NOTE: Bayern Monaco – Borussia Dortmund, semifinale di coppa di Germania del 28/04/2015. 1 a 1 per i tempi regolari, anche nei supplementari il risultato non cambia ed alla fine ai rigori passa il Borussia perchè il Bayern sbaglia 4 su 4 tutti i rigori che tira. Jerome Boateng è uno straccio e addirittura piange, Pepe Guardiola, il mister, va da lui, gli bacia la fronte, lo solleva, lo abbraccia e lo accompagna fuori dal campo con dolcezza. Ed io ci ho rimuginato sopra e poi ho scritto ciò.
Da sapere: Jerome è un calciatore tedesco, un difensore del Bayern e della nazionale tedesca. Manuel Neuer è suo amico e portiere delle stesse squadre. Jerome è una persona solitamente calma e tranquilla, tranne che in certi momenti che gli viene una specie di raptus che si sviluppa o in esultanze da pazzo schizzato per i goal che fa o in cartellini rossi per eccessi di rabbia. Manuel lo conosce e cerca sempre di prevedere questa seconda opzione, significa che è uno che gli sta molto vicino. Pep è Pep, è l'allenatore del Bayern, una persona aperta, dolce, empatica e filosofica, disponibile a tutto e tutti che adora il contatto fisico coi suoi giocatori che ama profondamente. Poi c'è David Alaba che qua appare di striscio ma che ha un ruolo importante. E' un grande 'amico' di Jerome che nella mia interpretazione sta con lui.
Queste tre pagine possono aiutare a saperne di più: Neuteng, Alateng e Perome.
Non ho fatto seguiti, ma ho in mente qualcosina, niente di lungo o articolato (spero), però non le ho scritte e non so quando le scrivo, spero presto. Perchè ci vanno dei seguiti, secondo me.
Spero la fic piaccia, è la prima volta che scrivo di loro, ma li ho trovati interessanti.
Buona lettura.
Baci Akane

PRELUDIO




Piango e nessuno capisce perchè piango.
Nessuno piange come me, ci sono molti arrabbiati, delusi ed altri che sono proprio increduli.
Però diciamo che poco a poco passa a tutti, mentre io rimango a piangere anche se faccio altro.
Mi lavo, mi preparo come gli altri, non partecipo a nessuna discussione anche se ce ne sono molte.
David si infila negli spogliatoi e cerca di tirarci.
Viene subito da me e vedendo che ho ancora una faccia da funerale, prima mi abbraccia poi si mette a scherzare per sdrammatizzare.
- Dai, non te la trascinerai così tanto! È brutto ma era solo la coppa di Germania... insomma, abbiamo la Bundes, ci concentreremo sulla Champions... - Cerca di diluire la questione e razionalmente so che ha ragione, che non è grave, però lui non capisce, non capisce proprio...
- Non è che abbiamo perso una coppa... è il modo in cui è successo... -
- Sbagliando i rigori? - Lui non capisce cosa mi abbatta tanto, perchè non riesco a buttarmelo dietro le spalle ed alla fine rinuncio a spiegarglielo.
- Lascia stare, non riesco a farmi capire. - Grugnisco depresso mettendomi in spalla il borsone di calcio.
- Spiegamelo... - Mi segue zoppicando col suo tutore sulla gamba, io non lo aspetto e scuoto la testa, mi limito a dire cupo:
- Lascia stare, non importa. - Ma importa, importa eccome e non so come spiegarlo a parole, perchè ci sono rimasto tanto male, perchè mi prende dentro fino a questo punto.
Così mi infilo in autobus nel sedile in fondo in angolo e mi metto la musica alle orecchie, mi isolo ma in generale non c'è un'atmosfera allegra per cui non è difficile rimanere concentrati nel proprio stato allucinato.
Non parlo con nessuno e David si siede vicino a me ma non riesce ad arrivare, non ci arriva, mi chiudo e mi allontano ed alla fine quando arriviamo in sede dove recuperiamo le auto per tornare a casa, lui mi si avvicina chiedendomi se vuole che andiamo insieme da qualche parte.
