CAPITOLO V:
WHEN THEY COME FOR ME


“Si
Io non sono
Un esempio da seguire
La pillola che ho in bocca è dura da mandar giù
Io non sono un criminale
Non sono un modello da imitare
Non sono un leader nato
Sono una performance dura da seguire
Io non sono
La Fortuna e la Gloria
o la stessa persona che ti diceva
di Abbandonare il Gioco
Sono salito sul Ring
Come un cane incatenato
Ed ho scoperto che
quello che c'è dentro
è più malato di quanto sembri
E sembra disgustoso,
ma può essere peggio
Perchè anche avere un piano può essere
un dono o una maledizione
Perché una volta che hai una Teoria
su come una cosa funziona,
Tutti vogliono che la prossima cosa
sia proprio come la prima
Ed io non sono un Robot
Io non sono una scimmia
Io non ballerò,
Anche se il ritmo è funky”

Non fece che pensarci incessantemente.
“Alla fine Chester aveva ragione, non c’era da fidarsi degli androidi. È la cosa più strana che potesse succedere ma non ho la minima idea del perché tutto quello sia cominciato ed onestamente sono più sconvolto dal fatto che quella guerra mi scivoli addosso pressoché indifferente piuttosto dal fatto che c’è. Un tempo ci sarei stato male e avrei tentato in tutti i modi di fermarla e capirci qualcosa, ma adesso non posso che pensare ai miei amici là fuori. Come posso sapere se stanno bene?
Questo chip mi permette di dare un’occhiata all’esterno ma non posso penetrare dentro le Zone Colorate e soprattutto sono solo un lontano spettatore. Tanto più che non posso comunicare con l’esterno in alcun modo, la Zona Nera ha questa speciale caratteristica, interrompe ogni tipo di contatto. Però Joe mi ha detto che se voglio comunicare con Chester mentre è fuori in missione posso farlo perché ci sentiamo. Quasi quasi lo mando nella Zona Blu.
Sono preoccupato per Joe poiché sebbene gli androidi siano il suo pane e soprattutto per lui non hanno segreti, è un umano nel loro quartier generale e vedendo come tutti là fuori sono impazziti e si combattono alla rinfusa, mi vien proprio da pensare se non sia il caso di ritirarli e farli venire qua a continuare i loro studi.
Per quanto assurdo possa sembrare ed inspiegabile, le cose là sono così e lasciare due miei cari amici nel cuore di quelli che ora come ora sono loro nemici, è follia pura.
Ma io spero anche che se sono davvero in pericolo se ne vadano…
Chester è un androide, non correrà rischi ad andare nella Zona Blu, non lo attaccheranno. Vedo che si combattono solo umani contro androidi, andando per teoria dovrebbe funzionare. Lo mando là a vedere come stanno e gli faccio avere il mio messaggio… si, penso sia la cosa migliore da fare.”
Alla fine Mike non ne era davvero molto convinto ma non poteva smettere di guardare tramite il chip nell’occhio sinistro che lo rendeva bianco al suo utilizzo. Quel che vedeva non era certo una gran bella cosa. Preoccuparsi per Joe e Dave era il minimo, mentre per Rob e Brad era diverso… loro due erano due umani nella Zona Rossa, la teorica base umana. Ma quelle erano, per l’appunto, tutte sue supposizioni, non poteva sapere se fosse davvero come immaginava in base a ciò che vedeva.
Sospirò insofferente.
Comunque Joe e Dave erano la priorità.
- Chester. - Alla fine si decise e chiamando l’androide lo vide comparire in breve davanti a sé. Il solito inchino, il solito bacio sull’anello in segno reverenziale.
- Sì, mio re? - Fece senza inclinazione alcuna.
Mike piegò contrariato le labbra ma tornò a concentrarsi su quello che il suo occhio bianco gli stava rimandando. Immagini davvero disastrose di ciò che di ora in ora sembrava degenerare velocissimamente.
