Note: Quando mi fisso su una coppia è la fine, parto in quarta senza dare retta a nessuno. Lo so che entrambi sono infatuati di Abby, ma non posso farci niente, li vedo troppo bene insieme ^O^ Ho visto la prima puntata di Primeval per caso e subito mi è saltata all’occhio questa coppia. Come un chiodo fisso in testa. Quando mi sono messa al computer davvero non avevo nemmeno un’idea, ma alla fine, dopo molte cancellazioni, è venuta fuori questa shot che si è scritta praticamente da sola. Questa fic è solo una prova per scoprire come me la cavo con questa prova, spero quindi di non aver fatto un disastro completo ^^’’’
Ringraziamenti: Ringrazio chiunque leggerà e commenterà.
Adesso vi lascio alla lettura, alla prossima gente -__^


Hunting’s lesson


- Come?- .
Stephen lo fissò sorpreso, non riuscendo a credere a quello che aveva appena udito. Connor era in piedi davanti a lui, con indosso i suoi strampalati vestiti, il volto deliziosamente arrossato sotto l’immancabile cappello, mentre si torceva le mani per l’imbarazzo.
- Hai capito bene, non farmelo ripetere!- borbottò imbronciato distogliendo lo sguardo dal suo.
Stephen si poggiò mollemente contro lo schienale della sedia, puntando il gomito sul ripiano della scrivania e sorreggendosi il volto con la mano chiusa a pugno, e lo guardava divertito.
- E perché dovrei insegnarti a cacciare?- ribatté fintamente serio.
Connor riportò lo sguardo su di lui, fissandolo a bocca aperta. Cosa significava perché? Aveva rischiato di diventare la colazione di quel bestione tutto artigli e zanne e lui gli veniva a chiedere perché?! Beh, va bene, lo ammetteva: in realtà lui aveva pensato soprattutto al fatto che sarebbero stati loro due da soli in mezzo al nulla, più che alla pessima figura che aveva fatto…
… a volte tendeva a dimenticare che l’altro aveva una fidanzata da qualche parte in Amazzonia e che non aveva capito che era innamorato di lui.
Connor preferiva vivere in un mondo tutto suo, in cui non esisteva una fidanzata, né Abby, né nessun’altra delle ragazze che gravitavano attorno a Stephen sospirando estasiate ad ogni suo movimento; un mondo in cui l’altro era completamente suo.
- Allora? Guarda che non ho tutta la giornata!- la voce dell’amico lo strappò ai propri pensieri riportandolo con i piedi per terra.
Connor riportò lo sguardo su di lui, perdendosi un istante ad ammirare la sua figura perfetta morbidamente abbandonata sulla sedia e l’espressione sorniona del suo volto, gli occhi azzurri animati da una luce divertita e la linea bianca dei denti sotto le labbra appena arricciate. Sembrava un predatore a riposo. Una bellissima e pericolosa tigre che stava ricominciando ad avvertire i morsi della fame. Bastò questo a fargli dare un calcio alla propria dignità: qualche giorno da solo con Stephen valeva qualsiasi sacrificio!
- Devo forse ricordarti cos’è accaduto l’altra volta?- sputò tra i denti, combattendo ancora, nonostante tutto, con il proprio orgoglio.
Una risata bassa e roca, dannatamente sensuale, vibrò tra le labbra di Stephen. Aveva immaginato che avrebbe tirato fuori quella storia. Nick non era ancora riuscito a rassegnarsi a quanta infantile sventatezza avesse dimostrato Connor quel giorno come anche alla fortuna sfacciata che lo aveva salvato chissà come da una chiostra di denti affilatissimi pronta a sminuzzarlo. Al loro ritorno il professore aveva tuonato per giorni, minacciando che non lo avrebbe più condotto con loro. E lui si era messo comodo a godersi l’espressione abbattuta da cucciolo abbandonato che metteva su quel ragazzo ogni volta che ne combinava una delle sue. Per alcuni versi Connor era ancora un bambino: era irresponsabile ed avventato, sembrava non rendersi conto del pericolo cui andava incontro, affrontava la vita come se fosse un videogame, parlava spesso a sproposito, senza prima pensare, e si imbronciava quando qualcosa non andava come lui desiderava. Ma era un amico leale, una persona fondamentalmente ingenua, generosa e pasticciona, e, se per caso feriva qualcuno senza rendersene conto, poi faceva di tutto per rimediare.
