CAPITOLO XI:
NEW DIVIDE


“Mi ricordo cieli neri
fulmini attorno a me
ricordavo ogni bagliore improvviso
appena il tempo cominciò a offuscarsi
come un segno sconvolgente
che il destino mi aveva trovato alla fine
e la tua voce è tutto ciò che ho sentito
e diceva che ottengo solo ciò che merito
allora dammi una ragione
per dimostrare che ho torto
per lavare questa memoria pulita
lascia che le alluvioni attraversino
la distanza nei tuoi occhi
dammi una ragione
per riempire questo vuoto
riempi lo spazio che c'è
fa che sia abbastanza
da raggiungere verità e bugie
attraverso questa nuova divisione
non c’era niente in vista
a parte i ricordi abbandonati
non c'era un posto in cui nasconderli
le ceneri cadevano come neve
e la terra crollò
nel punto dove ce ne stavamo
e la tua voce è tutto ciò che ho sentito
e diceva che ottengo solo ciò che merito
allora dammi una ragione
per dimostrare che ho torto
per lavare questa memoria pulita
lascia che le alluvioni attraversino
la distanza nei tuoi occhi
attraverso questa nuova divisione
in ogni perdita
in ogni bugia
in ogni verità che neghi
e ogni rammarico
e ogni addio
era un errore, troppo grande da nascondere “

Appena fuori si separarono subito, ognuno ad occuparsi di una cosa, aiutati dai tre ribelli che ora erano dalla loro parte grazie al carisma di Mike.
Non avevano perso un minuto di tempo e dopo aver buttato giù il piano nel dettaglio e spiegato chi avrebbe fatto cosa, si diedero appuntamento nel campo di battaglia come concordato.
Il luogo era una prateria sterminata esattamente a metà strada fra la Zona Rossa e la Zona Blu.
Dopo l’attacco di Chester versione androide per recuperare Rob, attacco nel quale aveva creato una serie di danni uno più grave dell’altro, l’esercito degli uomini prendendolo come un attacco da parte degli androidi, pur non sapessero da che parte effettiva stesse quello che li aveva distrutti, aveva deciso di fare la stessa cosa con la Zona Blu e saputolo l’esercito androide si era mosso in una controffensiva volta a proteggere la loro base principale.
Il risultato era stato uno scontro iniziato proprio poche ore dopo la visita di Chester alla Torre di Medicina Umana ed aveva poi avuto luogo a metà strada, laddove si erano incontrati.
In poco avevano intavolato a distanza debita dei campi base di guerra e nel mezzo avevano cominciato a combattersi a pieno ritmo senza esclusione di colpi, usando ogni forza a propria disposizione con quella di porre fine alla guerra una volta per tutte.
Nello scoprire tutto quello, Mike, coperto dal mantello nero lungo col cappuccio alzato per farsi riconoscere solo al momento giusto, aveva detto a Chester con ironia marcata che dopotutto il colpevole della battaglia finale non era solo lui… il ragazzo aveva ribattuto con un ringhio illustrandogli la propria condizione di quei cinque anni, ovvero che aveva potuto fare da spettatore al suo stesso corpo che non ascoltava ragioni, quindi comunque Mike aveva sorriso comprensivo ponendo fine anche a quell’insofferenza di Chester.
- Ora sistemeremo tutto. - Aveva poi detto con fiducia e vedendolo così convinto  il compagno non poté che crederci.
- Avanti allora… diamoci una mossa! - Così dicendo si voltò di schiena e facendolo aggrappare alle sue spalle cominciò a correre in modalità lampo.
Non poteva più volare ma aveva ancora la forza di sostenere il corpo di qualcun altro sulla schiena e di correre risultando invisibile all’occhio umano e sebbene queste cose gli stessero altamente sulle scatole, alla fine le trovò utili.
Giunsero in poco tempo in prossimità della prateria incriminata e si fermarono aspettando l’ok dei suoi amici che, mossi con altri mezzi, erano andati intanto a recuperare tutta l’attrezzatura necessaria.
