NOTE: Questa one shot è su una coppia di cui non ho mai scritto ma che mi piacciono per qualche strana ragione. Sono Edin Dzeko e Aleksandar Kolarov del Manchester City. Seguendoli ho notato una cosa molto tenera. Aleks è uno sempre molto serio che non ride mai se non in rare occasioni, soprattutto è scostante e per nulla allegro ed affettuoso. Solo con Edin lo è, con lui parla molto, ride, scherza ed è addirittura affettuoso. Sembra un altro. Al che mi sono informata un po' su di loro. Su Edin qualcosa si sa, su Aleks si sa pochissimo. Il primo è bosniaco e l'altro serbo e sono quasi coetanei, arrivati al City ad un anno di distanza. Gli anni vissuti in patria da piccoli, sono gli anni delle guerre e Edin ne ha parlato dicendo che l'ha vissuta sulla pelle. Da lì ho fatto uno più uno, in quel periodo ovunque tu vivessi era un inferno e sicuramente anche Aleks ci è passato. Di fatto non ho trovato dichiarazioni particolari, ma ho immaginato questo scenario e così ci ho scritto su. La parte più toccante ed interessante è la seconda che pubblicherò mercoledì. Intanto leggetevi la prima dove introduco la situazione ed i personaggi. Penso che i primi giorni si siano svolti così, anche se all'epoca non li conoscevo. Come sempre, un po' di foto su di loro per farveli conoscere. Buona lettura. Baci Akane

SCALANDO IL MURO




PARTE I

La prima cosa che notarono uno dell'altro fu che tanto uno sorrideva, quanto l'altro non lo faceva mai.
Non poteva proprio capire cosa gli prendesse quelle ventiquattro ore su ventiquattro da stare sempre così rigorosamente serio. Per Edin era così bello quello che stava vivendo. Era un calciatore di successo, giocava in una grande squadra, nel campionato migliore del mondo... perchè essere seri?
Era bello, era divertente, era un sogno... insomma, ci si divertiva davvero, i ragazzi erano tutti simpatici... ma Aleks sembrava incapace di godersela.
Edin era appena arrivato a Manchester, Aleks c'era già da un anno e proprio quando realizzò che lui era sempre così serio, anche mentre giocava a calcio, si rese conto che l'unico che in effetti avrebbe potuto aiutarlo con la questione della lingua, era lui.
Aleks era serbo mentre Edin bosniaco, le loro lingue erano uguali anche se erano ognuno la definiva a seconda del proprio stato. Di fatto, essendo che una volta erano tutti sotto lo stesso 'tetto', erano uguali.
Fra i vari nuovi stati non correva proprio buon sangue e fra alcuni era una situazione davvero tesa e critica.
A lui queste cose non interessavano, ma nel constatare che sarebbe stato naturale farsi aiutare da lui per ambientarsi e per la lingua, si chiese se per caso non ce l'avesse con lui per colpa delle loro origini.
All'ennesimo discorso mancato coi suoi nuovi compagni di squadra per incapacità di comprensione, esasperato, si rivolse proprio ad Aleks nella loro lingua madre.
- Aleks, come si dice che non capisco niente e di parlare più piano? Sto ancora imparando l'inglese e loro parlano velocissimi! - Edin, che fremeva per partecipare ai discorsi di spogliatoio perchè demenziali e divertenti, si rivolse senza rifletterci ad Aleks il quale, pronto per andare in doccia e quindi nudo e crudo, si fermò e lo guardò impassibile, come se non avesse detto nulla. Edin, siccome non riceveva risposta, si girò verso di lui per vedere come mai non lo aiutava. Aleks era ancora fermo per capire se davvero aveva parlato con lui. Non che la sua espressione dimostrasse qualcosa. La sua faccia era neutra, anzi piuttosto tendente al torvo.
- Aleks, non ho altri sistemi di comunicazione! Aiutami! - Ripeté in serbo-croato, come un tempo veniva definita la loro lingua prima che ogni nuovo stato le cambiasse il nome a piacere.
Aleks a quel punto si decise a comunicare con lui e lo fece con la sua voce bassa e profonda, poche parole roche udite forse per la prima volta.
- What the hell! - Disse solo questo, non era nemmeno chiaro se era davvero la traduzione od un commento... In ogni caso chiuse il discorso e se ne andò come se gli avesse dovuto fare chissà quale discorso faticoso.
A quel punto Edin seccato lo seguì a ruota in doccia, spogliandosi in fretta e furia e dimenticando tutti i discorsi che voleva fare fino ad un minuto prima.
Quando lo raggiunse proprio in quella vicino alla sua, lo guardò arrabbiato. Gli capitava di rado, ma questa volta era mosso proprio da quello che definiva sacro fuoco. Gli si accendeva ogni tanto, dipendeva dai casi, e quando lo bruciava faceva disastri. Andava spedito e duro senza guardare in faccia nessuno. Poi così come aveva preso fuoco, si spegneva velocemente.
- Che problemi hai con me? - Chiese di nuovo sempre nella loro lingua, l'aria furiosa, gli occhi fiammeggianti ma vivi. Aleks rimase impassibile come sempre, ma lo guardò, il suo sguardo era molto penetrante e anche inquietante, in certi casi, perchè era impenetrabile. Non si poteva mai capire se provasse qualcosa, ma di certo non erano mai sentimenti positivi.
Si poteva leggere un costante tormento.
- Perchè? - Chiese impassibile continuando a lavarsi e passarsi la spugna sul corpo atletico. Edin voleva insultarlo e dirgli di non prenderlo in giro, però seguendo automatico le sue mani, si perse sui suoi tatuaggi e sul suo inguine.
La prima volta che lo vedeva nudo.
A quel punto, dopo la serietà ed i tatuaggi, notò anche il suo corpo perfetto e decisamente piacevole.
Rendendosi conto che gli stava piacendo quel che guardava, arrossì e si zittì senza più rispondere.
La sua pelle era molto chiara e lui era biondo, quindi se arrossiva, seppure sotto la doccia, si vedeva subito.
Distolse lo sguardo alzandolo veloce su Aleks, ma ormai era già imbarazzato e l'altro se ne era immediatamente accorto. Inarcando un sopracciglio, la prima vera espressione che gli vedeva fare, rimase ad osservarlo senza però dire nulla. In attesa, forse.
Edin, estremamente a disagio, ma anche ovviamente eccitato per qualche stranissima ed incomprensibile ragione, si girò e borbottando un 'Fa nulla, scusa' uscì senza essersi lavato, ma solo sciacquato.
Aleks rimase ad osservarlo andarsene a gambe levate senza capire, ma una volta svoltato l'angolo e tornato di là, un sorrisino aleggiò sul suo viso. Un istante troppo breve per essere catturato da chiunque. Sarebbe comunque stato il primo in assoluto.
Edin aveva voglia di chiedere informazioni su Aleks a qualcuno, il problema era che non sapeva come chiederlo visto che il suo inglese era ancora pietoso. Per cui c'era un solo sistema per capire meglio quel ragazzo.
Doveva studiarselo da solo e, nel caso in cui non arrivasse da nessuna parte, chiedergli direttamente cosa gli succedeva e perchè fosse sempre così astioso verso l'universo e nella fattispecie verso di lui.

Edin imparò a memoria tutti i suoi tatuaggi nel giro di due giorni, anche il colore particolare della sua pelle, ogni fibra muscolare e l'inclinazione delle sue non espressioni, la sfumatura scura dei suoi occhi color pece, quanti capelli avesse e quanto fossero neri, se di giorno in giorno la barba era cresciuta e quanto.
Edin imparò tutto di Aleks evitando con cura di parlargli, l'intento era capire se ce l'avesse con lui, ma in realtà si trattò di capirsi.
Era stato attratto da altri ragazzi in passato, per lo più suoi compagni di squadra. Più che attratto aveva sempre avuto problemi a guardarli nudi, non tutti, alcuni. E si sentiva particolarmente predisposto all'abbraccio con questi nello specifico.
