia dell'aria tempestosa dell'esterno che prometteva pioggia. Poi, per evitare che fuggisse, si incollò alle sue spalle e lo abbracciò da dietro, abbassando il capo sulla sua spalla:
“Respira Shin, e vivi, non scappare dalla vita che ti sta chiedendo di amarla ancora!”


***
...stringi le mie mani non aver paura
per poter volare basta un soffio d’aria pura...
***

Ignorò i tremiti, i primi tentativi di divincolarsi, poi Shin, come rassegnato, si lasciò andare a quell'abbraccio e sembrò accogliere la carezza gelida del vento.
“Insegnami, Touma...” supplicò in un singhiozzo, “aiutami a farlo”.
“L'hai sempre saputo meglio di me come si fa, pesciolino” sorrise il guerriero dell'aria, rendendo ancora più affettuoso il proprio abbraccio.
Shin scosse il capo:
“Io non so più fare niente da solo...”
“Piccolo sciocco, è solo perché non riesci più ad amarti...”
Forse non poteva spiegargli come tornare a volersi un po' di bene, forse poteva solo dimostrargli di volergliene tanto e allora il dolce Suiko bisognoso d'affetto, sentendosi amato, avrebbe ricominciato ad amare un po' se stesso... forse era quella la strada... e forse doveva smetterla di porsi tante domande.
Il cuore... lasciarsi guidare dal cuore...
Per fargli sentire l'amore, era necessario che Shin ricominciasse a credere in qualcosa... in qualcuno...
“Tu ti fidi di me, pesciolino?”
Lo spaventò l'esitazione, ma poi comprese che era dovuta allo stupore; Shin voltò un poco il capo, nel tentativo di incontrare i suoi occhi. Touma lo lasciò libero di girarsi del tutto perché, se voleva fiducia, anche lui si sarebbe fidato: Shin non avrebbe più tentato di scappare.
Vide il suo capo abbassarsi in un cenno di assenso e la sincerità si accese negli occhi di mare; la sincerità, Shin non avrebbe mai potuto perderla.
“Ricordi quando compresi che dovevo innalzare il mio punto di vista? Che dovevo guardare tutto dall'alto per vedere il mondo sotto un'altra prospettiva?”
Annuì ancora e Touma scorse persino un lampo di curiosità nelle sue iridi finalmente più brillanti; risvegliare la sua attenzione era già un tale successo che Tenku ne fu quasi esaltato e allora scostò del tutto le tende, lasciò che il vento li avvolgesse attraverso la grande finestra, si sporse sul vuoto e trascinò Shin con sé, facendolo affacciare con il busto oltre la ringhiera. Suiko emise un piccolo strillo, perché l'impeto di Tenku era stato tale che probabilmente il compagno aveva avuto la sensazione di precipitare.
In realtà Touma lo teneva saldamente, mentre i loro sguardi si immergevano nel paesaggio devastato dalla furia naturale, le luci di Ueno somigliavano ad un tappeto di stelle caduto dal cielo... o, da un altro punto di vista, pensava Touma, magari il mondo si era davvero capovolto... più nulla l'avrebbe stupito.
Non importava, il vento, le luci, la notte della metropoli, loro due aggrappati alla ringhiera, ad abbracciare con lo sguardo quell'universo che si stendeva ai loro piedi, sulle loro teste e tutto intorno a loro, l'abbraccio del tutto, della vita che respirava... e li desiderava.
E Touma non poté fare a meno di sorridere a quella vista, a quell'invito, mentre con un balzo, l'urlo spaventato di Shin nelle orecchie, si arrampicava sulla balaustra e lì restava in piedi, sferzato dal vento che non faceva vacillare il suo equilibrio. Tenku forse non esisteva più nel mondo, ma dentro di lui era vivo, dentro lui era il guerriero dell'Etere che dominava l'essenza del cielo e dell'aria.
“Touma, sei impazzito? Scendi!”
Shin lo guardava con due occhioni da bimbo spaventato, era chiaro cosa pensava: non erano più samurai, non era più il caso di lanciarsi in simili peripezie spericolate.
