ANIMALI FEROCI



Mike era seduto al mixer. Lui e Joe stavano cercando di ragionare sui suoni dell’ultima canzone incisa. Era come se mancasse qualcosa, in realtà niente di specifico. Le musiche andavano bene, come al solito tutti gli strumenti erano stati registrati alla grande ed avevano trovato spazio per aggiunte dell’ultimo minuto, tutti avevano personalizzato in qualche modo, ma secondo lui e Joe, gli specialisti degli effetti speciali, mancava qualcosa.
Mentre gli altri se ne erano ormai già andati, in studio erano rimasti solo loro due e Chester. Era ovvio che non potesse andarsene prima di Mike.
Dopo aver girato e rigirato in lungo ed in largo, si era fermato nella poltrona ad osservarlo lavorare sui suoni con molta serietà. Era estremamente concentrato e gli occhiali da vista gli donavano un’aria estremamente intellettuale e da secchione. Insomma, tutt’altro rispetto a ciò che poi era veramente.
Lui e Joe comunque ebbero ampiamente modo di perdersi in discorsi complicati da spacca neuroni, cosa anomala per loro visto che solitamente erano quelli che facevano i dialoghi più demenziali.
Più noiosi e comuni di così per Chester non potevano essere…
- Secondo me dobbiamo riuscire a dargli un’impronta tanto delicata quanto… non so, nostra! È una canzone tragica e romantica al tempo stesso, ma non quel romantico sdolcinato, quel romantico così drammatico che richiede un tocco di cupezza in più rispetto al connubio degli strumenti che abbiamo usato. Cioè, quello che c’è va bene ma manca qualcosa in più, che ci identifichi. Che quando lo si ascolti si capisca subito che è nostra. È bella ma è ancora troppo ordinaria. Serve un tocco di surreale ed imparagonabile che non si sia ancora sentito in giro! -
In mezzo a quel vortice di parole su arte, creatività ed anche romanticismo di tanto in tanto, Chester pensò di essere tornato a scuola ed associando il volto serioso ed intellettuale di Mike a quello di uno dei suoi odiati professori, si chiese come potesse fare per farlo tornare l’amato ed eccentrico assurda creatura di cui era perdutamente innamorato!
Fu nel dormiveglia, quando si stava calando nel sonno più profondo, che gli venne l’idea perfetta e scattando in piedi come una molla uscì sbraitando allegramente che sarebbe tornato subito.
Mike lo sentì appena andarsene, Joe nemmeno se ne accorse.
Era turbato e seccato da questa mancanza, non trovava proprio la chiave giusta, ci voleva qualcosa che arricchisse in qualche modo quella canzone così drammatica, tragica e romantica al tempo stesso. Era uno dei loro capolavori, ne era convinto, ma ci mancava qualcosa… ma cosa?
Provarono suoni e suoni e molti li inventarono ma niente pareva convincerli fino a che, al colmo della serietà che incombeva sulle loro facce e specie su quella di Mike più cupo di sempre e seccato per la mancanza del suo solito tocco di genialità che normalmente aveva nei momenti più critici, la porta si aprì.
Prima di girarsi a vedere chi era sentì il respiro veloce e pesante e capì subito.
Quando si voltò infatti aveva già gli occhi che brillavano e quando lo vide le lucette di natale avevano acceso il suo viso non più tetro e seccato. Un’espressione tenerissima e al settimo cielo lo illuminò, sembrava avesse davanti la creaturina più coccolosa e dolcissima del mondo e con un sorriso a trentadue denti si inginocchiò davanti al nuovo arrivato e prendendogli i lati del viso cominciò ad accarezzarlo con energico entusiasmo parlandogli gioioso con una vocetta infantile:
- Amore mio! La mia Bessie! La mia piccola cucciola stupenda! Ma chi è il cane più bello del mondo? Chi è il cane più bello del mondo? Ma sei tu! Amore mio! La mia piccola Bessie! -
Nonostante sapessero entrambi gli altri due che lo fissavano che Mike faceva così con la sua Bessie, ogni volta che lo vedevano rimanevano sempre stupiti.
