CAPITOLO III:
DALL’ODIO ALL’ATTRAZIONE
 
Didier non fece che pensarci ripetutamente tutta la notte ed i giorni successivi, fino a che decise di lasciarlo veramente in pace e non dire assolutamente niente che lo riguardasse.
Fernando ne guadagnò in serenità e Di Matteo ne fu contento a sua volta, però capì che era una serenità labile come un filo di lana su cui non poteva rischiare troppo, quindi decise di utilizzare El Niño nella seconda parte della finale, prevedendo perfettamente che sarebbero finiti ai supplementari.
La notte prima, a Monaco di Baviera, nell’albergo, Didier non sapendo cosa poi intendesse fare il mister e non volendo rischiare davvero la finale, decise di tentare un ultimo avvicinamento per fare veramente pace con lui e sistemare le cose.
Fernando solitamente pernottava con Juan Mata e David Luiz, quelli con cui andava più d’accordo. Uno era anche suo compagno di nazionale, mentre l’altro comunque si era affezionato a lui in un batter d’occhio.
Quella sera Didier servendosi della propria influenza si impose sui due ragazzi per avere la camera libera e tramando alle spalle di Fernando, dopo cena se lo ritrovò in camera.
Quando lo vide entrare per poco non morì, gli cadde l’orologio ed imprecò in spagnolo, quindi imprecò di nuovo per l’imprecazione ed infine batté il piede nervoso.
Didier ridacchiò, era carino anche così. Anzi. Soprattutto.
- Ho chiesto un favore a quei due per poter stare da solo con te. Stanotte dormirai con me, se non ti dispiace. -
- Certo che mi dispiace! - Ormai non riusciva quasi più a trattenersi con lui, del resto aveva già visto tutto. Bè, quasi.
Il ragazzo della Costa D’Avorio rise ma non demorse, infatti si fece avanti e sistemò le proprie cose nel suo letto.
- Mi dispiace che ti dispiace ma ormai ho deciso! - Prepotente come sempre. Fernando sbuffò togliendosi la maglia seccato. L’eleganza era un vago ricordo!
Didier si stava divertendo parecchio.
- Bè, mi sta per chiamare Sergio, se non stai in perfetto silenzio… -
- Cosa mi fai? - Chiese con le braccia conserte dopo essersi tolto anche lui la maglia. Fernando ingoiò a vuoto. Fra il suo corpo e la sua espressione provocante c’era da star male, a volte, ma non per i motivi soliti.
Rimasero un po’ a fissarsi, poi il ragazzo si sciolse e fu anche peggio. Tornò infatti serio:
- Senti dai, volevo solo rimediare e sistemare le cose fra noi… non voglio che rimanga così… - Sembrava quasi normale.
Fernando storse la bocca per niente convinto.
- Così come? Fredde? Per me è il massimo! - Era scettico ed ironico e all’altro piaceva anche di più.
“Dannazione, mi piace sempre!”
Si stava effettivamente prendendo una bella botta!
In quel momento furono di nuovo interrotti dal telefono dello spagnolo che, rimanendo in boxer, sempre rigorosamente bianchi e stretti, si stese sul letto a pancia in giù dimenticando ogni cosa. Gli era bastato vedere il suo nome sul display per scordarsi di essere mezzo nudo con uno svitato, tale lo considerava. Non aveva mai pensato che Didier ci provasse con lui e tanto meno di piacergli, per questo l’aveva fatto.
Perso nella voce del suo ragazzo con cui aveva comunque un rapporto strano e non si definivano morosi nemmeno a pagarsi, non notò lo sguardo bruciante di Didier sul proprio fondoschiena e nemmeno sulle gambe che muoveva su e giù piegate all’indietro.
Se lo stava letteralmente mangiando, era la visione più succulenta che gli fosse mai capitata a tiro e messosi in tenuta da notte che corrispondeva solo a degli shorts comodi e ad una maglia larga senza maniche, si stese nell’altro letto, anch’egli a pancia in giù e lo scrutò con attenzione in completo silenzio.
Aveva un profilo perfetto, dei lineamenti deliziosi e delle lentiggini che erano la fine del mondo. Poi gli occhi scuri contrastavano coi capelli che si schiariva. Di loro erano castani, non certo biondi. Però stava bene, così come gli donava quel taglio di capelli sempre alla moda che teneva ovviamente in modo a dir poco perfetto, esattamente come dovevano stare.
