CAPITOLO VI:
THE CATALYST


“Dio ci benedica tutti
Siamo gente che ha perso la fede
che vive sotto il tiro di un'arma carica
E non può essere sconfitta
Non può essere superata
Non può essere sopraffatta
Non può essere sorpassata
No
E quando chiudo gli occhi stanotte
verso sinfonie di luce accecante
Dio ci benedica tutti
Siamo gente che ha perso la fede
che vive sotto il tiro di un'arma carica
Come memorie in freddo decadimento
Trasmissioni che echeggiano lontano
Lontano dal mio mondo e dal tuo
Dove gli oceani sanguinano verso il cielo

Sollevami, lasciami andare.”

La velocità con cui volava era impressionante.
Ci mise pochissimi minuti a compiere una distanza intercontinentale che normalmente sarebbe dovuta essere praticata almeno in un paio di giorni.
Arrivarci non fu un problema.
Appena la torre della Zona Rossa fu visibile, Chester si fermò di colpo a distanza debita per registrare la situazione e captare tutti i pericoli.
Mike l’aveva istruito in tutti quegli anni dicendogli che per lui che era un androide i nemici peggiori erano gli umani, naturalmente gli aveva anche fatto vedere quali visi invece non lo fossero, i suoi amici, in modo che incontrandoli non li avesse attaccati.
Per cui sapeva che se si imbatteva in altri umani doveva considerarli avversari in partenza.
Captò un numero notevole di pericoli in tutti quegli uomini armati che proteggevano l’alta torre dalle mura rosse e dopo aver completato lo studio, chiamò Mike nello scattare dell’ora di controllo.
- Mio re? -
“Dimmi, Chester.”
- Sono giunto nella Zona Rossa. Sto per fare irruzione. - Asserì con noncuranza come se fosse normalissimo. Mike si allarmò.
“Come irruzione? Perché, com’è la situazione lì?”
E proprio mentre glielo chiedeva Mike attivò il proprio chip che per la durata del suo viaggio aveva evitato di usare in attesa dell’arrivo alla base degli umani.
Vide perfettamente il numero spropositato di uomini armati di guardia all’ingresso della torre e sebbene l’avesse perfettamente saputo, avere Chester che parlava di fare irruzione era tutta un’altra cosa; ma del resto come aveva pensato che portasse a termine la missione?
Dopo avergli elencato per filo e per segno tutti i milletrecentocinquanta pericoli presenti con tanto di percentuali di sopravvivenza, Chester concluse:
- La modalità migliore di penetrare la Zona Rossa e giungere al Livello Zero è fare irruzione. - Lo disse come se fosse da protocollo e Mike sembrò quasi isterico nel rispondergli:
“Irruzione in che senso? Spiega cosa intendi con irruzione!”
Che fosse chiaro cosa intendesse era ovvio, che volesse una soluzione meno invasiva e pericolosa lo era altrettanto.
- Vado avanti per l’unico percorso che c’è ed elimino ogni ostacolo si frappone sul mio cammino. - Semplice e lineare, quasi una sciocchezza a sentirglielo dire in quel modo.
“Ma sono tantissimi!” E in cosa avesse sperato mandandolo lì nemmeno lui sapeva, infatti non aveva dato istruzioni specifiche su come dovesse entrare, sapeva che in ogni caso sarebbe stato pericoloso e che ci sarebbe voluta la forza, però così era quasi come cercarsela e chiedere violenza di proposito.
- La parete esterna della torre è indistruttibile, non posso giungere al Livello Zero creando un varco, non ci sono entrate meno sorvegliate, non c’è modo di essere passato per un umano perché hanno gli occhiali identificativi. -
“Dannazione, Chester, anche senza occhiali capirebbero subito che sei un androide!”
- Chiedo il permesso di cominciare l’irruzione. - Mike sospirò. In fondo era effettivamente l’unica cosa a quel punto e prendersi Rob era prioritario per la riuscita del piano finale. Tutto ciò per cui aveva vissuto fino a quel momento.
