NOTE: In realtà il fatto che Chester è malato ed è stato ricoverato in ospedale (poi dimesso) e che hanno annullato che io sappia 2 date e rimandato la terza, è vero. Non conosco tutti i dettagli, per cui poi ho immaginato… così come le canzoni che accenno per il live al piano-voce, non so la scaletta di quella serata specifica e tanto meno quante ne abbiano fatte in quel modo, però a me piaceva così e così ho fatto. Spero che piaccia anche a voi, io ero particolarmente ispirata! Il verso iniziale è della canzone che solitamente fanno, appunto, al piano-voce Mike e Chez amorevolmente soli! Cos’altro posso dire? Ora Chester sta meglio anche se hanno sospettato addirittura fosse meningite, poverino, ma attualmente è già tornerato sul palco, penso, quindi godetevi la lettura che spero sia buona!
Baci Akane
PS: non pensate ci stia bene anche la parte in cui poi Mike ‘cura con le sue mani’ Chez? ^__-

MICA SONO MORTO!

“Ti ho mentito
Nello stesso modo di sempre
Questo è l'ultimo sorriso
Che fingerò per restare con te
(Ogni cosa cade a pezzi, persino le persone che non sono state mai in disappunto alla fine crollano)
Il sacrificio di nascondersi nella bugia
(Ogni cosa deve finire, scoprirai presto che non ci è rimasto più tempo per guardare tutto andare per la sua strada)
Il sacrificio non è mai intenzionale”

/Pushing me away - Linkin Park/

Quando Mike si sentì toccare la spalla, era completamente immerso in una delicata operazione di sforzo mentale: si stava infatti adoperando con ogni impegno strenuo per rifinire il programma del concerto ormai prossimo. Naturalmente non lo faceva lui da solo ma a rifinirlo e mettere le ultime modifiche sì e ci teneva a concentrarsi in modo da non farsi sfuggire nulla.
Chino sul tavolo del proprio camerino mentre tutti gli altri sia del gruppo che della troupe erano altrove a montare e prepararsi in vista della serata, era come sparito in un altro mondo, non c’era più.
Così quando qualcuno lo toccò per attirare la sua attenzione, senza farci caso si girò automaticamente con la mente ancora totalmente rivolta al suo programma.
Fu così che non fece in tempo a prepararsi.
Del resto esisteva preparazione adeguata per un urlo da fine del mondo?
Aveva solo lontanamente visto che la faccia a due centimetri dalla propria era quella del suo ragazzo, poi il suo grido da primato mondiale gli aveva penetrato orecchi, timpani, incudine, staffa, martello ed ogni altro ossicino e membrana frapposto fra il padiglione esterno ed il cervello, ed avevo così spaccato ogni neurone sicuramente impreparato ad una cosa simile.
Lo shock era stato bestiale ed in un nano secondo, dopo quell’urlo assurdo, le ginocchia di Mike si erano piegate facendolo finire bello che sciolto a terra… e si maledisse per non aver fatto quello che doveva -che ora si era scordato- seduto anziché in piedi.
- CHEZ, PORCA PUTTANA! - Gridò, anche se non come l’altro. Colui che prima di quell’urlo era considerato da tutti la mente geniale del gruppo, rimase a terra a guardare il suo compagno ancora in piedi che lo fissava serio e addirittura preoccupato. - Che diavolo ti è saltato in mente?! -
- Non ti sembro fottutamente sottotono? - Chiese accucciandosi davanti a lui fermamente convinto di ciò che diceva e soprattutto dannatamente angosciato per questo.
Mike sgranò sconvolto gli occhi, diceva davvero una cosa simile?
- E per capirlo dovevi uccidermi? - Si mise un mano al petto costatando che quello che galoppava ad una gara ippica da coppa del mondo era proprio il suo cuore.
Chester continuava a stare serio e preoccupato ma di certo per sé stesso e non per Mike che non riusciva ancora a riaversi dallo spavento.
- Dimmi la cazzo di verità, non è il mio solito fottuto urlo, vero? - Solita parlata fine ed educata!
- Suppongo di no visto che sono ancora vivo e che se fossi stato in forma mi avresti ammazzato davvero! - Sbottò severo spintonandolo e alzandosi, si sedette quindi alla sedia e imbronciato gli diede le spalle tornando alla scaletta della serata, convinto di non avere la più pallida idea di che cosa ci fosse scritto nonostante l’avesse fatto lui stesso!
Chester si tirò su a sua volta sedendosi nel piccolo divano posto proprio dietro al tavolino, allo specchio ampio e alla sedia di Mike, alzò le braccia sulla testa e accavallando comodamente le gambe puntò il ragazzo senza il minimo pentimento riguardo ciò che aveva fatto.
- E’ grave, porca merda… come cazzo faccio stasera? -
Era melodrammatico in maniera esagerata se riguardava la sua voce, ma Mike non poteva dargli torto. Un calo di voce ore prima di un concerto non era certo il massimo… specie se per provarla andava in giro gridando a destra e a manca come un mentecatto!
- Intanto piantala di testarla come se fosse uno yo yo, poi potresti evitare di spogliarti a fine prove o concerto… sudato ammollo come sei ogni volta ti becchi i peggiori accidenti e ti sta bene, te li cerchi! Per fare il figo ti ammali! -
Chester si tirò su tutta la zip della maglia che indossava ed alzò il cappuccio, quindi tornò nella comoda posizione di prima dicendo:
- Ma io SONO figo, non ho bisogno di farlo! Fottiti, sei solo geloso! - Il che era anche vero, ma questo non toglieva che avesse ragione!