Era un gran bel ragazzo dall’aria fragile, fanciullesca, quasi, e delicata. Magari in realtà non era così. Ammirò i suoi tatuaggi, non ne aveva tantissimi ma nemmeno pochi, gli donavano sulla pelle lattea. Se lo immaginò fra le sue braccia e decise che le loro pelli diverse insieme sarebbero state perfette e notando l’orologio a terra vicino al suo letto, si alzò e si inginocchiò per raccogliere i pezzi e provare ad aggiustarlo.
Fernando non lo notò e lui rimase lì ad ascoltare le loro voci senza capirci molto se non che Sergio lo stava facendo ridere e lo stava rilassando molto bene.
Sembrava tutt’altra persona, ma quello poteva farlo anche lui: rilassarlo e farlo ridere! Bastava smettesse di odiarlo!
Quando mise giù la conversazione, lui aveva rimesso a posto il suo orologio e quando si guardarono, Didier glielo porse con un’espressione da ‘tregua?’
Fernando, sorpreso di quel gesto ma reputandolo comunque troppo vicino per i suoi gusti, prese l’orologio e lo ringraziò comunque, poi si tirò su sul gomito e piegò la gamba di lato per mettersi a sedere ma non poté perché Didier non si mosse da lì, rimase in ginocchio a terra davanti al suo letto e lo fissò insistente come a chiedere se lo perdonava.
Fernando capì che voleva quello ma non se la sentiva di accontentarlo. Non voleva averci molto a che fare. Del resto capiva che se volevano essere compagni di squadra e giocare bene insieme dovevano risolvere questo alterco.
Didier sembrava sinceramente disposto a farlo, ma poteva fidarsi? Era diffidente di natura, tendeva a non dare retta facilmente a nessuno se poteva.
Con Sergio era stato faticosissimo.
- Vabbè, proviamo a mettere tutto da parte. Guarda che ci metto un secondo a farti fuori, eh? - Didier avrebbe voluto vederlo ma sorrise sinceramente contento per quella piccola conquista, questo fermò l’altro in quella posizione, ancora che cercava di alzarsi. Ora si sentiva nudo, prima non l’aveva notato nemmeno.
Didier era vestito ma non si muoveva da lì e lo fissava pensando a chissà cosa, ne ebbe sentore quando abbassò lo sguardo tenebroso sul suo corpo candido, le linee dei muscoli erano rilassate ma mano a mano che le sue pupille lo percorrevano da quella vicinanza relativa, si sentiva bruciare e a disagio cominciò a chiedersi se in realtà semplicemente ci stesse provando con lui.
Arrossì e provò vergogna nel ritrovarsi così, specie quando giunse sul suo inguine con lo sguardo più intenso che avesse mai ricevuto. Strinse automaticamente le gambe e si alzò raggomitolando le gambe sotto di sé, sembrava un furetto e Didier si alzò appoggiandosi al suo stesso letto, si protese verso di lui ed in perfetto silenzio raggiunse il suo viso col proprio.
Fernando trattenne il fiato, non sapeva cosa fare, tanto meno cosa stava per fare lui, ma alla fine con sollievo e delusione insieme non fece nulla.
Si limitò ad alzarsi e basta.
Una cottura lenta, estremamente lenta, troppo per uno come Didier abituato ad entrare con irruenza nelle vite di chi voleva e a prendersele con la forza per poi abbandonarle una volta avute.
Però certe volte prevaleva il suo lato furbo e questa volta sembrava uno di quei casi.
Alla fine si alzò in piedi e tornò al proprio letto, quindi si stese sotto le lenzuola e piegandosi tutto per stare comodo lo guardò rimanere imbambolato seduto in mezzo al materasso come l’aveva lasciato.
- Tutto ok, allora? - E dire che non era successo niente.
Fernando si riscosse e con l’idea che ormai lui ci provasse, si rivestì ed andò a dormire a sua volta senza rispondere.
“Che strano questo ragazzo…”
Con questo pensiero, si addormentò.
 
 
La finale spazzò molte cose e, come un uragano, molte ne portò via ma altre ne fece arrivare. Nuove. Inaspettate. Strane.
Come inaspettato fu vedere Didier abbracciare e consolare Arjen e Bastian, stringerli a sé entrambi con un abbraccio pieno e sentito.
