*Kari e Joshua si sono decisi a comunicare in modo più utile di quanto fatto fino ad ora, si sono baciati ed hanno dimostrato di desiderarsi a vicenda, ma ci sono ugualmente miliardi di cose ancora non dette e nonostante abbiano le stesse paure, hanno un modo differente di affrontarle e di approcciarsi. La comunicazione è ancora ben lontana, anche se dal punto di vista sessuale le cose sembrano funzionare bene. Almeno lì. Buona lettura. Baci Akane* 

CAPITOLO V: 
OSTACOLI DI CEMENTO ARMATO

 kari

"Mi hai combattuto una volta ma non di nuovo
Fammi sentire la tua mano pesante
Sistemerò il tuo fottuto casino
E non lascerò indietro nulla di importante
Ti sto perdendo di nuovo
Lasciami andare e poi riprendimi
Perché qui non sei sola
Non lo sei affatto
Lascia che ci sia anche io
Ferma la mia caduta
Fa’ che non accada ancora
Sta’ attenta fino alla fine
Aiutami a ripulire la mia coscienza"

- Breaking Benjamin - Break my fall -

Joshua non era pronto per approfondire e buttare giù il suo muro.
Non era pronto per svelare il mistero di Kari e capendo che sarebbe stato presto, una forzatura azzardata, la prese con comodo decidendo di prendersi tempo e fare le cose con calma, una per volta, piano piano.
Lui non aveva faticato a schiarirsi le idee perché si conosceva bene e sapeva quando uno gli piaceva e quando si forzava a frenare le cose. Con Kari era successo questo, ma una volta che si era lasciato andare, aveva guardato le cose per quello che erano. Gli piaceva Kari da sempre, forse era stato un colpo di fulmine ed era anche un talentuoso musicista. 
Però sapeva, sentiva, che per Kari le cose erano diverse. Non era idiota, era abbastanza grande da capire quando il sentimento di qualcuno era semplice come sembrava e quando invece nascondeva una galassia intera. Con Kari aveva esattamente quella sensazione, che non fosse semplicemente attratto da lui e quindi avesse seguito l'impulso fisico che desiderava. Non era solo quello. Certo, c'era una riconoscenza dietro a quel desiderio di rimanere lì ed essere salvato ancora da lui, ogni giorno della sua nuova vita. Però quello era la punta dell'iceberg di molto altro che sapeva essere legato al suo passato oscuro. Qualunque cosa gli fosse successo l'aveva segnato al punto da influenzarlo anche nei rapporti e nelle relazioni. Di conseguenza il suo baciarlo per tenerlo legato a sé, non era solo un mezzo per viversi una relazione con qualcuno che gli piaceva.
Joshua non intendeva indagare subito, tanto sarebbe stato inutile. Strappare informazioni personali a Kari era come estrarre una mazza chiodata da un esofago senza lasciare ferite!
Kari era chiuso, duro e complicato, non bastava chiedergli cosa gli era successo e cosa voleva realmente da lui, perché anche se Niky sosteneva che fosse sufficiente, non lo era. Non avrebbe mai risposto. Doveva capirlo da solo e spingerlo volta dopo volta, con furbizia e pazienza, ad aprirsi di sua iniziativa. 

Quando al mattino aprì gli occhi aveva un’ansia assurda ancora prima di mettere a fuoco il mondo.
Il buio gli impedì di vedere e prima ancora di accendere la luce del comodino, cercò a tastoni sul letto e quando si imbatté in una confortevole montagnetta che respirava calmo e regolare, Joshua sospirò sentendosi tanto stupido quanto sollevato.
Solo dopo aprì la luce fioca e si rasserenò nell’osservare il viso addormentato di Kari. Per la prima volta dormiva senza fare incubi. 
L’aveva visto tante volte ed aveva sempre avuto un’ombra scura sul volto dei lineamenti decisi, si era sempre chiesto che sogni facesse; poi aveva scoperto che non erano sogni, ma incubi: l’aveva sentito gridare nel sonno e agitarsi tanto da svegliarlo, seppure dormissero in camere separate.