Nonostante il tono usato fu il medesimo di prima, Mike capì che mentre riguardo la voce era serio, riguardo questa uscita megalomane scherzava, così smise di guardare il foglio senza capirci niente ed in attesa che i neuroni tornassero attivi, alzò lo sguardo sullo specchio attraverso il quale poteva vedere il demenziale compagno che con aria grave fissava… il suo fondoschiena!
Si fermò chiedendosi quanto preoccupato fosse effettivamente per la prestazione, quindi scosse la testa e sminuendo il suo reale stato d’animo gli tirò una bottiglietta di acqua mezza piena che l’altro prese al volo con noncuranza.
- Fottiti tu Chez! Non ho tempo da perdere con queste cagate! Arrangiati! - Non era veramente arrabbiato ma lo spavento traumatico che aveva preso per colpa sua avrebbe anche potuto fargli dimenticare tutte le loro canzoni che conosceva meglio delle Ave Maria. Del resto se era veramente preoccupato di avere dei cali, dei rimedi c’erano, non certo strigliare l’anima agli altri!
- Ma Mike, sei uno stronzo! Dovresti chiedermi come sto invece di sbattertene! - Si lamentò fingendo di fare i capricci. Bè… fingendo fino ad un certo punto!
Lui in effetti era profondamente egocentrico e non venir calcolato dal proprio compagno era fonte di grande fastidio, ma Mike ormai lo conosceva bene e fece finta di nulla continuando a studiarsi la sua scaletta benedetta.

Le prove rivelarono l’ottima forma di tutti, tutti ad eccezione di un membro di certo essenziale.
Chester non solo era effettivamente sottotono come aveva ampiamente sbraitato ai quattro venti, ma era anche totalmente fuori dai pezzi.
Con fuori dai pezzi si sottintendeva addirittura stonature, seppure piccole e quasi insignificanti. Cose che però nonostante il suo particolare modo di cantare non faceva mai.
Tutti lo notarono ma il primo a puntare i suoi grandi occhi scuri e preoccupati sul cantante principale, fu Mike il quale ricordò l’assurdo dialogo, se tale si poteva chiamare, di qualche ora prima.
Non gli aveva dato molta importanza ma notando quanto poco si scalmanasse, quanto fosse coperto -cosa pazzesca già di suo-, quanto sbagliasse e piano cantasse, non poteva non capire che dopotutto qualcosa che non andava l’aveva davvero.
Con un gesto ampio del braccio col quale impugnava la chitarra, fermò tutti che smisero di suonare e guardando sospettoso e diretto Chester gli si avvicinò scrutandolo inquietante:
- Che c’è che non va? - Chiese dando ormai per scontato che qualcosa avesse.
- Niente, cazzo, perché? Ho solo un fottuto calo di voce… - Sbottò col solito sgarbo condito dalle immancabili parolacce.
A questo Mike non fece caso, era il suo modo di parlare, ma notò quanto si adoperasse per non farsi toccare e avvicinare troppo da lui.
Assottigliò ulteriormente lo sguardo inquisitorio e scambiandosi un’occhiata eloquente con Brad lì accanto, fece un altro passo avanti per toccargli la fronte. Non ci riuscì, Chester evase il gesto pulendosi l’eccessivo sudore dal viso pallido.
Non stava bene e si vedeva ma fra poche ore avrebbero avuto un concerto ed ormai non c’era più spazio per le stupide lamentele.
- Sto bene! - Sbraitò selvatico attirando l’attenzione di tutti, tecnici compresi. I due si fronteggiarono per un paio di secondi dove ci fu una sorta si sfida, quindi Chester riprese deciso e secco: - Ho solo preso un po’ di freddo, niente di che! Ora mi riposo e per stasera sono al top! -
Che fosse solo un po’ di raffreddamento era evidente, che trascurarlo fosse una buona idea era un altro paio di maniche!
Senza dargli tempo di ribattere, il giovane scivolò velocemente via dal palco sotto gli occhi sbigottiti di tutti e Mike, piantando la chitarra a Brad, più allibito degli altri, gli andò dietro di volata.
Non era stato proprio un litigio ma la tensione si era alzata e non fu ben chiaro a nessuno il meccanismo di quella scena. Poterono solo stringersi nelle spalle e sperare che quella sera sarebbe andato tutto alla grande.

La porta del camerino di Chester sbatté, si aprì e tornò a sbattere.
Mike era entrato e nessuno osò raggiungerlo, anzi vi rimasero dovutamente lontani.
Se c’era qualcuno in grado di risolvere le lune storte -o qualunque cosa fosse- di Chester, quello era proprio Mike.
Tanto per cambiare.
Il giovane dai capelli neri che ricadevano un po’ scomposti sulla fronte, non chiese nemmeno il permesso di entrare e appena lo vide capì precisamente di cosa si trattasse.
Chester, con un’altra maglia addosso, era accucciato sul divanetto e con le braccia intorno alle ginocchia alzò gli occhi contrariati sul compagno. Fu lì che Mike si spompò immediatamente e sospirando si sedette accanto prendendogli le caviglie e girandolo verso di sé:
- Bastava dirlo che non stavi bene, saltavamo le prove generali, che tanto sono sempre quelle. Per gli strumenti possiamo fare senza di te. Tu andavi in albergo e ti riposavi… - Chester corrugò la fronte.
- Di che diavolo parli, sto benissimo… per un po’ di mal di gola… - Cercava ancora di sminuire nonostante solo poco tempo prima aveva cercato di attirare la sua attenzione proprio per quel motivo.
Mike che sapeva bene come prenderlo quando era in fase avversa al mondo intero, risalì dolcemente con le mani calde e giunse alle ginocchia baciandogliele delicato.
- Va bene, ma bastava me lo dicessi in modo normale e ci pensavo io… ci sono dei rimedi, sai… - Non l’avrebbe mai ammesso che stava proprio male e non era solo una questione di mal di testa, però non serviva glielo dicesse. Il tono era morbido e sgonfiò subito il finto astio a carattere difensivo del compagno che lo lasciò fare.