- Ho bisogno che fai una cosa per me, è molto importante ma anche pericolosa. Tu non dovresti correre rischi ma è possibile che trovi contrasti nello svolgere questo compito. Devi stare molto attento, Chester. - A quello si tese sul trono e lo prese per le mani facendosi guardare negli occhi in modo che capisse bene. - Prima di ogni cosa viene la tua incolumità, lo capisci questo? -
- La mia incolumità è importante per il mio re. - Ma le sue iridi nere non divennero rosse, significato che Chester non stava registrando l’ordine poiché anomalo se rivolto ad un androide. Mike lo capì ma non insistette cercando un altro modo per farlo stare attento.
- Devi andare nella Zona Blu, al Livello Zero, e parlare con le due persone che ci sono lì. Si chiamano Joe Hahn e Dave Farrell. Devi dare un messaggio da parte mia e chiedergli un aggiornamento circa la loro situazione, se si ritengono in pericolo dì che gli ordino tassativamente di abbandonare la postazione e mettersi al sicuro ed eventualmente continuare qua. - Ora le iridi di Chester erano rosse, segno che stava registrando i dati, così proseguì parlando con maggiore forza e convinzione sventolando il dito indice davanti al suo viso: - Combatti solo se necessario, non voglio che ti fai coinvolgere in alcuna battaglia. Questa guerra non è nostra. Se vedi che Joe e Dave sono in pericolo aiutali, altrimenti tornatene subito qua. Chester, evita gli ostacoli, non abbatterli. - Ma sebbene le iridi fossero rosse, Mike ebbe la netta impressione che l’ultima parte dell’ordine non sarebbe stata ascoltata.
Suo malgrado dovette lasciarlo andare e pentendosi poco dopo di averlo mandato in una missione tanto delicata, lo richiamò col chip in qualche minuto.
- Chester, com’è la situazione là fuori? - Come se non lo sapesse… col chip poteva vederlo ma sapeva che esserci era diverso. O forse voleva solo assicurarsi che fosse ancora là o che potesse sentirlo.
La voce dell’androide gli arrivò monocorde come al solito e rimbombò nella sua mente come se avesse le allucinazioni uditive:
“Nei pressi della Zona Nera è tutto tranquillo ma mentre mi avvicino alle grandi città ci sono i primi scontri.”
Mike sapeva che Chester era un androide da combattimento e questo lo agitava e tranquillizzava al tempo stesso poiché significava che non sapeva stare lontano dalle battaglie ma che comunque sarebbe stato in grado di difendersi. Oltretutto non aveva effettiva visione di quanto fosse forte e incuriosito anche da questo, continuò ad usare il chip oltre che per mantenere la comunicazione aperta con lui, anche per guardarlo volare velocissimo nei cieli nuvolosi che ormai vedeva solo in quel modo.
Ciò che lo turbava maggiormente di quei momenti non era il fatto di essere rinchiuso in una Torre irraggiungibile e non poter mettere il naso fuori, ma proprio che non gli interessasse farlo e che non gli pesava starsene chiuso lì dentro.
Questo era qualcosa di inaudito per il Mike di un tempo. Un tempo.
In realtà solo poche settimane.
Sembrava andare tutto più lento di quel che avesse pensato.
In breve Chester raggiunse la Zona Blu e come da lui previsto non incontrò problemi nell’entrarvi, purtroppo però non poté seguirlo con la vista una volta dentro, così si limitò a farsi dire da lui ciò che vedeva e succedeva, come una cronaca in diretta.
Era strano sentire la sua voce fredda e atona parlare di continuo spiegando dettagliatamente ma al tempo stesso in modo essenziale tutto ciò che faceva e che vedeva, ma lì per lì capì che se non avesse avuto nemmeno quello sarebbe impazzito di ansia e non tanto per sapere dei suoi amici -naturalmente anche per quello- ma quanto per sapere se lui stesse bene.
Del resto dopo l’ultima volta che gli era tornato in quelle condizioni c’era da stare effettivamente attenti.
“Annuncio che devo salire al Livello Zero.”
- Non dire chi devi vedere. - Disse Mike seguendo un’intuizione del momento.
“Mi chiedono il codice d’accesso.”