Ora era difficile continuare a fare finta di nulla... con Aleks la cosa fu così chiara da essere impossibile ignorarla.
Gli piacevano i ragazzi, alcuni, non tutti e non sempre nello stesso modo. Comunque ne era fisicamente attratto, questo era sicuro.
Gli piacevano anche le donne, ma anche lì non tutte. Dipendeva.
Appurato che era attratto da Aleks, appurò anche una seconda cosa, all'ennesimo approccio fallito grazie alla freddezza dell'altro.
Beh, non deve mica piacermi anche caratterialmente! Fisicamente mi piace, come persona lo odio. Che c'è che non va?”
Con questo Edin liquidò il problema e si impegnò da solo ad imparare la lingua inglese, cosa complicata perchè pareva non essere molto portato e preferiva divertirsi e girare per la città piuttosto che stare sui libri ad imparare una lingua.
Da lì in poi lo ignorò... limitandosi a rifarsi gli occhi cercando di non farsi notare.
Non era bello come un modello ed il suo fisico non era super pompato, ma era perfetto, muscoloso al punto giusto, addominali scolpiti quando li tirava ed in generale era tutto al punto giusto, giustissimo.
Forse subiva il fascino dei tatuaggi o quello del tenebroso. Il suo viso non era bello, aveva un suo perchè. Se avesse sorriso sarebbe stato anche più bello, ma ovviamente poteva solo immaginarlo.
Edin non capiva cosa gli piacesse in particolare di lui, ma certe cose scattavano da sole senza motivo.
Purtroppo un motivo per odiarlo l'aveva, visto che era antipatico da morire, non parlava, rispondeva a monosillabi e come se gli facesse un favore.
Non potevano andare d'accordo.
A decidere le cose, comunque, fu la prima intervista a cui i due furono chiamati insieme proprio per la loro provenienza.
Sapevano la difficoltà di Edin di parlare l'inglese ed invece di usare un traduttore, avevano deciso di farla anche ad Aleks per aiutarli nella comprensione.
L'obiettivo era conoscere meglio Edin e visto che loro avevano quasi le stesse origini, era logico pensare che avessero legato. Pensando di facilitarli, la fissarono insieme.
Ovviamente, le cose erano ben diverse da quello che tutti pensavano.

Il servizio era qualcosa riguardante gli animali, per cui erano invitati a portare i loro se ne avevano.
Edin, in qualità di grande amante di animali, aveva sia cani che gatti ed essendosi appena trasferito in Inghilterra, aveva voluto prendere un altro cucciolo.
Quasi quasi li porto tutti e due, così Aleks non fa una figura di merda!”
Pensò convinto che la sua insensibilità si estendesse anche a quello.
Beh, che faccia! Se lo merita! Così impara a non socializzare con me!”
per lui era un grave affronto.
Quando si trovò Aleks già arrivato in compagnia di un cane, Edin rimase interdetto.
Ma non sarà mica suo... non può esserlo...” Era sicuro che non fosse così sensibile da averne, era quasi categorico.
Non era nemmeno accucciato con lui a carezzarlo, ovvio che non era suo. Il piccolo scorrazzava libero per conto proprio, felice e contento. Quando vide un altro cane, quello di Edin ancora al guinzaglio, i due si andarono incontro felici scondinzolando bassi sulle zampe, iniziarono ad annusarsi e a saltellarsi intorno. Nel giro di poco guaivano, si rotolavano e si saltavano addosso felici come se si conoscessero da una vita. Edin ci rimase così di stucco che non trattenne un commento del tutto spontaneo nella loro lingua originale.
- Sono molto meglio di noi in quanto a socializzazione! - Aleks, che non aveva seguito l'atto canino, si girò e lo guardò sempre senza dimostrare inclinazioni di alcun tipo.
Aleks, che di norma non si intrometteva nemmeno se pregato, mentre intorno a loro il via vai dei tecnici che avrebbero eseguito il servizio si muoveva come se loro non ci fossero, fece una cosa sensazionale.
Gli parlò di sua iniziativa!
- I cani sono fatti per socializzare. - Edin trattenne il respiro sorpreso, ma decise di sfruttare l'occasione per parlargli e vedere di demolirlo con un bel battibecco che aveva sempre sognato di fare!
- Anche gli uomini! - Quella per lo meno era la sua convinzione. - Anche se ad alcuni riesce male... - Aleks, invece di borbottare e starsene zitto, rispose ancora una volta facendo quasi svenire Edin, che comunque sbavava non poco sulla sua voce bassa e profonda.
- Gli uomini sono complessi, pieni di troppe cose. Sono tutti diversi. -
- Beh, ma anche i cani hanno i loro caratteri, non sono uguali... - Continuò Edin nel primo vero dialogo... e per di più nemmeno litigavano come aveva sempre pensato di dover fare un giorno.
- Il loro scopo è lo stesso. Amare il padrone. Per cui sono socievoli di natura. Se sono aggressivi è perchè sono cresciuti male. - Edin voleva ribattere e zittirlo, ma alla fine si rese conto che dopotutto aveva ragione. Era così. I cani erano socievoli, nascevano con lo scopo di amare il padrone, per questo erano amabili e capaci di amare. Se erano aggressivi era colpa di come erano cresciuti. Edin pensò che però anche in questo ci fosse una similitudine con gli uomini e pensieroso lo disse:
- Però anche i bambini nascono per essere felici e quindi per amare ed essere amati. Purtroppo se subiscono traumi questo non diventa possibile, ma è lo scopo dell'uomo l'amore. Perchè con l'amore poi sei felice. - Aleks ebbe un piccolo impercettibile sussulto, poi distogliendo lo sguardo -impossibile dire se a disagio- liquidò in fretta il discorso come se gli scottasse continuare.
- Succede troppo spesso. - Edin stava per chiedere delucidazioni su cosa si riferisse, ma in quello venne interrotto dai tecnici che li salutarono e iniziarono a dargli indicazioni su cosa fare.
In un istante Edin cambiò obiettivo.
Altro che guerra, qua bisogna approfondire!”
Cercò di capire il senso di quella frase a mezza voce, ma durante il servizio Aleks si rivelò il solito mummificato individuo che si limitava ad eseguire tutte le richieste senza mai sorridere.
Durante l'intervista, tradusse tutto ad Edin il quale stava per avere un infarto visto che era la prima volta che lo sentiva parlare tanto, anche se praticamente obbligato. Mano a mano che lo sentiva parlare, serio ma comunque parlava, era sempre più conquistato dalla sua voce.
Per la fine si trovarono a fare delle foto insieme anche ai cani e rimasero venti minuti solo perchè lui non voleva saperne di sorridere. Riuscirono a strappargli solo qualcosa di un po' meno 'assassino', quello fu il meglio.
Edin ci rimase male sia per il mancato sorriso da foto, sia perchè nell'intervista aveva detto poco di sé, se non proprio il necessario.
Gli piacevano gli animali, ma in un servizio che li riguardava era impossibile dire il contrario. Quel cane era proprio suo, questo stupì Edin che comunque non ottenne molte altre informazioni. In passato aveva avuto altri cani, uno nella sua infanzia era morto in un incidente, adesso ne aveva appena preso un altro.
Edin voleva prendere il microfono e mettersi ad intervistarlo al suo posto, ma alla fine le domande rimasero inutili ai fini della sua personale conoscenza e Aleks si scompose poco e nulla.
Alla fine si decisero a concentrarsi su Edin, molto più disponibile del serbo.

Conclusa l'intervista, i due recuperarono i cani e si avviarono all'uscita insieme in silenzio. Edin dentro di sé sentiva di dover cogliere l'occasione di parlargli, visto che l'aveva fatto per tutto il tempo. Anche se sotto costrizione.
Nella sua mente aveva mille domande, ma le vagliava velocemente capendo che non poteva sceglierle tutte.
Alla fine optò per quella più facile alla risposta.
