*Questo capitolo l'ho scritto da due settimane, aspettavo di pubblicarlo ed ho pensato che o lo faccio oggi o probabilmente mai più. Ho deciso di metterlo lo stesso per concludere (anche se la serie in questione non sarebbe conclusa perchè avevo molti progetti per questa 'sessione' di fic) qualcosa che per me è stato molto importante, scrivere di questi due è stata la cosa più speciale e bella della mia vita di artista e nonostante quello che è successo, loro resteranno sempre così come io li ho sempre visti, non importa quale sia la realtà e cosa succeda intorno. Da qualche parte loro stanno insieme e lo staranno per sempre. Il capitolo è scritto da tempo, non l'ho cambiato, non vuole offendere nessuno, ma ho voluto lasciare tutto così come quando le cose andavano ancora bene. Non è un omaggio a Chester, spero di riuscire a farlo fra un po' di tempo, come si deve. Questo è solo un grazie per essere esistito. Il mio cuore va a lui, ma soprattutto a Mike, che sia forte e superi questo atroce momento. Ciao Chester. Sarai sempre speciale. Buona (probabilmente ultima se non riuscissi mai a scrivere quell'omaggio alla nostra piccola anima lassù) lettura. Baci Akane
PS: questa foto è l'ultima che ho salvato nel mio pc su di loro. Penso che sia una loro ultima foto (proprio del loro ultimo tour) semplicemente perfetta. *

3. QUANDO I SOGNI RIESCONO




La prima tappa è un tuffo nel passato e da qui non ne esco più.
Non lo riconosco subito, ho la sensazione di esserci già stato, ma in realtà non afferro subito.
Sono zone che non frequentiamo da molto, perciò non è facile ricordare subito, ma mi basta mettere piede nel locale per ricordare.
In un attimo è come tornare indietro nel tempo a quando avevo poco più di venti anni ed ero uno spiantato e venivamo qua con gli altri a bere qualcosa e festeggiare insuccessi e successi.
Quante serate qua!
- Cazzo, questo posto è uguale a 14 anni fa! Fuori è cambiato tutto, ma dentro... cazzo, è uguale! - Mike si mette a ridere come me e mi guarda tronfio della mia reazione. - Costava un cazzo, facevano snack schifosissimi e il bere era tutto annaffiato con acqua in modo da spendere meno sul resto, ma era tutto quello che ci potevamo permettere! - Comincio come un treno.
- E guarda dietro al banco? - Guardo e vedo lo stesso uomo di quattordici anni fa, solo più vecchio. Sigaretta fra i denti, aria arcigna ad insultare dei ragazzini che chiedono di bere qualcosa di meno annacquato.
- Cazzo, anche lui è uguale! - Ridiamo insieme di come questo posto sia identico e andiamo a salutare il barista che ci fissa senza riconoscerci ed avere idea di chi siamo.
La bellezza dell’essere noi è che possiamo camminare fra i comuni mortali senza essere assaliti, se poi vai in locali fatiscenti nessuno pensa che ci possa entrare qualcuno di famoso.
Il vecchio ci guarda col broncio come a dire ‘e chi cazzo sono ora questi disadattati!’ Ma si limita a dire:
- Ci conosciamo? - E noi cerchiamo di ricordargli chi eravamo.
- Quei ragazzi che venivamo qua quasi ogni sera circa quattordici anni fa... eravamo 5/6... prendevamo sempre le stesse cose, giocavamo a freccette e facevamo casino, poi tu ci cacciavi, non ricordi? - A questa descrizione sembra ricordare, ma non riesce ad associare bene i nostri visi d’allora a quelli di adesso.
- Dannazione, ma quelli erano degli sgorbi coi capelli colorati ed i vestiti più orribili del mondo! - Poi guarda me. - Ma tu almeno non avevi tutti questi scarabocchi addosso! - Io e Mike ridiamo. - E quindi siete finiti a disintossicarvi? - Così ci mettiamo a piangere dal ridere, anche se il meglio deve ancora venire.
- Beh, insomma, cosa glielo fa pensare? -
- Ehh... - guarda me e le braccia dove si vedono i tatuaggi. - Non è che questi se li fanno i sani eh? - Soliti stereotipi, ma da lui non mi aspettavo altro. Ci odiava proprio, penso perché vestivamo larghi e male ed avevamo i capelli colorati, io e Mike.