Fu inaspettato perché da uno così nessuno se lo sarebbe aspettato e fu inevitabile rimanerci a bocca aperta.
In realtà era una questione di conoscersi.
Fernando non era andato più in là di molto, quindi quando l’aveva visto compiere quello splendido gesto sportivo era rimasto catturato da lui ed aveva cominciato inevitabilmente a rivalutarlo.
Quello gli scattò dentro qualcosa.
 
Dopo, comunque, recuperarsi fu impossibile.
Fu un abbraccio generico comune di tutti, festeggiamenti ad oltranza, corse, abbracci e perfino baci.
Baci innocenti.
Ed uno decisamente per nulla innocente.
Dopo aver fatto loro tutto il campo dello stadio, proseguirono la follia negli spogliatoi. Avrebbero dovuto lavarsi, cambiarsi, rimontare in pullman, salire in aereo e tornare a Londra dove la città li aspettava per festeggiarli ulteriormente.
Non sarebbero andati a dormire.
Non sarebbero più stati in grado di ragionare.
Ma il famoso bacio poco innocente avvenne all’inizio, negli spogliatoi, sotto la doccia.
C’era un groviglio di gente che saltava, cantava e faceva un casino che Dio la mandava. Da non sentire i propri pensieri e non capire nulla.
L’euforia bastava da sola a stordire, ma come se non bastasse ci si erano messi spumante a volontà con cui, al posto della doccia, avevano deciso di lavarsi.
Molto fu colpa dei fumi alcolici, dunque, molto della gioia ubriacante di cui erano comunque tutti pregni.
Altri ancora, invece, ci misero proprio del loro.
Erano sotto la doccia con un gran via vai di compagni che entravano e se ne andavano, in molti facevano delle stupide lotte con saponette e spugne facendosi anche parecchio male, altri facevano a gara di pizzicotti o si spruzzavano con l’acqua come se non fossero già abbastanza bagnati.
Fernando stava saltando e cantando con Juan, come aveva praticamente fatto per tutta la serata, sembravano per nulla intenzionati a lavarsi e quando lo spagnolo fu preso in una lotta strenua con gli altri sotto la doccia che uscirono rincorrendosi per tutto lo spogliatoio, Fernando rimase solo a ridere.
Il suo lato spagnolo aveva avuto il sopravvento, per quella sera, e non c’era verso di ricordarsi di avere un po’ di contegno. Era comunque più sano di molti altri di loro.
Fu esattamente in quel momento, con il corpo insaponato e la voglia di correre con gli altri di là, che entrò tale Didier Drogba.
Fernando che stava ridendo come un matto, quando si girò e lo vide rimase sospeso nell’indecisione. Non sapeva se spegnersi, tendersi, rabbuiarsi o continuare a ridere. Era felice. Era incondizionatamente felice. Voleva festeggiare.
Didier fu più veloce perché non aveva dubbi. Si avvicinò con quella di festeggiare, l’abbracciò ridendo, gli fece gli ennesimi complimenti per non si sapeva bene cosa, dopo di che, con Fernando stordito più di prima che non riusciva a contrastare tutta quella gioia e quegli abbracci, dopo aver fatto anche lui i complimenti per i suoi goal importanti, si ritrovò la sua bocca contro la propria.
Ed il bacino insieme al resto del corpo possente, forte, caldo, muscoloso e bagnato.
Scivolarono l’uno sull’altro e Didier lo premette contro le piastrelle, il getto dell’acqua li bagnò entrambi assordandoli, bevvero l’acqua che li ricopriva e le lingue non poterono che star lì ad intrecciarsi in un bacio che tolse completamente il fiato.
Si baciarono a lungo, mescolando i rispettivi sapori ubriacanti, con le mani di entrambi che viaggiavano sui rispettivi corpi per esplorarsi come si doveva e sentirsi, sentirsi veramente.
Didier strofinò il bacino contro il suo e dopo averlo sentito reagire, si separò soddisfatto.
L’osservò da vicino sorridendo felicissimo, quindi replicò euforico:
- Complimenti davvero! - E lì per lì Fernando credette si riferisse al suo lato caliente… arrossì, si irrigidì e credette di cadere. Fu tenuto su da lui che ammiccò. - Per la partita e la vittoria. - Fernando non era convinto intendesse quello ma risposte balbettando imbarazzato.