- Avevi un cane anche da piccolo? - Chiese facendo finta di essere noncurante.
- Sì. - Ovviamente non poteva sbilanciarsi ed approfondire da solo.
- Come è morto? Investito? Anche a me è successo, ma con un gatto... qualche anno fa. Da piccolo avere animali era impossibile... - Stava per spiegare il motivo, quando Aleks tagliò corto come se non vedesse l'ora di scrollarselo di torno.
- L'incidente è stato la guerra. - Con questo arrivò in auto e fece salire il proprio nel sedile posteriore. Quando si girò per mettersi davanti ed andarsene, lo vide fermo immobile, come shockato.
Aleks conosceva quel tipo di sguardo e lo odiava. Per questo evitava di dire qualunque cosa di sé che potesse provocare quell'espressione.
- Anche tu... - Aleks stava per scaricarlo bruscamente, quando si rese conto di quel che aveva detto.
- Anche tu? - A quel punto aggrottò la fronte. La prima vera espressione. Stavano parlando, stava mostrando inclinazioni particolari. Edin sarebbe morto dallo stupore se non fosse stato occupato con il suo flash che l'aveva appena colpito come un fulmine.
- Non ci avevo pensato! Che era questo! Non... non ci avevo proprio... cioè, anche io ho vissuto la guerra da piccolo ed ormai è così parte remota di me che non ci faccio più caso. E tu vieni dai miei stessi posti e sei mio coetaneo, quindi è normale che anche tu li hai vissuti. Non ci avevo pensato... e poi forse è anche che per me sono così sepolti che non realizzo che qualcuno li può aver vissuti diversamente, che magari possano essere segnati per sempre e... mi dispiace! - Edin parlò spontaneo e sconvolto, come cadesse dalle nuvole e fosse mortificato. Aleks ci rimase di sasso e fu una specie di seconda espressione. Davvero si stava dispiacendo per una cosa simile?
- Ma è ovvio che non ci pensi, non ci conosciamo! Perchè dovrebbe importarci cosa abbiamo passato? - Per lui era pura coerenza, non si capacitava di come lui ci potesse rimanere male per quello.
Edin spalancò i suoi occhi azzurri rimanendo a fissare i suoi neri con scandalo.
- Ma siamo compagni di squadra! Veniamo dallo stesso posto, è normale cercare di legare fra di noi! A tutti serve un punto d'appoggio, legami, rapporti... sono queste cose che aiutano a far bene il proprio lavoro... anche se è un lavoro stupendo! - Edin era partito e parlava a ruota libero, infervorato, sentendo molto quello che diceva. Aleks non riusciva a capire se era una posa o se era vero, rimase a fissarlo per capirlo, ma non ne venne a capo.
- Beh, ma si può lavorare bene anche senza legare. Non devi sentirti in obbligo a legare con me per le nostre origini! -
- Ma cosa dici! Non mi sento obbligato, ma penso sia normale, dovrebbe esserlo! - Aleks aggrottò ancora le sopracciglia, di nuovo. Con lui gli stavano uscendo un sacco di espressioni continue.
- Mi pare che non sia tanto normale visto che non ci riesci! - Aleks era terribilmente diretto ed Edin, sconvolto per il fatto che pensasse quelle cose e per quel che aveva realizzato, allargò le braccia teatrale.
- Sei tu che me lo impedisci! Io cerco ma... - L'altro lo interruppe secco, tornando alla sua freddezza e ad un muro inscalfibile.
- Se non succede, non serve farlo succedere per forza! Io vado, a domani! - Con questo Aleks lo lasciò e salì in auto partendo prima che l'altro riuscisse ad infilare un'altra frase snervante.
Non capiva proprio come mai quel tipo dovesse darsi tanto da fare per socializzare. A cosa serviva? Tanto erano lì per giocare a calcio, il calcio era il loro lavoro. Era bello e piacevole, ma un lavoro. Non serviva legare e fare amicizia per forza, specie se era solo per le loro origini.
Che poi un bosniaco ed un serbo che fanno amicizia perchè da piccoli facevano parte dello stesso stato che ora non c'è? Insomma, che stronzate!”
Si disse da solo sfrecciando per le strade inglesi.
Voleva chiudere e andare oltre, purtroppo non fu possibile perchè tanto continuò a pensare ad Edin per tutto il resto del tempo, fino al giorno dopo, quando alle dieci lo incontrò negli spogliatoi in procinto di prepararsi per un poco di palestra per conto suo prima degli allenamenti con tutti gli altri.
Aveva le occhiaie ed una faccia decisamente stralunata, di solito arriva splendendo e portava il sole coi suoi sorrisi ed i suoi 'wh?' perchè non capiva quel che gli altri dicevano, ma fremeva per imparare.
Aleks veniva sempre a quell'orario per fare un po' di attrezzi da solo, vedendo Edin arrivare scuro come di solito era lui, si chiese se lo stesse perseguitando. Non era nel suo stile andare a dirgli qualcosa, anche solo ammonirlo. Però lo trapassò con uno sguardo a dir poco raggelante.
Quando si resero conto di essere soli, Aleks filò subito in palestra. Non era tipo da ascoltare musica, ma se lo fosse, sarebbe stato un sistema perfetto per isolarsi.
Cominciò a correre sul tappeto con un'aria concentrata fissa davanti a sé, la mente rivolta all'unico che non voleva considerare.
Non capiva perchè da quando era arrivato, lo tormentava tanto. Era sempre a guardarlo e studiarlo, se ne era accorto. Però poi nemmeno lo avvicinava sul serio. Per cui cosa voleva, di fatto?
Lo infastidiva essere fissato, dovevano farsi i fatti propri.
Quando si accorse che la macchina accanto alla sua era in funzione e qualcuno ci correva sopra, gli venne quasi un colpo. Era bravo a trattenere. Lo guardò, ovviamente era Edin ed ovviamente osava anche sorridergli come se ormai fossero amici.
Lo salutò, Aleks fece un cenno e tornò a fissare davanti e a correre in silenzio.
Ci mise un po' a trovare il coraggio di riprendere il discorso da dove ieri l'aveva interrotto, ma alla fine la faccia tosta esplose.
- Senti, a proposito di ieri... - Aleks lo interruppe subito tagliando corto, freddo e secco.
- Non importa. Corriamo e basta. - Ma Edin poteva morire se non avesse detto la sua!
- No senti... sono stato invadente! Sempre! Da quando sono arrivato sono invadente e ieri ho esagerato. Per cui mi scuso. Però se ti sto sulle palle voglio che me lo dici chiaro e tondo. - Aleks pensò che se glielo avesse detto, poi avrebbe voluto sapere il motivo. Di fatto non gli stava davvero sulle scatole.
- E' tutto a posto. Non ho nulla contro di te, non ti conosco. - Edin però, convinto che invece qualcosa dovesse esserci, riprese imperterrito, sempre correndo, sempre guardandolo fisso.
- No, ma sono bosniaco! Magari questo ti scoccia! - Dopo una notte a pensarci, aveva elaborato questa conclusione. Aleks rallentò e lo guardò sorpreso, di nuovo un'espressione nel viso che parlava di quanto per lui fosse strano quel tipo con cui parlava da ben un giorno intero.
- E cosa c'entra? - In realtà per un momento l'aveva pensato, ma non voleva alimentare polemiche.
- Beh, non siamo proprio amici... dopotutto la Jugoslavia si è divisa perchè la gente si odiava e... - Edin cominciò un discorso contorto che non sapeva nemmeno dove andare a parare, alla fine Aleks lo interruppe di nuovo, secco.
- Senti, non è comunque così, quindi smettila di dire stronzate! - Edin smise di correre, fermò il macchinario e lo guardò, visto che Aleks continuava fermò anche il suo obbligandolo a ricambiare il suo sguardo, il che si verificò insieme ad un fulmine oscuro.