- No no, non si preoccupi... stiamo bene... - Dice Mike cercando di raddrizzare il colpo, ma poi io prendo la parola.
- Insomma, con me ci ha azzeccato, sono andato in riabilitazione in effetti, ma ora ne sono uscito! - Così lui fa l’aria trionfante da ‘vedi che io le cose le so? Non sbaglio proprio mai!’
Ed allora Mike scuote la testa lasciando perdere.
- Ma allora avete combinato qualcosa nella vita? - Così capiamo che non può certo conoscere i Linkin Park.
- Mah... qualcosina... - Dico sminuendo la cosa.
- Sì... un po’ di musica, sa... - Continua Mike prendendosi gioco di lui che tanto non se ne accorge.
- Ah, ma io dico seriamente! - Continuiamo a ridacchiare troppo divertiti alla cosa.
- Eh, beh, ce la caviamo abbastanza, dai... non ci lamentiamo... abbiamo venduto qualche disco, abbiamo firmato con una casa discografica... -
Lui non chiede nemmeno il nome del gruppo, come se queste siano sciocchezze.
- Ma quindi non lavorate? Ah, lo sapevo che eravate degli scansafatiche! Non mi sbagliavo davvero! I giovani tutti uguali! Basta che vogliano fare musica, loro! E poi finiscono drogati e disoccupati! - continua a brontolare mentre tossisce e fuma anche se non potrebbe. Qua il tempo è rimasto a quando ancora si fumava nei locali.
Io sono piegato dal ridere, ma Mike lo guarda memorizzando questo momento, mentre mi tiene a braccetto come una coppia.
- Va bene, ho capito, vi offro io il giro! Mi sa che siete venuti a scroccare dal vecchio balordo come fanno tutti! - Alla fine se ne va senza ascoltare la vera storia e decidiamo di non dirgliela, perché tanto alla fine è bello così.
Chiaramente ci mettiamo a giocare a freccette come quelle sere ed è un ulteriore tuffo nel passato, sembra tornare tutto indietro. Io e lui che giochiamo, ridiamo e scherziamo e ci divertiamo un sacco.
Da ‘due tiri’ va a finire che ne facciamo duecento, ma comunque ci siamo divertiti troppo lo stesso ed è tutto perfetto.
Alla fine lasciamo la mancia al vecchiaccio, una bella banconota che non credo abbia mai visto in tutti i suoi anni di bettola, gliela lasciamo sotto il bicchiere dove giocavamo con un biglietto: ‘Anche se siamo disoccupati, qualche soldo suonando in giro l’abbiamo fatto! La ringraziamo per averci sopportato per tanto tempo! Firmato Chester e Mike dei Linkin Park’
- Quel biglietto lo butta, vedrai! - Sappiamo quanto vale una dedica autografata da noi, insomma, non è che non siamo nessuno.
Ridiamo mentre risaliamo in macchina e ci avviamo verso la seconda tappa di Mike.
- Oppure il figlio quando viene a sostituirlo lo legge e gli viene un colpo! -
- Dici che il figlio ci conosce? -
- Andiamo, qualcuno ci conoscerà, no? Secondo me appenderà il biglietto! -
- E pure la banconota, se è per questo! Credo non abbia mai visto tutti quei soldi insieme! -
- Ma chi cazzo gira con tutti quei soldi in contanti? Tu sei un idiota! -
- Beh, hanno fatto comodo! Vedi che bel regalo per il nostro caro vecchiaccio! -
- Che ti ha dato del tossico! -
- E disoccupato! -
Continuiamo a ridere fino alla seconda tappa.
Avevo un paio di idee su cosa poteva aver pensato, ma appena si ferma capisco che Mike in quanto genio sarà sempre imprevedibile e se pensi di immaginare cosa farà, ti sbagli di grosso.
- Vuoi già farmi piangere? - Chiedo secco cercando di rimanere stoico, ma non scendo e lui ride facendolo al mio posto, mi apre la portiera e mi tira giù a forza tenendomi la mano.