Lo osservò ancora qualche attimo, divertendosi a prolungare l’imbarazzo del ragazzo.
- Va bene! Inizieremo questo finesettimana! Fatti trovare nel parcheggio del campus sabato mattina alle 6:00 in punto. Chiaro?- .
Vide Connor stringere forte le labbra, probabilmente per impedirsi di protestare per l’orario, prima di annuire con uno sbuffo soffocato.

Connor si diede mentalmente, per l’ennesima volta, del deficiente. Ogni cosa stava andando alla perfezione e lui aveva rovinato tutto: maledizione a lui ed alla sua boccaccia!
Appena era arrivato ad una distanza di sicurezza dalla stanza in cui aveva parlato con Stephen, non aveva più potuto resistere ed esploso in un grido esultante che aveva fatto voltare nella sua direzione tutti gli studenti che in quel momento occupavano il corridoio. Peccato che fra essi ci fosse anche Abby! Gli si era letteralmente messa alle costole, tempestandolo di domande per scoprire il motivo della sua euforia. Aveva immediatamente immaginato che si trattasse di una ragazza e voleva conoscere tutti i particolari.
Lui aveva balbettato qualche frase senza senso prima di rivelarle il suo appuntamento con Stephen per prendere lezioni di caccia quel fine settimana.
Ovviamente Abby non aveva potuto fare a meno di aggregarsi, nonostante tutti i suoi tentativi a vuoto di dissuaderla, adducendo la scusa che qualche lezione di autodifesa avrebbe fatto bene anche a lei. La verità era che sperava di poter strappare qualche momento da sola con Stephen per potersi fare avanti.
Connor controllò nuovamente l’ora, nervoso per la situazione in cui era andato a cacciarsi, quasi sperando che l’amico non si presentasse.
Invece Stephen entrò nel parcheggiò alle sei in punto, infagottato in una giacca a vento nera e con un pesante zaino da campeggio sulle spalle. Si fermò facendo scorrere lo sguardo da Connor ad Abby, serio, senza una particolare espressione in volto, come se non fosse sorpreso di vederla li, quindi fece loro segno di seguirli fino alla propria auto. In silenzio caricarono gli zaini nel bagagliaio e montarono in auto.
Prima di partire Stephen, tramite lo specchietto retrovisore, osservò Connor, che sedeva sul sedile posteriore scuro in volto come mai lo aveva visto. Un sorriso gli scivolò rapido sulle labbra prima che mettesse in moto l’auto.

Stephen insegnava in una maniera perfetta, tanto che se fosse stato un professore la sua materia, qualsiasi essa fosse stata, fosse anche la storia del ricamo cinquecentesco, sarebbe stata la sua preferita.
Era paziente e calmo, preciso, spiegava con quella voce bassa e calda, un po’ roca, che sembrava avvolgerli sensualmente come le note di uno strumento magico. Quando uno dei due non riusciva ad assumere la posizione corretta, si posizionava dietro di loro e li aiutava spostandogli gli arti con le mani.
Connor doveva ammettere che spesso sbagliava di proposito. Ed anche Abby a quanto vedeva.
Gli piaceva quella ragazza, era forte e testarda, un’ottima amica, ma gli veniva male al pensiero che si fosse intrufolata in quel finesettimana che era riuscito a strappare a Stephen con le unghie e con i denti. Più di tutto non gli piaceva l’idea che essendo una ragazza potesse avere maggiori possibilità con l’altro…
Scosse la testa allontanando simili pensieri e si concentro sul bersaglio. Chiuse l’occhio sinistro mettendolo a fuoco e premette il grilletto, colpendone la parte superiore, quella bianca. Guadagnandosi l’ennesima occhiata perplessa di Stephen ed un’altra risata divertita di Abby. Storse le labbra in una smorfia: non gli piaceva essere preso in giro quando non riusciva a fare qualcosa, trovava umiliante che qualcun altro si divertisse alle sue spalle solo perché era riuscito in qualcosa in cui lui sbagliava, per dimostrare che era il migliore! Era un atteggiamento che lo faceva innervosire e questo lo portava ulteriormente a sbagliare.