Ma forse osservare quell’inferno prima di buttarcisi dentro non fu la mossa migliore.
O magari sì.
A diversi kilometri di distanza da loro un gruppo pressoché infinito di individui era là, nella distesa di terra senza l’ombra di un filo verde e si combattevano di continuo dandosi il cambio a ripetizione fra vari gruppi d‘appoggio in continuo arrivo.
La guerra finale non era iniziata da molto ma era già sufficiente per vederne gli effetti sconvolgenti.
Già morti, già sangue, giù il fumo delle armi fra le più disparate.
Alcuni androidi venivano feriti anche con le pallottole, quelli di fattura più scadente, altri, quelli nuovi, necessitavano di laser ed armi elettriche per essere danneggiati o neutralizzati.
Era più una specie di rivolta alla rinfusa, non c’erano stati grossi piani dietro nemmeno da parte degli uomini la cui unica tattica iniziale era stata andare alla Zona Blu e distruggerla, ma trovandosi all’ultimo davanti una schiera impressionante di androidi decisi a non farli passare, l’unica era stato l’attacco diretto. Aggirarli sarebbe comunque stato impossibile ed oltretutto era l’occasione perfetta per porre fine a tutto una volta per tutte.
Erano dunque scontri diretti quelli che si consumavano, quando qualcuno non usava armi di grosso calibro provocando danni consistenti che spazzavano sia amici che nemici.
Fino a che ad un certo punto ognuno si ritrovò a combattere per sé stesso, per la propria sopravvivenza, perdendo di vista il collettivo, l’obiettivo primario e gli ideali nobili che avevano dato inizio a tutto quello.
Ma non era forse vero che era ormai da tanto che nessuno si ricordava più da cosa era iniziata?
Mike aveva le lacrime agli occhi davanti a quello spettacolo di morte dell’enorme portata; e non solo morte, anche odio e bestialità.
Non si cercava di salvarsi a vicenda fra compagni, non c’erano tattiche, erano solo tutti stufi, uomini e macchine, di protrarre ancora in là quella guerra di cui tutti erano stanchi.
Però smettere no, alzare le mani in alto mai. Cercare un punto d’incontro, qualcosa che li facesse smettere di combattere no, nemmeno costretti.
L’unica fine entrambi la vedevano comunque solo nel far fuori gli altri fino in fondo, fino a che non ci fosse stato un respiro od una macchina in piedi.
Ed erano decisi a farlo lì, ora, subito, a qualunque costo.
- Guardali, Chester. Stanno lì a combattersi da cinque anni ed ora sono stufi… ma combattono senza più sapere perché lo fanno. Qualcuno forse si ricorda il motivo iniziale e lo ripete come un ritornello imparato a scuola. Qualcuno nemmeno lo sa più. Però vanno avanti lo stesso nonostante siano stremati e non la vogliano più fare questa maledetta guerra e lo fanno perché la parola d’ordine è distruzione totale. Ma perché si è dovuti arrivare a questo? Il cielo non si vede nemmeno più… la vendetta servirebbe a qualcosa? Io non lo concepisco. E quel che è peggio è che ho permesso che tutto questo accadesse. -
Chester ascoltò la sua voce rotta che faticava a parlare, dopo essersi acceso nel pensare al piano, ora era lì vacillante distrutto ancora prima di cominciare.
Davanti a tutto quello come poteva dargli torto?
Il generale era un combattente nel corpo e nell’animo ma persino per lui tutto quello era troppo.