Abbiamo un posto nostro dove andiamo se abbiamo bisogno di stare insieme, ma io scuoto la testa e vado da solo alla macchina, lui non insiste e mi lascia andare.
Salgo in auto e faccio un giro per la città fino a che non mi ritrovo a passare davanti al centro sportivo del club dove eravamo prima, non so perchè lo faccio. In tutta onestà forse spero di trovare un po' di solitudine.
Quando sono così non ho voglia di niente, di nessuno e mi isolo di proposito dalla mia famiglia perchè so che non sono una buona compagnia.
Scrivo a mia moglie dicendo che sto bene, ma che ho bisogno di stare un po' solo per riprendermi dalla dura botta di stasera, lei sa che quando sono così mi deve lasciare in pace.
Così entro nel club, saluto il guardiano notturno e parcheggio. Solo qua noto la macchina del mister e aggrotto la fronte chiedendomi cosa ci faccia qua a quest'ora della notte.
Come un idiota vado dentro e lo cerco per chiederglielo, perchè non so, ma parlare con lui va bene, parlare con chiunque altro no.
Quando lo trovo nella saletta relax ora del tutto deserta, è seduto in uno dei divani al buio e fissa il vuoto davanti a sé.
Accendo una fascia di luci che non è quella dove sta lui, il salone è ampio, ci riuniamo tutti qua prima delle partite, la sera.
Lui si riscuote, si gira e mi vede, mi fa un cenno e torna a guardare davanti a sé.
Io chiudo la luce che ho acceso e gli occhi tornano ad abituarsi alla penombra, poi lo raggiungo e mi siedo vicino a lui.
- Cosa ci fai qua? - Il mister ha voluto dal primo giorno che gli dessimo del tu ed ha degli atteggiamenti che vengono spontanei farlo. È molto amichevole e vicino a tutti noi.
- Niente, ripenso alla partita. Lo faccio sempre quando va male. Se torno subito a casa certe cose mi sfuggono. - Sorrido triste comprendendo bene quel che dice.
- Cosa è successo stasera? Il Borussia è in crisi, non è la squadra che ci ha dato filo da torcere gli altri anni... - Chiedo perchè ho bisogno di saperlo, non mi do pace ed è questo il fatto. Non capisco come sia potuto succedere.
Di solito se perdo capisco perchè, cos'è successo. Ma stasera non mi do ragioni.
Lui si stringe nelle spalle, non ci guardiamo, parliamo piano, come se ci stessimo confidando.
- Ci tenevano molto, è l'ultima, l'unica cosa che possono vincere quest'anno... - Dice la cosa più ovvia ma io scuoto la testa.
- Siamo andati bene fino alla fine dei supplementari. Non siamo riusciti a segnare, ma siamo andati bene. Abbiamo sempre meritato, non ci sono colpe durante la partita intera. - Dico deciso, poi lo guardo smarrito perchè da qui in poi proprio non capisco. - Cosa è successo dopo? - Il mister ricambia il mio sguardo e sospira stringendo le labbra dispiaciuto.
- Si chiama effetto domino. Il primo rigore condiziona tutti gli altri. È una cosa quasi magica, non c'è una spiegazione tecnica o scientifica, ma succede così. È raro che sbagliando il primo, poi la spunti e vinci. - Me lo dice comunque con una certa qualità tecnica, più che altro esperienza, direi.
E piano piano lo accetto, piano piano è come se trovassi la risposta che cercavo, come se questa andasse bene.
- Capita a tutti di sbagliare un rigore, anche i più grandi. - Aggiunge poi. - Purtroppo sbagliarli tutti è quasi da guinnes! - Fa ridacchiando. Io lo imito, per cui sentendomi un pochino meglio mi appoggio indietro scivolando in avanti sul divano. Guardo in alto il soffitto scuro e sospiro.