Mike appoggiò così la fronte alla sua e appena la sentì calda capì che aveva la febbre. Probabilmente non altissima, ma c’era.
Sospirò chiedendosi cosa fosse meglio fare, non era certo un dottore, dipendeva quanto male stava e Chester di sicuro non sarebbe mai stato sincero. Aveva quella maledetta mania di sminuire le cose importanti e gonfiare quelle inutili!
Scivolò con le mani lungo le sue braccia e giunte al collo si fermarono infilandosi sotto il cappuccio alzato, a contatto anche con quella porzione delicata di pelle, sentì che era una specie di stufetta elettrica. Rimase fermo a fissarlo negli occhi da quella posizione intima e ravvicinata lasciandolo rannicchiato su sé stesso, strinse la bocca in un’espressione indecisa e scontenta.
Da un lato i doveri, dall’altra le preoccupazioni.
Entrambe cose importanti.
Dipendeva da lui, chiamare un medico e prepararsi ai probabili disastri oppure resistere almeno fino dopo il concerto?
Certo non era lui che stava male, non toccava a lui scegliere. Anche perché in quanto fidanzato di Chester avrebbe tranquillamente mandato all’aria la data odierna e spedito l’ammalato da chi di dovere.
Ma magari non era grave…
- Mi imbottisco di antinfluenzali e tutte quelle cagate energetiche, faccio il concerto e poi vediamo, dai. - Disse infine Chester il quale aveva capito l’inutilità del proprio affanno.
Negare che stava male era certamente idiota.
Mike avrebbe potuto giurarci che sarebbe andata così, malgrado non fosse d’accordo capì che era troppo tardi per rimandare un concerto o peggio annullarlo, quindi asserì fra sé e sé che era proprio la cosa migliore, sebbene potendo scegliere se lo sarebbe chiuso in camera a curarlo come si doveva.
Sorrise consapevole sin da subito che quella sarebbe stata la soluzione che avrebbero preso e baciandogli delicatamente la fronte, provocandogli un leggero solletico con la barba, lo circondò con le braccia, strofinandogli le mani sulle spalle e poi sulla schiena per scaldarlo.
C’era un modo migliore, certo, ma non era certo il caso di avere due cantanti ammalati, poi!
Contrariato si trattenne e si intenerì sentendo Chester abbandonare con stanchezza la testa contro di sé, il viso nascosto nell’incavo del proprio collo, il calore febbrile gli diede una chiara ed esatta idea della condizione del compagno e arricciando le labbra in disaccordo con la decisione finale, allargò le gambe infilandosi le sue intorno alla propria vita in modo da attorcigliarselo addosso, quindi se lo strinse protettivo senza vergognarsi di un gesto tanto tenero ed inappropriato per loro.
- Ti faccio portare in albergo e ti faccio avere tutto, qua ci penso io. -
Disse infine lieto ci fossero comunque parecchie ore davanti a loro prima del concerto.
Il silenzio di Chester che non fu interrotto nemmeno da una parolaccia, gli fece capire quanto poco bene stesse e il suo sguardo solitamente allegro e limpido si oscurò.

Quando andò a chiamarlo stava ancora dormendo della grossa e a giudicare da quanto aveva sudato le medicine dovevano aver fatto effetto.
Prima di svegliarlo gli toccò il viso e la fronte madide, quindi lo sentì fresco e alla luce fioca del comodino notò un colorito migliore di quello della mattina.
Dormiva anche tutto scoperto per un sonno agitato dove la febbre gli era scesa.
Sperando fosse definitivo e non momentaneo, lo svegliò con un sentimentale bacio sulla fronte evitando per sicurezza le labbra.
- Principessa, è ora che ti rimetti in piedi! -
Disse con ironia. Chester strinse dapprima gli occhi non volendo saperne di aprirli, poi si rassegnò e con una fatica madornale fece fuoco intorno a lui.
In fondo svegliarsi in quel modo non era male, con il proprio ragazzo in versione tenero e coccoloso cerca di tirarti su poiché preoccupato.
Ammalarsi non gli era mai dispiaciuto, non se era lontano da impegni importanti di lavoro. Poteva avere tutte le meravigliose attenzioni di quello che spesso e volentieri chiamava scherzosamente orsachiotto!
Mike a guardarlo in certi momenti e con certi tagli corti di capelli, sembrava proprio un orsacchiotto di peluche. Aveva le orecchie un po’ a sventola anche se non eccessivamente, la testa di un tondo perfetto e gli occhi grandi e tenerosi. Aggiungendoci la barba quando ce l’aveva e quelle espressioni da animaletto buffo, sembrava proprio un orsacchiotto di peluche!
- Tieni, ti ho portato altra buona roba (e non pensare male, cazzo!) che ti ridarà tutte le energie. Poi lavati e preparati psicologicamente alla tortura! Per te non sarà facile stasera! - Gli mise un sacchetto nel letto, poi aprì gli scuri delle finestre della suite a loro disposizione, il pomeriggio andava finendo e le luci della città cominciavano a vedersi meglio, suggestive ed affascinanti. - Come stai? - Gli chiese poi sedendosi al tavolo e attaccando la propria cena, qualcosa di nutriente e leggero per tenerlo in piedi senza farlo vomitare durante il concerto.
Chester si mise a sedere e aprì il sacchetto rovistandovi dentro.
- Bene… - Lo disse stupito poiché era vero. Quegli antinfluenzali erano provvisori ma funzionavano per qualche ora… il punto è che non curavano. Ma a quello ci avrebbero pensato dopo! - Hai detto qualcosa agli altri? - Il tono era comunque stanco e assonnato, la fiacchezza generale ed il fatto che non parlasse come suo solito erano un chiaro sintomo che non l’aveva ancora superata.