Tutto perché Shin voleva anche negare ciò che invece si era dimostrato reale: i loro poteri erano intatti, l'ultima dimostrazione risaliva a quel giorno da incubo nel quale avevano salvato la vita del padre di Ryo. Ma Shin questo non voleva accettarlo, perché collegava quei poteri al negativo, ai ricordi più spaventosi che le yoroi avevano loro lasciato.
Aveva ragione dopotutto; anche Touma lottava giorno per giorno per dimenticarli, per rinnegare, ma in quel caso... perché per una volta non accettare che i poteri appartenevano a loro, non alle yoroi, che potevano essere doni, non condanne?
Un dono... per alleviare qualche peso dal cuore di un amico... un dono per mostrare ad un amico, che non credeva più in nulla, qualcosa di bello... la bellezza del mondo.
Le sue labbra si piegarono in un ghigno, mentre il volto si reclinava, a cercare quello di Shin:
“No che non scendo, anzi... verrai qui anche tu!”
Shin non ebbe il tempo di razionalizzare ciò che Touma aveva detto, solo emise un'esclamazione di spavento e sorpresa quando la mano di quest'ultimo gli afferrò il braccio e lo trascinò con forza e convinzione verso l'alto e si trovò costretto ad assecondare l'imposizione gestuale di Tenku. I suoi piedi nudi, uno dopo l'altro, raggiunsero il bordo della balaustra e lui barcollò, sbilanciato, incapace di controllare il proprio corpo a causa della sorpresa, ma le mani sicure di Touma lo sorressero, il compagno lo teneva vicino a sé, ben saldo.
“Touma, cosa... cosa...” annaspò Shin, gli occhi sgranati nel vuoto.
Ne avevano fatte di cose folli quando combattevano come Troopers, erano stati costretti a farle, ma Shin voleva dimenticare tutto quello, Shin voleva essere un ragazzo normale, non gli importava nulla di quelle capacità... e faceva di tutto per dimenticarle... al punto che probabilmente lo terrorizzavano.
“Pesciolino, rilassati... ti fidi di me o no?”
“Non è questo il punto!” strillò la vocina ora esasperata.
Touma lo sentiva vacillare alla violenza del vento, ciò nonostante allentò un po' la presa, sapendo che non l'avrebbe comunque mai lasciato cadere.
“Non voglio fare niente di brutto, Shin-chama, abbandonati a me, lasciati andare!”
Shin tremò, mentre restava in bilico nel vuoto, il corpo di Touma si staccò sempre più dal suo, ma le loro mani restavano intrecciate:
“Non aver paura, stringi le mie mani, come io stringo le tue, non devi aver paura se... se uno di noi è con te!” La voce di Touma riusciva ad essere tanto alta da sovrastare l'urlo del vento. “Non dovrai mai avere paura se ci sarò io!”
Il samurai dell'aria scrutava il viso dell'amico e fu lieto di scorgere un brillare di lacrime diverso dai precedenti: quelle erano lacrime di commozione, di gratitudine, forse di speranza. La successiva reazione gli riscaldò il cuore ancora di più; Shin si abbandonò contro di lui, senza tremare, con la calma che sapeva mostrare un tempo nei momenti in cui erano insieme. Shin non disse nulla ma ogni suo gesto, l'atteggiamento, parlavano: si stava affidando a lui con tutto se stesso, si stava ponendo totalmente nelle sue mani ed era così maledettamente da Shin... dallo Shin cui era avvezzo, che Touma se ne sentì confortato.
Il vento tacque, come per miracolo, in quel momento di unione profonda, tanto che a Tenku bastò sussurrare, le labbra vicine all'orecchio del compagno:
“Questo è il mio Shin...”
Gli risposero un lieve strofinarsi del naso di Suiko contro il suo petto ed un sottile mugolio e Touma non poté fare a meno di ridacchiare con dolcezza... Shin-chama... l'anziano dei Troopers... non lo si sarebbe detto, assolutamente e in momenti come quello, addirittura, diventava talmente poco credibile un tale ruolo da risultare paradossale.