- E allora cos'è? Perchè mi respingi? Io le ho pensate tutte, ma non ci conosciamo, non ti posso stare sulle palle per qualcosa in particolare. Non sai nulla di me, tranne che sono bosniaco! - Aleks alzò gli occhi al cielo esasperato, di nuovo mostrava qualcosa di sé.
- Non hai nulla che non va. Io sono così e basta. Con tutti. Sempre. Non c'è un motivo. Sono così. Punto. Lasciami in pace. - Con questo Aleks andò ad un altro macchinario per le gambe e sedutosi, si incastrò iniziando gli esercizi sotto lo sguardo sconvolto e per nulla convinto di Edin che, dopo due secondi, gli fu in quello vicino a fare lo stesso. Sempre senza togliergli gli occhi di dosso.
- Nessuno è così punto e basta. C'è sempre qualcosa dietro. E nessuno può stare bene da solo. Come fai ad isolarti a calcio? Capisco che quel che hai vissuto ti abbia reso chiuso e cupo, però anche io l'ho vissuto e guarda! Sono socievole, allegro... - Aleks cominciava ad odiarlo davvero.
- Buon per te. - Lo liquidò sperando la smettesse. Prima o poi doveva mollare.
- E quindi? -
- E quindi cosa? -
- E quindi cosa c'è? -
- E quindi... - Aleks cercò qualcosa che chiudesse definitivamente il discorso, non ne poteva più, era furioso e voleva solo smetterla con quegli inutili e stupidi dialoghi che non portavano a nulla, ma anche una litigata per lui era troppo. Non gli piaceva litigare perchè poi esagerava sempre e tendeva alla cattiveria pura. Non era il caso, lo capiva razionalmente, ma se lo provocavano era un po' come cercarsela. - Non so perchè dovrei ridere ed essere allegro e se non la pianti di rompermi i coglioni ti do un motivo per odiarmi, così mi starai alla larga! - Edin si zittì stupito, incredulo che gli avesse detto una cosa simile...
Forse non poteva davvero cavare un ragno dal buco.
Forse.
Ma a lui Aleks per qualche strana ragione piaceva ed era sicuro che questo suo allontanare le persone fosse una richiesta d'aiuto, a maggior ragione se era così perchè non riusciva a liberarsi del passato. Avendo vissuto le sue stesse tragedie, si sentiva in dovere di aiutarlo, lui le aveva superate ed era l'unico a poterlo capire. Doveva farsi aiutare. Edin non sapeva come fare, ma non avrebbe mollato facilmente.
Per il resto decise di risparmiarsi l'occhio nero e rimase in silenzio, ma ci pensò l'ora dopo, a calcio, a mettersi in coppia con lui. In fondo doveva tradurgli le direttive del mister, Edin aveva mandato via di proposito il suo traduttore dicendo che ci avrebbe pensato Aleks.
Questi, vedendoselo piombare in coppia negli esercizi da fare in due, alzò gli occhi al cielo. Adesso cominciava ad essere pesante. Ma veramente pesante.
Non aveva tutta quella pazienza, ma solitamente lo lasciavano in pace perchè la sua espressione tetra era un chiaro messaggio.
Non pretendeva nulla, solo che gli altri facessero le loro cose per conto proprio. Perchè doveva coinvolgerlo?
Perchè lui, novellino, doveva per forza, per forza, per forza coinvolgerlo?
Lui non aveva voglia. Non gli interessava. Voleva vivere la sua vita da solo, per conto proprio, come aveva sempre fatto. Perchè doveva rompergli l'anima così? In nome di cosa? Della fratellanza che le loro regioni avevano avuto una volta? O di una lingua che anche se si chiamava in modo diverso era uguale?Perchè doveva per forza tormentarlo?
Durante gli esercizi Edin riprese a parlargli a macchinetta come se nulla fosse successo, come se non ci fossero precedenti.
Dannazione, e sì che sono stato chiaro! Alla fine gliel'ho detto!”
- Cosa sta dicendo ora? - Chiese Edin indicando uno dei preparatori che spiegavano una cosa sull'esercizio che stavano eseguendo a coppie.
Aleks, seccato, tradusse.
- Puoi chiedere se lo sto facendo giusto? - Era una domanda inutile, Aleks capì che stava usando tutte le scuse possibili per parlare ed interagire con lui.
- Sentì, smettila! - Sbottò alla fine. Edin non sapeva come interpretare questo suo scatto, da un certo punto di vista era una conquista, ma dall'altro era un passo indietro. Lo odiava sempre più.
Lo guardò meravigliato fingendo di non capire, gli occhi azzurri sgranati per bene.
- Di far cosa? - Aleks sospirò.
- Di far di tutto per socializzare! Ti ho detto che non mi va! Non dobbiamo forzarlo! - Rispose ancor più secco e questa volta anche sgarbato.
- Ma io non lo sto forzando! Lo voglio davvero! - Per Edin era così chiaro e semplice e soprattutto non c'era niente di male. Aleks sbuffò e scosse il capo ammutolendosi per il resto del tempo. Edin tornò a parlare a macchinetta di tutto, ma fu un monologo senza più risposta. Aleks continuò a guardare da tutt'altra parte e basta.
Alla fine degli allenamenti, Vincent, il capitano, avvicinò Edin e gli diede una sonora pacca sulla spalla, complimentandosi con lui per la sua costanza e determinazione.
Edin cominciava a capire appena certe cose. Le congratulazioni le capiva, ma non il resto.
Quindi con aria chiaramente incerta, chiese con la sola espressione per cosa e Vincent indicò ironico Aleks. A quello Edin capì e gli venne su un'enorme desiderio di chiedergli mille cose su di lui, ma l'incapacità linguistica lo frenò.
A fatica riuscì a chiedergli perchè era così, tutto quel che il suo sapere fu in grado di far fuoriuscire dalla sua bocca e Vincent, capendo che gli stava chiedendo questo, si grattò la nuca guardando pensieroso Aleks. Chiaramente stava cercando una risposta da dargli, ma dopo i primi secondi fu chiaro ad Edin che nessuno sapeva nulla su di lui.
Così l'eloquente stretta di spalle e l'aria di scuse, fu sufficiente. Specie per decidere solennemente che invece lui sarebbe venuto a capo del rebus Aleks.
Certo, ha vissuto la guerra. Ma anche io. E sono una persona serena, felice, socievole. Lui allontana chiunque voglia fare amicizia con lui, nemmeno ci prova. Non vuole proprio! Non capisco perchè! È come se continuasse a fare la guerra dentro di sé!”
A questo pensiero fulminante, Edin si illuminò e fu come se riuscisse a decodificare un codice impestato.
Finalmente, guardando Aleks cambiarsi, lo capì.
In lui gli anni della guerra non erano mai passato, continuava a combatterli ancora ed ancora senza capire che invece era tutto finito.
Se l'era letteralmente portata dietro.
Ma la deve estirpare o non sarà mai felice...”
Non poteva comunque stupirsi che per alcuni gli esiti fossero quelli. Sapeva i segni che poteva lasciare, ma vedendolo un calciatore affermato che viveva un gran bel sogno, aveva pensato che la guerra, in lui, fosse ormai morta e sepolta. Chiaramente si sbagliava.



PARTE II



"la mia Chiesa non offre assoluzioni
mi dice “prega in camera da letto”
l’unico paradiso al quale verrò spedito
è quando sono solo con te"
- Hozier - Take me to Church -


Aleks non ne voleva sapere di Edin, non tanto per lui quanto per quel che voleva fare. Voleva farlo aprire. Era convinto che chiuso com'era stesse male, ma lui non capiva, aveva un altro carattere. Se Aleks avesse tirato fuori tutto quel che teneva chiuso a chiave dentro di sé, poi non sarebbe stato meglio ma peggio, molto peggio.