- No, assolutamente. Ho detto che hai preso un po’ freddo, un po’ di mal di gola e dormito poco. Ti hanno maledetto perché avresti dovuto dirlo subito e stare qua a riposarti da prima! - Rispose a bocca piena.
- E’ tutto pronto? - Chiese poi l’altro ingurgitando diligentemente tutto quello che gli aveva portato, medicine, rimedi vari e cibo.
- Ne dubiti? Con chi credi di parlare? Può ammalarsi la voce del gruppo, ma l’anima non ne risente mai! - Fece scherzando paragonando il compagno alla voce e sé stesso all’anima!
Non era effettivamente errato, solo una botta di narcisismo che comunque fece ridere l’ascoltatore senza la forza di stare dietro al gioco!
Parlarono del concerto, della scaletta e di ogni dettaglio tecnico e professionale, quindi finito di prendere tutto quello che Mike gli aveva portato, Chester andò a lavarsi.
La dormita e la sudata gli avevano fatto bene, ora per lo meno qualche altra ora avrebbe retto, poi poteva anche svenire stecchito!
Il ragazzo rimase solo nella stanza più grande e con il mento appoggiato sulle mani dalle dita incrociate, fissò la porta schiusa del bagno.
Sospirò con una libera espressione preoccupata ed oscurata.
Quei rimedi non erano certo una soluzione, specie non duraturi. Bisognava sperare che fosse un’influenza passeggera e che sarebbe passata in fretta fra una data e l’altra, altrimenti avrebbe dovuto pensare ad annullarne alcune e queste non erano mai delle buone cose.
“E al di là dei concerti, quello stupido non può trascurarsi così! Con queste cose non si scherza mai!”
Come se, dopo tutto, si sentisse che le cose non sarebbero semplicemente finite così.

Se fosse stato uno che scommetteva, Mike avrebbe puntato su un Chester meno scalmanato per quella serata. E avrebbe perso.
Con profondo stupore lo vide saltare, correre e gridare come sempre, la sua stessa voce pareva perfettamente in forma, non una stecca, non un errore… non era dovuto intervenire in suo aiuto nemmeno una volta, non c’era stato bisogno di coprire qualche sbaglio o qualche sua mancanza.
Era stato perfetto, come sempre, e stando con lui in quelle condizioni si chiese se per caso non avesse solo finto di stare male, prima.
Poi però si era dovuto correggere.
Chez non era capace di fingere, specie non così bene. Se non voleva fare le prove non le faceva, non tirava fuori scuse simili.
E poi la sua fronte calda e lo stato sciupato in cui l’aveva visto non erano finti.
Sconcertato si disse che forse non era comunque stato così grave come ad un certo punto aveva pensato.
Per lui aveva poi modificato la scaletta mettendo ben tre canzoni in voce e piano invece che due, per permettergli di darsi tregua a metà concerto. In quei momenti che si era calmato, con le luci azzurre e tutto il resto buio, lo aveva visto bene posizionato davanti al microfono di fronte a sé, seduto invece alla tastiera.
Sudato fradicio e di nuovo con una cera non molto splendente. Certo le luci non erano quelle naturali ma ormai il suo colorito normale lo conosceva perfettamente anche ad ogni tipo di luce da palcoscenico. Quella non era giusta.
Occhi chiusi, capelli corti bagnati, goccioline che correvano sulla pelle lucida, vestiti attaccati al corpo, fronte appoggiata alle mani e al microfono. Respiro affannato a cercare di raccogliere le forze e le energie disperse l’ora appena passata a fare il matto. Nessuno avrebbe potuto dire che Chester aveva fatto un concerto sottotono. Nessuno avrebbe mai osato.
Per lui ed il suo ego sarebbe stata una cosa inammissibile.
Allungò di proposito i giri di note iniziali e fra le varie strofe, ritardò gli attacchi al compagno e lo aiutò come poté, poi però l’aveva visto di nuovo scatenato come non mai, come fosse in perfetta forma.
Esterrefatto, pronto a raccoglierlo col cucchiaino da un momento all’altro, non era successo niente e più che fissarlo preparato a tutto, non aveva avuto bisogno di fare altro. Tutto regolare, tutto liscio come l’olio.
Non certo la sua interpretazione migliore, ma comunque buona.
A fine esibizione, dopo aver ricevuto tutti gli applausi e ringraziato come di rito, finalmente si ritirarono dietro le quinte e dando il cinque a tutti i membri dello staff che si complimentarono per l’ottima esecuzione, si infilarono tutti nel camerino di Mike come di rito per darsi le primissime impressioni a caldo prima di ritrovarsi in albergo, sempre nella stessa stanza, quella di Mike e Chester -i quali stavano insieme.-
- Questa non finiva più! -
- E’ andata bene, dai! -
- Gran bel pubblico, non me lo aspettavo così! -
- Anche quella che hai cambiato all’ultimo è venuta bene… non avendo avuto tempo per provarla pensavo non venisse così, invece… -
- Già, me ne sono stupito anche io, onestamente ero pronto ad un’esibizione mediocre invece… - Rispose Mike ghignando ironico, dicendo di proposito qualcosa per stuzzicare l’orgoglio smisurato di Chester. Tutti lo guardarono mentre si infilava la prima felpa di Mike, bella larga, che gli venne sotto mano. Era fradicio e stranamente silenzioso. Soprattutto stranamente non offeso!
Sentendosi osservato capì che fra un tremore nascosto e l’altro avrebbe dovuto dire qualcosa per tranquillizzarli. Se c’era qualcosa che detestava era far preoccupare i suoi amici.