Gli passò una mano tra i capelli e non resistette: dovette posargli anche un bacio sulla nuca, a suggello di tutto l'affetto di cui il suo cuore traboccava.
“Io l'ho sperimentato in passato, Shin-chama... di come la risposta a tutti i nostri dubbi e paure, a tutto il nostro rifiuto della vita, sia semplicemente l'abbandono... abbandonarsi ad essa... senza chiedersi più nulla... può sembrare spaventoso, ma quando trovi il coraggio di buttarti, allora vorresti urlare per la gioia che ti dà... è stato l'abbandonarmi a voi che mi ha dato la possibilità di capirlo, sai?”
Il viso di Shin si levò con un lieve fruscio e i suoi occhi erano così belli adesso, erano... gli occhi di Shin? Era ancora possibile vederli in tutto il loro splendore, specchi di quanto di più limpido e vero potesse esistere?
“Un salto nel vuoto... che però ti mette in contatto con le bellezze del mondo...”
E ad una folata improvvisa, che sembrava giunta come messaggera, i piedi di Touma lasciarono la balaustra, le mani che restavano saldamente intrecciate a quelle di Shin.
“Touma!”
Mentre l'aria priva di appigli li catturava, lo strillo di Shin raggiunse le sue orecchie e gli occhi che aveva momentaneamente chiusi si riaprirono, in tempo, per vedere quelli dell'amico, per un attimo enormi, poi serrati, in preda ad un'evidente ondata di panico.
“Non aver paura, ci sono io pesciolino”.
Parole carezzevoli scivolarono nell'orecchio di Shin e, nel frattempo, Touma lo strinse fortissimo; intorno a loro si diffuse un vago senso di avvolgente protezione, una sensazione ben nota, che anche Shin non poté fare a meno di riconoscere. Infatti fece rispuntare i propri occhi che aveva nascosto nel petto di Touma e si guardò un poco intorno incuriosito. Il samurai dell'Etere sorrise; anche lui l'aveva riconosciuto... e l'aveva voluto, consapevolmente, nonostante tutti i tentativi fatti per dimenticare, per fuggire... fuggire dalle loro stesse capacità, dai doni legati al loro ruolo di Troopers... doni o condanne... ma in quel momento ne aveva bisogno, sentiva che era la cosa giusta da fare.
La bolla di energia richiamata dai suoi poteri li circondava, guscio trasparente, meno consistente di un velo al tocco, appena visibile agli occhi come una muraglia di vetro leggero lievemente tinto di blu e li teneva sospesi nell'aria, al di sopra delle strade, dei tetti della città, di quelle formichine immerse nel buio, piccole persone come loro nella vastità del tutto.
Shin non tremava più, i loro occhi si incontrarono... il suo Shin... gli occhi grandissimi di un bambino ingenuo e fiducioso nella sua curiosità... un po' dello Shin che aveva sempre conosciuto era tornato presente in quegli occhi... non del tutto ma... era così bello ritrovarlo.
“Perché, Touma? Cosa...”
“Non mi hai detto, prima, che vorresti volare?”
Le ciglia di Suiko vibrarono, le palpebre si chiusero e si aprirono, le labbra tremolarono come per dire qualcosa, ma non venne fuori nulla e Touma ridacchiò di fronte a quell'espressione così... così da Shin... nei suoi momenti più adorabili.
“Visto che è facile? Basta volerlo... e lo possiamo fare...”
Un sussulto delle spalle e il samurai del Torrente liberò un singhiozzo, strinse le labbra, socchiuse gli occhi, poi distolse lo sguardo, mentre scuoteva un poco il capo:
“Ma questo è... è...”
Anche Touma scosse il capo, sorrise:
“E' ciò che abbiamo dentro... non lo dobbiamo a niente, se non a noi, che ci siano le yoroi o meno... noi abbiamo il potere del cuore e questo niente e nessuno potrà cancellarlo. Non è negativo, non questo. Dobbiamo superare la paura che abbiamo di questi doni, perché in questo modo è di noi stessi che abbiamo paura, non di ciò che non c'è più”.
Ci credeva davvero?