Se non fosse stato per quello, non gli sarebbe dispiaciuto osservarlo di nascosto. Edin era carino, non era il più bello della squadra, ma lo trovava molto interessante. Forse erano i suoi occhi azzurri e la sua pelle chiara o forse quel sorriso sempre pronto anche se era in una terra sconosciuta dove non capiva nemmeno una sillaba di quel che dicevano. Gli piaceva come persona e gli piaceva guardarlo quando non se ne accorgeva, ma odiava quel suo carattere positivo, ottimista e socievole. Forse in realtà lo invidiava. Magari se fosse stato come lui ora sarebbe anche stato felice.
Erano un insieme di cose che contrastavano una con l'altra.
Non si era mai soffermato su nessuno, si era sposato perchè sì, perchè era questo che si faceva, era la cultura, era l'usanza, era un po' il dovere di ogni uomo. Era stato cresciuto così.
Sopravvivere, produrre denaro lavorando, sposarsi e fare figli.
Si viveva per questo.
Per cui Aleks si era sposato con una donna che sapesse stare al suo posto e che non pretendesse di far parte del suo mondo, se fosse stata insistente come Edin non l'avrebbe mai sposata. Fare figli faceva parte dei doveri di un uomo, ma al di là di questo non provava nulla per lei, né l'aveva mai provato per altre donne.
Con gli uomini non si era fermato un secondo di più, aveva sempre allontanato tutti per partito preso, questo aveva portato ad una ovvia conseguenza: Aleks non aveva idea di chi gli piacesse, se gli piacesse qualcuno o qualche tipo di persona e non aveva nemmeno mai ascoltato i propri istinti.
Nessuno era riuscito a farsi guardare da lui come ora faceva Edin. A volte lo guardava per insultarlo, altre perchè... beh, era curioso. Come poteva lui, che aveva vissuto la guerra a sua volta, essere così felice e sereno?
Oltre a questo a volte gli sembrava che il suo sguardo fosse calamitato da lui, non voleva approfondire oltre questo genere di cose, non serviva a nulla, non voleva proprio.
Fu così il turno di un altro servizio insieme. Adesso Edin sapeva meglio l'inglese, era passato un po' di tempo, ma non c'erano state evoluzioni. Edin insisteva col fare amicizia con Aleks, questo scappava a gambe levate.
Quando si ritrovò obbligato a fare un servizio fotografico con lui, preceduto da una breve intervista doppia, mentre Aleks si chiedeva quando avrebbero smesso di convocarli insieme, Edin organizzava la serata, questa volta assolutamente insieme.
Concluso il servizio che si era poi svolto nel più normale dei modi, Edin gli prese le chiavi dalle mani proprio mentre le stava tirando fuori per schiacciare il pulsante ed aprirla.
Aleks lo guardò fulminandolo, niente inclinazioni particolari, ma era chiaro che non aveva gradito.
Edin fece finta di niente e sorridendo solare, si mise le sue chiavi in tasca tirando fuori le proprie.
- Adesso vieni via con me, la famiglia è via per qualche giorno, possiamo stare soli e tranquilli da me! - Aleks voleva dirgli se era impazzito, ma si limitò a mugugnare:
- Dammi le chiavi che vado a casa mia. - La mano tesa davanti a sé, l'aria seria ed impassibile.
Edin fece finta di aver ricevuto la domanda sensata.
- Perchè così ci conosciamo e non va a discapito della tua privacy! Saremo solo io e te, nessun orecchio indiscreto! Ci conosciamo bene e facciamo amicizia! Ne abbiamo bisogno! Specie tu! Sono un ottimo cuoco, voglio cucinare qualcosa delle nostre parti! - Aleks chiuse gli occhi due secondi, gesto che introduceva il suo nervoso e la sua contrarietà.
- Non mi va! Dammi le chiavi. - Disse laconico e secco. Edin in risposta gli prese la mano testa e lo tirò verso la propria auto, Aleks si divincolò come se fosse fatto di carboni ardenti e cercò di prendergli le chiavi dalla tasca, cosa che non gli riuscì perchè Edin, velocissimo, le riprese e se le infilò nelle mutande.
- Per prenderle mi devi stuprare e anche se sembri un criminale fatto e finito, sono sicuro che non sia il tuo passatempo preferito! - Edin sperava che prendesse spunto per ridere e alleggerire la situazione, ovviamente Aleks grugnì che era un grandissimo rompipalle e che rischiava un occhio nero comunque, ma Edin andò alla propria macchina tutto contento e salendo dentro l'aspettò sapendo che non aveva scelta.
Fu questo che Aleks pensò. Di non avere scelta.
Così salì e rassegnato si vide trascinare verso casa di Edin. In realtà una volta in macchina avrebbe potuto infilargli le mani nei pantaloni e riprendersi le chiavi, ma alla fine pensò che avrebbe potuto innescare un meccanismo pericoloso. Quando lo pensò capì che era in qualche modo assurdo attratto da Edin e dai suoi occhi azzurri e la sua pelle lattea.
Non gli era mai capitato, ma nessuno gli si era avvicinato tanto, con tale insistenza.
La casa di Edin non era ancora stata arredata del tutto, o meglio i mobili c'erano, ma mancavano ancora alcune delle cose personali sue e di sua moglie.
Aleks entrò rassegnato in casa, ma non la guardò, rimase a fissare Edin sperando che rinsavisse e che lo liberasse da quella che per lui era una vera e propria tortura.
- Puoi appoggiare le tue cose lì... - Disse indicando un mobile d'ingresso dove Edin aveva appoggiato chiavi, portafoglio e telefono.
Aleks, che non aveva molta scelta, fece la stessa cosa sempre in rigoroso silenzio, del resto ci pensava il bosniaco a parlare anche per lui e a riempire ogni possibile momento morto.
- Col trasloco appena fatto certe cose ci mancano ancora, sai... -
Aleks non disse nulla.
- Vieni, intanto cucino. Non ci vorrà molto, io sto morendo di fame... vuoi bere qualcosa intanto? - Iniziò facendo l'elenco di tutto quello che aveva in casa da bere, tutto analcolico. Aleks finalmente si decise a rispondere, accettando in qualche modo quella serata imposta. Ormai era lì e a meno che davvero non gli abbassasse pantaloni e slip a forza, era costretto a rimanerci.
Edin, contento di aver ottenuto una specie di benestare, gli versò da bere, fece altrettanto con sé e dopo aver sorseggiato, si voltò iniziando a preparare la cena. Per prima cosa parlò del piatto tipico delle proprie parti, poi gli chiese se l'aveva mai mangiato, al suo 'no', partì con un sermone su che tipo di piatto fosse e da lì proseguì con la storia della sua vita. Chi glielo preparava, chi glielo aveva insegnato, come poi era proseguita la sua vita, quello che ricordava da bambino, le bombe, i botti, gli spari, la guerra. Tutto come se fosse naturale, come se raccontasse un film e non la propria vita.
Aleks non voleva ascoltare, non voleva proprio saperne, ma non sapeva come farlo smettere.
Quando si misero a mangiare, Edin aveva superato la parte difficile della propria vita ed era passato a quella meno brutta, la fesa della ricostruzione.
- Non so come ho superato quei momenti, amici e familiari mi sono rimasti vicini. All'inizio non volevo parlarne, ma poi quando gli stessi che avevano passato le mie stesse cose si misero a parlarne, capii che provavano quel che provavo io. Era uguale. Quel che pensavano, che sentivano, che gli era rimasto. E capii che non ero solo. Questo mi ha aiutato, la consapevolezza di non essere solo, che altri capivano. Ne ho parlato a mia volta e quando l'ho fatto ho smesso di piangere. All'inizio ogni rumore improvviso mi faceva saltare su, mi sembrava tutto uno sparo. - Aleks, contro la propria volontà, aveva finito per ascoltare e assorbire le sue parole. Non voleva riversarle a sé stesso, ma era inevitabile farlo.
Dopo cena, si spostarono sul divano, seduti vicini, a sorseggiare ancora qualcosa da bere mentre Edin aveva avuto la geniale idea di mettere un brucia essenza con un profumo tipico delle loro parti.