- Naturalmente. Digli ‘Meteora’. - ‘Meteora’ era il codice reale, con quella parola d’ordine chiunque poteva arrivare ovunque ma la conosceva solo il Re, gli altri ne usavano di diverse.
“Mi stanno facendo salire. Ho raggiunto subito il Livello Zero.”
- Chester, com’è l’atmosfera lì dentro? Gli androidi sono in assetto da guerra? Ci sono i soliti tecnici umani che lavorano come sempre? -
“Nessun umano, ma atmosfera tranquilla. Sono però molto attenti e osservano tutto”
- Ovvio. Sei un androide e quindi sono tranquilli ma vogliono evitare ribellioni fra di loro. Hanno completamente preso il controllo di loro stessi in tutto e per tutto. Penso che ora si stiano anche auto generando, curando e mantenendo, se è possibile che lo facciano da soli. -
“Lo è. Noi androidi siamo pianificati anche per questo, in caso di estrema necessità. Questi androidi sono tutti impostati sul Codice Rosso che permette loro di agire indipendentemente!”
- Ma cosa gli ha fatto scattare il Codice Rosso? Solitamente è una situazione grave, cosa può mai essere stato? -
“Lo ignoro.” Rispose non sapendolo davvero. Poco dopo riprese a parlare. “Il signor Hahn e il signor Farrell sono qua davanti a me, ho riferito il messaggio.”
- Stanno bene? -
“Nessun danno. Sono completamente intatti.”
- Cosa dicono? -
“Che per il momento le cose vanno ancora bene, all’interno della Zona Blu non è eccessivamente critico ma gli umani per propria personale sicurezza, capendo che negli androidi è scattato il Codice Rosso, se ne sono andati. Non sono stati cacciati dagli androidi. Al signor Hann e al signor Farrell quindi è concesso rimanere purché non interferiscano in alcun modo con loro. Dicono che per il momento rimangono qui e che quando capiranno che le cose peggiorano verranno nella Zona Nera a completare la ricerca.”
Mike sospirò sollevato di sapere qualche notizia in più, poi non perse tempo e prima che Chester se ne andasse, disse:
- Chiedigli come va la ricerca. - Il tono era estremamente teso ed ormai dimenticava il proprio modo di parlargli che era estremamente di comando, cosa che inizialmente non aveva sopportato. Parlare con Chester a quel modo? Come poteva? Eppure ormai gli veniva naturale…
“Dicono che procede ma che sono ancora all’inizio, hanno bisogno ancora di molto tempo e ora come ora le risorse di cui necessitano si trovano solo in questa locuzione.”
Mike fece un secondo sospiro rassegnato, sperava addirittura in un altro miracolo, dopo il suo compagno trasformato in androide, ma sapeva che avrebbe chiesto troppo.
- Va bene. Ringraziali da parte mia, salutameli e digli di stare attenti. -
E non pensò a chiedere loro notizie più precise sul motivo di quella guerra assurda, non ci pensò per il semplice fatto che sebbene non se lo spiegasse e lo sconcertasse, non gli interessava.
Che gli androidi impazzissero era qualcosa di inconcepibile, sapere che qualcosa aveva fatto scattare in tutti il Codice Rosso -ed anche questo era estremamente anomalo poiché un Codice Rosso era normale singolarmente, non collettivamente, questo indicava un pericolo mondiale per gli androidi- lo aveva vagamente tranquillizzato, per assurdo.
Significava che il lavoro di Joe e della sua famiglia comunque in un certo senso non era andato perduto e che tutto procedeva secondo i loro studi. Per quanto strano ora sembrasse.
Al di là di quello non se ne interessò.
Riprese il contatto visivo con Chester una volta che uscì dalla Zona Blu e quando questo accadde lo vide venir trattenuto da degli androidi che, e questo fu davvero insolito, lo controllarono.
Mike non disse niente ma osservò trattenendo il fiato, non sapeva nemmeno cosa pensare od ordinargli, non aveva idea se quello fosse bene, male, pericoloso, normale o cosa… rimase in osservazione e quando Chester gli chiese:
“Vogliono sapere da dove vengo, dove vado e a chi rispondo.”