- Loro sono lì per te, tu ora andrai là in mezzo per loro e tutto troverà di nuovo il suo equilibrio. Non importa quando pensano di fermarsi, come credono che tutto questo avrà fine, non importa cosa vogliono fare, cosa hanno fatto e cosa stanno facendo. Conta solo quello che farai tu, come la farai finire tu. Conta quale senso darai ai loro sacrifici. Conta quanti riuscirai a salvarne, non quanti avrai permesso che morissero in nome tuo. Non perdere di vista il tuo messaggio. Non perdere di vista i tuoi ideali. Non perdere di vista te stesso ora che ti sei ritrovato. Guarda quel cielo cazzuto, l’odio di quelle persone si condensa salendo in alto e fra il fumo e l’aria pesante ed irrespirabile si creano tuoni e tempeste elettromagnetiche che non si sfogheranno in pioggia finché tu non andrai là e ti farai vedere. Hanno bisogno di te perché quel fumo venga fottutamente spazzato via. Io ho illuminato le tue tenebre, cazzo, ora tu illumina le loro! -
Mike prese così un respiro profondo e guardando il suo compagno risoluto accanto a sé sorrise sereno.
Ora era di nuovo lì e la chiarezza con cui vedeva ogni cosa ancora una volta la doveva a lui.
Gli prese la mano e baciandogli le labbra si incise nella memoria la sensazione d’amore assoluto che gli trasmise quel gesto.
Era con quello che doveva andare là in mezzo, non con la desolazione, la paura, i dubbi ed i sensi di colpa.
- L’odio porta solo altro odio. - Fece poi mantenendo un’aria sicura e serena: - Vediamo l’amore a cosa porta. -
Chester ghignò in risposta -non sapeva sorridere troppo spesso- e quello scambio di certezze se lo tennero stretti.
In quello il bracciale di Mike e Chester fece il ‘bip’ di chiamata e quando risposero sentirono Joe che diceva che erano tutti pronti.
- Bene! Si comincia! -
Ordinò Mike.
Dopo di quello Chester se lo caricò di nuovo sulla schiena e correndo veloce raggiunsero in poco la battaglia vera e propria.
Lo mise giù quando ormai dovevano immettersi nel pieno del marasma e tenendolo stretto se lo trascinò avanti cominciando -con una certa buona volontà- col suo compito che per dirla alla sua maniera consisteva fondamentalmente nel menar le mani!
Il cappuccio continuava a coprire il viso di Mike e senza perdere di vista uno dei macchinari da guerra a disposizione degli umani posizionato all’incirca nel centro del campo di battaglia, una specie di carro armato che faceva fuoco tutt’intorno a sé come altri sparsi in giro, indicò a Chester di portarlo là sopra che sarebbe stato perfetto.
Il primo colpo che il semi androide dovette infierire fu proprio verso un soldato umano che riconoscendolo come l’androide che aveva attaccato la loro Zona Rossa, aveva subito cercato di farlo fuori senza risultati positivi.
La testa gli era stata staccata di netto col taglio della mano ed il suo sangue era schizzato sia su Chester che su Mike che cominciò a mordersi il labbro e trattenere il fiato.
Girò la testa per non vedere il corpo del giovane e si imbatté in un altro cadavere, sempre umano, ucciso da uno squarcio sul petto.
Strinse gli occhi e rallentò, Chester dovette tirarlo di peso e nel proseguire si trovò in un faccia a faccia improvviso con un androide, avrebbe reagito d’impulso nel caso fosse stato uno di basso livello ma ad un’occhiata più attenta capì subito che si trattava di uno da combattimento ed anche di quelli più forti in circolazione. Si ricordò del proprio livello di quando lo era al cento percento e si chiese se potessero essere messi al pari, ma poi si disse che non aveva la minima importanza visto che ora era solo un ibrido e che quindi la forza era nettamente diminuita.