Poi avrebbe pensato agli altri, ma sapeva che non erano in zone pericolose e che se la cavavano bene. Brad dopo aver fatto quello che poteva con Rob per i primi tre anni se ne era andato altrove per altri studi e là era rimasto solo il medico, mentre Joe e Dave si erano spostati dalla Zona Blu molto tempo prima.
“Va, ma fa attenzione. Vi voglio vivi entrambi.”
Ed anche quello era un ordine rigido che non ammetteva repliche.
- Come il mio re desidera. - Fu la risposta fredda.
Dopo aver interrotto la comunicazione, Chester si abbassò appena e l’istante successivo cominciò a correre alla velocità della luce per penetrare più in fretta possibile.
Giunto in pochi secondi nel perimetro di protezione e controllo, prima ancora di venire localizzato e farsi puntare una sola arma contro alzò il braccio, tese l’indice col ditale gotico in acciaio a punta ed un raggio del diametro di un proiettile passò da parte a parte la testa di un soldato che cadde a terra privo di vita.
Fu un momento di silenzio generale dove i suoi compagni si voltarono e senza fare in tempo a capire di cosa si trattasse, sentirono una folata di vento passargli davanti ed in quello gli occhiali scuri a mascherina che possedevano fischiarono facendo apparire sulle lenti la scritta lampeggiante che indicava il passaggio di androidi.
- DANNAZIONE, È UNO DI LORO! - Gridò uno dando l’allarme con una trasmittente per avvisare gli altri compagni davanti al portone della torre.
- Ma chi l’ha visto? - Chiese un altro soccorrendo il compagno per cui ormai non c’era già più niente da fare.
- Nessuno, è stato un lampo! -
- Bisogna identificarlo! - Ma non ci fu verso.
Chester giunse in un secondo davanti al portone protetto da un gruppo notevole di soldati con le armi spianate pronti a colpirlo.
Non si fermò e fece la stessa cosa con l’altro trapassando col raggio il primo della fila che morì sul colpo, dopo di che cominciarono a rispondere con una prima scarica di proiettili.
Molti lo colpirono ma ovviamente rimbalzarono senza ferirlo, però almeno fermò la sua avanzata e finalmente lo videro.
Ci fu un attimo di fermo generale durante il quale Chester aggiornava i dati per la penetrazione nella torre e loro controllavano di chi si trattasse nel mini computer sistemato sulla mascherina. Quando sulle lenti lampeggiò un dossier completo che scorse veloce, l’allarme di massima allerta fu lanciato all’interno per l’altissimo pericolo.
- E’ QUELL’ANDROIDE CON LE SEMBIANZE DEL GENERALE BENNINGTON! -
- QUELLO CHE NESSUNO SA A CHI RISPONDE! -
- ATTENZIONE, E’ IMPOSSIBILE FERMARLO! -
- NON FATELO ASSOLUTAMENTE PASSARE! -
Nonostante i fucili ed i mitra puntati contro si raddoppiarono con i rinforzi arrivati subito dalla barriera penetrata poco prima e Chester si ritrovò in pochissimo circondato da un centinaio di uomini pronti ad abbatterlo, non sembrò allarmarsi né cambiare piano.
- DOBBIAMO USARE LE ARMI SPECIALI, CON LUI! - Con quello tutti tirarono fuori al posto di quelle normali che usavano, quelle che funzionavano col laser, lo stesso tipo di raggio che usavano gli androidi come arma principale.
Chester registrò le pistole che avrebbero potuto ferirlo e abbassandosi decise che era ora di continuare, così allargando le braccia con le mani a taglio puntate in direzioni opposte, con i suoi occhi indifferenti privi di pupille che riflettevano la prevalenza di rosso, disse metallico:
- Devo passare e raggiungere il Livello Zero. Se non mi fate passare mi creerò un varco. - Anche questo era una delle manie inculcategli con tanta fatica da Mike.
Offrire almeno una possibilità di cavarsela per gli altri prima del suo attacco.