In quel momento sì. I dubbi sarebbero tornati, avrebbe ancora dovuto fare i conti con i tormenti che dilaniavano l'animo a tutti loro, ma in quel momento sì, credeva a quanto aveva detto, ci credeva per Shin, per quella creatura meravigliosa, tanto emotiva e fragile, che aveva bisogno di tornare a credere in qualcosa... di tornare a credere che i loro cuori fossero ancora pieni di bellezza, che quei loro poteri erano figli dell'amore e non della distruzione.


***
...spalancherò il mio cuore che sia amicizia o amore
ti potrai abbandonare...
***
Gli posò due dita sotto al mento e glielo sollevò:
“Mi fai vedere i tuoi occhi, pesciolino?”
Il compagno non oppose resistenza e si lasciò guidare, ma mentre le sue iridi brillavano di lacrime di commozione a stento trattenute chiese, in un soffio:
“Perché?”
“Lo sai che mi è sempre piaciuto guardarli”. Poi Touma ridacchiò appena e aggiunse: “Anche quando ti prendo in giro”.
Accompagnò le parole con un buffetto sul naso che si era arricciato in un piccolo broncio.
“Bentornata fochetta...”
Shin sfuggì al suo tocco accentuando il suo broncio ed emettendo un lamento di finta esasperazione... ma anche un sorriso gli sfuggì e Touma si sentì trionfante. Lo sguardo di Shin ora puntava oltre la parete di energia, ed era sognante... non perso nell'incubo ma su un sogno che lo stava riconnettendo con la vita. Touma vide le sue labbra muoversi appena e anche se il sussurro fu poco più di un soffio, ne intuì l'essenza:
“E'... così bello il mondo da quassù...”
Il guerriero dell'aria si trovò a pensare quanto invece fosse bello il suo compagno... ogni tanto gli capitava che simili pensieri lo sfiorassero... quanto i suoi nakama gli sembrassero belli, tutti... perché lo erano per lui, erano belli dentro di lui, era bello respirare la loro essenza e percepire dentro di sé le loro preziose vite.
E amava Shin... o per meglio dire... forse non sapeva dare un nome a ciò che esattamente provava... non era amicizia... no... l'amicizia... un legame saldo, uno tra i più preziosi quando è sincera, di sicuro... eppure... il sentimento che gli faceva battere il cuore non era amicizia... forse non era neanche amore...
Un loro insieme?
No... ancora sfuggiva l'essenza di ciò che lo legava a Shin... ed agli altri... quelle parole sfioravano il significato senza centrarlo in pieno... e neanche la parola famiglia era sufficiente...
Era diverso in qualche modo da ciò che provava per Seiji ma al tempo stesso simile...
Forse, semplicemente, non esisteva la parola adatta... forse bastava accettare che... era sentirsi una cosa sola con loro, era avere in sé parte del loro cuore, perderne un frammento significava ammalarsi gravemente. Non aveva probabilmente neanche senso porsi tante domande; erano una cosa sola e tanto bastava: i ragazzi vivevano dentro di lui.
Forse per questo gli venne tanto naturale compiere qualcosa che... non sarebbe stata da lui... qualcosa nella quale non si sarebbe mai riconosciuto... ma che con loro era così naturale... con loro ogni cosa che faceva era naturale, quasi ovvia e scontata... e mai sbagliata se permetteva che fosse quel legame a guidarlo.
Si accostò di più a Shin, mise del tutto a contatto i loro corpi mentre gli faceva ancora sollevare il viso e... posava le proprie labbra sulle sue, senza pensarci, senza nessuna riflessione, senza complessi né turbamenti morali, non ce n'era bisogno perché... erano tutti lì in fondo, non era un bacio tra Touma e Shin, nessuno mancava in quel bacio. Era forse per lo stesso motivo che, dopo alcuni istanti di sorpresa rigidità, a Shin risultò così facile abbandonarsi e accettarlo, Touma percepiva la sua gratitudine in ogni vibrazione delle sue membra gentili, nella tenera risposta delle sue labbra morbide e arrendevoli... nel sollevarsi delle sue mani che cercarono i suoi fianchi per aggrapparsi ad essi, strette in pugni convulsi e disperati nel loro bisogno di stringere, di abbracciare e di amare.