Sospirò frustrato poggiando il calcio del fucile a terra. Doveva esserci qualcosa di sbagliato nel rapporto tra lui e le armi da fuoco. Possibile che non riuscisse a creare il giusto feeling con quell’ammasso di ferraglia ed a colpire la parte giusta del bersaglio? Infondo era solo un grande cerchio di vimini colorato con diverse zone di colore a seconda della difficoltà, e, per giusta, Stephen lo aveva collocato a pochi metri da loro.
Abby invece era riuscita a centrare una delle strisce gialle. Stava migliorando rapidamente e presto sarebbe stata in grado di centrare il piccolo cerchio rosso al centro. Strinse le dita attorno alla canna del fucile fino a far sbiancare le nocche e lanciò un’occhiata malevola al proprio bersaglio, che nella sua mente aveva iniziato una guerra senza motivo contro di lui solo perché gli era antipatico. Ma gli avrebbe fatto vedere lui chi comandava tra i due, presto, molto presto!
Stephen sollevò lo sguardo verso il cielo al di sopra delle cime frondose degli alberi, insanguinato dal sole che stava tramontando. La luce stava calando e con essa la visibilità.
- Per oggi basta così, riprenderemo domani!- ed allungò la mano per farsi restituire i fucili.
Con Connor in giro era facile che quei due si sparassero per sbaglio.
- Ma io non ho ancora colpito il bersaglio! – protestò il ragazzo – Ancora una decina di minuti, dai!- ed allontanò il fucile dalla presa dell’altro.
- Hai provato tutto il giorno inutilmente Connor, speri sul serio che dieci minuti ti facciano riuscire dove hai continuamente fallito?- sbottò esasperata Abby.
Era stanca e dolorante dopo aver trascorso tutta la giornata in quella radura umida e buia a sparare, e quando si trovava in quello stato straparlava, non per cattiveria, ma quasi non se ne rendeva conto. In quel momento voleva tornare solo al campo base e sedersi accanto al fuoco. Nient’altro.
Connor digrignò i denti, mandando giù una risposta che avrebbe potuto costare la loro amicizia, e consegnò il fucile a Stephen con un gesto brusco. Il malumore che cresceva sempre di più in lui. Stava cominciando a credere che l’idea di prendere lezioni di caccia non fosse stata proprio brillante. Stava facendo la figura dell’idiota. Quello non era un ambiente a lui congeniale, lui stava bene tra libri e computer non era un uomo d’azione nonostante tutto quello che aveva affrontato. Eppure si stava impegnando, a fondo. Perché non riusciva anche a lui a dimostrare a Stephen che qualcosa la valeva?
Seguì gli altri lungo lo stretto sentiero che portava al campo base, a testa bassa, nascondendo il volto sotto la tesa del cappello.
- Accendi il fuoco!- gli ordinò Stephen quando arrivarono in vista delle tende.
Quello era facile! Lo aveva già fatto altre volte, quando era andato in ricognizione con il professor Cutter e Stephen alla ricerca di resti fossili. Inginocchiato al centro dello spiazzo creò un circolo con delle pietre ed al suo interno accatastò un po’ della legna che avevano raccolto al loro arrivo quella mattina. Con l’accendino accese un foglio di carta di giornale e lo infilò sotto la catasta, chinandosi poi a soffiare per alimentare la fiamma. Era disteso carponi sul letto di foglie, di spalle, e per questo non aveva potuto notare il paio di occhi che avevano seguito interessati ogni suo movimento e che ora stavano scorrendo su tutta la sua figura. Ben presto le piccole lingue di fuoco che timide avvolgevano i rami, si tramutarono in fiamme alte e calde, che illuminarono il volto del ragazzo con il loro rosseggiare.
- Ecco l’acqua!- esclamò la voce fuori campo di Abby.
Connor si volse nella sua direzione svogliatamente, ancora risentito per quello che gli aveva detto prima. Prese la pentola dalle sue mani senza parlare e la mise sul treppiedi che aveva collocato poco prima sul fuoco. Odiava le minestre, pensò storcendo il naso, soprattutto se erano quelle precotte. Ma al momento non c’era altro da mangiare e quindi doveva adattarsi se non voleva restare a stomaco vuoto. Abby si sedette al suo fianco, sulla coperta di lana, fissando Connor di sottecchi cercando di trovare le parole adatte.
- Scusami per prima – disse, alla fine, tutto d’un fiato – Non penso davvero a quello che ti ho detto, ero stanca ed infreddolita, e volevo solo ritornare qui al campo.- .