- PASSERAI SUI NOSTRI CADAVERI! - Gridarono per puro principio. Quello era un androide, non poteva pretendere di fare quel che voleva, anche se era il peggiore in circolazione e quello in assoluto più pericoloso.
- Come volete. - Fu l’ultima cosa che Chester disse senza la minima inclinazione umana.
Dopo di quello, con il braccio sinistro teso in avanti ed il destro dietro, un raggio accecante del diametro di un bazooka partì dal ditale in acciaio e si schiantò dritto giungendo al portone che venne subito sfondato travolgendo tutti gli uomini sul tragitto che rimasero fulminati.
La sirena  di massimo pericolo cominciò a suonare, voci trasmettevano richiesta di aiuto immediato alla base dell’esercito umano per ricevere rinforzi e successivamente con quelli che rimasero in piedi e che non erano stati travolti dal raggio dalla potenza inaudita, cominciarono a sparare con le loro armi speciali e molti laser colpirono Chester ma senza arrivare a punti letali, lo ferirono scoprendo alcuni circuiti ma non fu fermato.
Dalla mano tesa dietro spuntarono subito delle lame lunghe quasi quanto una spada e senza lasciargli respiro roteò col busto falciando i giovani di lato che vennero feriti gravemente sul ventre cadendo a terra.
Quelli dietro si fecero avanti ed insieme ai compagni dall’altra parte tentarono di raggiungere l’intruso insieme per immobilizzarlo, avevano diverse armi contro gli androidi, ma androidi normali, non certo come lui…
Tentarono lo stesso cominciando un corpo a corpo serrato con Chester che senza fermarsi un momento iniziò ad abbatterli uno ad uno trapassandoli con le mani come fossero delle lance. Si sporcò presto del loro sangue e muovendosi veloce e preciso continuò ad avanzare abbattendo chiunque gli si frapponesse davanti.
C’era chi continuava a sparargli ferendolo e chi cercava di usare una specie di taiser su quello che in teoria era il punto debole degli androidi, la base della nuca, senza ovviamente successo.
Lui sembrava come indiavolato eppure padrone di una calma e freddezza inaudite.
Tanti ne arrivavano contro, tanti ne buttava giù usando qualunque tipo di arma a propria disposizione, raggi di vari diametri, lame, il proprio stesso corpo…
Inarrestabile, niente l’avrebbe fermato e chi lo vedeva da lontano nella speranza di non dover intervenire lo capiva perfettamente.
Avevano avuto un discreto successo contro gli androidi normali, certo non erano ancora stati in grado di vincere la guerra, ma qualche battaglia sì, era solo questione di conoscere i loro punti deboli.
Contro quello, però, ogni volta che ci si imbattevano era una strage disumana e atroce senza esclusione di colpi.
Non era solo la forza ma anche la velocità e la precisione, non si limitava a ferire le sue vittime, andava dritto al punto debole e senza la minima esitazione faceva in modo di ucciderli il prima possibile.
Abbatteva qualunque cosa ci fosse fra lui e il proprio obiettivo ed il fatto era che non c’era mai stato verso di capire per chi combattesse, si sapeva solo che non era con gli altri androidi.
Dopo un paio di minuti Chester poté fermarsi per registrare i nuovi dati.
- Aggiornamento. Numero pericoli: zero. - Disse atono raddrizzandosi senza curarsi del molto sangue umano che gli colava addosso gocciolando sul torace scoperto e dalle mani completamente rosse, anche il viso era macchiato e gli stivali totalmente incrostati. Di suo aveva solo dei punti dove la pelle era stata bruciata dai laser ed i fili facevano corto circuito in quelle zone circoscritte.
Erano riusciti a danneggiarlo ma solo un po’, nulla che gli impedisse di proseguire.
Camminò fra i numerosi corpi a terra privi di vita ed entrato indisturbato nel piano terra della torre non calcolò le persone che lì ci lavoravano e non ci combattevano.