Non potevo accettare niente e nessuno, solo lui. Solo lui sa, solo lui capisce perchè io sto così, infatti non è stupito, non mi chiede nulla.
Anche prima in campo mi ha abbracciato e alzato e accompagnato fuori.
Ed ora mi mette la mano sulla gamba e con dolcezza tipica sua, fa:
- Brucia tanto perchè eri sicuro di farcela, che in un modo o nell'altro ce l'avresti fatta. Per questo brucia tanto. Perchè avete perso per un'incomprensibile follia ai rigori. Rigori che fate sempre perfetti in allenamento, quando non servono. E brucia perchè ormai l'assaporavi ed invece ti è sfuggita dalle mani dopo averla sfiorata. -
Lui spiega perfettamente come mi sento e perchè ed io sorpreso, mentre quel peso di prima si toglie definitivamente, lascio che di nuovo le lacrime di rabbia e frustrazione scendano sul mio viso. Ho gli occhi aperti, lo sento spostarsi verso di me, la mano dalla gamba va sulla mia guancia, dall'altra parte rispetto a lui, tira verso di sé ed appoggia la fronte sulla mia tempia. Questo contatto di cui lui non ha mai paura è vitale, per me. Io sono come lui, ho bisogno di contatti fisici per sentirmi meglio, per empatizzare.
E per lui è lo steso.
Penso succeda questo.
L'empatia esplode in noi, uno sente quello che prova l'altro ed è fortissimo, così forte che è sconvolgente e così uguale, così simile.
Non ci ragiono più. Giro la testa, cerco la sua bocca e la trovo.
Lo bacio prima che possa capirlo, non vado oltre il contatto con le labbra, ma lui in un secondo momento respira, apre le sue e non si allontana. Tiene la mano sulla mia guancia, mi tiene verso di sé ed io così vado avanti. Capisco che va bene. Dopo di questo è il caos.
Esplode tutto, diventa il fuoco, quel fuoco è lava e divora tutto.
Mi capita, mi capita sotto pressione od in certi momenti. Tengo qualcosa e poi non la tengo più e quando la lascio andare è come se perdessi il controllo ed in quello divento l'esatto opposto di quella persona calma, tranquilla e semplice che sono sempre.
Prendo il sopravvento nella sua bocca, intreccio la lingua alla sua e mi premo verso di lui, le mani sulle sue spalle, poi sul suo viso, e poi giù a slacciargli la cintura frenetico, mentre gli divoro sempre con più foga la bocca.
Con una piccolissima parte di me mi chiedo cosa io stia combinando, con l'altra non ci sono proprio. So solo che non posso fermarmi, è come un raptus.
È veloce, lampante e folle e lui ha solo il tempo di capire che il bacio gli sta sfuggendo di mano quando sente la mia infilarsi sotto pantaloni aperti e boxer. Apre la bocca contro la mia, cerca di fermarmi ma io senza staccarmi gli dico:
- Ti prego, ti prego... - Fra gli ansimi.
E poi forse diventa troppo piacevole per respingermi davvero, perchè la mia mano gli dà finalmente la prima cosa bella della serata.
Mi ansima contro la bocca e smetto di baciarlo, scivolo fra le sue gambe e sostituisco la bocca alla mia mano.
L'avvolgo fra le labbra e continuo a succhiare senza la consapevolezza di cosa sto facendo.
Ma la testa mi esplode di meno, mi sento meglio via via che lo faccio, per cui intendo continuare fino a che non troverò la pace, fino a che il mio raptus che ogni tanto mi prende, non finisce.
Finirà, finirà... quando Pep viene, mi separo e prima di rifletterci oltre, mentre sta ancora ansimando sconvolto, lo piego in avanti, lo metto a carponi, mi alzo in ginocchio dietro di lui, mi tiro fuori l'erezione, la lubrifico con il suo stesso sperma che è sceso sulla mia mano, le dita dentro che scivolano subito, segno che non è vergine per dietro, e senza che dica nulla, senza che io mi fermi prima, entro.