Dopo qualche istante di immobilità, il ragazzo si volse verso di lei sorridendole apertamente. Nonostante tutto Connor non era in grado di arrabbiarsi davvero con una persona, soprattutto se questa gli era amica, non era nella sua natura.
- Non preoccuparti, non hai nulla di cui scusarti!- le disse.
- Grazie!- sussurrò lei prima di baciargli la guancia e farlo avvampare.
Nascosto dietro il tronco di un albero Stephen sorrise compiaciuto. Aveva lasciato soli quei due al campo proprio per dargli l’opportunità di fare pace, non voleva che una stupidaggine come quella potesse incrinare il rapporto d’amicizia che c’era tra loro e compromettere quindi, di conseguenza, l’operatività della loro squadra. Funzionavano insieme proprio perché tra loro c’era complicità.
Era però il caso di ritornare al campo prima che quei due notassero la sua assenza e si preoccupassero. Ripresa la sua maschera si impassibilità abbandonò il proprio nascondiglio nel buio e si diresse verso il fuoco.
Rivelò la sua presenza calpestando volontariamente un ramo secco che si spezzò con uno schiocco secco che risuonò nel silenzio facendo sobbalzare i due ragazzi intenti a chiacchierare.
- Stephen! Ti sembra il modo di ricomparire questo?! – protestò Connor rosso il volto per la paura e l’indignazione – Ci hai fatto prendere un colpo!- .
- E come sarei dovuto ricomparire?! Facendomi annunciare da una tromba?- ironizzò mentre si sedeva a terra, di fronte a loro dall’altra parte del falò, con un movimento sinuoso e sensuale.
- Spiritoso! Ma non tutti hanno i nervi d’acciaio come te! Sembra di avere a che fare con il colonnello O’Neil!- borbottò incrociando le braccia al petto.
Stephen inarcò un sopracciglio perplesso. Ecco che ricominciava con la sua fissa per la fantascienza. A volte si chiedeva come potesse essere dotato di una simile intelligenza uno come lui… Gli sembrava quasi che fosse sprecata!
- Spero che tu abbia pensato a preparare anche la cena oltre che a blaterare!- e lo fissò con uno sguardo pericoloso.
Connor deglutì a vuoto cercando di forzare il nodo che quegli occhi grigi avevano annodato nella sua gola. Non riusciva mai a resistere alla forza magnetica di quello sguardo, era come se fosse superiore alla sua stessa volontà.
Per distrarsi si sporse sulla pentola e fece finta di controllarne il contenuto rimestando un po’ con il mestolo.
- Ancora qualche minuto e si mangia! E per tua informazione io non blatero, illumino il mio prossimo con la mia immensa sapienza!- annunciò gongolante ritornando nella sua posizione.
Che bambino! Pensò Stephen nascondendo a stento un sorriso che minacciava di incurvargli le labbra.
- Accidenti!- protestò Abby all’improvviso tenendosi il dito stretto nel pugno dell’altra mano.
- Che succede?- le chiese preoccupato Connor.
- Mi sono tagliata mentre aprivo la carne in scatola.- rispose indicando con un cenno della testa il bordo tagliente della linguetta.
- Fa’ vedere!- ed il ragazzo stava già allungando le mani per aiutarla, quando Stephen lo anticipò.
Le sue mani scostarono gentilmente quelle della ragazza, svelando un taglio che correva lungo tutto il profilo dell’indice destro, non era profondo ma sanguinava copiosamente.
- Invece di startene li senza fare niente, prendi la cassetta del pronto soccorso!- lo riprese l’amico con quel tono calmo che trasudava di una tale severità da sembrare una sferzata.
Connor scattò in piedi e corse nella sua tenda ed iniziò a frugare nel suo zaino. Quando ebbe trovato la cassetta ritornò al fuoco e si trovò davanti una scena che ebbe il potere di gelarlo. Stephen aveva portato il dito di Abby alle sue labbra per fermare la fuoriuscita di sangue. Qualcosa sembrò spezzarsi dentro di lui ed una sensazione bollente e dolorosa si sciolse nel suo petto. Lo sapeva! L’aveva sempre saputo…
… Allora perché faceva così male? Perché gli sembrava di soffocare e sentiva le lacrime bruciare come acido nei suoi occhi?
- Tieni!- e si sforzò di sorridere.