- Gra-grazie… anche a te. Sei stato… grande… - Nella partita, nella partita. Si ripeteva. Ma Didier capì quello che volle e soddisfatto lo lasciò per andare dagli altri.
Fernando rimase così inebetito sotto la doccia a ripetersi mentalmente quel bacio mentre cercava ancora di capire che diavolo fosse successo e soprattutto come fosse possibile.
Quando dall’odiarsi erano passati al… a cosa? Apprezzarsi? Attrarsi? A cosa?
Girandosi schiacciò il viso contro le piastrelle e lì rimase secco.
Quando tornò di là e trovò il suo telefono con dieci chiamate di Sergio, fu l’ora esatta in cui morì del tutto.
 
Fernando riuscì a sentire Sergio quando erano tutti praticamente usciti dagli spogliatoi, aveva rallentato di proposito come se improvvisamente non contasse più festeggiare la Champions. Sospirò, seduto sulle panchine, poi lo chiamò. C’era ancora qualcuno che finiva di vestirsi ma le orecchie indiscrete se ne erano andate.
Non sapeva come sarebbe apparso, probabilmente Sergio l’avrebbe sgamato subito.
- Oh finalmente riesco a sentirti, cazzo! - A Fernando venne subito il sorriso sulle labbra.
- Eccomi qua! Prima c’era un casino che… - Tentò di spiegare ma Sergio sapeva bene come funzionavano queste cose.
- Lo so, immagino… allora com’è tenere quella coppa in mano? -
Il ragazzo sorrise ulteriormente.
- Meraviglioso, credimi! Non pensavo fosse così esaltante… è stato come ubriacarsi senza bere nulla! -
- Che figata! Sono contento! Volevo esserci ma non ho proprio combinato… cazzo, quanto vorrei venire. Quasi quasi volo a Londra e ti aspetto lì… -
- Eh magari… ma staremo tutta la notte a festeggiare, aspetteresti un sacco. Vieni domani, così abbiamo tutto il tempo che vogliamo! -
Sergio sospirò.
- Non vedo l’ora che inizi il ritiro della Nazionale, cazzo! Voglio averti tutto per me! Condividerti così con tutte quelle persone mi fa rosicare! -
Fernando rise istericamente.
- Senti chi parla! Quello che lo devo condividere con tutte le sue notti infuocate con chiunque gli capiti a tiro! -
Sergio rise.
- Io lo faccio per sopportare la tua mancanza altrimenti mi sparo! E poi lo sai che sono solo scopate vuote giusto per svuotare le palle e rilassarmi. Perché mi piace scopare! Con te è diverso! - Preso dall’entusiasmo perché il suo compagno aveva vinto la sua prima Champions, lo stava per dire ma Fernando lo fermò secco.
- Non dire cose di cui potresti pentirti! - Sergio smise di respirare e tornò in sé. Stava per dire qualcosa di grosso, era vero, ed entrambi non volevano parlare di quelle cose.
Si fece tutto molto serio, improvvisamente. L’euforia della vittoria congelata e la voglia di stare insieme stranamente indecifrabile. Volevano vedersi ma non per non potersi dire cosa provavano. Eppure se l’avessero fatto sarebbe stato più difficile poi tornare uno a Madrid e l’altro a Londra.
Era il patto. Non considerarsi una coppia, niente impegni seri, niente sentimenti, mai dichiarazioni.
Però Fernando senza Sergio non riusciva a stare.
- Ti sento strano, cosa succede? Non sei contento della coppa? -
“Ci siamo!” Pensò teso Fernando sperando di essere convincente quella volta anche con lui. Non l’aveva mai ingannato.
- Certo che sono felice. È solo che… dai, ne parliamo domani se vieni. Ti aspetto, eh? Quando sei sull’aereo dimmi che vado a casa… -
Si erano presi un appartamentino privato in periferia di Londra, ovviamente Sergio aveva copiato l’idea a Cris il quale se avesse saputo che ne era a conoscenza l’avrebbe ucciso.
- Ok, ora va a festeggiare come meriti! Ubriacati e fa tante cazzate! Voglio vederti fuori, quando vedrò le immagini della festa londinese! Non deludermi! -
Fernando pensò che forse, fuori, lo era già. Però sorrise in modo strano e annuì, quindi lo salutò e decise di rimandare tutto a domani. Non poteva non dirgli niente. Lui era Sergio.