La Zona Rossa era la Torre di Medicina Umana, quindi erano molti gli studiosi e i medici che vi lavoravano soccorrendo di continuo le persone ferite che arrivavano per colpa di quella folle guerra che era cominciata ormai cinque anni addietro.
Era diventata una specie di quartier generale della parte umana apposta per quello, poiché simboleggiava il loro essere ed era la parte con più uomini in assoluto.
Avere tanti uomini significava anche tanti soldati pronti ad abbattere ogni androide.
I nemici non erano ancora arrivati ad attaccarla in pieno regime, come non era successo con la Zona Blu che era il Centro Androide, ma si sapeva che se uno degli avversari voleva suicidarsi bastava venisse in una di quelle Zone ed era morto in un istante.
Chester non calcolò le persone che terrorizzate dalla sua presenza scappavano, quindi senza disturbarsi ad usare le scale od un ascensore per passare di Livello in Livello, alzò un braccio e sentendo in arrivo un numero eccessivo di soldati di rinforzo, decise di sbrigarsi e prendere la scorciatoia.
Dal ditale a punta partì così un raggio della stessa potenza di quello precedente che aveva usato per aprire il portone abbattendo un gran primo numero di elementi. Il raggio accecò tutti e creò un’esplosione che creò numerose macerie.
Quando il fumo si diradò e i soffitti smisero di crollare, Chester guardò in alto il suo lavoro. Un buco che partiva dall’ultimo piano e risaliva fino al primo escludendo lo zero poiché era quello impenetrabile con la forza.
Soddisfatto del passaggio creato, si levò in volo ed in un lampo sparì riapparendo al Livello Uno, o quel che ne rimaneva.
Ignorò i molti feriti che per quel gesto aveva provocato e fissò il soffitto conscio che non poteva romperlo. Dopo aver visionato il piano mezzo distrutto e trovato il metodo per salire grazie ai dati immessi nella propria mente, andò verso una delle pareti rosse, toccò una serie di punti specifici apparentemente uguali a tutto il resto ed usando una sequenza particolare, lì dove aveva toccato divenne di gomma e passandoci attraverso venne risucchiato verso l’alto secondo quel sistema tecnologico di protezione per il Livello Zero, quello più importante e sicuro su tutti gli altri livelli.
Raggiunto il piano attraverso la parete divenuta di gomma solo per il momento del suo attraversamento, Chester si guardò intorno con una certa calma flemmatica. In piedi in un angolo della sala illuminata di rosso con una borsa a tracolla evidentemente pronto per partire, c’era un ragazzo poco meno dei trent’anni dai capelli lunghi e lisci fino alle spalle, un filo di barba, un viso dai lineamenti gentili e gli occhiali da vista. Vestito con abiti semplici e comuni appariva per quello che era, una persona estremamente semplice e piacevole. Quando lo localizzò si ricordò che Mike gli aveva detto che lì poteva starci solo colui che doveva portargli, così disse metallico fissandolo vuoto:
- Il mio re mi manda a recuperarvi. - E lì Rob indietreggiò spaventato.
La sua vista non era di certo uno spettacolo.
Chester si presentava coperto quasi interamente di sangue umano con diversi danni anche se non gravi.
- Chester? - Inoltre non lo vedeva da cinque anni e trovarcisi davanti in quel modo e d’improvviso fu quanto di più inaspettato potesse succedergli.
- Devo chiedervi di aggrapparvi alla mia schiena. Per fare prima voleremo ed in poco arriveremo dove il mio re vi aspetta. -
Spiegò incolore. Rob che aveva sperato in un metodo più umano e sicuro per viaggiare, inghiottì a vuoto.
- Sicuro? - Ma la domanda retorica non trovò risposta in lui che non registrava quasi per niente ciò che gli diceva chi non fosse il suo re. - Va bene, sono pronto. - Fece poi lasciando perdere impressioni e shock vari e cominciando a pregare sapendo perfettamente quanto la situazione fosse critica per più motivi e su più fronti. Si strinse la propria borsa da viaggio, nulla di eccessivo, solo pochi vestiti e i risultati delle proprie ricerche, dopo di che lo seguì al piano inferiore riutilizzando lo stesso metodo di prima. Impallidito al vedere il macello che aveva fatto, la torre quasi del tutto distrutta da un buco che passava ogni piano e tutti i numerosi feriti lì intorno, si chiese se fosse più al sicuro lì oppure con lui ma suo malgrado intimorito da quello che del suo vecchio amico non aveva più niente, gli si sistemò sulla schiena come gli aveva chiesto, stringendogli le braccia intorno al collo.