Aleks non aveva ancora detto una parola, ma aveva ascoltato tutto ed ora, silenzioso e serio, annusava quel profumo che lo riportava alle sue origini che spesso aveva cercato di cancellare e distruggere.
- Perchè adesso sorridi? - Chiese finalmente dopo ore di silenzio e di rifiutare un dialogo scomodo ma doveroso.
Edin non mostrò gioia, ma ovviamente lo era. Finalmente una domanda, finalmente gli importava.
Si girò verso di lui a guardarlo mentre rispondeva con la sua aria davvero serena, gli occhi limpidi come se non fossero mai stati oscurati. Anche Aleks lo guardava per capire come, come fosse possibile che quei cieli azzurri fossero un tempo stati coperti da nuvole nere.
- E' stata dura scacciare la paura e l'angoscia, ma quando la vita ha ripreso a scorrere serenamente, piano piano... beh, non so come dire. Mentre ricostruivo, riconquistavo quanto perso... costruivamo case distrutte, noi giovani ed in forze. Vedendo come venivano su, mi sentivo meglio. Era stato tutto distrutto dalla guerra, però adesso era di nuovo tutto rifatto. E la gente che lo faceva con me, sapeva come ci si sentiva. Erano uguali a me. Piano piano io... sono tornato alla vita. Non c'è stato un qualcosa di particolare, non c'è un sistema. È così e basta. - Aleks, che non riusciva a staccare più gli occhi di dosso dai suoi, rimase incatenato. Era autentica serenità, quella che vi leggeva.
- Ma i ricordi... gli incubi... non ti divorano? Non ti sembra ancora di essere là? -
Edin non abbassò lo sguardo, rimase alto sul suo, contento di parlarne ancora.
- Quando lo sogno sì, ma mi sveglio, accendo la luce e vedo dove sono e tutto passa. L'ho superato. Sono sopravvissuto. Sono forte. Sono più forte. Non posso crollare. Se ho superato le bombe che volavano sopra casa mia, quelle che poi l'hanno distrutta, allora supero ogni cosa. -
Aleks scosse la testa amaro ed in disaccordo distogliendo lo sguardo che puntò ora davanti a loro.
- Per me non è stato così... - Finalmente la magia cominciò. Edin sapeva cosa ci voleva, perchè l'aveva vissuto a suo tempo. Solo che nessuno aveva avuto il coraggio di scalfire il muro di Aleks. - Ero traumatizzato ed ho reagito chiudendomi, divenni aggressivo. Nessuno poteva parlarmi, nessuno poteva osare. Ero convinto che non parlandone, non ascoltando nulla a riguardo, sarebbe stato più facile dimenticare. Ma era sempre tutto lì. Chiudevo gli occhi e vedevo le case distrutte, dormivo e mi ritrovavo fra le bombe che volavano sopra la mia testa, i miei pensieri erano pieni di quello... io lo vivevo e lo rivivevo di continuo e non riuscivo a smettere. Crescendo, dopo aver subito dei sonori pestaggi, divenni bravo a rispondere e a farmi rispettare. Nessuno mi toccava più, nessuno mi avvicinava. Mi lasciavano in pace e quello, pensai, era il meglio a cui potevo aspirare. Facevo paura a tutti e tutti mi lasciavano in pace, mentre comunque non riuscivo a dimenticare, ma almeno non cercavano di tirarmelo fuori. Parlarne era impensabile. -
Edin, piano e delicato, parlò.
- Ma non l'hai mai superato. -
- No, non c'è un momento in cui posso dire d'averlo messo via. Per questo non capisco come tu faccia... - Edin gli mise una mano sul mento e lo girò verso di sé, si guardarono. Uno era delicato e pieno di attenzioni, dolce. L'altro tormentato, attento, stranito.
- Ne hai appena parlato. L'unico modo per affrontarlo è parlarne e se è con qualcuno che ha passato le tue stesse cose, è più facile perchè poi sa quello di cui hai bisogno. - Aleks, catturato ed ammaliato dalla sua delicatezza, disse piano.
- E cos'è che ho bisogno? - Confuso, incapace di capire lui stesso come ora si sentisse e cosa volesse davvero. Parlarne era sempre stato impensabile, ma sentirne uno che lo faceva nonostante il suo rifiuto ed i suoi tentativi di allontanamento, gli fece capire a forza perchè aveva sempre sbagliato.
Edin a quel punto, incapace di spiegarlo in modo efficace per non essere rifiutato, sapendo cos'era, sapendo qual era la sola cosa utile ad Aleks in quel momento, un momento in cui era in procinto di cadere di nuovo, lo baciò. Aderì le labbra alle sue e gliele aprì senza chiedere alcun permesso. L'istante dopo faceva capolino nella sua bocca, mentre gli teneva il viso con le mani.
Aleks non si rese conto di stare rispondendo al bacio, ma quando Edin ebbe la lingua intrecciata alla propria, gli salì sopra a cavalcioni in un gesto del tutto spontaneo, Aleks lo prese per i fianchi e lo tenne a sé approfondendo quel bacio e quel momento che lo riempì di caldo con una vampata improvvisa, bollente e splendida.
In un istante Aleks riconobbe il Paradiso, quello guardato dal fondo dell'Inferno per lunghissimi ed infiniti anni.
Adesso ci era dentro e non se ne era nemmeno mai reso conto.
Non si era mai concesso nulla che andasse oltre il dovere.
Il calcio era una via di mezzo, gli piaceva ma era sempre un sistema per far soldi, lo vedeva comunque come il suo lavoro e lo confermava il fatto che non socializzasse e non si divertisse.
Il matrimonio era stata una cosa doverosa, non c'erano mai stati momenti gioiosi e fatti per il puro piacere. Anche il sesso era un compimento dei doveri matrimoniali ed uno sfogo fisico, ma non era mai stato vissuto da lui come un piacere puro.
Aleks, confuso e colto dalle mille ondate di piacere calde che l'attraversavano inebriandolo, non riusciva a capire cosa gli avesse fatto Edin, ma chiaramente non ne poteva fare a meno.
Era una cosa impensabile, ora come ora, mandarlo via.
Gli piaceva baciarlo, giocare con la sua lingua, tenerlo per i fianchi e infilare le mani sotto la maglia leggera, sulla sua pelle liscia che gli lasciava intuire quanto tonica fosse.
E gli piaceva sentire il suo bacino contro il proprio che si strofinava perchè gli era seduto sopra.
Gli piaceva tutto.
Le sue mani sul proprio viso. Quei tocchi inconsapevolmente sensuali.
Non aveva mai immaginato che nella vita qualcosa potesse essere così piacevole e semplicemente bello.
Non voleva più smettere. Non voleva.
Edin, febbrile e colto dall'eccitazione per il fare finalmente qualcosa che aveva voluto da settimane, spostò le mani e si prese dietro il collo la propria maglia tirandola su oltre la testa. Si separò dal baciarlo e Aleks l'aiutò a liberarsene. Le dita scivolarono sulla sua pelle, sulla schiena dove poi tornò a carezzarlo per sentire quanto veramente bello fosse toccarlo.
Edin, dopo essersi tolto la propria, gli tolse la sua senza troppi complimenti ed una volta rimasto a torso nudo, lo guardò compiaciuto, guardando i tatuaggi che ora poteva finalmente toccare e che nel corso degli anni sarebbero aumentati.
Li passò uno ad uno, attratto da essi, come se li dipingesse leggero una seconda volta. Sui pettorali, sulle spalle, sulle braccia. Aleks chiuse gli occhi eccitato a quel contatto incredibilmente seducente. Quanto poteva essere ancora bello tutto quello?
Non si era mai concesso nulla pensando di dover adempiere solo a dei doveri, pensando che la vita fosse solo quello. Per questo non trovava il senso del liberarsi dei fantasmi e del provare ad essere felice. Ridere. Ridere era stato lontano dal suo modo di vedere la vita, ma adesso il piacere che stava provando era la cosa più bella di tutte e non capiva più perchè fosse vietato. Perchè non concederselo?