Notò che puntava a Mike accanto a sé quindi se lo mise dietro la schiena e sistemandosi in posizione d’attacco con le braccia alzate una davanti al viso stretta a pugno e l’altra vicino al fianco con le dita strette e dritte a lama col palmo verso l‘alto, ringhiò rabbioso attirando la sua attenzione:
- Per te ci sono io, brutto ammasso di latta! - A parte qualche particolare, gli androidi di ultima fattura era estremamente difficile riconoscerli poiché erano sempre più simili agli uomini, specie nel modo di comportarsi e muoversi, ma lo vide passarlo in fretta da capo a piedi e le iridi prive di pupilla divennero rosse, capì che aveva appena completato la sua analisi, infatti prima di cominciare a sua volta parlò freddamente e scostante:
- Situazione: mezzo umano-mezzo androide in attacco. Livello di pericolo: medio. Soluzione: attacco col cinquanta percento della potenza. - Chester la prese decisamente sul personale per quel ‘mezzo e mezzo’, quel ‘medio’ e quel ‘cinquanta percento’ e se lui la prendeva sul personale erano guai seri per ogni essere esistente, sia esso l’androide più forte del mondo sia l’uomo con l’arma più potente.
Mike capì perfettamente il suo stato d’animo e quando lo sentì sbraitare: - TI SEI DIMENTICATO DI DIRE CHE IL RISULTATO SARA’ LO SVITAMENTO DI OGNI BULLONE CHE TI COMPONE, TESTA DA COMPUTER CHE NON SEI ALTRO! - si mise una mano sulla fronte chiudendo gli occhi. Scosse il capo sconsolato e si fece indietro pregando che nessun altro lo attaccasse proprio ora.
“In realtà dovrebbe essere interessante, se Chez fa sul serio!”
E mentre lo pensava sentì sempre nella mente il suo compagno che gli dava la schiena rispondergli con un tasso di sadismo pari al monte più alto del mondo.
“Puoi giurarci che sarà interessante! Sarà il miglior combattimento mai visto!”
Mike si rese conto di aver aperto la connessione mentale con lui grazie al chip che difatti gli aveva fatto venire l’occhio bianco, quindi ebbe anche il tempo di distrarsi e ridacchiare.
“Immagino che lo sarà perché conti di vincere e perché sei tu a farlo!”
“Era scontato!”
Rispose. Dopo di quello Chester cominciò l’attacco con un generico corpo a copro d’assaggio cui l’androide ci stette dietro senza la minima difficoltà. Si muovevano entrambi nello stesso modo e via via che proseguivano andavano sempre più veloci fino a che i loro arti divennero invisibili all’occhio umano. Come Mike aveva previsto ben presto il loro livello fu alto e faticò a seguire ogni mossa nel dettaglio, ma nessuno ancora colpiva l’altro. Era uno studio vicendevole, o meglio Chester lo studiava per trovare il punto debole che sapeva essere diverso rispetto agli altri androidi, l’avversario sapeva già perfettamente quale fosse il suo e sebbene sembrava stesse per lo meno giocando con lui, in realtà non era così.
- Non riesci ad affondare dove vuoi, vero? - Disse a denti stretti Chester rimanendo concentrato. Mike allora si fece più attento rimanendo sempre dietro di loro.
Capì che aveva ragione, in effetti, e concordando con lui gli disse mentalmente:
“Sa qual è il tuo punto debole ma non riesce ad arrivarci perché sei troppo veloce a schivarlo. Oltretutto sa che per penetrare la tua pelle la forza che sta usando non è sufficiente.”
A Chester piacque che cosa aveva sentito e ghignando sadicamente orgoglioso rallentò appena e questa volta per giocare:
- Ho superato le aspettative! Cosa pensi di fare, ti impegni di più, testa di fili elettronici? - Lo provocò ben sapendo che non avrebbe mai capito il suo senso dell’umorismo. Naturalmente dal suo punto di vista quello era un limite enorme.
L’androide infatti non fece una piega ma dagli occhi rossi si capì che il computer nella sua testa stava rielaborando di nuovo la strategia e questa per l’altro fu una prima piccola vittoria.
“Per compensare le tue carenze ti sei automaticamente rafforzato in ciò che sei già forte.” Spiegò Mike arrivandoci subito ed illuminando il compagno che fu lieto di sapere che faceva cose di cui non ne era assolutamente conscio.