Rivolto a Mike piantato con le mani ai fianchi davanti a lui, rispose con fiacchezza sferzante:
- Il mio mediocre è comunque fottutamente sopra quello di tutto il mondo! -
Gli altri risero dandogli pacche sulla schiena, complimentandosi, quindi uscirono a loro volta per andare ognuno nel proprio camerino per asciugarsi, bere e tirare un respiro.
Mike rise dovendo ammettere che a quel punto era proprio vero, così rimasti soli gli colpì amichevole la spalla scherzando:
- Puoi dirlo forte! Ero convinto di doverti raccogliere con l’aspirapolvere invece eccoti qua ancora in piedi! -
Al colpo leggero, Chester sentì come se i fili gli venissero tagliati brutalmente, così pensando di dover fare forza per stare dritto, il corpo non rispose minimamente ai propri comandi e borbottando un biascicato: - Per poco… - si sentì, contro tutto sé stesso, perdere completamente l’equilibrio.
Pensando nella propria confusione mentale: “Ora cado, cazzo!” qualcosa arrestò il suo girotondo incontrollato.
Qualcosa di morbido.
Una spalla, un petto, delle braccia…
Ma poi quando la vista gli si era appannata tanto da impedirgli di vedere?
Era ancora in piedi o dove?
Non sentiva nemmeno bene la voce che lo chiamava, capì di chi si trattava non per logica e tantomeno per chiarezza mentale.
Capì che era Mike perché ne riconobbe l’abbraccio.
Dolce, protettivo, preoccupato. Lo stesso che gli porgeva quando dormivano insieme, prima di mettersi insieme, e di notte gli venivano gli incubi.
Si tranquillizzò sentendosi fra le sue braccia e si lasciò definitivamente andare con un sospiro.
Con lui andava bene, con chiunque altro no, ma con lui sì.
Mike, da parte sua, lo vide scivolare di lato e si raggelò, si trovò ad agire d’istinto e afferrarlo per il gomito e attirarlo a sé. Lo strinse e lo resse circondandolo possessivo e premuroso, spaventato all’idea di tornare a rimettere in moto il proprio cervello e cominciare coi ragionamenti utili e razionali.
Aveva solo avuto un giramento di testa. Niente di che.
Lo chiamò.
Lo chiamò più volte, ma dopo aver sentito le sue mani stringere impercettibilmente la propria felpa, Chester si era totalmente sciolto. Come se nemmeno combattesse per quella famosa dignità che per lui pareva più importante del pane!
- CHESTER! CHESTER! - Lo guardò accasciarsi e lo sistemò sul divano senza ragionarci su, poi gli toccò la fronte ed il viso. Sudore gelido, fronte bollente.
A quello un tuffo lo bloccò, fu solo un momento. Un momento che gli parve eterno ed infernale, successivamente dedusse d’aver chiamato aiuto o per lo meno di aver fatto abbastanza confusione, visti i suoi amici accorsi, il manager e non aveva più idea di chi altri
Si trovò in parte a guardare una scena a lui esterna, senza vederla davvero, senza essere veramente presente.
Parlarono, agirono, fecero un sacco di cose… ma i suoi orecchi gli rimandavano al cervello, per assurdo, l’unica cosa che al momento non succedeva veramente.
La canzone che quella sera era servita a Chester per recuperare le forze e affrontare il resto dello spettacolo. E poi anche le altre due.
Breaking the habit, Pushing me away e Shadow of the day.
Che poi, pensandoci in quel momento, altre canzoni non avrebbe di certo potuto scegliere… come fosse stato sensitivo e avesse percepito in anticipo il collasso di Chester.
Collasso.
Come quella parole gli attraversò la mente, si fermò di botto e gli rimbombò dandogli una di quelle scosse da elettroshock che fanno ripartire cuore, cervello ed ogni altro organo vitale.
Chester era collassato, stava male e lui non era riuscito ad evitarlo pur sapendo che la possibilità c’era.
Non se lo sarebbe mai perdonato.

L’apprensione di Mike esplose tutta in una volta.
- Non avrebbe dovuto trascurarsi, ai primi sintomi doveva curarsi subito e non sarebbe degenerato… - Stava cercando di spiegare il dottore con calma.
- Sì, ma cos’ha? - Chiese bruscamente Mike interrompendo i fastidiosissimi ‘avrebbe dovuto’ che non gli dicevano un bel niente. I ragazzi lo guardarono stupiti, non era da lui interrompere.
- Ha contratto un virus che purtroppo non è stato curato subito, così ha aggravato la salute del signor Bennington. -
- MA COME DIAVOLO STA!? - Quando lo fermò di nuovo e gridò in mezzo al corridoio dell’ospedale in cui erano, molti si girarono a guardarlo ed i suoi amici se ne sconvolsero, non era da lui di certo. Scoprendo un nuovo lato del loro Mike dopo anni e anni che lo conoscevano, si chiesero se non ci fosse dell’altro dietro. Il dottore mortificato, pensando peste e corna di quegli artisti famosi che non mostravano gentilezza e rispetto -cosa che solitamente Mike era proprio l’unico a porgere…-, rispose:
- Ha la febbre alta ed è molto debilitato, si è preso un’influenza pesante, ma naturalmente guarirà… - Mike non fece alcun respiro di sollievo e questo preoccupò gli altri che invece lo fecero. Non era contento che non era niente di grave? Certo la febbre non era bassa ma sarebbe potuto andare peggio…
- PROGNOSI, LA PROGNOSI! - Più era sotto stress e preoccupato, più parlava con un certo linguaggio preciso. Solo che normalmente non era brusco e scortese!