Quella era la prima volta che dormivano nello stesso letto, ma non solo, era la prima volta che aprendo gli occhi lo vedeva subito. Di solito aveva quella frazione di tempo per angosciarsi convinto di non trovarlo in camera sua come sempre. Poi prima di andare al bagno andava da lui per vedere se c’era ancora e solo quando lo trovava nel letto si risollevava… quando c’era. Quando non c’era cercava di contenersi fino al raggiungimento del soggiorno. Spesso tornava tardi la sera e si buttava nel divano.
Se non c’era nemmeno là, ancora prima del caffè cominciava col giro di tutti quelli da cui poteva passare la notte, il più delle volte lo trovava con uno del gruppo. Solitamente cercavano di portarglielo a casa perché sapevano che si spaventava nel non trovarlo al mattino, ma a volte erano messi male anche loro e se lo tenevano là. 
Il telefono Kari l’aveva, ma solo per figura visto che lo teneva sempre spento e che comunque non lo usava.
Spesso gli aveva gridato dietro di tutto, poi si era arreso. Uno contro la tecnologia non poteva cambiare.
Quello fu per Joshua il risveglio migliore da un paio di mesi a quella parte.
Si tirò su sul gomito per osservarlo meglio, non lo toccò né si avvicinò in alcun modo, si mise solo a sedere e come niente si alzò in piedi. 
Era presto per qualunque cosa e a dirla tutta era decisamente scosso per quanto accaduto la sera prima.
Sotto la doccia ripensò al momento in cui l’aveva incontrato la seconda volta.
Era tornato di proposito a quella fermata della metropolitana, aveva ripensato a lui per giorni fino a tormentarsi. Lui, il suo sguardo spento e oscuro, le sue dita così abili sulle corde, l'aria di chi voleva svanire. Qualcosa gli era entrato subito e senza darsi risposte di alcun genere, tanto meno banali del tipo che era un manager ed uno scopritore di talenti e che quindi era normale pensare ad un bravo musicista, era tornato dove l'aveva visto. 
Era ancora là col suo basso ed il suo amplificatore portatile a pile, suonava, la barba più lunga, probabilmente se la radeva ogni tanto col classico metodo della lametta. Il cappuccio alzato, i capelli un po' più lunghi della volta precedente. Si era chiesto come se li manteneva così corti ed era giunto alla conclusione che se voleva riusciva a fare ciò che gli serviva. Probabilmente andava in quei rifugi per poveri dove fornivano certe necessità. Si era perso nei dettagli, aveva notato le dita callose e le mani rovinate dal freddo, aveva notato la cera davvero pessima, la magrezza del viso, gli abiti indossati logorati e sporchi, gli occhi chiusi a suonare a memoria, come se pregasse qualche demone che gli portasse dei soldi. Aveva bisogno di una dose, con quei riflessi disastrosi di sicuro non sarebbe stato in grado di reagire a niente.
Joshua a quel punto si era deciso. Forse era stato il fatto che suonava completamente fuori coscienza, come in trance, come se fosse la sola cosa capace di fare, ormai. O magari gli aveva ricordato qualcosa di sé stesso. Però il fastidio che aveva provato non era più stato capace di paragonarlo a nulla. Quel ragazzo gli dava fastidio, lo urtava al punto da accendergli dentro una voglia incontrollabile di scuoterlo e gridargli di tutto, ma sapendo che non sarebbe servito a nulla perché probabilmente non capiva niente di quel che gli dicevano, aveva agito direttamente coi suoi modi barbari.
Aveva aspettato posasse il basso per raccogliere le proprie cose e glielo aveva preso senza parlargli, poi veloce e deciso se ne era andato consapevole che l’avrebbe seguito a ruota.
Così era stato e aveva dovuto schivare un pugno. La forza un tempo doveva averla avuta, ma lì da chissà quanti giorni non aveva mangiato per farsi di chissà quale schifezza e probabilmente era anche stato vicino alla crisi d’astinenza.
Era stato facile sopraffarlo. Dopo averlo sentito biascicare degli insulti rabbiosi poco convinti, Joshua si era girato, l’aveva guardato e gli aveva detto deciso e sicuro ‘vieni con me, ho una proposta.’
Kari ci era andato solo per riprendersi il suo basso.