Il punto era che non poteva nemmeno fare a meno di lui.
Cosa doveva fare?
Si strofinò il viso fra le mani e fu richiamato proprio in quel momento.
- Ehi tutto bene? Aspettiamo solo te! - Didier!
Fernando sussultò come se gli avesse sparato e fissandolo con occhi sgranati dimenticò di dover controllare la propria mimica facciale.
Si morse le labbra e si alzò di scatto.
- No arrivo! - Didier però ci mise un istante a capire che aveva qualcosa di strano, non riusciva a controllarsi più bene in sua presenza e la cosa gli piaceva un sacco.
- Hai litigato con qualcuno? - Entrò nello spogliatoio, Fernando raccolse il suo borsone e cercò di non guardarlo.
- No, perché? - Ma quando si girò lo vide a pochi centimetri da sé e morì per un proverbiale istante. Un istante atroce.
Lui, la sua altezza, il suo fisico possente, il suo sguardo penetrante e quell’aria da pantera che aveva.
- Perché sei molto strano. È per il bacio di prima? Ero preso dall’euforia ma non voglio che ti abbatta così. Goditi la festa, è una splendida serata! -
Fernando però indietreggiò istintivamente per poterlo aggirare e andare oltre. Cercava di ignorarlo ma non ci riusciva. E poi in teoria avevano fatto pace, in teoria le cose erano a posto. In teoria…
- Hai baciato tutti perché eri preso dall’euforia? - Chiese ponendo un quesito effettivamente utile.
Didier si stupì ma era anche piuttosto sicuro d’averci preso.
- No dai. Hai capito cosa intendevo. - Fernando si impuntò mettendo le mani ai fianchi tornando improvvisamente inglese. Alzò il mento in segno di sfida e lo guardò dall’alto al basso. Figuratamente. Era più alto Didier.
- No non ho capito! Eri contento e mi hai baciato. Perché l’hai fatto solo con me? - Avrebbe potuto cominciare un discorso estremamente lungo ma si trattenne e si limitò a quello.
Didier stava rispondendo quando vennero a chiamarli.
- Juan, cazzo! - Esclamò spontaneo Fernando perché sapeva che non ci sarebbe più stata un’occasione più perfetta.
Didier rise ed uscì passando accanto ad un allibito Juan. Ovviamente gli piaceva più di prima dopo quel ‘Juan, cazzo!’ così spontaneo.
Juan, manco a dirlo, non capì cosa aveva fatto e guardando l’amico ci rimase male.
 
 
Quando riuscì a mettere a fuoco e a capire qualcosa, non riconobbe la stanza in cui si trovava e nemmeno il letto su cui stava steso.
Per prima cosa si assicurò di essere vestito e dopo di che si guardò intorno.
Era la camera di un albergo.
Come diavolo ci era finito? Sentì lo sciacquone del bagno e sgranò gli occhi terrorizzato. Cercò di tirarsi su ma la testa cominciò a girargli e a scoppiargli, quindi tornò giù ma si mise a pancia di sotto e alzò il capo poggiandolo sul mento, puntò la porta del bagno socchiusa e strinse gli occhi per capire cosa fosse successo.
Aveva un momento di buio totale, non ricordava come era finito lì.
Quando intravide la figura alta e prestante di Didier gli venne un conato di vomito ma non perché lui lo facesse vomitare, bensì stava tornando orrendamente sobrio tutto d’un colpo.
Cercò di trattenersi ma non riuscì e rotolando giù dal letto si trascinò a carponi verso il bagno, aprì la porta e senza nemmeno guardarlo lo spinse di lato arrivando in tempo al water. Ficcata la testa dentro, vomitò l’anima fra le risate fastidiose di quel fastidioso individuo.
Come osava ridere?
Lo sentì toccargli la schiena e carezzarlo e solo allora il malessere si placò. Smise di vomitare, non avendo più niente da buttare fuori e rimase stordito riverso sulla tazza cercando di ritrovare le forze per alzarsi.