- Sono un grande! - Disse infatti più rivolto a Mike che all’avversario, l’unico che poteva capire le sue allusioni umoristiche e narcisistiche.
Il ragazzo dietro di sé scosse il capo sorridendo pensando che non sarebbe mai cambiato e si trovò carico lui stesso in quella consapevolezza, ma dopo che l’androide si fu fermato ed ebbe completato lo studio, Mike capì che ora sarebbe di certo stato diverso, infatti tornando estremamente serio e attento avvertì Chester:
“Attento, ora fa sul serio!”
Non che prima avesse scherzato, non ne era capace, ma già solo il fatto che l’aveva costretto a rivalutare il combattimento era un punto che andava a suo favore.
Come da Mike previsto, l’androide quando riprese tirò fuori l’artiglieria più pesante e Chester si trovò a schivare un raggio a sorpresa all’ultimo e con dei riflessi incredibilmente pronti parò dei fendenti con delle lame uscite dalla punta delle dita. Con sua fortuna la pelle era dura come l’acciaio e prima di venir danneggiata avrebbe dovuto penare, così sforzandosi di fare lo sbruffone per rilassarsi da solo, se ne uscì con uno spavaldo:
- Ora con quale percentuale combatti, schema vivente? - Ricordava perfettamente il modo di pensare degli androidi, quando era stato nella testa del proprio l’aveva imparato nei dettagli scoprendo ogni punto debole possibile ed in un lampo si rese conto di quale sarebbe stata la sua vittoria.
Leggendoglielo Mike l’espresse immediatamente volendo solo che tutto quello finisse in fretta:
“E’ giusto, usa la testa! È questo che ti differenzia sostanzialmente da loro, tu hai un cuore ma non solo. Hai un cervello elastico, dei ragionamenti contorti e agili, usa la furbizia, battilo nella sua più grande carenza!”
Vedendolo già subito più chiaro che mai, Chester si illuminò cercando una strategia che avrebbe potuto vincere su una mentalità rigida ed inquadrata che ragionava per schemi precisi e predefiniti. Ancora una volta l’aiutò Mike sapendo che se doveva schivare quei colpi micidiali d’ogni sorta, non aveva molto tempo di concentrarsi come doveva.
“Pensa fuori dagli schemi, improvvisa, prendilo in contropiede, fai qualcosa di irragionevole e assurdo, completamente fuori da ogni logica esistente! Stupiscilo! Portalo in corto circuito per un momento! Gli androidi ci mettono un istante a tradurre ciò che non capiscono al volo e ci sono molti dei comportamenti tipici umani che non comprendono!”
- La mia specialità! - Fece infine Chester trovando la soluzione finale e completa a ciò che doveva fare.
Così, improvvisamente e senza il minimo preavviso di alcun genere, Chester semplicemente si fece colpire di proposito; non apparve come un errore, fu evidente il fatto che di punto in bianco avesse proprio smesso di combattere e difendersi, come se non lo ritenesse una minaccia nonostante era evidente lo fosse.
Quando il pugno lo colpì, un pugno del calibro di una bomba lanciata da un cannone ad un metro dal suo viso, il ragazzo volò all’indietro finendo fra le braccia di Mike a cui per poco non scivolò via il cappuccio. Lo tenne indietreggiando con lui di qualche passo, poi riuscendo all’ultimo a non finire giù gli sussurrò con un certo alto tasso di preoccupazione:
- Porca miseria, Chez, ti ho detto io di essere folle ma non suicida! Guarda che se ti ammazza prima che tu lo sconfigga, non arrivi a nessuna vittoria! -
Queste fece sorridere Chester che si staccò portandosi in avanti con un salto atletico e ignorando la mascella contratta come la portiera di un’automobile che aveva sbattuto contro un palo, capì che il dolore era limitato se la sua pelle d’acciaio prendeva delle semplici botte che comunque non la perforavano. Per quando fosse evidente il danno, finché rimaneva solo esterno e non si apriva una vera e propria ferita, lui non provava un male insopportabile.