Mike capì che in qualche modo dovevano aver captato qualcosa e fece appena in tempo a dire: - Chester non dirgli assolutamente che rispondi a me e dove siamo! - che lo vide scattare subito all’attacco prendendo quella frase come un evidente ordine di usare la forza.
Mike non se ne capacitò ma non fece in tempo poiché effettivamente tutto si svolse alla velocità della luce.
Dall’alto vide Chester allargare le braccia, piegarsi sulle gambe e girare improvviso come una falciatrice velocissima tranciando di netto le gambe dei due androidi di controllo. Parve avesse delle lame al posto delle braccia e nemmeno il tempo di capire cosa e come avesse fatto, che si alzò subito e con le mani li penetrò nel petto squarciandoli da parte a parte. Successivamente rivolto ad uno con lo sguardo e all’altro col ditale metallico a punta, sfoderò verso le loro teste un raggio bianco che gliele fece esplodere istantaneamente facendoli completamente fuori nel giro di pochi battiti.
Mike si alzò dal trono come se fosse lì e preoccupato vide altri androidi accorrere veloci attaccandolo e in un istante si intavolò una battaglia impari per numero ma non certo per forze.
Fu lì che il ragazzo si rese conto di quanto forte fosse Chester e rimase assolutamente basito a guardarlo a bocca aperta.
Nemmeno il tempo di dargli ordini. Solo lì incantato a guardarlo.
Ed incantato era effettivamente il termine adatto.
Quando alcuni riuscirono a rispondere ai suoi colpi velocissimi, potenti e precisi, colpi di ogni genere che utilizzavano sia la fisicità che delle armi prettamente da robot come i laser o addirittura lame che spuntavano da delle parti del corpo, Mike gridò spaventato vedendo il fianco di Chester venir squarciato.
Fu come addormentarsi e passare da un bel sogno ad un incubo e sebbene per un attimo si fosse trovato affascinato dalla sua forza e bravura, lì capì che andando avanti così sarebbe finita male e sentendosi morire alla sola idea che Chester -lui o il suo corpo?- morisse, si sentì male.
Capì che così non doveva assolutamente essere, che non sarebbe mai e poi mai dovuto, a qualunque costo. Perché lui era Chester e doveva sempre tornare da lui. Sempre.
- Chester, non combattere, vieni via! -
E si sorprese nel sentirlo rispondere senza smettere di combattere:
“Priorità numero uno: preservare il mio signore e la sua locuzione. Soluzione: abbattere tutti quelli che possono seguirmi e sparire.”
Per un momento gli salì un’ondata gelida e terribile da dentro che lo bloccò istantaneamente.
- Cosa… cosa diavolo dici? Sparire dove? Non dire idiozie! - Ma sapeva che quell’uscita non l’avrebbe considerata un ordine e non gli avrebbe nemmeno risposto.
Lo guardò tirare fuori una serie di lame sottili e appuntite dalle dita e conficcarle nel collo degli androidi che attaccavano e successivamente senza esitare un istante girare veloce come un fulmine su sé stesso finendo per falciare via col taglio della mano tutte le loro teste. Quando furono volate tutte contemporaneamente, usando il ditale le fece esplodere insieme e quando i corpo inermi e danneggiati caddero privi di vita, Chester svanì volando velocissimo per non farsi vedere da nessuno.
Nemmeno da lui.
Mike non avendo idea di dove fosse e dove stesse volando, cominciò a dare di matto nel chiamarlo.
- Chester! Chester, vieni subito qua! - Sapeva che era ridotto di nuovo male e la consapevolezza che dopotutto fosse per lui lo fece tornare incredibilmente indietro nel tempo, a quando il suo Chester per difenderlo una miriade di volte si era messo in serio pericolo. Ed ogni volta Mike aveva creduto di morire ugualmente.
La sensazione fu simile e sebbene capisse che non sarebbe dovuto essere proprio uguale, si chiese per assurdo cosa sarebbe stato lui senza Chester. Quel Chester. L’androide tramite cui il miracolo di riavere il suo amore era ancora possibile ma che senza ogni speranza sarebbe andata perduta.