Didier ebbe pietà e prendendolo da dietro, da sotto le braccia, lo tirò su di peso ma piano. Quando lo mise in piedi il ragazzo indicò il lavandino e lo lasciò lì, gli rimase dietro per assicurarsi che non andasse giù di schianto, dovette tenerlo un paio di volte, poi quando lo spagnolo si fu rinfrescato e sciacquato per bene la bocca, sospirò e si tirò su. Barcollò ancora, quindi con la testa che esplodeva lo guardò. Aveva ancora bisogno di lui, che idea ignobile.
Alla fine non ebbe scelta e senza dire niente gli tese il braccio che Didier, ridacchiando, si fece passare intorno al collo. Tenendogli la mano e circondandogli la vita, lo accompagnò di là per poi adagiarlo sul letto. Una volta lì lui si lasciò andare steso di schianto con le gambe a terra. Didier lo guardò e ci rimase secco lui, questa volta.
Era lascivo da morire, sembrava gli dicesse di saltargli addosso.
Aveva le braccia larghe ai lati, i capelli scomposti, l’espressione abbandonata al sollievo per non aver più bisogno di vomitare.
Senza dire nulla gli alzò le gambe e gli tolse le scarpe, Fernando mugolò e Didier si maledì. Non era tipo da approfittare di uno ubriaco, anche se lo voleva con tutto sé stesso.
O forse sì?
Cercò di ricordarsi che tipo fosse e nel mentre si sedette nel letto matrimoniale con lui carezzandogli la fronte ed il viso rinfrescato, gli scostò delle ciocche e assorbì i suoi splendidi lineamenti morbidi.
Era come carezzare il latte.
La sua mano dalla pelle scura risaltava sulla sua così chiara e si immaginò cosa dovesse essere passargliela sul petto.
Guardò il suo corpo, era vestito con la divisa della squadra e gli stava tutta malmessa addosso. Senza domarsi passò le dita su di essa e gli tirò giù la cerniera della felpa. Era strano vestito così, non era da lui esserlo. Solitamente si metteva più elegante.
Si morse le labbra carnose. Era sveglio e lo guardava con due fessure sottili, ma non sapeva bene cosa gli stava facendo.
Cosa gli stava facendo?
Stava approfittando di lui ora che non era in sé?
Quando se ne sarebbe ricordato l’avrebbe demolito, l’avrebbe perso ancora prima di averlo. Ma magari non se ne sarebbe mai ricordato.
Ci pensò velocemente mentre gli apriva la felpa del tutto e gli tirava su la maglietta sotto. Eccola lì la sua pelle liscia e bianca tutta per sé. Qualche tatuaggio che gli donava e rivelava la sua vera essenza. Passò le dita su alcuni di essi e si incantò nel contrasto dei loro rispettivi colori.
Cos’aveva quel ragazzino che lo faceva uscire tanto di sé?
Avrebbe voluto annegarci in quel suo latte.
Raggiunse la vita e l’elastico dei pantaloni. Era il caso?
No che non lo era. Ma voleva. Poteva? No, non poteva. Però voleva.
Dannazione. Si insultò nell’infilare le dita per tirarglielo giù e fu Fernando a togliergli l’incombenza di decidere da solo.
Un Fernando ubriaco.
Si abbassò da solo i pantaloni insieme ai boxer bianchi in microfibra, firmati.
Didier pensò che se l’era cercata e gli si sistemò meglio accanto per chinarsi e far sua l’erezione rilassata. Era troppo ubriaco. Forse non l’avrebbe nemmeno sentito, mentre glielo succhiava. Non si sarebbe nemmeno eccitato. Non sarebbe stato bello. E poi… insomma, non ne era cosciente. Non era divertente.
Fu allora che decise e tirandogli su tutto, lo ricoprì senza però prima arrivare al viso e baciarlo di nuovo. Gli sfiorò in realtà solo le labbra. Fernando le aprì subito, sotto l’effetto dell’alcool, per volerne di più ma ancora una volta Didier si rivelò estremamente capace di seguire la propria volontà ed un codice.
Scoprì d’averne uno solo in quel momento ma non si lamentò. Andava bene così. Forse non se ne sarebbe pentito.
Forse.
- Dormi tanto nessuno si aspetta che torniamo a casa, stanotte… - Disse piano all’orecchio. Fernando mosse il capo rabbrividendo al suo sussurro e non capì perché non andava bene addormentarsi lì e basta.
Non lo capì proprio, in quel momento era tutto nebbia. Nebbia assoluta.
Fu così che semplicemente si addormentò e basta.