- Ecco… - L’uomo ebbe il forte istinto di mandarlo a quel paese ma dedusse che era solo preoccupato per il suo collega, così semplicemente rispose azzardando una prognosi sul momento: - Riposo assoluto per almeno tre settimane, ma mi riservo di cambiarla durante le prossime visite. Potrebbe guarire e rimettersi più in fretta del previsto. Comunque lo terremo in ospedale finché la febbre non si abbasserà un po’, poi il resto della degenza lo potrà passare a casa. O dove vorrà. - Si corresse sapendo che il gruppo che aveva davanti al momento era in tour e che probabilmente non era possibile riportarlo effettivamente a casa propria. - Gli ho prescritto delle medicine che dovrà prendere regolarmente per due settimane senza far di testa sua e… - Ma fu di nuovo interrotto dal brusco ed irriconoscibile Mike che mosse minaccioso un passo in avanti, vedendolo così nero temettero che lo colpisse:
- Non sono il suo infermiere, lo spieghi all’assistente e me lo faccia vedere, porca puttana! -
Anche se in casi normali avrebbe voluto sapere perfettamente le medicine e il metodo di somministrazione di Chester per assicurarsi lui stesso che non facesse il furbo.
Il dottore annuì quasi spaventato ed indicò la camera dove era tenuto, dicendo che comunque dormiva e che doveva stare tranquillo.
Mike non ascoltò oltre e con un’apprensione in lui mai vista, andò svelto nella stanza poco distante da loro lasciando a Brad il compito di ascoltare il resto dei dettagli.
Il suo ragazzo dormiva, quando Mike varcò la soglia chiudendosi la porta dietro ed oscurando le tapparelle dei vetri.
Dormiva con una flebo attaccata all’avambraccio.
Le occhiaie, il pallore, la sciupatezza… sospirò e si morse il labbro spompandosi immediatamente, come gli avessero staccato la spina o tagliato i fili; allo stesso modo, dopo aver mosso faticosamente qualche passo per la stanza e giunto alla sedia accanto al letto, vi si lasciò cadere sopra consapevole che non avrebbe retto in piedi un minuto di più.
- Porca miseria, Chez… non sono cose che puoi farmi, queste… - Iniziò come se il compagno fosse sveglio. Increspò la fronte e tutta l’espressione sciolse la tensione, si coprì nascondendo l’ansia e la preoccupazione che strabordava.
Sentire il corpo esile e leggero del proprio ragazzo che si accasciava contro di sé non erano sensazioni che si potevano dimenticare e superare facilmente.
Poggiò i gomiti sul bordo del letto incurvandosi tutto su sé stesso, quindi continuò sommesso a ruota libera sapendo che in certi casi bisognava comunque lasciar andare qualcosa, per non esplodere come… come mille soli!
- Ci sono cose che vanno e che non vanno. Questa non va. Cose che sopporto… e ne ho sopportate tante, lo sai… ma questa no. Se ti trascuri di nuovo e mi fai prendere un colpo simile giuro che se non ti ammazza la malattia, poi lo faccio io! - Cercava combattività e magari anche un po’ di ironia per sdrammatizzare.
Da un lato vago del suo cervello sapeva che non era poi tanto grave e che non serviva farla così lunga, ma dall’altro il suo stato d’animo non voleva saperne di capirlo e calmarsi.
Si era spaventato troppo, in quel preciso istante cortissimo eppure infinito.
Uno spavento insensato ed esagerato, ma era successo.
Nessuna prontezza di riflessi per agire razionalmente, solo il tilt più totale!
- E comunque non dovevo darti corda con le tue assurde manie di onnipotenza! Dovevo darti un calcio in culo, spedirti dal dottore e rimandare la data. - Poi ci pensò realizzando il tempo che aveva detto il medico: - Cazzo, che rimandare… qua si annulla e di brutto… e non solo una, almeno due… forse la terza la possiamo semplicemente rimandare… ma chi porca troia se ne sbatte! Questo è lavoro, è passione, è tutto quello che vuoi, ma non la nostra vita. Ci sono cose più importanti, perché diavolo devi sempre voler fare tutto? Non sei mica robocop! Appena hai cominciato a sentirti male dovevi dirmelo, curarti subito e soprattutto, se era il caso, rimandare il concerto. Ora ti sei aggravato e guarda qua! Sempre a combinare casini tu… e me li fai fare pure a me… è anche colpa mia. Non dovevo darti corda. Non dovevo. -
- Piantala, non sei così importante da riuscire di impedirmi di andare sul palco! Nemmeno se mi legavi, mi tenevi fuori! - Biascicò bruscamente Chester con voce impastata e assonnata. Quando aprì gli occhi mise confusamente a fuoco la stanza circostante e poi Mike che alzava la testa dalle mani con cui si copriva. Mosse faticosamente un braccio e si passò la mano sul volto sciupato. I due si guardarono e ci fu quell’attimo di silenzio che parlò al posto loro, silenzio dove uno pensò peste e corna sull’altro mentre questi sperò di averlo convinto a piantare di piangersi addosso!
Decise di concludere degnamente:
- Mica sono morto! -
Ma non avendo testato l’apprensione di Mike, non poteva sapere che era una bomba a orologeria!