Stephen prese la cassetta dalle sue mani stupendosi che avesse distolto immediatamente lo sguardo da lui e che fosse tornato a sedersi accanto al fuoco calmo e quasi disinteressato.
Chi capiva quel ragazzo era un genio!

Connor stava dormendo profondamente rannicchiato sul fianco sinistro dentro il suo sacco a pelo arancione. Aveva poggiato il cappello sul suo zaino, lasciando liberi i suoi capelli che ora erano sparsi sul cuscino come una nube nera che minacciava di inghiottirlo.
Per questo non si accorse della figura che era entrata silenziosamente nella sua tenda e si era seduta accanto a lui. Osservò il volto addormentato del ragazzo, illuminato dalla luce della luna che filtrava dall’apertura della tenda che aveva lasciata aperta. Era calmo e rilassato, pacifico, quasi non sembrava il ragazzino esagitato che tormentava tutti con le sue infantili trovate.
Sollevò lentamente la mano ed iniziò a ridisegnarne i lineamenti con la punta dei polpastrelli. Un tocco lieve, appena accennato, che scivolava sulla sua pelle impalpabile. Sorrise appena sentendo la barba pungere contro pelle della sua mano.
Poi la figura di morse le labbra indecisa, mentre un desiderio violento le contorceva le viscere. Alla fine cedette, ripromettendosi che sarebbe stato solo per quella volta. Puntellandosi con le mani ai lati del corpo di Connor, cautamente si chinò in avanti, fino a portare il proprio volto a pochi centimetri da quello del ragazzo, osservandone avidamente le labbra appena schiuse, ascoltando il ritmo regolare e profondo del respiro, per poi deviare ed affondarlo nell’incavo del suo collo. Socchiuse gli occhi aspirando profondamente l’odore d’arancio di quella pelle, sfiorandone la morbida e tiepida consistenza con le labbra.
Rimase fermo in quella posizione per alcuni istanti, prima di allontanarsi ignorando il proprio corpo che reclamava indignato quello dell’altro.
Voleva Connor per sé, lo desiderava così tanto da sentire male…
… Perche aveva perso la testa proprio per lui? E poi in quel modo così totale ed indescrivibile…
Ed invece poteva solo far finta di niente, guardarlo da lontano continuando ad illudere tutti che amava un’altra persona…
Con un sospiro si rimise in piedi ed uscì dalla tenda, respirando per un istante l’aria fresca della notte prima di ritornare alla propria.

Le foglie gemevano sotto i suoi passi rapidi e pesanti, producendo ridicoli squittii. Una leggera condensa si stava sollevando dal terreno, sfilacciata e trasparente come la veste di un fantasma, dando alla boscaglia un aspetto inquietante. Gli sembrava quasi di essere in uno di quegli horror che guardava il venerdì sera con i suoi amici, si aspettava quasi di veder balzare uno spettro da dietro ogni albero che lo circondava.
Connor si strinse nella giacca per proteggersi dall’umidità, guardandosi intorno circospetto. Quel posto lo innervosiva in una maniera incredibile. Si sentiva come percorso da una corrente elettrica continua, come se fosse osservato da mille occhi nascosti nell’ombra degli alberi.
Dannazione alla sua malsana idea di prendere lezione di caccia ed anche a Stephen! Non riusciva a capire perché dovessero toccare a lui tutte le incombenze più fastidiose. C’era anche Abby con loro! Ed ora era al caldo al campo base da sola in compagnia di Stephen, mentre lui era stato costretto a girovagare per trovare rami secchi per il fuoco, in un luogo dove tutto era umido e viscido. Magari l’amico l’aveva spedito apposta in quell’impresa disperata per potersene stare un po’ in pace con lei. La scena della sera prima si ripropose alla sua mente con sadica precisione, trapassandolo da parte a parte come un proiettile sparato a bruciapelo.
All’improvviso si bloccò al centro di una radura, la nebbia che lambiva le gambe dei suoi pantaloni, danzando leggera, nascondendo le scarpe alla sua vista. Era terrorizzato. Gli sembrava di aver sentito dei sussurri, qualcuno che invocava il suo nome…
Scosse la testa imponendosi di non essere assurdo: magari erano Stephen ed Abby che lo stavano cercando preoccupati per la sua assenza. Ci pensò su un attimo. Come no! Questa era l’ipotesi assurda. Nel migliore dei casi quei due si erano appartati nella boscaglia a fare non voleva nemmeno pensare a cosa!