No che non gli importava di nient’altro. Che il mondo andasse allo scatafascio, lì per lì lo odiò perché erano stati proprio quei pericoli a mettere Chester su un cristallo fragile.
Lui era un androide programmato per anteporre ad ogni cosa la sicurezza del re, la sua, e se per eseguire quest’ordine prioritario sarebbe dovuto finire per farsi uccidere, era certo che Chester l’avrebbe fatto.
Non si spiegò minimamente come fosse possibile, ma pensò di nuovo che l’androide dopotutto non era così diverso dal suo Chester nemmeno in quello.
Se ne turbò poiché in realtà erano completamente opposti eppure a volte sembravano la stessa cosa.
Possibile?
Ma a tale domanda non trovò risposta poiché proprio mentre stava impulsivamente scendendo avvolgendosi nel mantello con quella di coprirsi il viso e non farsi riconoscere dalle persone là fuori, fu fermato dall’acqua che schizzò come venisse esplosa e l’istante successivo la sua mano era stretta da quella ormai familiare proprio per la sua durezza e freddezza.
Eccolo lì chino davanti a lui, Chester, ferito ma sempre reverenziale ed indifferente.
Per un momento provò addirittura gioia per riaverlo lì e inginocchiandosi a sua volta l’abbracciò di slancio. Naturalmente l’androide non si mosse ed il momento successivo si separò rendendosi conto dei nuovi danni e del pericolo corso e andò su tutte le furie:
- CHESTER, NON DEVI DANNEGGIARTI, LO CAPISCI? E’ IMPORTANTE CHE NON TI SUCCEDA NIENTE! IO HO SOLO TE E TU PER ME SEI TUTTO PERCHE’ SEI IL MIO FUTURO, NON PUO’ ACCADERTI NULLA! NON SEI PIU’ IMPORTANTE DI ME! DEVI FARE IN MODO DI STARE BENE, DANNAZIONE! - L’androide non rispose non capendo quali ordini fossero quelli, così rimase immobile ed indifferente. Mike capì che era tutto inutile così sospirando scosse il capo e smise di usare il chip per guardare il mondo in giro. Ormai non gli interessava il resto, Chester era lì e sebbene si sentisse giorno dopo giorno la persona peggiore del mondo poiché permetteva che tutto là fuori venisse distrutto, non poteva farci niente.
Più stava con lui, più capiva quanto bisogno avessero l’uno dell’altro e quanto contassero anche se per motivi diversi.
Ormai non si sentiva più un re e tanto meno di fatto lo era. Aveva rinunciato a quella carica e a quel diritto quando si era fatto schiacciare dal dolore e per combatterlo aveva cominciato a concentrarsi unicamente sull’unica cosa che a quel punto gli pareva avere senso.
Chester che in qualunque veste fosse -se solo un corpo prezioso, un androide essenziale od il suo passato e futuro amore- era sempre comunque la cosa più importante per lui.
Si era semplicemente trovato bruscamente su un palco troppo grande, complicato e sconosciuto e senza la possibilità di far altro che stare ai giochi tentando di ingoiare delle pillole troppo dure da mandar giù, poteva solo fare ciò che il suo egoismo gli imponeva sul momento.
Avere un piano ed una teoria non significava sempre essere primi in qualcosa ma spesso solo i più soli e sofferenti.
Ora avrebbe passato i successivi cinque anni a capire questa grande verità e ripetersi che lui non era un robot, non era uno che faceva ciò che qualcuno gli diceva di fare, non era stato programmato per essere il re e comandare su tutti e porre fine ad una guerra che non aveva cominciato, non capiva e non voleva nemmeno.
Non era per niente un modello da imitare od un esempio da seguire.
Anno dopo anno quello che sarebbe cresciuto osservando il mondo nel suo declino più totale era, oltre alla consapevolezza della forza incredibile di Chester in grado di compiere qualunque missione -anche la più pericolosa e difficile-, anche la sensazione di essere marcio dentro.