Nonostante le ‘lagne’ che sarebbero dovute servire a sfogarlo, il ragazzo seduto si alzò e piegandosi sul compagno artigliò la coperta per non farlo col suo collo e a pochi centimetri dal suo stanco viso shockato e pietrificato, sbraitò infuriato:
- NO CHE NON SEI MORTO! E CI MANCAVA ANCHE QUESTA! SOLO SE MUORI HO IL DIRITTO DI PREOCCUPARMI? SE MI COLLASSI ADDOSSO NO? POSSO METTERTI DA PARTE E ANDARE A BERMI UNA BIRRA? O COSA POSSO FARE, DI PRECISO? NO, PERCHE’ MENTRE TU NON ERI MICA MORTO, IO MI SONO SENTITO UN PEZZO DI MERDA AD AVERTI PERMESSO DI SALIRE SUL PALCO IN QUELLE FOTTUTISSIME CONDIZIONI! E NON SARO’ ABBASTANZA IMPORTANTE DA LASCIARTI FUORI DA UN CONCERTO, MA LO SONO ABBASTANZA DA ALLUNGARTI LA PROGNOSI DA TRE SETTIMANE A TRE MESI, PERCHE’ TI ROMPO TUTTE LE OSSA CHE HAI, A PARTIRE DA QUELLE CHE NON USI MAI E CHE STANNO IN TESTA! -
Le grida si sentirono fino a fuori dove accorsero per vedere che succedesse. Ad impedire l’entrata furono i benedetti ed intuitivi amici dei due cantanti i quali, fuori dalla stanza, dissero con noncuranza:
- Chez si è svegliato e ha detto una delle sue solite cazzate… -
- Scommetti che gli ha detto che non è morto? -
- Gran bella scommessa… Mike l’ha appena gridato! -
Ma mentre i quattro fuori scherzavano divertiti e sollevati dal sapere indirettamente che Chester stava meglio di quello che fosse sembrato, dentro l’ammalato in questione non la pensava allo stesso modo.
Ammutolito capì che forse -forse- aveva un tantino esagerato nel cercare di sminuire la cosa.
È che tutte quelle seghe mentali lui non le soffriva, anche se capiva che solitamente Mike non se ne faceva e che se ora le sparava magari ne aveva semplicemente bisogno.
Se ne rese comunque conto solo allora, col viso furibondo del suo compagno a pochi centimetri ed il fondato timore di finire davvero con una prognosi più lunga delle… un momento, tre settimane?!
- Cosa?! Tre settimane?! Sono matti? - Ma come fece per tirarsi su e protestare, la testa riprese ad esplodergli e girargli impallidendo improvvisamente, a quello Mike lo afferrò per le spalle e lo schiacciò prepotentemente sul cuscino.
- Sta giù debosciato! Hai rotto abbastanza le palle, per oggi! Sta steso, dormi, fatti le flebo e poi ci rivediamo fra tre settimane! -
Chester sgranò gli occhi sebbene i brividi lo scuotessero e lui si sforzasse di non soccombere ad essi o a quegli fastidiosi scricchiolii ossei dovuti all’influenza.
- Qua?! Cazzo, tre settimane!? Porca puttana, vuoi dire che non verrai davvero? - Realizzando ciò che significava cominciò seriamente a preoccuparsi cercando un velocissimo modo per ribellarsi a quell’enorme ingiustizia.
Mike finalmente provò una violenta e benefica ondata di piacere al vederlo finalmente preoccupato e soppesando l’idea di fargli davvero uno scherzo del genere, si tirò su mettendosi le mani in tasca. Lo fissò con superiorità dall’alto, finalmente era degnamente preoccupato, anche se non per il motivo giusto ma solo all’idea di stare solo tre settimane in ospedale… era pur qualcosa!
Però al momento di dare la stoccata definitiva e ucciderlo moralmente, ebbe pietà se non altro perché finalmente cominciava a stare meglio lui stesso e quindi a tornare in sé, meccanismo che annullava totalmente la cattiveria.
Certo era un buffone se era di buon umore, amava gli scherzi e non aveva alcuni scrupoli, ma quella, doveva ammetterlo, sarebbe comunque stata cattiveria.
E poi sapeva perché aveva avuto quelle sparate del cazzo… era stato un tentativo di sollevargli il morale arrivato praticamente al centro della Terra!
Sospirò e scosse la testa con un sorriso mista fra il contrariato ed il divertito, poi rassegnato si sedette sul bordo del letto e posandogli la mano sul petto per tranquillizzarlo, disse:
- Ma figurati… come potrei stare lontano dal tuo bel culo per così tanto tempo? - Chester fece un immediato sospiro di sollievo e smise quasi del tutto di tremare. - Quando la febbre si abbassa puoi venire a casa, ma hai lo stop ed il risposo assoluto per tre settimane… per il lavoro ci penso io, tu non preoccuparti. - Del resto era così, ai casini lavorativi ci pensava sempre Mike. E li risolveva.
Era l’anima del gruppo anche per quello, oltre che per il fatto che faceva effettivamente la maggior parte del lavoro e che solitamente aveva le idee migliori.
Tutti lo veneravano e a lui bastava questo, nonché il riconoscimento che trovava nella loro amicizia sincera.
Funzionavano bene insieme, erano perfetti e non c’era niente che gli pesasse o non gli andasse giù.
Anche se ogni tanto aveva l’insano e fortissimo istinto di strozzare il cantante principale!
- Mi hai spaventato… - Si lamentò Chester contrariato accoccolandosi contro il compagno seduto accanto.
- Ah sì? - Fece Mike ghignando, la mano scivolò sul viso e gli toccò la fronte, poi gli zigomi alti e le guance magre, infine si spostò sulle labbra sottili senza la loro famosa piega ironica od offensiva: - Ora hai una vaga idea di come mi sono sentito io… - Concluse con morbida dolcezza, incapace di essere eccessivamente maligno.
Era vero, era comunque stato male anche se sapeva razionalmente che non doveva essere grave e che stava esagerando.
Chester gli prese la mano e gli baciò le dita in modo poco casto, essendo che per quello la forza ce l’aveva sempre e che tanto sapeva di doversi accontentare di quelle visto il suo dannatissimo virus del cazzo!
- Scusa… è che detesto quando si preoccupano per me. - Era vero. Era egocentrico ma non voleva che si preoccupassero per lui, era una contraddizione, ma Mike ormai aveva perso la testa per quel caso senza speranza.
Ampiamente ricambiato, comunque!