Stava tradendo una donna per cui non provava nulla?
Forse era così, dopotutto.
Ma cosa importava, se era così bello?
Scese con le mani sul basso della sua schiena fino ad infilarsi nella cintola dei jeans. La cintura li stringeva e gli impediva di addentrarsi a piacimento, quindi mentre riprendevano a baciarsi, gliela aprì.
Se c'era un altro modo di vivere la vita oltre ai propri doveri e quel modo era il piacere, allora non si sarebbe fermato.
Si poteva provare piacere.
C'era.
Esisteva.
Non c'era solo il dolore, i ricordi di un incubo infinito e la freddezza.
C'era molto di più.
Ed ora l'aveva fra le mani.
Aperta la cintura, gli slacciò i jeans e finalmente poté infilarsi sotto, tornando dietro. Si appropriò dei suoi glutei sodi che spesso gli aveva osservato trovandoli ben modellati. Li strinse fra le dita e si infilò fra essi, andando sotto gli slip. Trovò l'ingresso e non fece complimenti. Edin, sentendolo già dentro con il medio, smise di baciarlo e si inarcò gettando la testa all'indietro, sospirando di piacere. Era tremendamente bello.
Non l'aveva mai fatto con nessuno, ma aveva spesso fantasticato su alcuni compagni particolarmente attraenti. Da tempo aveva capito che era quanto meno bisessuale se non proprio gay. Gli piacevano gli uomini e ci avrebbe fatto di tutto. E di tutto, ora, intendeva farci.
Ormai si sentiva stringere i pantaloni, anche se erano aperti, l'eccitazione era tale che non ce la faceva più a tenerli addosso, ma gli piaceva avere le sue dita che si muovevano dentro senza dolcezza, solo volendo possederlo.
E lui voleva. Voleva essere posseduto da Aleks, lo voleva spasmodicamente.
- A...aspetta... - Mormorò faticosamente per fermarlo e permettersi di spogliarsi del tutto.
Aleks, il quale ormai era partito e non intendeva certo fermarsi, smise di toccarlo e lo guardò seccato con quel suo tipico modo intimidatorio. Edin ridacchiò.
- Devo liberarmi di tutto o muoio... - Aleks lo fissò senza capire e così si alzò sfilandosi da sopra. Si tolse i jeans e solo quando se li fu tolto fu chiaro il motivo. Aleks lo guardò da seduto alzando le sopracciglia incredulo e malizioso. Non lo era mai stato ed Edin se ne sconvolse per poi eccitarsi ancora di più. Con quell'espressione era tremendamente erotico, era quasi la sua aria naturale.
Rimase in piedi davanti a lui a farsi guardare l'inguine gonfio, stretto negli slip bianchi e solo a quel punto si rese conto di qualcosa che aveva ancora dentro. Ridacchiando con la stessa malizia, abbandonò le mani lungo i fianchi e guardandolo disse:
- Pensi di riprenderti le tue chiavi o le lascerai qua? - Solo allora anche Aleks si ricordò che Edin si era messo le proprie chiavi nelle mutande e finalmente rise.
Anche quella era la prima volta che lo vedeva, Edin si mise una mano sulla bocca. Era incredibilmente bello il suo sorriso. Oltretutto ci era riuscito. Era come vincere una coppa di fine campionato.
Si sentì allo stesso modo e mentre Aleks gli abbassava gli slip prendendo le chiavi, si morse il labbro, cosa che poi fece anche l'altro nel vedere che cosa c'era lì, oltre alle sue chiavi che abbandonò disinteressato sul tavolino più indietro.
Aleks lo prese per i fianchi guardando la sua erezione eccitata davvero notevole.
- Anche a riposo si nota, ma non pensavo che in tiro fosse così. - Non era certo uno che filtrava le cose da dire. Del resto parlava così poco che quando lo faceva di solito era inappropriato!
Edin comunque rise a quella sua uscita da persona compiaciuta, maliziosa e rilassata. Tutto l'opposto di quello che era sempre stato. Forse ora avrebbe potuto liberare l'autentico Aleksandar.
- Se ti vuoi fermare... - Cominciò Edin. Aleks lo guardò come se fosse matto. Di nuovo stava avendo delle espressioni. Era incredibile cosa, dopo averne parlato, era successo in lui, come si era liberato.
- Sei matto? Adesso voglio tutta l'altra faccia... - Con questo leccò l'inguine, intorno al suo membro eretto.
Edin sussultò e parlò con fatica.
- L'altra faccia della vita? -
Aleks gli mordicchiò un altro punto, sulla coscia, sempre lì vicino e molto sensibile. Edin gli mise le mani sulle spalle sospirando ancora.
- Sì... - Fece quindi leccando ancora tutt'intorno. - il piacere. La vita non è solo sofferenza e dovere. Dopo tutto questo, c'è anche il piacere puro e crudo. Ed io ora lo voglio. Perchè fanculo, lo merito! - Edin sorrise. Sperava che un giorno arrivasse anche a parlare di amore, ma ovviamente era un discorso lontano da lui anni luce. Andava bene comunque.
Si iniziava col piacere. Onestamente anche da parte propria per ora era quello, ma era felicissimo del suo sorriso.
Quel sorriso che aveva mostrato solo a lui.
Aleks a quel punto gli leccò anche l'erezione partendo dalla base e risalendo su tutta la lunghezza. Raggiunse la punta e ci giocò. Era la prima volta che lo faceva ma lo trovava bello, voleva andare avanti, voleva averlo tutto, prenderselo, farlo suo.
Lui, i suoi cieli azzurri, il suo sorriso spontaneo, la sua pelle lattea.
Lo voleva assolutamente e l'avrebbe avuto.
L'avvolse con le labbra ed iniziò a succhiare stringendo e tirando, Edin perse il contatto col mondo in quel momento e gemendo, affondò le dita fra i suoi capelli, sulla sua nuca, accompagnandogli la testa su e già.
Lo prese e lo fece suo e l'ebbe, l'ebbe senza riserve.
Ebbero entrambi il piacere più intenso delle loro vite e quando Edin, alla prima esperienza omosessuale, si rese conto di quanto incredibile fosse, raggiunse l'orgasmo al primo colpo. Incontrollato, incapace di gestirlo e trattenersi, com'era normale succedesse.
Aleks ridacchiò vedendo che si macchiava dopo essersi tolto dalla sua bocca per non venirgli dentro. Adesso era era libero, non c'era nessuno a controllarlo ed Edin era lì per lui.
Pensandolo, iniziò a leccargli la mano, succhiando dito per dito, appropriandosi anche del suo sapore. Edin lo guardò sconvolto per la prima volta e quasi svenne, tornando ad eccitarsi piano piano. Mordendosi il labbro, decise di ricambiare e lo alzò mettendosi seduto al suo posto. Aleks apprezzò molto di più questo, incapace di concepire un piacere simile.
Sua moglie glielo faceva, con lei faceva tutto, era un buon sesso, ma aveva la sensazione che fosse sempre mancato qualcosa ed ora ne aveva la conferma.
Era mancato il coinvolgimento interiore, la spinta, la voglia, il perdere il controllo.
Avere la bocca di Edin sul proprio membro era diverso, non capiva in cosa, ma lo era, e guardandolo dall'alto, guardando la sua testa bionda muoversi sul proprio inguine, fu chiaro.
Fu chiaro quanto sensazionale fosse.
Quanto bello.
E quanto volesse tutto il resto.
- Edin, non voglio fermarmi... - Disse sentendo che era vicino l'orgasmo e volendolo avere dentro di lui.
Edin smise di succhiare e capì a cosa si riferiva ed emozionandosi come non gli era mai successo, annuì.
Era la prima volta, si ripeteva, ma andava bene con lui. Voleva farlo con lui. Per qualche ragione, voleva lui.