Eppure non avrebbe mai fatto niente per cambiare questo fatto, solo per non perdere di vista l’obiettivo primario.
Salvare Chester ad ogni costo fino a che questo obiettivo non sarebbe diventato anche una domanda.
Quanto e quanti avrebbero pagato?
Eppure quella guerra e quella distruzione non era di certo stata provocata da lui. Non aveva fatto niente per porvi fine, ma non l’aveva cominciata lui. Lui, di fatto, non c’entrava niente.
Ma gli sembrava strano ripeterselo ogni giorno e sentirsi sempre peggio ugualmente, come se tutte quelle scuse fossero delle bugie raccontate prima di tutto a sé stesso. Come se, nonostante le apparenze, lui invece in qualche modo c’entrasse comunque con tutto quell’inferno là fuori.
“E’ che ne so vivere solo uno per volta. O il mio o il loro. Ed ora devo affrontare il mio.”
Alla fine concludeva sempre così la sua giornata ripensando al giorno in cui l’ombra era scesa su di sé inesorabile e senza pietà.
Sarebbe mai andata via, poi?
Ogni tanto sembrava che quella speranza, la speranza che la sua teoria funzionasse, fosse solo un’illusione.

/E questo coglione che muove il mio corpo poteva anche stare un po’ più attento a non danneggiarsi così tanto, cazzo, non può farmi fuori così facilmente!
Però gliene do atto… avrei fatto la stessa cosa al suo posto!
Mike è la priorità quindi l’unica è abbattere ogni cosa rappresenti una minaccia.
Ma mi ha fatto lo stesso prendere un colpo!
Dimmi te quanto posso sopravvivere come spettatore del mio stesso corpo che pensa in schemi:
Numero uno: proteggere Mike, e fin qua mi sta più che bene!
Numero due: compiere la missione che Mike gli dà. Anche questo mi sta bene se non fosse che cerca di farlo ad ogni costo, il mio.
Numero tre: rimanere vivo per compiere numero uno e numero due. Per qualunque motivo lo faccia va bene, basta che cerchi di rimanere vivo. Il problema è che il tre di solito non lo considera mai perché è sempre troppo occupato con l’uno ed il due.
Vorrei che mi sentisse mentre gliene dico quattro a questa testa di latta del cazzo!
Che poi sarebbe la mia ma io mi rifiuto di ammetterlo, se comandassi io qua dentro le cose andrebbero decisamente meglio!
Innanzitutto avrei impedito a quel coglione di Mike di trasformarmi in questo coso idiota, poi salterei addosso al suddetto coglione molto più spesso e soprattutto comanderei al mio stupido corpo insensibile di reagire ai suoi tocchi intimi!
Cosa diavolo significa che quando mi ha toccato io non ho avuto alcun’alzabandiera?
Porca puttana!
Ma soprattutto quando quel deficiente piange lo consolerei come si deve e cazzo io sono qua e lui invece pensa non ci sia e si dispera come una fontana. Cosa diavolo posso fare?
Niente, è nelle mani di un macellaio che se ne sbatte di lui perché semplicemente un cuore non ce l’ha!
E poi ero io l’esagerato a dare contro a tutta la categoria.
Ora mi faccio schifo da solo, se potessi mi sparerei ma questo diavolo di aggeggio non ha l’autodistruzione.
Vivere nel mio corpo diventato androide è sicuramente l’ultima cosa che avrei voluto, anche se questo è per farmi sopravvivere. A questo costo no, cazzo, e non perché odio gli androidi e li ritengo solo un ammasso di latta di merda, ma perché guardo Mike affondare e disperarsi e non posso fare nulla, nulla di veramente utile.
Quello ha bisogno di un calcio in culo, qualcuno che gli gridi che là fuori c’è la guerra e che lui non se ne può sbattere così solo perché è disperato per la mia situazione!
Deve vivere, vivere ora e fare quello che deve, è un re e solo lui sa perché di tanto in tanto se ne dimentica!
Quando cazzo tonerà in sé?
Voglio il mio Mike, quello non ha niente del mio Mike, porca puttana!/