Alla fine, continuarono a tenere gli occhi fissi l'uno in quelli dell'altro; Shin probabilmente, com'era suo solito in quei momenti per lui imbarazzanti, avrebbe voluto fuggire con lo sguardo, ma Touma continuava a tenergli il volto e non gli permetteva di interrompere l'incanto.
“Non c'ero solo io in questo bacio, Shin... c'eravamo tutti... c'erano Seiji, Ryo... e Shu...”
Una lacrima sfuggì al controllo di Suiko e scivolò lungo la sua guancia.
“Lo so...” mormorò con voce incrinata. “Li ho... li ho sentiti...”
Con un pollice Touma asciugò la lacrima e gli diede un nuovo bacio, molto più innocente, sulla nuca, quindi lasciò ricadere le mani e a quel punto Shin, che ancora teneva i suoi fianchi, le dita aggrappate alla felpa, rese ancora più energico l'abbraccio, lasciandosi letteralmente cadere contro il compagno, che lo accolse avvolgendolo, accettando volentieri di sostenere tutto il suo peso.
“Grazie Touma... grazie...”
“Grazie a te pesciolino... per essere ancora qui...”
Poi, a voce ancora più bassa, forse neanche udibile dal ragazzo stretto a lui, aggiunse, senza poter trattenere un moto di tristezza:
“E resta... non andartene mai Shin... sii più forte della tua... della nostra tristezza...”



***
...stringo le tue mani tra le mie
ti aspetto nel mio cuore
che adesso fuori piove
e si può respirare...
***
“Non vorrei... più tornare...”
“Basta volerlo... e lo possiamo rifare, ogni volta che vogliamo...”
Touma cullava ancora Shin tra le proprie braccia, fingendo di ignorare il sospiro che emise nell'udire le sue parole. Nonostante tutto, Shin non riusciva a crederci fino in fondo, era così evidente... e Touma avrebbe desiderato prolungare quegli istanti di sollievo il più possibile, magari non farli finire mai.
Sapeva che sarebbero dovuti rientrare prima o poi, che avrebbe dovuto lasciare ancora Shin da solo in quel grande appartamento tra Ueno ed Akihabara, smarrito tra le tante solitudini della giungla urbana, mai silenziosa, mai isolata ma nella quale ci si poteva sentire più abbandonati e vuoti che in mezzo ad un deserto. E Shin era abituato ad un altro mondo, la realtà della Tokyo mai ferma, mai silenziosa, doveva sembrargli così diversa e distante dalla sua Hagi, perla del sud in riva al mare, dove il ritmo del quotidiano era ancora, almeno in parte, a misura umana, a misura della vita e dell'anima.
Shin non si era mai tirato indietro, era aperto al mondo e alle novità, il suo carattere socievole lo trascinava, fiducioso, verso ogni esperienza. Ma Shin amava la sua famiglia e il suo delizioso paese, temeva la solitudine più di ogni altra cosa. E come si poteva non temerla a Tokyo, che nella sua confusione alimentava il senso di solitudine?
Senza contare che, a Tokyo, Shin si era trovato distante da coloro cui in realtà aveva tentato di avvicinarsi, più ancora di prima, perché la distanza del cuore è tanto più terribile di quella fisica.
Touma scosse un poco il capo, mentre affondava di più il viso nei suoi capelli: la distanza del cuore non c'era, era illusoria... i loro cuori non sarebbero mai stati divisi, il loro cuori erano uno, grazie a questo avevano superato tante battaglie, grazie a questo avevano sconfitto la Kikutei oscura... un unico cuore... che si era ammalato... ma non frantumato... e solo la volontà comune avrebbe potuto guarirlo.
Erano inginocchiati sul tappeto di energia ai loro piedi adesso, ma era come se l'aria stessa li cullasse, in un lieve dondolio sopra i tetti di Ueno e percepiva l'immobilità di Shin, quasi il ragazzo avesse il timore che, solo muovendosi appena, avrebbe spezzato l'incanto.