Sentirmi stringere laddove mi sento esplodere, dove sto impazzendo più di tutti, è come un blocco istantaneo.
Trattengo il fiato, lo prendo per i fianchi ed entro in lui con decisione.
Affondo una seconda volta ed una terza, leggero, pratico, spontaneo.
La testa all'indietro, la bocca aperta, il fiato riprende ad ogni spinta. Ad ogni colpo profondo i gemiti.
Ad ogni fusione io sto meglio, mentre il piacere è avvolto da altro piacere e tutto si mescola, tutto si confonde, fino a che il formicolio mi invade sull'inguine, allora proseguo aumentando il ritmo e la foga e quel formicolio diventano scariche elettriche, i brividi si moltiplicano e affondo di più e di più, fino a che ecco qua che scoppia tutto.
Io in lui, come ha fatto lui prima.
Il mondo finisce, il mondo si annulla, il mondo è un posto splendido e perfetto, come prima di tutto questo.
Mi accascio su di lui cingendolo con le braccia per la vita, lui si lascia andare giù e ci stendiamo sfiniti, vestiti e ansimanti.
Lentamente la nebbia nella testa si dirada e torno in me, lentamente vedo quel che è successo, vedo me e il mister e capisco cosa ho combinato. E spalanco gli occhi con terrore.
Non ho le parole per descrivere come mi sento.
È semplicemente il caos.
Poco dopo mi alzo e mi sistemo mentre lui, piano, fa altrettanto, stupito, incredulo e indeciso su come comportarsi, su cosa pensare.
Mi guarda pieno di domande, cercando di capire cosa mi sia preso. Non è che lo abbiamo fatto altre volte. E non abbiamo dato cenni di volerlo fare.
È stato come un fulmine a ciel sereno. Imprevedibile, spontaneo e bellissimo.
Adesso la partita è lontanissima.
Adesso c'è altro.
- Scusa io... io non so cosa mi sia successo... a volte vado fuori di testa, vado proprio in tilt... non so cosa mi succeda, ma non mi controllo e... - Mi vede nel panico e con dolcezza e fermezza mi mette una mano sulla guancia come prima, l'aria calma, di chi pensa che non sia successo nulla.
- Non importa. È stato bello e spontaneo. Qualunque cosa sia va bene. Non importa. - Lo ripete ma io non me ne convinco, so che è una specie di tragedia, me lo sento dentro. Non nei suoi confronti, non verso di lui che credo sia la persona più elastica e disposta a nuove esperienze che io abbia mai conosciuto.
No, non è lui il problema.
- Io... io ho bisogno di dormire, credo... scusami, scusami davvero... - Lui mi guarda preoccupato non sapendo come calmarmi, ma io frenetico ed agitato vado via di corsa. Una volta fuori, in auto, parto a razzo e solo quando arrivo capisco dove sono e so che è il posto più sensato tutto considerato.
Suono sapendo che gli verrà un colpo, ma non so da chi altri andare, solo lui può prendermi su ora.
L'aria che devo avere è quella di un cane bastonato ed abbandonato.
In effetti mi sento perso, terribilmente perso.
La porta si apre e spunta un assonnato Manuel che probabilmente era appena andato a dormire.
- Jer? - Chiede incerto che sia proprio io.
A questo punto mi strofino il viso disperato.
- Manu, ho fatto un casino... - Lui impallidisce cercando di riattivarsi in fretta.
- Che casino puoi aver fatto in così poco tempo? - Ci siamo lasciati da poco, dopotutto.
Io con aria e voce tremante lo mormoro come una sentenza.
- Ho tradito David. - Per non parlare di mia moglie, che ormai tradisco con David perchè ho fatto una testa infinita a tutti che lo amo.
Lui spalanca gli occhi shockato.
- Con chi?! - Non ci arriverebbe mai, del resto non ha proprio senso, non credo.