Ci fu dunque il momento in cui nonostante il viso in quelle condizioni non esitò ad andargli davanti svelto di nuovo a portata di mano.
L’androide ci mise un secondo più del solito ma reagì ugualmente questa volta col braccio a taglio come fosse una lama egli stesso. Lo colpì sul fianco e di nuovo Chester si lasciò fare in maniera plateale. Mike gli gridò di tutto nella mente e nel momento in cui gli sbraitava di darsi una mossa e smetterla di fare da pungi ball, l’androide cominciò ad andare in un vero e proprio corto circuito momentaneo e come se il computer si fosse rotto, balbettò con le iridi che lampeggiavano rosse:
- Errore. Errore. Ricalcolo. Comportamento avversario illogico. Livello di pericolo incalcolabile. Ricalcolo. - Fu allora che non capendo se Chester fosse effettivamente un pericolo o no e quindi non registrando le mosse più appropriate imminenti, che il ragazzo trattenuto il suo braccio contro di sé lo tagliò di netto con un colpo secco e potente della mano.
Staccato l’arto non perse tempo e con un salto a cupola all’indietro gli circondò il collo con le gambe e stringendoglielo strattonò compiendo una perfetta sforbiciata che fece volare via alta la testa dell’androide. Quando Chester tornò a terra in piedi con agilità, il corpo da cui fuoriuscivano circuiti elettronici ed olio meccanico nero, cadde a terra elettrico privo di funzionalità e le persone lì intorno si fermarono non avendo colto tutto il combattimento se non quell’ultima mossa.
Quando riconobbero l’androide ucciso, i suoi compagni nell’immediata vicinanza cominciarono a dire automaticamente a ripetizione:
- Generale Stark abbattuto. Generale Stark abbattuto. Generale Stark abbattuto. -
Successivamente Chester si ritrovò quasi circondato da un numero considerevole di altri androidi decisi a rimediare alla falla nel loro sistema e quando videro che il colpevole era lui, cambiarono musica.
- Il colpevole è l’androide ribelle. Attenzione, l’androide ribelle è presente. Attenzione, livello pericolo massimo. - Sentendolo Chester addirittura gongolò incoscientemente, fu Mike a svegliarsi per primo, prenderlo per mano e tirarlo sgusciando veloce da quel posto prima che formassero un muro impenetrabile.
- Razza di incosciente, ti fermi anche a godere del tuo capolavoro? -
Chester dopo un primo istante si riprese e andò avanti tirandolo a sua volta facendo come in una partita di rugby dove si correva sempre abbattendo qualunque ostacolo in velocità e senza fermarsi.
- Hai sentito? Ora sono un pericolo massimo! -
Mike suo malgrado non poté che scuotere il capo sconsolato indeciso sul suo grado di sanità mentale.
Non si interrogò a lungo su questo quesito, come non considerò la scoperta che fra di loro gli androidi chiamavano Chester ‘il ribelle’, poiché nel proseguire non poté non notare come il suo compagno si faceva strada conducendolo verso la zona prefissata. Seminava cadaveri di chiunque si frapponesse sul suo cammino solo per lui, fu così che Mike non ce la fece più a guardare rendendosi conto dell’atrocità continua che lo circondava ad ogni passo. Ovunque guardasse, persino Chester, vedeva bestialità inconcepibili ai suoi occhi e facendosi trascinare chiuse gli occhi non riuscendo più a guardare in prima persona e da vicino quello scempio atroce di morte.
Il terreno non era più verde e tanto meno marrone ma bensì rosso cupo. Sempre più inciampavano in pezzi di androide staccati od in cadaveri.
Sempre più loro stessi si sporcavano di qualche materiale che fuoriusciva dalle macchine che abbattevano o del sangue di quegli uomini.