- Andiamo! -
Scuoto la testa inghiottendo, mi do un paio di schiaffi in faccia per non piangere, ma mentre percorro questa strada una serie di ricordi mi colpisce e quando varco la soglia è anche peggio, perché mi pianto all’ingresso e mi copro la faccia. Sento Mike ridere e vorrei dargli un pugno, ma evito.
- Come ci sei riuscito? - Alla fine riemergo, la voce è rotta, sono un fottuto emotivo del cazzo, o grido o piango.
Lui ride ancora, mi circonda il collo col braccio stringendo vigoroso e sembra così felice che mi rilasso smettendo di voler frignare.
Davanti a noi il suo vecchio garage.
Aveva questo appartamento quando studiava al college e lo condivideva con altri amici.
E questo appartamento aveva un garage e lui l’aveva adibito a sala prove.
I ragazzi si riunivano qua per suonare e provare.
È qua che io e lui ci siamo incontrati per la prima volta di persona, faccia a faccia, io e lui.
Questo posto per noi è significativo da morire.
Qua dentro cantavamo e sognavamo di diventare famosi, qua ci siamo conosciuti, innamorati, abbiamo scopato, l’ho sedotto tutte le volte, lui mi ha fatto suo. Qua dentro abbiamo fatto tutto. Anche litigato furiosamente.
Qua dentro lui ha scritto Papercut e ci siamo rimessi insieme la prima volta che ci siamo lasciati per le sue paranoie. La prima di una lunga serie.
Qua dentro è successo il finimondo, la nostra meravigliosa fottutissima storia.
Lui ha ancora il sorrisino stampato sulla boccaccia.
- Beh, ho fatto qualche telefonata, poi quando i nuovi proprietari hanno capito che Mike Shinoda dei Linkin Park voleva fare una rimpatriata coi ragazzi dove tutto è iniziato, mi hanno dato chiavi e libero accesso. In cambio ho scattato un paio di foto con loro ed ho bevuto un caffè insieme. - Scuoto gli occhi e mi copro ancora la faccia mentre un mare di emozioni scorrono ancora in me.
- Cosa ti sei messo a fare? - Lui ride, mi spinge e poi mi abbraccia mentre mi faccio piccolo fra le sue braccia.
- Che vuoi farci, sono un genio del male, no? Se voglio ottengo qualunque cosa! Tu dimmi cosa vuoi, io troverò un modo per averla! -
In effetti è così ed è per questo che mi infuriavo quelle volte. Perché lui diceva che non si poteva fare questo o quello, ma in realtà io sapevo che si poteva, perché lui riesce a fare tutto se lo vuole. Per cui era lui a non volerlo davvero.
Fortuna che ora ne siamo usciti.
Sospiro vedendo un garage ben diverso da quello che era la nostra prima base operativa.
Nessun divano rosso sgangherato, quello l’abbiamo aggiustato e portato nel nuovo studio e ce lo trasciniamo ovunque proprio per quel che significa per noi.
Nessuno strumento in giro, nessun mini frigo per le birre.
È una specie di officina dove ci tengono una macchina che ora non è dentro.
È pulita ma c’è puzza di olio e di garage.
Non è come una volta, ma posso immaginare con lo sguardo quel che c’era quella volta. Tutto si forma qua davanti ai miei occhi, bellissimo e splendido.
Alla fine riemergo nel suo abbraccio, lo circondo a mia volta e lo bacio, le bocche si fondono e ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo per goderci questo momento meraviglioso, mentre il ricordo delle nostre lingue che giocavano insieme come in un porno torna ad affiorare.
Quante ne abbiamo fatte in questo garage, quante... ci ripenso, i ricordi si sovrappongono a quel che facciamo ora, alle nostre mani che scivolano sotto le maglie alla ricerca della nostra pelle, mentre le lingue giocano in modo sempre più spinto e mi fa finire contro una specie di tavolo da lavoro in un angolo, mi ci appoggio e lascio che mi apra i pantaloni.  Tira fuori la mia erezione, massaggia e poco dopo va giù in ginocchio ed io lo guardo mormorando un ‘oh Dio!’ Come la prima volta che si è deciso a farlo dopo le venticinque che l’ho fatto io per sedurlo. E come lo seducevo!