Così si separò ed attese che Aleks assumesse la posizione che preferiva e prendesse il controllo. Lo guardò dall'alto qualche istante, incerto, indeciso sul da farsi, ma poi gli prese le mani, intrecciò le dita alle sue e si sedette al suo posto tirandoselo sopra a cavalcioni come prima, solo che ora erano nudi. Lo prese per i fianchi e se lo strofinò contro, aiutato da Edin che gli si muoveva sopra eccitato, stimolando la sua erezione ancora di più, una contro l'altra mentre anche la sua ora tornava a farsi sentire.
- Allora cosa vuoi fare? - Chiese ancora Aleks sulla sua bocca, mentre la succhiava scivolando sul suo mento e poi sul suo orecchio. Le mani di nuovo giù, fra i suoi glutei, penetrandolo prima con uno e poi con due dita.
Edin non riusciva più a contenersi, da tanto che era eccitato e lo voleva a sua volta.
- Lo devi anche chiedere? - Chiese spontaneo. Aleks tornò a ridacchiare in quello che era il secondo miracolo della loro vita.
Aspettando solo quello, lo prese e lo spinse steso sul divano, gli si mise sopra e gli alzò le gambe scivolando sotto con la testa a prepararlo meglio.
Questa fase fu ancora meglio di tutte le altre ed il ragazzo che subiva tale piacere, era alle prese col suo quasi secondo orgasmo. Le sue dita alternate alla lingua proprio in quella parte era deleteria, si eccitò oltre ogni limite tanto da non capire più nulla in mezzo agli ormoni sparati furiosamente nel corpo. Quando fu pronto, Aleks gli tornò sopra, gli sfiorò le labbra ed un secondo prima di entrare, lo guardò. Aspettò che Edin aprisse gli occhi e quando li ebbe sui propri, quando ebbe agganciato quei cieli azzurri, allora entrò.
Nel riceverlo, anche lui si emozionò per un istante capendo che aveva voluto guardarlo per farlo con una specie di pace trasmessa dai propri occhi.
Fu diverso quella volta, il sesso. Aleks capì la differenza entrando ed uscendo ed immergendosi in lui sempre di più, capì quanto splendido fosse prendere qualcuno che sceglievi di prendere. Capì quanto splendido fosse fare sesso con qualcuno che ti piaceva sul serio, che ti faceva ridere, che ti voleva a sua volta tanto da fissarsi su di te e rischiare l'osso del collo.
Capì cosa significava fare sesso in attesa di fare l'amore. C'erano delle emozioni dietro, quello scambio avuto prima, scambio intimo, personale, doloroso. Quei fantasmi denudati, quei fantasmi esorcizzati col semplice parlarne e poi con la capacità di sopravvivere.
Aleks si perse in Edin e vi si trovò così bene da non volerne più uscire, ma al tempo stesso ad ogni spinta c'era sempre più piacere, più elettricità. C'era sempre più trasporto. Ne voleva di più. Tutto bruciava espandendosi in ogni molecola.
Le voci si unirono nei gemiti di entrambi, meno piacevole per Edin, ma comunque significativo e bello a modo suo, fino a confondere dolore e piacere nel finale, nel toccare quel punto speciale dentro di sé che lo faceva impazzire.
Nessuno l'aveva mai toccato, nessuno gli era entrato dentro. Aleks adesso era lì e non voleva farlo scappare, non voleva se ne andasse. Si sentiva in qualche modo a posto, completo.
In quel caos, in quella mescolanza di sensazioni contrastanti, Aleks raggiunse il suo orgasmo in Edin e tutto tornò pace, dopo una tempesta molto strana. Una bella tempesta.
E la pace fu bella, dopo.
Fu così bella che uscì e gli crollò addosso nascondendo il viso contro il suo collo, cercando di soffocare un'emozione salita a tradimento fino agli occhi.
Edin non capì subito, pensò fosse normale e lo abbracciò carezzandolo dolcemente, quello fu anche peggio perchè a quel punto le lacrime di Aleks uscirono sul serio, bagnando la pelle sensibile del collo del compagno.
Quella era la risposta alla domanda di prima.
'Perchè adesso sorridi?'
Perchè Edin era riuscito a provare nella sua vita quei sentimenti, quelle sensazioni, quelle emozioni che valevano la pena di essere provate.
'Cos'è ciò di cui ho bisogno?'
La pace dopo le tempeste. La pace dopo il male. La pace dopo il piacere bruciante. La pace e la tranquillità.
Sapere che qualunque cosa si faccia, ormai, è tutto a posto.
Edin capì che Aleks piangeva e per poco non pianse anche lui. Mentre con una mano l'accarezzava, con l'altra si coprì la bocca cercando di non strillare dall'emozione. Si impose a fatica di rimanere calmo e non rovinare tutto. Non lo fece certo alzare.
- Perchè piangi? - Disse piano. Aleks, a quel punto, con la voce rotta dal pianto che non voleva saperne di smettere, mormorò a fatica:
- Non avevo mai capito... -
- Cosa? - Chiese Edin.
- Che la guerra è finita. - E fu così che anche lui pianse dopo anni che non ne aveva più bisogno. Fu un pianto di fine. Di punto e a capo. Di ricordo. Un pianto che onorava un passato difficile e sconvolgente, ma superato e vinto.
Fu un pianto giusto.
Per Aleks fu purificazione e liberazione.
Singhiozzò e pianse a lungo, senza riuscire a smettere, stretto ad Edin. Senza bisogno di dire nulla, perchè sapeva che lui ci era passato, lui capiva, lui era consapevole. Non aveva bisogno di spiegare. Edin già sapeva. Edin ci era passato e l'aveva superato ed ora l'aveva fatto superare anche a lui.
Dopo anni chiuso dietro al muro, Aleks poteva tornare alla vita perchè Edin l'aveva scalato e gli aveva mostrato come abbatterlo.


Quando i giorni seguenti i compagni di squadra videro Aleks ridere con Edin, se ne sconvolsero fino a svenire, quasi, dallo shock.
Lo conoscevano da un anno, perchè era arrivato lì quello precedente, ma anche prima aveva la fama di essere uno serio, cupo e silenzioso, uno che non rideva e non scherzava. Nemmeno se gli capitava di segnare, non rideva. Poteva esultare, ma sempre senza sorrisi.
Quando lo videro ridere con Edin, pensarono ad un miracolo. Del resto si trattava proprio di quello.
Quando due anime, due spiriti affini, che aveva passato lo stesso inferno, poi riuscivano a incontrarsi in paradiso, quello era un miracolo.
La capacità di resuscitare. Nel loro caso, Aleks fu resuscitato da Edin e questo lo legò indissolubilmente ed eternamente a lui.
Senza possibilità di alternative.
Quello che Edin aveva acceso in Aleks, crebbe lentamente ma inesorabilmente fino a diventare amore vero, puro e potente, quell'amore incrollabile che vince tutto.
Quello capace di far ridere una persona solo con la propria metà e mai con altri.
Quello capace di farlo parlare loquacemente solo con lui e pochissimo con gli altri.
Quello capace di fargli esternare manifestazioni d'affetto puro davanti a tutti e comunque solo con lui.
Quello che lo vedeva baciarlo sulla guancia in pubblico, mentre gli altri doveva accontentarsi a malapena di una pacca sulle spalle.
I loro compagni, che avevano visto la nascita di quel rapporto, ne furono stupiti inizialmente, ma poi capirono che solo una cosa poteva far cambiare tanto qualcuno. L'amore.
Contenti per loro, li aiutarono e li coprirono nei momenti di bisogno conquistandosi così anche loro un posto speciale in Aleks che finalmente si era aperto al mondo ed aveva capito che poteva godere delle cose che faceva e che aveva.
Aleks ormai rideva solo con Edin, parlava tanto solo con Edin ed addirittura lo baciava quando si festeggiava. Di rado con gli altri e comunque mai allo stesso modo, anche se non era più sempre serio ad ogni costo.
Edin divenne ben presto il suo unico mondo, la sua seconda vita, la sua rinascita e nessuno avrebbe mai osato toccarglielo.

FINE