Uno dietro l’altro, o per mano di Chester o per mano di altri, cadevano intorno a lui, altri ne arrivavano a sostituirli e il ciclo non aveva mai fine.
Uomini e macchine calpestati da altri loro simili che non badavano più a chi periva in battaglia ma pensava solo ad andare avanti ad ogni costo.
Giunti in prossimità del carro armato su cui Mike sarebbe dovuto salire secondo il piano, Chester lo dovette mollare un attimo per mettere l’arma in sicurezza.
Entrato dentro trovò un gruppo di tre uomini seduti dietro ad un monitor a testa con un joystick, li usavano come dei giocattoli, un videogame dove abbattevano gli obiettivi che consistevano in androidi e poco importava se travolgevano per sbaglio loro compagni, l’obiettivo era più importante.
Se ne inorridì e senza dar tempo nemmeno di accorgersi della sua presenza girò su sé stesso con le braccia aperte ed usandole come lame rotanti staccò loro la testa. Certamente meno macabro sarebbe potuto essere ma in quel caso sarebbe anche stato meno efficace e più lungo. Era anche vero che era la prima volta che combatteva di suo dopo cinque anni e avere a che fare con un corpo dalla forza simile che non era la stessa a cui si era abituato dalla nascita e che ricordava, non era per niente facile.
Riconobbe di aver esagerato ma non poté far altro che tirare su il proprio ’bagaglio’ e proseguire. Risalì fuori dal piccolo abitacolo e spuntò ricoperto di una quantità impressionante di sangue:
- E’ LIBERO, SBRIGATI! -  Gridò verso il compagno che lo fissava atterrito.
Mike lo vide in quello stato ed esitò. Anche lui mieteva vittime come tutti gli altri, non era diverso da quella gente. Gente che per inciso stava cercando di salvare e che invece uccideva se gli impediva di compiere la sua missione. Salvarli.
Non era un paradosso grottesco?
Esitò nel vederlo più rosso che rosa, nel vederlo anche ferito e per un attimo alzò gli occhi al cielo chiedendosi a quale costo doveva portare la pace lui stesso e soprattutto quanto ora erano diversi da quei soldati che combattevano ferocemente.
- MIKE! - Lo chiamò sbrigativo Chester tendendogli la mano dall’alto per tirarlo su, ma Mike non riuscì a prenderla vedendola tutta insanguinata e smarrito fissò i suoi occhi.
Occhi castani e vivi e non più vuoti.
Era l’ultimo sforzo.
L’ultimo.
Doveva stringere i denti e farcela, ma proprio quando si decise e prese la sua mano, gli occhi di Chester -che dannazione erano ormai troppo espressivi- divennero di fuoco e nella paura angosciosa totale che vi lesse capì che stava per succedere qualcosa.
Lo capì e non riuscì a fare niente perché si sentì spingere a terra mentre il suo compagno gli cadeva di proposito addosso.
Si sentì coperto e schiacciato dal suo corpo e sebbene fosse duro e sporco di sangue e terra, era suo. Suo il calore. Sua la consistenza. Sua la carne che era sotto la sua pelle resistente, suo il sangue che scorreva dentro. Lo stesso che in un fiotto gli scese addosso.
- Settanta percento umano, eh? Dannazione, qualche punto debole in meno poteva farmelo… quel cazzuto di Joe… - L’imprecazione non era né rabbiosa né seria, la voce uscì in un filo ed un tuono squarciò il cielo irrompendo nel cielo.
Non era solo ora che i fulmini avevano cominciato a sentirsi e vedersi, ma solo ora Mike li sentiva in mezzo all’inferno in cui si trovava con tutti i rumori di spari e di armi che esplodevano.
Vide il viso di Chester come in un sogno, gli sorrideva con uno sforzo notevole e reggendosi a stento sulle braccia per non schiacciarlo col suo peso eccessivo di semi androide, gli baciò la fronte lasciando un segno rosso, dopo di che gli tirò nuovamente su bene il cappuccio in modo che il viso venisse prevalentemente coperto come prima.