Poi una volta si arrabbia e dice ‘ok, adesso basta!’ E si inginocchia sparendo con la faccia nel mio inguine, ingoia il mio cazzo come ora ed io in piedi morivo solo guardando la sua testa che si muoveva su e giù così. La sua bocca è più esperta di quella volta, adesso lo fa più deciso, stringe e succhia contemporaneamente, il rumore che fa mi fa impazzire, mi eccita subito, sto per venire e come quella volta accompagno la sua testa contro di me. Ma poi si ferma, al contrario di quella volta che gli sono quasi venuto in faccia. Per poco non lo shoccavo a vita! Mi sono separato per un pelo, ora si stacca da solo perché sa capire quanto pulsa prima che scoppi. Risale e mi mostra il lavoro che si è fatto lui da solo masturbandosi, gli occhi sono accesi, si succhia il labbro prima che lo faccia io, gli prendo la maglia e lo tiro prepotentemente, tiro coi denti la sua bocca, lui la apre e mi consegna la sua lingua, infine io ridacchiando lo giro e lo metto al mio posto appoggiando il suo sacro culo sullo stesso tavolino in legno vecchio massiccio.
Alcuni attrezzi tintinnano, ma sparisco in ginocchio, le ginocchia sporche per stanotte. Come si diceva una volta quando capivi che avevi fatto un pompino ad un altro.
Si torna sempre più indietro a quelle volte. Quelle volte fottutamente belle.
La prima volta che gli ho fatto io il pompino era seduto nel magico divano rosso, lui stava parlando e ricordo che non la smetteva più. È sempre stato logorroico ed io in certi momenti non ce la faceva a sentirlo, o mi isolavo o trovavo un modo per farlo tacere. E quella volta l’ho guardato ed ho pensato ‘cazzo, gli farei un bel pompino!’ E poi visto che non la piantava di parlare mi sono chiesto se se ne sarebbe accorto se glielo avessi fatto in quel momento.
Sono sparito giù davanti a lui, gli ho aperto i pantaloni belli larghi e gli ho preso il cazzo.
Lì si è fermato e mi ha chiesto ‘c-c-che fai?’ Occhioni spalancati, paonazzo.
Io ‘ti succhio l’uccello!’ E lui geniale più che mai ‘perché?’ Rido ancora quando ci ripenso. Come cazzo fai a dire Perché quando uno ti succhia il cazzo?
‘Perché mi va!’ E poi non abbiamo di certo più parlato.
Come ora che si limita a gemere, la sua voce riempie già questo garage come quelle volte.
Ed ora spinge il bacino contro la mia bocca come se me la scopasse, perché è proprio il suo istinto con me, ogni volta. Lo scopare uno è un modo di dominare e lui ha sempre cercato di farlo, perché io ero inafferrabile. Per cui lui doveva prendermi. E mi prendeva, eccome.
Sta per venire e mi separa quasi brutale, mi prende per la maglia e mi alza deciso, poi mi gira, mi mette contro il tavolo, mi spinge in avanti piegandomi e si prende la mia schiena. Beh, in realtà è il culo.
Abbassa meglio jeans e boxer e sparisce lì dietro a leccare e farsi strada un po’ con le dita. C’è una sorta di necessità nell’aria. Forse non è la volta più romantica del mondo, però lo è per noi perché lo facciamo nel posto dove l’abbiamo fatto per la prima volta. Ed è stata proprio così.
Una prima volta sporca, in piena crisi ormonale, lui non ce la faceva più e dopo che l’ho stuzzicato da morire mi ha mandato a cagare, mi ha spinto giù, mi ha girato e col bisogno alle stelle, un bisogno impellente, mi ha fatto suo. Non si può spiegare quando sei preso da questo raptus e puoi solo morire o fartelo. E te lo fai. Oh, se te lo fai.
Sembra che ha fatto un giro assurdo solo per venire qua a scopare. Non potevamo farlo in un motel? In una camera? In un’altro posto? Diventi matto per trombare nel garage di un altro? Beh, ma questo non è di un altro, è il nostro. 
- Spero non abbiano telecamere... - Mormoro mentre lui si lecca ancora le dita che infila dentro poco prima del suo cazzo duro.
Lui ride.