Si sentì un vero e proprio pacco postale ma con l’allarme di estrema gravità in atto sapeva che i soldati sarebbero accorsi a breve pronti per attaccarlo di nuovo, così mise da parte di nuovo tutto concentrandosi su ciò che contava di più come poi comunque aveva sempre fatto, soprattutto in quegli anni.
- Devo fare rapporto al mio re. - Annunciò Chester ricordandosi dell’ora scaduta. - Mio re? - Chiamò quindi aprendo la comunicazione mentale con lui, rimanendo fermo in procinto di saltare giù dal passaggio nei pavimenti con Rob già pronto sulla sua schiena.
Silenzio.
- Mio re? - Tornò a chiamare non ottenendo risposta come accadeva sempre al primo richiamo.
Alla terza volta Rob chiese:
- Cosa succede? -
- Il mio re non risponde. Non è mai successo. - Ma per quello non sarebbe servito Rob, però probabilmente sentirselo dire fece scattare qualcosa di particolare in Chester.
Qualcosa di totalmente inaspettato ed imprevisto.
Qualcosa di in effetti sensazionale.
- Porca miseria, gli è successo qualcosa! - A quello la tensione nel volto di Rob non fu nemmeno lontanamente paragonabile alla risposta di Chester che fece esplodere il muro dell’ormai distrutto Livello Uno, un muro che non era mai stato possibile per nessuno abbattere con nessun mezzo.
Il ragazzo spaventato scrutò il volto di quello che un tempo era stato suo amico ed ora in teoria solo un androide e quando vide un’espressione di tensione ed uno strano nonché impossibile qualcos’altro, per poco non perse la presa. Aveva inconfondibilmente le labbra verso il basso mentre le sopracciglia corrucciate e nell’insieme un’aria estremamente dura.
In quello si sentì strattonare e tenendosi istintivamente stretto capì che stava volando con Chester ad una velocità inaudita persino per un androide.
Se non scivolò via fu un miracolo ma niente di paragonabile a quello più autentico di tutti.
“Chester è preoccupato per Mike! Ma non è possibile, la preoccupazione è un sentimento, gli androidi non ne hanno di nessun tipo. Cosa significa?”
Eppure che quello fosse un autentico sentimento, quello più devastante di tutti per giunta, era innegabile.

/E adesso si fa a modo mio! Cosa diavolo significa che gli è successo qualcosa? E te lo deve dire Rob che se Mike non risponde vuol dire che non sta bene? E tu cosa pensi di fare, eseguire l’ultimo ordine che ti ha dato come niente?
Cazzo, pezzo di merda, reagisci!
Non hai un minuto da perdere, non esiste.
Mike!
Va da Mike, travolgi tutto, vaffanculo, nessuno può toccarlo!
Chiunque gli torca un capello deve morire. Non permettere che gli facciano del male!
Mike non si tocca. Mike è mio. È ora di prendere le cose nelle mie mani, cazzo!/

Rob non contò nemmeno i secondi che ci mise ad arrivare dalla Zona Rossa a quella Nera.
Lui che conosceva perfettamente la distanza e che sapeva quanto avrebbero dovuto metterci, preferì non quantificare il tempo per non capire a quale rotta di collo avevano volato, ma quando atterrarono davanti ad un punto specifico in una vallata isolata e mise i piedi per terra, il giovane ringraziò il Cielo di essere arrivato sano e salvo e con ancora il batticuore che lo faceva tremare come una foglia, osservò Chester dare un calcio ad un punto in aria apparentemente vuoto e solo allora si sentì un forte boato.