Quel pensiero stese su di lui una spessa malinconia. Perché si era dovuto innamorare proprio di Stephen? Gli sembrava un atteggiamento quantomeno masochistico infatuarsi dell’unica persona al mondo che non l’avrebbe mai ricambiato!
Non ricordava quasi più il periodo in cui non era innamorato di Stephen, perché, adesso, ogni cosa era riempita da lui. Fin dall’inizio era stato irretito dall’alone di mistero che lo avvolgeva, dalla forza che emanava e dalla calma che caratterizzava ogni suo gesto; era il classico tenebroso che tanto piace alle donne, solo che lui non si limitava alle parole, lui era un cacciatore. Era stato difficile essergli amico, continuando a sorridergli nascondendo la tristezza, soffocando tutti i sentimenti che provava per lui. Aveva sperato in sciocche fantasia romantiche, di avere una possibilità con lui prima o poi, invece, con l’arrivo di Abby, era ricominciato tutto daccapo…
Sospirò stringendosi nelle spalle e borbottando contro neanche lui sapeva bene cosa. Poi i sospiri ripresero più forti ed inquietanti, sempre più vicini. Connor, gelato sul posto, stava cercando di ponderare tutte le sue alternative e le vie di fuga, ma inutilmente: proprio in quel momento il suo cervello aveva deciso di piantarlo in asso. Magari da quelle parti si era aperta un’anomalia… magari era solo un piccolo dinosauro spaurito che cercava di ritornare indietro… magari la sua era solo suggestione… magari…
Non finì di formulare quel pensiero che un paio di mani lo afferrarono per la schiena. A quel contatto non riuscì più ad arginare il terrore ed urlò con tutta la voce che aveva in corpo, mentre le gambe gli cedevano e crollava in ginocchio a terra. Un panno nero gli oscurava la vista ed un nodo gelido gli serrava la gola. Tremava così tanto da sembrare in preda alle convulsioni.
- Connor! Ehi, Connor! Tutto bene?- gli chiese la voce lontana di Abby.
Deglutì a vuoto, ricacciando a fatica il conato che gli stava risalendo la gola, ed alla fine riuscì a mettere a fuoco il volto della ragazza chino su di sé, un sospetto rossore le colorava le guance ed un ghigno divertito le incurvava le labbra.
- Connor?- lo chiamò ancora.
Fu la nota divertita che sentì vibrare nelle sua voce che gli diede la spinta per tornare in sé. Una sottile rabbia iniziò a serpeggiargli nelle vene.
- Bene?! Mi chiedi se sto bene?! Per poco non ci restavo secco!- strillò.
- Oh, andiamo: era solo uno scherzo!- esclamò lei con un sorriso di sufficienza.
Se c’era una cosa che odiava era quando le persone lo trattavano come un bambino stupido e cocciuto che non voleva apprendere una lezione facile facile. Il terrore che aveva appena sperimentato si mescolò all’irritazione che aveva accumulato fino a quel momento, formando una miscela velenosa che lo trascinò al punto di rottura come un fuscello tra le rapide di una cascata. Niente era andato come aveva sperato lui! E, nella visione offuscata dalla rabbia che aveva in quel momento, ogni colpa era di Abby!
Era stata lei a rovinare quel finesettimana intromettendosi, venendo con loro senza che nessuno l’avesse invitata…
Era stata lei a fargli fare la figura dal buono a nulla al tiro a bersaglio…
Era stata lei a portargli via Stephen…
Tutto divenne rosso e venne divorato dal ruggito del sangue nelle orecchie.
- Ora basta! – tuonò rimettendosi in piedi – Mi sono stancato! Di te, di Stephen e di essere preso in giro da voi!- le diede le spalle ed imboccò il sentiero per tornare al campo.
- Smettila Connor! Stai esagerando!- lo riprese severamente Abby correndogli dietro.
Il ragazzo si fermò di scatto per fronteggiarla, aveva il volto arrossato dalla rabbia ed un lampo gelido gli attraversò gli occhi neri. Abby arretrò di un passo: mai avrebbe pensato che una persona come Connor potesse provare tanto risentimento, soprattutto nei suoi confronti.
- Io starei esagerando?! E tu allora? Mi hai quasi ammazzato poco prima e non ti sei nemmeno abbassata a chiedermi scusa! Sai solo prendermi in giro!- sbottò cattivo.