- Con il mister! - E questo ha il potere di uno sparo.
Perchè me ne rendo conto davvero solo quando lo dico ed impallidisco vedendo la sua faccia incredula e sconvolta che di norma è già molto espressiva.
I suoi occhi azzurri sono cristallini più del solito e lo dice subito fuori dai denti.
- Ma sei impazzito?! - Sibila a denti stretti prendendomi per il braccio e tirandomi dentro casa a forza. Una forza parecchio notevole in effetti.
Io, in casa sua, rimango piazzato dove mi molla. Sono ancora sconvolto e lui scuote la testa fissandomi come una bestia rara.
- Ma se avevi bisogno di andare con qualcuno perchè non sei venuto da me? Fra amici è diverso che col tuo allenatore! Lui cosa c'entra con te? - Quel che dice non so quanto abbia senso ma in questo momento non capisco un cazzo, così lo guardo senza saper cosa dire, lui sospira e scuote la testa strofinandosi il viso per svegliarsi.
- Si può sapere perchè l'hai fatto? -
E qua parte la crisi.
- Non ne ho idea, io ero là e l'ho fatto... mi è partito il raptus, sai... quello... quello che mi parte ogni tanto... tu lo conosci... - Abbasso la testa con vergogna senza avere il coraggio di guardarlo. Lui mi conosce bene ed è il solo in effetti a conoscermi così bene, infatti quando parto con la testa capisce prima degli altri cosa mi sta per succedere, sa che sto per fare un atto insano quale di solito farmi espellere e mi piomba addosso per fermarmi immediatamente. A volte ci riesce altre no, comunque è il solo che capisce, sa e mi aiuta.
Vedendomi mortificato, confuso e nel panico, sospira e mi cinge le spalle con un braccio portandomi in camera.
- Dai, hai bisogno di dormire. -
Fa allora indulgente.
Io mi lascio fare inerme mentre non riesco a guardarlo, quando sono steso nel suo letto, con lui accanto rivolto verso di me, torno a guardarlo. Mi fissa pensieroso scuotendo la testa, come se cercasse di risolvere il mio rebus. Cosa che vorrei saper fare anche io!
- Cosa devo fare ora, Manu? - Lui si stringe nelle spalle con aria da 'chi lo sa?' che non mi aiuta.
- Non ne ho idea, Jer... - sospirone, bocca infuori, lui sorride e mi mette la mano sulla faccia. - Intanto dormi, ci pensiamo domani. -
Ma io scuoto la testa tormentato.
- Non credo di riuscire a dormire... - Lui piega le labbra e si sforza di dirmi qualcosa che possa aiutarmi.
- Ti conosco da molto, ormai, e so che non fai le cose con cattiveria. C'è sempre un motivo. Vedrai che verrà fuori, ci penseremo insieme, troveremo una soluzione. Ti aiuterò io come ho sempre fatto. - E questa promessa è la sola cosa che mi dà un po' di sollievo. Se lo dice lui che non sono cattivo ci credo, anche se in questo momento mi sento una merda. Così lui vedendomi ancora perso come un cagnolino solo e abbandonato, si avvicina e mi lascia un bacio sulla fronte.
Mi accoccolo contro il suo petto, lui mi mette il braccio intorno al corpo, mi tiene a sé e lascia che mi addormenti.
Il suo respiro regolare, il calore del suo corpo, la sua estrema ed eterna calma mi aiuta ad addormentarmi mentre i sensi di colpa si mettono un attimo da parte.
Sono stremato ed il caos non si dissipa, però non riesco più a stare sveglio.
È come se Manuel mi avesse fatto un incantesimo.
Credo che da domani mi aspetta un periodo allucinato, ho la sensazione che stanotte sia solo cominciata e non so bene cosa di preciso, ma so che è cominciata. E che non finirà facilmente e senza feriti.
Nel sonno tanti visi si sovrappongono.
David, Pep e persino Manuel.
E lentamente non capisco più niente.

FINE