Il portone della Zona Nera -le cui pareti erano di un particolare materiale invisibile alla vista che si mimetizzava con il paesaggio circostante- si aprì rivelando l’interno scuro. Chester si precipitò dentro con quella di volare subito al Livello Zero e vedere dove fosse il suo re ma non dovette percorrere nessuna distanza. Rob ci sbatté contro e si fermò a sua volta per vedere come mai si fosse bloccato e quando vide sentì nettamente un tuffo al cuore bruciargli ogni terminazione nervosa.
Eppure ancora una volta quella non fu niente confronto alla reazione dell’androide.
Contro la parete ecco Joe, Dave e Brad legati ed immobilizzati e più a centro, seduto su una sedia e legato a sua volta, era Mike circondato da una dozzina di uomini tatuati e vestiti male che oltre a puntargli delle armi lo stavano giusto finendo di percuotere per poter dare più presa al loro messaggio.
Tutto si fermò in quel momento e dalla porta aperta e spalancata una folata di vento li investì dopo averli fatti sobbalzare.
Un uomo aveva appena colpito il volto di Mike col calcio del fucile procurandogli una ferita profonda sullo zigomo ora sanguinante. Sanguinante come altre zone del suo volto gonfie e livide.
Tutti si voltarono e nel momento in cui si scambiarono gli sguardi e capirono che quello che avevano davanti era un androide coperto già di sangue con diversi danni subiti in precedenza, ebbero un istante di disorientamento non capendo se quello fosse un bene od un male. Aveva appena duramente combattuto ma dal sangue che lo copriva era evidente che aveva avuto la meglio su un gran numero di persone.
Chester dal canto suo visionò Mike e lo mise a fuoco, captò le ferite che lo coprivano in diverse zone sia del viso che del corpo, registrò il fatto che fosse legato e nel momento in cui i dati furono completi, la risposta al problema evidente fu una.
E l’espresse con apparente freddezza:
- Situazione: il mio re è in pericolo, legato, torturato, picchiato e maltrattato. Soluzione: abbattere la causa del suo dolore, liberarlo e curarlo. - Capendo che si stava auto gestendo secondo il sistema del Codice Rosso che prevedeva nel caso scattasse che gli androidi agissero da soli di propria iniziativa, gli intrusi gli puntarono le armi contro mentre un altro andò dietro Mike e afferrandolo per i capelli gli alzò la testa in modo che lo guardasse, poi gli premette la pistola contro la tempia e ringhiò rabbioso e spaventato:
- NON AZZARDARTI A FARE NULLA O LO AMMAZZO! -
Chester parve recepire la minaccia e le iridi vuote divennero rosse come se gli stessero facendo registrare nuovi ordini o dati.
In realtà non era possibile accadesse poiché non era il suo padrone a dargli ordini.
Rob che era vicino a lui lo vide ed ebbe di nuovo l’impressione che il suo viso levigato e privo di tono per un momento si indurisse eccessivamente diventando quasi furioso, ma fu una specie di lampo poiché fu immediatamente spinto indietro proprio da Chester un istante prima di ricevere l’attacco delle loro armi. Quando cessò senza risultati poiché le pallottole rimbalzavano sulla sua dura pelle, l’androide si piegò sulle gambe e disse metallico:
- Situazione: tentativo di omicidio per il mio re. Soluzione: abbattere la minaccia. -
Poi con gli occhi rossi scattò ad una velocità inaudita verso gli uomini in piedi impalliditi nel vedere che le loro armi non avevano fatto effetto.
Non ebbero il tempo di prendere quelle speciali a laser che la testa di tre di loro volò immediatamente tranciata di netto senza che nemmeno vedessero l’attacco.
Chester ritrasse le lame dalla mano e continuando il giro colpì con un raggio ciascuno gli altri tre, dopo di che deviò verso Mike e quello che lo stava ancora minacciando sconvolto e liberamente terrorizzato nel vedere i suoi compagni abbattuti uno ad uno in un nano secondo.