- Beh… scusa!- pigolò sperando di riaggiustare le cose tra loro.
- Che sforzo!- ironizzò prima di darle nuovamente le spalle e proseguire.
Arrivarono al campo che ancora battibeccavano e trovarono ad attenderli Stephen, in piedi con le braccia incrociate al petto ed un’espressione poco raccomandabile sul viso.
- Che accidenti vi prende? Le vostre urla si sentono per tutto il bosco!- ringhiò al tuo indirizzo.
- Non preoccuparti tolgo il disturbo!- lo informò Connor passandogli velocemente accanto e senza guardarlo.
Il cacciatore inarcò entrambe le sopracciglia sorpreso da quella risposta acida, così non da lui.
- Si può sapere che succede?- chiese esasperato ad Abby.
La ragazza si morse il labbro inferiore prima di spiegargli cos’era accaduto quando era andata a cercare Connor nel bosco.
Stephen sospirò incapace di comprendere cosa fosse accaduto al ragazzo che conosceva. Connor non era mai stato così suscettibile, non aveva mai avuto simili sbalzi d’umore. Da quando lo conosceva non lo aveva mai visto arrabbiato. Doveva essergli accaduto qualcosa… ma cosa?
Ripensò alla strana luce che avevano assunto i suoi occhi la sera prima e quella mattina quando avevano incrociato i suoi. Una luce cupa che aveva reso i suoi occhi ancora più neri. Una luce che sembrava ferita.
Seguì Connor nella sua tenda per cercare di farlo calmare e lo trovò a rifare i bagagli.
- Che stai facendo?- chiese mentre l’altro stava infilando a forza una maglia appallottolata nello zaino già pieno.
- Non si vede?- ribatté piccato.
- Si, ma perché?- chiese ancora piantandosi davanti l’ingresso come per precludergli ogni via di fuga.
- Vado via di qui!- spiegò mentre richiudeva a fatica la cerniera della sacca.
- E come penseresti di fare? Siamo a cinquanta chilometri da Londra e non ci sono case prima di un chilometro e mezzo.- insistette ironico.
- Farò l’autostop e se non incontrerò nessuno camminerò!- e calcò il cappello in testa.
Stephen lo osservò accigliato mentre indossava la giacca ed infilava lo zaino sulle spalle, ma quando Connor fece per scansarlo e passare, lo bloccò per il braccio costringendo il ragazzo a sollevare il volto ed a fissarlo.
- Non hai risposto: perché stai facendo tutto questo?- gli chiese, ora visibilmente arrabbiato.
- Non sei contento? Se io vado via avrai campo libero con Abby!- sputò duro senza nemmeno pensare, un lampo di gelosia nei suoi occhi neri.
Stava guardando Stephen negli occhi, apertamente, senza la maschera che indossava quotidianamente quando si trattava di lui, i suoi occhi neri in cui turbinavano violenti i sentimenti che provava per lui piantati in quelli azzurri dell’altro.
Possibile che fosse solo quello? I pezzi del puzzle andarono ognuno al proprio posto nella mente di Stephen, incastrandosi l’uno con l’altro perfettamente. Un piccolo sorriso dal taglio ferino gli schiuse le labbra mentre tirava Connor verso di sé, chinando contemporaneamente la testa.
Era accaduto tutto così velocemente che capì cos’era accaduto solo alla fine, quando le labbra dell’altro premettero calde e ruvide sulle sue. Perché lo stava facendo? Non riusciva a comprendere. Possibile che avesse capito cosa provasse per lui e volesse solo consolarlo?
Stephen si allontanò da lui sorpreso che l’altro fosse rimasto immobile, senza mostrare alcuna reazione. Lo guardò e vide speranza e dubbi combattere una battaglia straziante su quel volto. A volte dimenticava quanto potesse essere ingenuo quel ragazzo.
Sciolse la presa della sua mano sul braccio di Connor e gli cinse i fianchi con entrambe le braccia, premendo le mani sulla schiena sottile e magra, stringendoselo contro fino a sentire i palmi dell’altro premere contro il proprio petto. Gli baciò una guancia per poi scivolare con le labbra fino al suo orecchio. Voleva che nessuno, oltre Connor stesso, potesse ascoltare quelle parole. Erano una confessione personale quella, con la quale andava a snudare completamente la sua anima, svelando sentimenti di cui altrimenti non avrebbe mai parlato. Rivelandogli le sue debolezze, i ridicoli espedienti cui era ricorso per sopperire al desiderio che nutriva per lui, come quando dovette sforzarsi di parlare per spiegargli che, ogni volta che erano impiegati in una spedizione, entrava nella sua tenda, trascorrendo la notte sdraiato al suo fianco.