Mike abbassò gli occhi e vide la sua spalla squarciata da parte a parte e il terrore si formò cominciando a divorarlo di nuovo in un tira e molla altalenante.
Per un momento si smarrì ancora.
Quanto difficile poteva essere mettere la parola fine a tutto?
Chester capì la sua esitazione e prendendolo con decisione per il mantello, ringhiò deciso:
- Questo non è un cazzo! Pensi che sia sufficiente a farmi fuori? Sono appena rinato, porca puttana! Anche se non posso rigenerarmi ci vuole altro per farmi fuori. Tu ora va lassù e fai il tuo cazzo di dovere! -
Ma non poté rispondere, Mike, né tanto meno avere tempo di riprendersi poiché Chester gli venne strappato via con l’annuncio fra i soldati che si sparse a macchia d’olio:
- ABBIAMO L’ANDROIDE CHE HA ATTACCATO LA ZONA ROSSA! C’E’ ANCHE IL SUO COMANDANTE! - Ma per impedire che prendessero anche Mike, Chester usò il proprio corpo come una lancia penetrando uno dei soldati che lo tenevano e subito si scagliò contro l’altro che cercava di prendere lui ancora a terra.
No, non aveva più tempo, né per pensare, né per disperarsi, né per esitare, né per spaventarsi.
Non ci fu nemmeno tempo di realizzare cosa sarebbe successo a Chester ora che l’avevano preso e che tutti gridavano di ucciderlo e vedere chi era il suo misterioso capo.
Non ci fu tempo e nel non averlo sentì istantaneamente solo una cosa.
La voce di Chester quando solo ore prima gli aveva gridato infuriato che otteneva solo ciò che meritava.
E cosa meritava tutta quella gente, invece?
Cos’è che voleva?
Volevano il loro re?
Ebbene ora glielo avrebbe dato.
Con una fiammata violenta e caldissima che lo bruciò da dentro, Mike si alzò e sgusciò velocissimo via dalla presa dei soldati che gli stavano scoprendo il viso, quindi arrampicandosi sul macchinario blindato alto un paio di metri che ormai non sparava più poiché vuoto, alzò gli occhi al cielo dove il fumo gareggiava con le nuvole nere piene di lampi e tuoni pronti a scatenare un finimondo senza precedenti, poi guardò in basso, tutto intorno a sé, persone e androidi che si uccidevano, cadaveri e sangue, un inferno in terra che nessuno era più in grado di fermare.
Tutto sporco, tutto cenere, tutto sbagliato, tutto un orrore.
E in nome di cosa?
Una menzogna.
- Vogliono una ragione, ora gliela do io la ragione. Laverò via ogni cosa, ogni bugia, ogni sbaglio, ogni sconfitta. Darò loro la verità, la vittoria e la vita. -
Poi parlò alla trasmittente del braccialetto dando finalmente l‘ordine:
- Ora! -
Ed esattamente poco prima che Chester ed un altro soldato si dessero vicendevolmente il colpo di grazia e che un androide arrivasse in cima all’attrezzo per raggiungerlo, Mike si scoprì il capo tirando giù il cappuccio e un raggio di luce accecante della portata del bagliore di mille soli lo investì bloccando istantaneamente tutti che si trovarono a seguire successivamente il fascio luminoso che oltrepassava l’uomo salendo su verso l’alto, su quel fumo grigio scuro che pareva un muro sospeso in aria.
Ogni cosa si fermò e dopo aver attivato la connessione mentale con ogni androide per farsi sentire da loro in ogni angolo del mondo, avendo così l’occhio sinistro bianco, Mike rimase immobile con la propria immagine proiettata gigantesca oltre la sua testa, su, nel cielo che sovrastava quel campo di battaglia raccapricciante.
Il suo viso, il viso del re scomparso cinque anni prima che tutti avevano dato per morto, era lì sopra di loro.