Solo il tempo di guardare la morte davanti agli occhi e capire che sarebbe giunto il suo momento che si sentì un rumore secco di ossa rotte e l’uomo venne scaraventato da Chester di lato come se fosse immondizia da spostare.
Gli aveva rotto il collo e quasi staccato la testa con le mani nude.
Un respiro e si girò verso gli intrusi rimanenti, altri tre che sorvegliavano Joe, Brad e Dave che appena videro la fine dei loro compagni buttarono le armi e alzarono le mani in alto inginocchiandosi all’istante, gridando che si arrendevano.
Chester si fermò proprio mentre stava scattando verso di loro più come un animale che come un androide e con altro sangue fresco che gli colò sul viso gocciolando dal mento fino al collo, le iridi tornarono nere e raddrizzandosi studiò nuovamente la situazione:
- Aggiornamento: minacce abbattute, intrusi arresi non più pericolosi. Livello di pericolo: zero. -
Dopo di che con tutti i presenti rimasti totalmente esterrefatti a quella scena, un po’ perché impressionati da quella dimostrazione brutale e agghiacciante di forza un po’ perché in lui avevano visto ben altro che un androide normale, Chester ignorò quelli che sapeva essere amici di Mike e si rivolse a lui accasciato sulla sedia su cui era legato, ancora privo di sensi per i duri colpi subiti.
Si abbassò e lo liberò, quando le corde non lo tennero più Mike cadde in avanti e l’androide lo prese cingendolo con le braccia in un gesto quasi protettivo e di certo non metallico o robotico.
Rob che si era alzato non si muoveva capendo profondamente cosa tutto quello significasse e senza osare guardare nemmeno i suoi amici che non vedeva da anni per, si ritrovò con gli occhi lucidi.
Aveva appena completato la sua ricerca e trovato una soluzione.

/Piccolo mio, vieni qua… cosa diavolo ti hanno fatto, cazzo? Doveva ammazzare anche quei tre ma sto robot di merda ha sentito che non c’erano minacce in quelli rimasti… ma come, hanno contribuito a farti tutto questo… oh, dannazione, perché ti tocco e non ti sento?
So cosa faccio, ti vedo e prego che tu ti riprenda e che ti accorga che sono qua. Sono qua con te, non me ne sono mai andato, riprenditi, torna in te. Nessuno può abbattermi, sopraffarmi, superarmi.
Dannazione, androide cazzuto, fammi uscire, lasciami in pace e lasciami venire fuori. Lasciami fare.
Mike ha bisogno di me. Mike ha davvero bisogno di me. Lasciami andare./

Chester prese in braccio Mike che continuava a rimanere svenuto, quindi quando fu al sicuro si alzò in volo sorvolando le scale per passare ai livelli superiori.
Nel volo sentì le braccia di Mike stringerlo intorno al collo e affondare il viso contro l’incavo trovando rifugio in un gesto estremamente dolce e disperato al tempo stesso.
Risvegliandosi da quel breve incubo fra le braccia inconfondibili di Chester, ne riconobbe subito la durezza, la freddezza e quell’odore di sangue che ormai lo caratterizzava quando tornava dalle missioni, fu così che si sentì immediatamente bene ed al sicuro e nonostante tutto il dolore fisico che provava per ciò che gli avevano fatto, si chiese se quello non fosse già il suo Chester e se l’Inferno fosse finito.
Nel rispondersi subito che era fra le braccia della stessa persona con cui aveva vissuto gli ultimi cinque anni, nascose il viso contro la sua pelle sporca macchiandosi a sua volta non più di quanto non lo fosse già per le ferite che possedeva. Si nascose e non volle vedere niente, tanto meno pregare o sperare in qualcosa. Voleva solo che tutto tornasse a posto.
Credere di avere il suo Chester, sentirsi in Paradiso e rendersi conto di essere ancora con l’androide con cui aveva unicamente vissuto in quegli anni, lo poteva solo confondere ulteriormente.
Quel furore.