Aria a posto ed intellettualoide fra occhiali ed espressione fino a poco prima impegnata e poi eccolo lì, tutto all’opposto, inginocchiato con un’aria infantile e giocosa a fissare con occhi brillanti una cosa che a vederlo sembrava piccola, carina, tenera e coccolosa.
Invece era un pitbull enorme che era il doppio di Mike!
L’aria feroce l’aveva di natura e nonostante fosse tenuto benissimo, il pelo era lucido e curato e non sbavasse nemmeno un po’, dalla mascella aperta ‘sorridente’ si vedevano la fila di denti affilati e aguzzi che nel guardarla chiunque si chiedeva A, come avesse potuto chiamarla Bessie, un nome così da cucciolina, e B, come potesse definirla ‘piccola’ parlandogli e guardandola con quell’aria non solo adorante ma anche come se fosse una principessina splendida e minuscola, esile e delicata!
Le carezze energiche e forti dimostrarono che era abituato ed in men che non si dica il cane gli rispose con delle leccate che gli lavarono tutto il viso che anch’esso era circa la metà di quello della bestia.
Per un momento Chester pensò che l’avrebbe divorato ma poi lo vide riemergere ridendo e abbracciando affettuoso il pitbull, disse allegro e trasformato come la notte ed il giorno.
- Oddio, grazie Chez! Mi hai portato la mia piccolina! Mi ci voleva proprio un po’ di distrazione! Sei un tesoro, grazie! Solo tu potevi pensarci! -
Così sì che andava bene, finalmente!, pensò Chester soddisfatto ghignando mentre lo guardava. Era un contrasto vivente.
L’aria da professore serio unita a quelle sue stranezze senza fine.
Gli piacevano gli animali feroci e non solo, li sapeva gestire tanto bene che era praticamente inumano. Qualunque bestia pericolosa a lui non solo piaceva e la vedeva come un esserino fragile e dolcissimo ma riusciva a domarla alla grande.
Chester adorava quando lo faceva, specie perché non si rendeva conto che nel suo piacergli quel lato, ovvero quello che apprezzava le cose feroci e che le sapeva domare, era come dire che adorava come apprezzava lui stesso.
Chester era feroce e non solo Mike aveva perso la testa per lui ma l’aveva anche domato perfettamente.
Quando il cane si sistemò sul divano con il secondo papà, il primo ebbe la famosa illuminazione che aveva tanto aspettato nervosamente.
- Ci sono, so cosa ci vuole! Un tocco di grottesco! Gli serve del carattere, qualcosa che graffi! Senti qua, Joe, che ne dici di questo? -
Nel giro di pochi minuti conclusero il lavoro e trovarono l’effetto giusto finendo la canzone.
Quando Joe se ne fu andato, Mike rimase a sistemare le ultime cose prima di uscire mentre Chester stava adagiato comodamente sul suo cane che ormai lo considerava come, appunto, il secondo papà. Anche lui a casa aveva due cani di taglia considerevole. Un labrador che era un incrocio con un rottweiler ed un Australian Shepard. Se il secondo non incuteva timore anche se non era propriamente piccolo, il primo un certo timore lo dava comunque. Ovviamente quest’ultimo glielo aveva portato a casa Mike obbligandolo a tenerlo con sé, dicendo che lui non poteva perché la sua Bessie aveva qualche problema con tutti gli altri cani del mondo.
- Sei stato grande, è stata proprio la mia cucciolotta ad ispirarmi! Ti amo! - Concluse poi entusiasta Mike sedendosi sopra Chester che a sua volta era appoggiato su Bessie. Gli stampò un bacio sulle labbra che sapeva di cane e il destinatario infatti fece una smorfia ma imprecò a dismisura quando il pitbull ‘delizioso’ si intromise lavando ad entrambi il viso.
Adorava quando i loro due papà si facevano le coccole su di lei.
Peccato che Chester non amava sbaciucchiarsi Mike che sapeva di cane!