Dopo di quello ne erano successe molte altre e non era stato facile convincerlo ed aiutarlo effettivamente, però una volta che ce l’aveva fatta non aveva più mollato!
Joshua era lentamente diventato tutto per Kari e senza che questi ne fosse pienamente consapevole. 
Solo la sera prima si era reso conto che era un sentimento ricambiato.
L’idea di vederlo affondare di nuovo, di non trovarlo più a casa, di sentire la chiamata di un ospedale che lo chiamava per riprenderselo… o della polizia che gli diceva peggio… lentamente l’aveva reso quasi tachicardico e lui non era tipo.
A quel punto aveva capito che c’era qualcosa di molto oltre ad un semplice rapporto professionale, però si era frenato lo stesso perché in ogni caso lavoravano insieme.
Gli aveva messo vicino Niky perché era diverso da lui, era un ragazzo dolce e credeva in Dio, avrebbe potuto dargli delle risposte spirituali più soddisfacenti ed essere più presente con delle attenzioni che lui non era in grado di dare perché non nel suo carattere.
Alla fine era stato questo: sentirsi rifiutato, scaricato, non voluto… era stato questo a far reagire Kari, ma comunque in un certo modo grazie a Niky. 
Non aveva ancora capito come ci fosse riuscito e cosa gli avesse mosso dentro, ma qualunque cosa fosse stata andava bene.
Doveva ringraziarlo e soprattutto doveva decidere cosa fare con lui per bene.
Cos’erano ora?
Cosa volevano essere?
Come volevano andare avanti?
Joshua era uno che programmava tutto, ma che sapeva anche improvvisare. Cosa doveva fare ora? 
Chiuse il rubinetto ed uscì dalla doccia, le gocce che gli solleticavano il corpo snello lo riportarono alla realtà e quando si girò si prese male nel vedere un’ombra in piedi sulla porta.
- Cazzo Kari! Che diavolo ti salta in mente? - dopo aver imprecato per lo spavento lo guardò meglio rinunciando all’idea di coprirsi e asciugarsi, l’asciugamano era appeso alla porta e lui ci stava proprio davanti!
Aveva un’aria innegabilmente insonnolita e cupa.
- Che c’è? - Chiese prendendo l’asciugamano da viso e passandoselo sulla testa. Si spettinò i capelli corti, erano scuri e brizzolati, appariva per la prima volta in disordine e fu strano.
- Pensavo te ne fossi andato. - Di nuovo quella convinzione, pensò esasperato Joshua abbandonandosi il telo intorno al collo per guardarlo e affrontarlo una volta per tutte.
Gli puntò il dito contro, lo fece severo e sul piede di guerra. L’espressione risoluta.
- Se non la pianti con queste fisse giuro che ti prendo a calci! Non me ne vado da nessuna parte se non a lavoro, smettila di convincerti che tutti ti mollino e tutto finisca prima o poi! Non è così, cazzo! - Kari però continuava a non esserne convinto e si appoggiò allo stipite della porta aperta incrociando le braccia possenti al petto scolpito. Da quando l’aveva tirato in casa per aiutarlo nella disintossicazione, Joshua gli aveva costruito una palestra nella taverna e l’aveva obbligato ad usarla per espellere prima le tossine della droga e poi per tenersi occupato ed evitare la frenesia da astinenza.
Ora era in perfetta forma, era fisicamente disintossicato e non utilizzava più spesso la palestra, solo ogni tanto. Non riusciva a far di essa un hobby sano alternativo al dormire o al bere, non c'era proprio niente da fare. Non si prendeva molto cura di sé, comunque il fisico rimaneva quello di un atleta, anche se tendeva alla magrezza perchè mangiava col contagocce. 
- Non è così facile! - Mugugnò Kari intenzionato a non staccargli gli occhi di dosso nemmeno un secondo.
Joshua si girò verso lo specchio sbuffando e prese il barattolo della schiuma da barba al mentolo, lo sbatté e se lo mise nella mano, dopo di che cominciò a spalmarselo sul viso.
- Sei un perfetto idiota quando fai così! - 
- Che cazzo ne sai di me? - Joshua la interpretò come una specie di richiesta d’aiuto.