Stephen non era fatto per le parole, non si sentiva a suo agio con esse, preferiva i fatti, agire, ma sapeva di stare facendo la cosa giusta in quel momento. Perché con quel ragazzo tutto diventava più facile. Anche parlare così liberamente dei propri sentimenti diventava un atto naturale.
Sentiva Connor tremare contro di sé ad ogni parole, la pelle delle guance sempre più calda contro la sua. Piano, quasi temendo la sua reazione, Connor sollevò le braccia e le allacciò dietro il collo dell’altro, per poi poggiare il volto contro la sua spalla. Stephen sorrise divertito: nonostante cercasse di atteggiarsi come un adulto, restava pur sempre un bambino.
Sentiva che tutti i nodi che legavano la sua anima era ormai sciolti, che dentro di lui non c’era più nulla che lo imbrigliasse. Legandosi a Connor si sentiva libero come mai era stato nella sua vita.
Sapeva che non sarebbe stato semplice tra loro, che gli ci sarebbe voluta molta pazienza per stare al fianco di uno come Connor, ma ugualmente non desiderava nessun altro al suo fianco.
- Abby mi ucciderà!- lo sentì mugugnare all’improvviso contro la sua pelle.
- Perché?- chiese nonostante ne intuisse già il motivo.
- Devo forse ricordarti che fa parte anche lei dell’ampia schiera delle tua spasimanti?- scherzò senza però riuscire a nascondere una nota di gelosia nella voce.
- Non devi dirglielo per forza! – rispose con noncuranza attirando l’attenzione dell’altro – Sarà un’ottima copertura per noi!- terminò sulle sue labbra prima di baciarlo.
E questa volta fu davvero come aveva desiderato. Fuoco liquido che si scioglieva nel sangue, incendiando ogni cellula del suo corpo e tutti i suoi sensi, che divorava la ragione lasciando spazio al puro istinto.

Abby sedeva accanto al fuoco, le gambe piegate contro il petto e cinte dalle braccia, la testa sollevata ad osservare le nuvole che scorrevano nel cielo. Era da qualche minuto che non provenivano più urla dalla tenda di Connor. Fu quasi tentata dall’andare a controllare cosa fosse accaduto, ma qualcosa dentro di lei la tratteneva, il suo istinto le urlava che non sarebbe stato un bene per lei.
Immersa nei suoi pensieri si rese contro della presenza di Connor seduto accanto a lei soltanto quando questi la chiamò per nome. Lei si volse di scatto ritrovandosi ad osservare il suo volto ora calmo e sorridente come al solito, ma c’era qualcosa di diverso ora, come un’indistinta luce opalescente che si agitava sotto la sua pelle e che rendeva i suoi occhi brillanti come schegge d’ossidiana al sole.
Il ragazzo prese una delle sue mani tra le sue e la strinse forte, mentre la fissava imbarazzato.
- Non so davvero come scusarmi per come mi sono comportato con te prima. Non ho davvero scusanti e capirò se non vorrai più avere a che fare con me!- .
Lei ricambiò la sua stretta e gli sorrise. C’era qualcosa che le sfuggiva in quella situazione, sembrava che le parole di Connor sottintendessero qualcos’altro…
… ma per il momento andava bene così!
- È stato un momento di follia, capita a tutti. Non pensiamoci più!- .
E Connor la ringraziò con un sorriso sincero. Sperava davvero di non dover mai più litigare con lei.
- Stephen mi ha chiesto di dirti di rifare i bagagli perché vuole ritornare al campus.- le disse dopo qualche istante di silenzio.
- Credevo che saremmo rimasti fino a stasera…- .
- Pare che prima che arrivassimo, abbia sentito per radio che questa zona sarà interessata da un bel temporale dopo pranzo!- le spiegò.
Abby annuì prima di tirarsi in piedi e sgranchirsi gli arti intorpiditi dall’umidità. Connor rimase un attimo a guardarsi intorno. Dopotutto quel finesettimana non era stato un completo disastro!