- Imbecille! - Ma la risata si spegne perché diventa un gemito per entrambi che riempie l’aria quando mi prende per i fianchi e dà una spinta possente. Io giù in avanti schiacciato sul tavolo scuro e spesso, lui dietro di me che mi prende e spinge.
Inarco la schiena, la testa all’indietro, gli occhi chiusi, ansimo, sospiro e mi abbandono a lui che dentro di me mi fa sentire quanto è sempre maledettamente bello.
Ad ogni spinta va sempre più a fondo, più in dentro, ed io gemo sempre più forte fino a che diventa veloce, incalzante, incandescente.
Le voci un tutt’uno, i corpi sudati, vestiti, uniti in una cosa sola, come la prima volta. Come la fottuta prima volta. Sporca, spinta.
Però ora farlo come quella volta è così fottutamente romantico.
E sa come farmi venire prima, sa come venire poco dopo, sa come non sporcarci anche se siamo vestiti. Non siamo i ragazzini inesperti di quella volta dove facevamo un sacco di disastri. Adesso lo facciamo bene, lo sappiamo fare.
Adesso è maledettamente perfetto.
- Fanculo, ti amo, brutto stronzo. Dopo tutto questo tempo e quel che mi hai combinato, ti amo ancora! - Lui ride mentre mi circonda il corpo con le braccia e mi solleva appoggiandomi a sé, mi gira la testa ed io mi lascio andare contro di lui.
- Ti amo anche io, anche se mi fai impazzire ancora come la prima volta. - Mormora seduttore. Gli mordo le labbra, poi gliele succhio ed infine le lingue si carezzano, si intrecciano e tutto scivola via dolcemente come i nostri corpi allacciati.
Andrà ancora bene.

L’ultima tappa è la più bella, credo.
Non che poi mi stupisca davvero, un po’ me l’aspettavo.
Parcheggia e mi aspetta sul marciapiede, io guardo, sospiro e come se ormai sapessi, scendo attraversando di nuovo la soglia del tempo.
Intorno a noi non c’è anima viva, è tutto buio, la luna è alta e bassa e fottutamente bella, non vediamo le stelle perché siamo in piena città, però le luci dei lampioni non rovinano un’atmosfera che per noi è bella proprio perché è così cupa.
Ai bordi del parco a noi estremamente familiare, un sacco di Lincoln parcheggiate, sorrido mentre vedo che anche qua è cambiato ma di poco, solo un po’ migliorato.
Ci sono più viottoli, più alberi, più panchine. Io e lui ci inoltriamo in uno di questi sentieri perdendo volontariamente l’orientamento e quando non ci sono luci a raggiungerci, nessun rumore se non i nostri passi, mi prende la mano ed intrecciamo le dita.
Cazzo se sa fare i regali, lo stronzo.
Mi strofino le labbra mentre aspetto che la commozione cessi, ma gli occhi sono lucidi ed anche se fa freddo e siamo tutti bardati, sto benissimo.
- Questo parco non poteva mancare all’appello, eh? - Dico finalmente. Lui sorride anche se non lo vedo e annuisce.
- Sei contento di essere qua? - Chiede poi calmo.
- Con te? - Alza le spalle.
- Qua... dove il nostro sogno ha preso forma concreta. - Lo so perché ha scelto il parco dove passavamo davanti ogni giorno per andare a registrare Hybrid Theory.
- Non è iniziata qua, ma qua si è concretizzato. Qua è passato dall’essere un sogno ad essere la nostra realtà. Ma eravamo ancora nel limbo, quando guardavamo questo posto. - Lui annuisce concordando, poi dopo una bella passeggiata ci fermiamo su una panchina, ci sediamo vicini e ci stringiamo cercando di combattere il freddo. Da qui vediamo la luna che stasera è fottutamente bella. Le mani ancora allacciate, spero che non le separi. Entrambi abbiamo gli anelli, stasera. Guai altrimenti.
- Ci chiedevamo come sarebbe andata, se ce l’avremmo fatta davvero. Questo è il parco delle nostre speranze, no? È il parco che ha dato il nome al nostro gruppo grazie al quale poi... beh, ora noi esistiamo! - Completa il mio pensiero per spiegare il motivo per cui lo ha scelto. Mike sembra freddo, ma è molto sentimentale, solo che non è capace di mostrare questi lati a tutti.