Kari aveva bisogno di aprirsi con lui, ma non aveva il coraggio di farlo di punto in bianco senza che gli venisse richiesto. Era infatti convinto che a Joshua non interessasse più di tanto ed in tutta sincerità non sapeva ancora perché la sera prima aveva risposto al bacio e a tutto il resto… poteva essere anche solo una questione fisica e basta. 
Joshua cominciò a passarsi il rasoio sul viso con assoluta calma senza degnarlo di una risposta o di uno sguardo, Kari così non ci mise molto a convincersi che era vero che non gli interessava niente di lui, non più di quanto potesse interessargli un amante od un bassista.
Sbuffando lo mandò a quel paese con un gesto secco del braccio e se ne andò.
Joshua scosse il capo pensando che fosse un caso senza speranza.
Quando concluse era ormai asciutto, quindi si limitò a sistemarsi i capelli per poi tornare nella propria camera per vestirsi.
Quando entrò vide Kari di nuovo buttato nel letto a pancia in giù intenzionato a dormire.
Si fermò.
No, non era intenzionato a dormire.
Lui dormiva veramente!
Lo fissò alzando un sopracciglio scettico… ma come diavolo faceva?
Dormiva con una canottiera bianca ed i pantaloni di un pigiama leggero e comodo che gli si era attorcigliato attorno alle gambe ed era sceso quasi del tutto dai fianchi.
Sistemato a pancia in giù, aveva una mano sotto al cuscino ed una gamba piegata lateralmente, tutto allungato in diagonale ad invadere anche i suoi spazi.
Joshua lo ignorò, non gli serviva il letto.
Si girò e tirò fuori il cambio come niente e dopo di che, prima di indossarlo fingendo indifferenza per dargli una delle sue solite lezioni, tornò verso di lui imprecando mentalmente.
C’era una lotta non da poco in sé stesso.
Kari aveva davvero un bel corpo e non solo, adorava la sua schiena.
Si morse il labbro fissandogliela, poi gli occhi scesero indispettiti sulla zona lombare che si inarcava in quel modo provocante. Le curve dei suoi glutei erano invitanti in quella posizione, veniva voglia di accontentare l’implicita richiesta che era ovvio gli stava facendo.
Con furbizia nello sguardo si chinò inginocchiandosi sul letto per raggiungere il proprio comodino dall’altra parte. Fare il giro era troppo comodo.
Si stirò sopra Kari e quando lo toccò proprio sulla schiena, lo sentì svegliarsi.
Com’era che improvvisamente era diventato tanto sensibile ai risvegli? Di solito ci volevano le trombe di guerra!
I suoi occhi castani lo fissarono in quella posizione strana e subito vennero attratti dal suo corpo nudo che si strofinava quasi per intero su di sé, inarcò un sopracciglio come a chiedere ‘ma davvero?’ e senza muovere un muscolo lo vide rialzarsi con in mano l’orologio.
Era nudo, doveva vestirsi e pensava a mettersi l’orologio passandogli sopra a quel modo.
Quando si rialzò riprese ad ignorarlo e Kari ormai di nuovo sveglio e di nuovo esasperato per quei suoi modi che lo mandavano in bestia, si tirò su. Continuò a fissarlo incredulo e stralunato, rimaneva a curare dei dettagli insulsi della sua persona senza vestirsi e nemmeno gli rivolgeva parola o sguardo. 
Quando vide che invece si rivestiva indossando gli slip e la maglietta intima, emise uno strano suono con la gola, tipo un ‘eh?’ che Joshua non seppe interpretare.
Si mise i pantaloni e la camicia lasciando entrambi aperti e fuori. Solo a quel punto Kari sospirando spazientito si alzò dal letto col suo pigiama largo e leggero a livello inguinale e borbottando seccato un ‘sei proprio uno stronzo’, gli andò dietro in pochi passi.
Joshua non fece in tempo a vederlo attraverso lo specchio che si sentì prendere da dietro e spingere contro la cassettiera che aveva davanti. Provò un discreto dolore per lo scontro, ma fu subito surclassato dalle mani che sapevano decisamente come rimediare.
Infilatesi sotto la camicia sbottonata l'accarezzò prepotente, l’attirò a sé e premette il naso contro la sua guancia sentendo l’intenso e deleterio profumo di dopobarba. 