- Puoi andare a casa, se vuoi… - Disse poi con un velo di malinconia nello sguardo, intendendo la sua vera casa dove moglie e figli l’aspettavano.
Chester si oscurò come avesse un ulteriore eccessivo brivido di freddo accompagnato ad uno spasmo muscolare. Cristallino nelle sue intenzioni e nei suoi pensieri, rispose immediato e brusco:
- Non possiamo rimanere qua in albergo? - Certo che potevano, era ovvio… loro erano i Linkin Park… il punto era un altro…
- Se vuoi… -
- Certo che lo voglio! - Rispose ancora in fretta Chester senza capire come potesse fargli quella domanda stupida!
- Va bene… preferisco anche io… - Sorrise Mike posando le labbra ma sulla fronte, dovendo per forza evitare contagi.
Frustrato da ciò l’altro arricciò il naso e si aggrappò istintivamente impetuoso al suo collo, attirandolo a sé come si faceva col padre che se ne stava per andare in guerra per mesi.
Sapeva che finché ci fosse stato il pericolo di contagio quei contatti sarebbero stati il massimo, ma comunque anche solo poter stare con lui tutto quel tempo gli andava bene lo stesso. I tour erano i suoi periodi di oasi e lo erano anche quando componevano i testi delle canzoni, poiché vivevano praticamente insieme; per il resto, quando avevano tutto il tempo del mondo per fare ciò che volevano e vivere allegramente in famiglia, per lui non erano la stessa cosa.
I figli li adorava, ma per lui Mike era diverso, non era paragonabile. Mano a mano che il tempo proseguiva si rendeva sempre più conto che era… bè, praticamente tutto!
- E poi mi devi fare da infermiere! - Disse con malizia contro il suo orecchio, facendo forza su sé stesso per non corromperlo a dovere come piaceva tanto a lui!
Mike sorrise malizioso e in un lampo gli tornò in mente le parole che aveva brutalmente gridato contro al dottore…
- Cazzo, ed io che ho detto al medico che non ero il tuo infermiere personale e che non doveva dire a me che medicine darti! - Chester lo sollevò da sé per guardarlo in viso e capire quanto fosse serio, rideva ma sembrava dire davvero quindi incerto chiese:
- Sei serio? - Mike accentuò la risata a conferma che l’aveva davvero detto. - E tu avresti avuto l’intenzione di non curarmi? - Sbottò piccato.
Il compagno ormai mezzo steso su di lui premeva il viso sulla spalla ridendo a più non posso ricordando la scena di prima:
- Sapessi quante gliene ho dette a quel poveretto… -
La curiosità esplose…
- Veramente?! Tu?! Mr gentilezza amabile?! E cosa mai gli hai detto? - Mike ormai aveva le lacrime agli occhi per l’idea di aver sclerato a quel modo per lui. - E davvero pensavi di non curarmi con le tue mani? - Richiese con voce strozzata ancora sconvolto da quella notizia, sensazione peggiore della pesante influenza che gli impediva di alzarsi.
Al sentire quelle parole specifiche, Mike si quietò e cambiando espressione, diventando languidamente provocante, scese con la mano sotto le lenzuola che lo coprivano e giungendo all’inguine disse basso ed insinuante:
- Oh, ma con quelle avevo intenzione di curarti eccome… - Chester assaggiò appena il contatto attraverso i propri vestiti che però si interruppe subito e bruscamente con un Mike che si alzava in piedi guardandolo distante con un’aria onnipotente che normalmente non era nel suo bel viso coccoloso e da orsacchiotto. - Però stai male, non è il caso, adesso! -
Oddio, che fosse vero era innegabile… cioè, per quanto gli sarebbe piaciuto il suo fisico era al capolinea e non ci sarebbe mai riuscito, però stimolarlo ed abbandonarlo era comunque peggio dell’influenza e Chester solo in quel momento ne fu più che convinto.
Infatti con un lungo lamento lamentoso miagolò:
- Ma pezzo di cacca di vacca… non puoi fare così… ho fatto un concerto, posso subire anche una sega! -
E quello diede conferma definitiva che le flebo e gli antibiotici gli stavano facendo effetto e che stava meglio… il linguaggio e la voglia -comunque solo quelle, non certo la capacità fisica- erano tornati nei suoi canoni. Sarebbe guarito prima del previsto!
Ridendo gli fece il segno di saluto con il medio e l’indice, quindi dicendo più che allegramente: - Torno domani a vedere come stai, principessa! Buonanotte! Guarisci, miraccomando, che aspetto te per le porcate! - lo lasciò solo senza dargli tempo di ribattere.
Non ne ebbe comunque la forza e appena solo, dopo una serie di imprecazione fantasiose irripetibili, sentì il sonno schiacciarlo di nuovo insieme alla sensazione di aver percorso i cento metri solo per una chiacchierata!
Quando Mike uscì, si ritrovò i quattro dell’Apocalisse, i suoi amici, ancora a parlare di ciò che probabilmente stava succedendo dentro la stanza.
Quando lo videro si zittirono subito e lo guardarono con aria da pesce lessi, curiosissimi:
- Bè? - Fece fingendo di non capire quelle espressioni.
- Ha detto che non era ‘mica morto‘? - Chiese il più diretto Joe.
Mike ghignò:
- Quello… -
- Ecco, ho vinto! - Scoppiò esultante l’amico per nulla preoccupato. Poi Mike concluse sornione:
- …e molte altre cose! - Con quello se ne andò piantandoli lì a fissarlo stralunati e più curiosi di prima!
- MIIIIKEEEE!!! - Le urla di Joe -che gridò anche per gli altri tre- si udirono per tutto il piano dell’ospedale, ma naturalmente non ci fu verso di sapere oltre!

FINE