In realtà essendo metà giapponese è normale che sia contenuto e controllato davanti a tutti, quel suo lato è molto forte in lui. Ma ha fatto molti progressi e non mi sento di punirlo ancora per questo suo DNA di cui non si può completamente disfare.
- Sai, ho pensato molto. - Non che questo inizio sia buono, di solito mi fa piangere.
Ci guardiamo al buio, però ci vediamo abbastanza bene. I suoi occhi brillano e lo trovo bello come il primo giorno, anche se da quella volta è maturato ed è ancora più splendido secondo me.
- Devo avere paura? - Chiedo ironico per sdrammatizzare. Lui mi dà un colpetto con la spalla, poi continua serio, sempre guardandomi.
- Non c’è un torto od una ragione fra noi, non c’è mai stata. È solo una situazione complicata. Ma è vero che a volte mi lascio ancora prendere troppo dal mio lato ossessivo e maniacale del controllo. Insomma, voglio dire che ho dei difetti di cui non so se riuscirò mai a disfarmi. Però non voglio che sia sempre tu a cedere perché mi ami troppo. Voglio amarti anche io nel modo in cui mi ami tu. Voglio cedere anche io e fare quel che vorresti. Solo che... beh... - la voce trema, cambia direzione lo sguardo ed io capisco cosa vuole dire, così lo tranquillizzo.
- Non ti chiederò mai di fare coming out, stai tranquillo. - Così sospira ed io rido per poi farmi serio. - Io lo sento comunque il tuo amore. Anche se ogni tanto ti ucciderei. - Lui sorride poi scuote la testa.
- Tu SAI che io ti amo, ma è diverso dal dimostrarlo come si deve. Voglio solo cercare di dimostrarlo meglio, solo che non è facile per me perché passo tutto il tempo  a pensare a come nascondere le cose. Se si venisse a sapere di noi nella mia famiglia sarebbe terribile. Però io voglio farti sentire amato, non solo fartelo sapere. Capisci? - annuisco, capisco perfettamente il punto ed è quello che un po’ mi fa soffrire ancora dopo tutta la strada fatta insieme. Lì ancora non arriviamo molto bene.
- So che ci riuscirai perché quando vuoi una cosa e ti impegni, ci riesci. E non pretendo miracoli. Solo qualche ‘sì’ ogni tanto quando invece vorresti dirmi ‘no’. - Quei ‘sì’ che gli costerebbero un sacco ma che se me li dirà saprò che siamo arrivati a quel punto, al punto che ancora ci mancava.
Lui annuisce e si protende verso di me, prima di sfiorarmi la bocca, guardandomi da così vicino, mormora deciso:
- Ed è questo che ti prometto nel giorno del tuo trentacinquesimo compleanno. - Sorrido. - auguri, amore. Ti amo e spero di riuscire a farti sentire sempre più amato da qui in poi. L’idea di farti soffrire ancora mi fa impazzire. - Le labbra si intrecciano mentre mi gusto con calma questo buon compleanno speciale e dolcissimo, le lacrime questa volta scendono perché per la prima volta ci baciamo all’aperto in un posto così pubblico. Anche se è notte e siamo lontano da ogni fonte di luce, è una sensazione bellissima farlo con l’aria intorno.
Era tutto quello che volevo, solo questo.
Che fosse più sé stesso. O che, per lo meno, iniziasse a provarci meglio. Non so se ci riuscirà, ma questa serata è stata speciale e so che è un tentativo più serio.
Perché abbiamo fatto la coppia tutta la sera, abbiamo trombato nel garage di due sconosciuti con il rischio di finire su internet e poi siamo qua, mano nella mano, seduti a baciarci all’aperto.
Non potevo volere di più.
- Ti amo anche io, è stata la notte più bella della mia vita, non avrò mai più un compleanno più bello, lo giuro. Questa notte ti sei tolto tutte le tue maschere, tutte. Eri te stesso al cento percento e per me hai corso un sacco di rischi e... non so, essere qua all’aperto, in questo parco a baciarci per me è già il tuo passo in avanti più grande. Ma tranquillo che ti strillerò Papercut tutte le volte che farai il coglione! -
Lui ride, io faccio la stessa cosa, poi la sua mano libera mi carezza il viso, torniamo seri ed è tutto perfetto così.