Joshua si fermò, voleva porre resistenza, ma il modo in cui lo ancorava a sé era davvero assoluto.
Se lo sentiva prepotentemente e piacevolmente addosso e finì per imprecare.
- Se io sono stronzo tu cosa sei? - 
Kari sorrise compiaciuto ed in risposta scese con le mani continuando a carezzarlo sull’inguine.
Joshua sospirò di piacere cercando di non gemere per non dargli troppe soddisfazioni, anche se finì per eccitarsi comunque. 
A quel punto Kari decise che da quella fase era ora di passare alla successiva e girandolo di scatto con brutalità come all’altro piaceva, lo spinse facendolo sedere sul cassettone e lo spogliò di nuovo frenetico. Non gli era piaciuto che si fosse vestito e a Joshua invece piaceva quella sua presa di posizione tanto accesa e viva.
Per questo non lo contrastò sebbene in casi normali avrebbe preso lui il controllo… era vivo, non più uno zombie e la cosa non poteva che piacergli.
Dopo avergli tolto tutto, Kari si avventò sulle sue labbra, ci fu una lotta alla pari fra le loro lingue che poi venne sospesa perché aveva voglia di assaggiare anche altro.
Senza farsi pregare o dargli tempo di pensare, passò ad altre zone del suo corpo. La camicia aperta era scivolata sulle braccia, il sapore della sua pelle era ubriacante e lo marchiò. Non c’era romanticismo in quello, non c’era spazio per sensazioni e dolcezze.
C’era spazio solo per desideri reconditi e vivi, violenti, prepotenti come erano loro.
Non si risparmiò nulla, Kari arrivò senza esitare nel suo inguine che leccò per poi succhiare subito con impeto e forza, inginocchiato davanti a lui, le mani a stringere i suoi fianchi mentre si muoveva come se dovesse mangiarlo, quasi. Il piacere di Joshua fu incontrollato e spontaneo, non si frenò e non frenò il compagno che anzi incitò con gemiti e mani sulla nuca che l’attiravano a sé. Arrivò inevitabile il suo orgasmo senza rendersi conto che era ancora nella sua bocca, che non se lo era staccato e non si era risparmiato. Del resto era stato così impetuoso e travolgente che era stato possibile rifletterci e sarebbe stato ancora più perfetto se non fosse arrivato un pessimo tempismo. 
Il telefono di Joshua si mise a squillare. Naturalmente venne ignorato fino alla conclusione del godimento, solo dopo rispose mentre si trovò sorprendentemente ad abbracciare Kari, il quale era rimasto insoddisfatto sotto quel punto di vista e si era alzato in piedi rifugiandosi fra le sue braccia.  
Se Kari aveva il terrore che Joshua lo piantasse e lo scaricasse in qualche modo, questi non era messo tanto meglio visto che aveva praticamente la stessa paura, ovvero che l’altro se ne andasse ad affondare altrove.
Come erano giunti a quel punto?
- Chi cazzo è? - Disse rispondendo al cellulare.
- Signore, è in ritardo sulla tabella di marcia… oggi doveva incontrarsi con… - Joshua alzò il polso dove si era già messo l’orologio. Le otto.
- A che ora avevo l’appuntamento? - Chiese brusco.
- Alle otto, signore! - Joshua spalancò gli occhi improvviso e col cuore in gola imprecò. Dopo il suo tipico ‘merda!’ agganciò la comunicazione spingendo via Kari con un calcio che lo fece finire brutalmente steso nel letto.
Per un momento il ragazzo credette di star sognando, ma si rese conto che non era così quando lo vide alzarsi, rivestirsi e alla velocità della luce scappare via a gambe levate senza dire nemmeno mezza parola.
Kari sbuffò seccato, abbandonato ed insoddisfatto in quel modo.
Ma come osava?
Soprattutto quando si sarebbe deciso a chiedergli qualcosa della sua vita passata?
“Gli interesserò veramente?”
Si chiese infine rotolandosi nel letto sul disperato andante.
Non intendeva dirgli cosa gli era capitato, ma voleva che Joshua mostrasse interesse chiedendoglielo. Tutto lì.