Allora fu Touma a muoversi, gli posò le mani sulle spalle e cercò di staccarlo da sé, ma non si era aspettato la resistenza che il compagno oppose a quel tentativo; Suiko strinse i pugni sul tessuto della sua felpa ed affondò ancor più il viso nel suo petto, sembrava terrorizzato all'idea di interrompere il contatto.
“Vuoi proprio perderti lo spettacolo, pesciolino? Non lo trovavi bellissimo?”
Allora, lentamente, il viso di Shin riemerse dal suo abbraccio e, cosa che allargò non poco il cuore di Touma, stava sorridendo... il sorriso sincero e buono di Shin, imbevuto di tristezza ma non meno vero... ed era un sorriso.
Il samurai dell'Etere non volle chiedersi se quella tristezza sarebbe prima o poi scomparsa, non voleva chiedersi nulla, solo immergersi in quegli istanti, vivere solo di presente, della bellezza di quell'abbraccio, di quegli occhi e di quel sorriso.
“Sono... diventato patetico... vero, Touchan?”
Sorrideva sempre, anche se la voce uscì incrinata e Touma si trovò ad asciugare nuove lacrime con le dita, mentre scuoteva il capo:
“Sei solo una persona che ama troppo...”
Senza dargli il tempo di replicare, Touma lo tenne per una mano, facendolo alzare in piedi e riportandolo in prossimità della parete della sfera; i loro sguardi vennero nuovamente calamitati dall'universo intorno e sotto di loro. L'aria sembrava essersi fatta più leggera e dolce.
Le loro mani restavano intrecciate e Touma percepiva chiaramente anche l'intreccio dei loro cuori: era vero, non si erano mai separati, semplicemente attendevano... di poter battere ancora tutti insieme... di poter rendere ancora le loro pulsazioni un unico battito.
“Ci stiamo... solo attendendo... sai Shin?”
Lo disse quasi distrattamente, serio, lo sguardo fisso sulle luci sotto di lui, ma avvertì gli occhi di Shin che si levavano a guardarlo attentamente, così proseguì, senza mutare espressione:
“I nostri cuori... non si sono mai separati... si stanno aspettando... e non possono fare altro che ritrovarsi, non importa quanto tempo ci vorrà, nostro destino è stare insieme, non può esistere altro futuro per noi...”
Si voltò di scatto, acchiappando anche l'altra mano di Shin, sollevandole entrambe davanti a sé, ora guardava lui, puntò i propri occhi cobalto in quelli smeraldini del compagno, con determinazione:
“Quindi non ci provare, non lasciarti andare, non perderti, perché ci dobbiamo ritrovare, ci ritroveremo tutti! Il mio cuore ti aspetta, quelli dei ragazzi anche, dipende anche da te, dipende da tutti noi, Shin-chama, non deluderci, non deludermi!”
Quegli occhi così grandi, così vivi, gli occhi di Shin, colmi di gratitudine e amore, tutto ciò di cui quel ragazzo speciale si nutriva da sempre, tutto ciò che dentro di lui esisteva ancora ma che la tristezza soffocava. Eppure Shin era lì, Shin non se ne sarebbe mai andato, non li avrebbe mai lasciati. Ora Touma lo sapeva e si sentì sollevato, la fiducia in lui era molto più forte della paura di perderlo, del terrore di vederlo affogare in se stesso, in solitudine... perché la solitudine sarebbe stata sconfitta, da tutti loro.
Una fitta pioggerella aveva cominciato a cadere, non penetrava all'interno della loro protezione, ma bastava il suo ticchettio perché lo sguardo di Shin mutasse, ogni singola goccia sembrava riflettersi nella trasparenza dei suoi occhi e Touma ringraziò mentalmente il cielo che permetteva ai loro due elementi di fondersi nella bellezza del mondo.
Gli occhi cobalto di Tenku si persero lontano, laddove un'ombra si allungava, beffarda; strinse le labbra, la sfidò con lo sguardo:
“Vieni pure... vincerò la paura... la vinceremo tutti... ti attraverseremo e ci ritroveremo al di là, nella luce, insieme per sempre...”