Io, lui, il nostro parco, l’inizio ed un proseguimento meraviglioso.


Certo questa volta ha lasciato il segno molto più che per una bella promessa e per aver trovato quella che ormai sarà la nostra canzone, Papercut.
Il segno sarà bello evidente, cazzo.
Non so se dirglielo sarà una grande mossa, ma prima o poi lo saprà. Se non altro quando nasceranno, perciò...
Prendo coraggio a due mani, vado da lui spavaldo e tutto felice come un idiota strillo a mille decibel:
- EHI MIKE INDOVINA UN PO’ CHE SUCCEDE? DIVENTERÒ PADRE DI DUE GEMELLI! -
Lui quindi mi guarda basito e immediatamente shoccato risponde:
- Anche io! - Così io non capendo subito che razza di reazione sia, dico qualcosa a caso:
- Anche tu vuoi dei gemelli? Dovresti imparare a trovare la vagina di tua moglie, toglile le ragnatele prima... - Certamente non potrei essere meno stronzo. Lui così mi tira un pugno con l’aria offesa e grugnisce:
- Anche io avrò dei gemelli, coglione! - Mi massaggio e mi lamento guardandolo male.
- Eddai che cazzo mi picchi! Si può sapere come posso essere originale nel dirti una cosa che dovrebbe farti incaz... - Poi finalmente capisco che ha detto, le parole risuonano nel mio cervello vuoto. - Un momento, che hai detto? - Così lui ride, Oh Dio sia lodato che ride! Per un momento non importa niente altro.
- Eh, che ti devo dire, ho tolto le ragnatele ed ho trovato la vagina di mia moglie... credo... credo che... come la dobbiamo interpretare questa cosa? - Mi chiede mezzo divertito e mezzo shoccato, credo sia una reazione un po’ isterica comunque mentre io mi stringo nelle spalle ancora incredulo che anche lui avrà gemelli. Già quando l’ho saputo io mi è venuto un colpo.
- Che le cazzate vanno in coppia? - Non so come mi esce ma per fortuna lui ride ancora e questa volta meno isterico. Così mi rilasso e continuo. - O magari che questo litigio deve essere ricordato nei secoli dei secoli perché non si ripeta più? Quando ti verrà voglia di fare il paranoico guarda i gemelli e ricorda quando li hai concepiti. -
- Se lo faccio divento ancora più paranoico, insomma... mi sono fatto Anna perché sapevo che tu ti facevi Talinda e la cosa mi faceva incazzare. Sono stati concepiti per ripicca. Se li guardo e penso al concepimento posso solo sentirmi peggio e... -
- OK OK NON PENSARE A NIENTE! Però Dio ha il senso dell’umorismo eh? Due gemelli. Nello stesso periodo. Seriamente? -
- Non dirlo a me, amico... non dirlo a me... tocco Anna una volta ogni dieci anni forse e quella volta resta incinta. Ti sembra una cosa fattibile? -
- Fattibile non lo so, ma sai a cosa penso? - Lui ha l’aria di chi ha paura a chiederlo.
- Devo saperlo? - Gli circondo il collo col braccio mentre ci avviamo insieme dagli altri che intanto sono arrivati.
- Penso che se mi insemini nascerebbero due splendidi gemelli! - Mike rabbrividisce ma non mi spiega perché la cosa sarebbe impossibile.
- Per carità, tu incinta per nove mesi? Dio ci ha liberato in anticipo di una potenziale apocalisse! Sai quanti ormoni sono sparati nelle donne incinta? Tu ne hai già abbastanza di tuoi di norma, se fossi incinta... cazzo, penso finirei per lasciarti davvero! - E quando lo dice lo spingo in avanti, mi attacco alla sua vita e gli mordo la chiappa. Facciamo il nostro ingresso trionfale così, con io che gli mordo il culo e lui che grida poco mascolino. Ed entrambi con gli anelli alle dita, insieme, davanti agli altri. Non era mai successo così insieme.
Chissà se un giorno li metterà anche durane un’intervista od uno show mentre ce l’ho anche io?
Beh, sognare non guasta e visto che a noi, a quanto pare, i sogni riescono... tanto vale, no?