Quel furore tipico del suo amore era certo di averlo percepito quando in uno stato di semi incoscienza l’aveva visto combattere, aveva guardato il suo sguardo, uno sguardo non più vuoto e non aveva avuto dubbi. Da qualche parte lì dentro c’era ancora la persona che amava. Quello capace di ogni esagerazione sempre e comunque, passionale e ribelle. Quella persona per cui aveva letteralmente perso la testa.
Si strinse ancora di più a lui con un grandissimo bisogno che non smettesse di tenerlo fra le sue braccia.
Braccia dure e fredde ma comunque assurdamente confortevoli.
Quando arrivarono al Livello Due adibito a infermeria, lo posizionò sul lettino medico e fece per staccarsi ma Mike rafforzò la presa stringendo gli occhi:
- Aspetta un attimo. - Chester non lo lasciò e attese come gli aveva chiesto, quindi quando si riprese si separò con un sospiro.
Gli occhi erano lucidi ma era riuscito a non piangere e aveva ricacciato indietro tutta quella confusione tremenda in cui stava annegando.
- Devo curare il mio re. - Disse dunque inespressivo e prima di fargli dire qualunque cosa, Chester gli toccò la fronte col ditale in acciaio, da esso si sentì un ronzio e nel giro di poco la pelle di Mike cominciò a richiudersi come se nessuna ferita fosse mai stata fatta grazie ad un processo curativo rigenerativo accelerante, agli antidolorifici e all’energia fortificante trasmesse tramite l‘accessorio ed il suo stesso corpo di androide che immetteva tutto quello. Non rimase un solo livido e dopo aver compiuto ciò, Chester gli ripulì il viso dal sangue secondo le informazioni del programma caricato per aiutare il proprio re.
Mike si lasciò fare come incantato, di fatto non era mai successa una cosa simile e vederlo reagire in quel modo quasi umano lo spiazzò facendosi chiedere quanto ancora avrebbe potuto somigliare al suo compagno invece che ad un androide come gli altri.
Fu in quel momento che salirono gli altri quattro loro amici e vedendoli in quello stato intimo esitarono nell’interromperli.
I quattro si scambiarono uno sguardo complice, come di chi stava avendo conferma circa una teoria appena espressa, dopo di che fu Mike a notarli e con una carezza gentile ed un sorriso intenerito fermò Chester mormorando dolcemente, quasi non notasse il suo stato impressionante:
- Grazie Chester, ora sto bene grazie a te. Va tutto bene. Vatti a rigenerare anche tu, per favore. E pulisciti. - Nonostante Mike non gli avesse parlato con un tono di comando, Chester eseguì ugualmente gli ordini e volò al piano superiore per rigenerarsi e pulirsi a sua volta.
Quando i ragazzi rimasero soli, si fecero avanti abbracciandosi come prima cosa.
Fu Mike il primo a prendere l’iniziativa e volando fra le loro braccia per un momento fu come se tornasse al suo vecchio carattere esuberante ed allegro.
Cinque anni di isolamento totale dove l’unica compagnia era stato un androide con le sembianze del proprio fidanzato… non era di certo una cosa che trasmetteva gioia e spensieratezza.
Sicuramente dopo tutto quello che aveva passato un cambiamento simile era il minimo.
Passati i primi minuti a salutarsi, fu Rob ad andare al punto ancora sconvolto dalla scoperta che aveva appena fatto.
- Mike ma tu non ti sei mai accorto di niente? -
Mike in quel momento cadde dalle nuvole:
- Cosa? -
- Ma quello non è un androide! Sta lentamente tornando il vero Chester! -
E nel momento in cui lo disse, il ragazzo che gli stava davanti i cui anni di sofferenza e solitudine l’avevano segnato molto, impallidì ulteriormente e dall’ondata di calore immediata si sentì brutalmente mancare.

/Cazzo, io sono qua!
Sentimi!
Sono qua!
Vedimi!
Sono qua!
Toccami!
Sono qua!
Baciami!
Sono qua, Mike.
Qua per te.
Solo per te.
Portami con te./