NOTE: questa fic è per il concorso indetto da Parsifal sul forum di EFP dove bisognava scrivere una fic usando una canzone. Ho colto la palla al balzo ed ho scritto una nuova per la serie di Minutest to Midnight sulla canzone più triste e angosciante dell’album ed anche una delle più belle dello stesso. Mi sono messa non poco in crisi poiché mi sono detta di volerla usare ma poi ho realizzato il senso del testo ed ho detto ‘e mo come diavolo faccio?’ Non anticipo niente ma mi sono districata. Per ascoltarla basta cliccare sul link che si trova sul titolo della canzone sotto il testo. Ringrazio tutti quelli che leggono e commentano. Buona lattura. Baci Akane

VALENTINE’S DAY

Le mie intestina sono diventate cenere
così lentamente.
E sono soffiate via appena sono crollato
Così freddamente
E un nero inverno è sparito dalla vista.
Un'altra oscurità sopra il giorno,
quella notte.
E le nuvole sopra si avvicinavano,
guardando così insoddisfatte.
Ma il vento senza cuore continuava a soffiare, soffiare.
Ero abituato a proteggermi da solo,
ma non ora.
Perché il mio sentiero ha smarrito la direzione,
in qualche modo.
Un nero inverno ti ha portata via,
dalla mia vista.
Un'altra oscurità sopra il giorno,
quella notte.
E le nuvole al di sopra si avvicinavano,
guardando così insoddisfatte.
E la terra sotto diventava più fredda
mentre loro di portavano giù.
Ma il vento senza cuore continuava a soffiare, soffiare.
Così ora te ne sei andato
e io ho sbagliato.
Non sapevo fosse così,
essere soli il giorno di San Valentino,
essere soli il giorno di San Valentino.
Ero abituato a proteggermi da solo,
ma non ora.
Perchè il mio sentiero ha smarrito la direzione,
in qualche modo.

/Valentine’s day - Linkin Park/

È fottutamente tardi, cazzo, e con poca delicatezza glielo faccio notare dopo averlo cacciato giù dal letto a calci.
Entrambi avevamo appuntamento altrove ben mezz’ora fa!
Non che normalmente me ne fotta qualcosa, ma dopo che abbiamo cominciato a fare come diavolo ci pareva senza tenere conto degli impegni vari e per questo ricevere domande su domande, Mike, il furbo, ha capito che per sopravvivere e non diventare dei killer e poter continuare a fare ciò che volevamo senza che nessuno ci rompesse i coglioni, dovevamo stare attenti agli orari.
Entrambe le nostre sveglie hanno suonato in concomitanza e nonostante quelle ci siamo distratti.
Distratti… che bel modo per dire che abbiamo scopato!
- E’ sempre colpa tua! - Asserisce seccato mentre si veste in fretta guardando l’ora di continuo.
- Che cazzo dici! Sei tu che mi hai dato il tuo corpo da scoparmi, che ti aspettavi, che non me lo prendessi? - A volte non capisco se scherzi o cosa, poi mi sbaraglia ogni dubbio.
- Puntualizziamo che te lo sei preso tu! - Scherza!
- Ma tu me l’hai dato ben volentieri! - Sbraito mentre in perfetta sincronia corriamo verso la porta d’ingresso dell’appartamento. Questa sede del gruppo se avesse occhi ne direbbe di cose…
All’idea ridacchio e lascio perdere gli stupidi soliti battibecchi, quindi al posto di un bacio sulle labbra che mi porge prima di aprire la porta, gli do uno schiaffo amichevole sulla nuca facendolo ridere.
Erano le cose che mi erano mancate.
Quelle che non avevo mai avuto.
Paradosso?
Che cazzo ne so, è così comunque.
Una volta fuori di qua è come varcare un passaggio magico che dal mondo incantato ci riporta alla fottuta realtà dove tutto svanisce e noi torniamo normali esseri cazzuti come tanti. Tipo Matrix!
Fingendo egregiamente che sia normale uscire a quest’ora di casa per andare a vivere quelle che sono le nostre vite ufficiali, alzo lo sguardo al volo prima di salire in macchina, lui fa altrettanto e ci scambiamo un cenno di saluto accompagnato da un ghigno da parte mia e da un occhiolino da parte sua, poi non diciamo nient’altro, solo saliamo sulle rispettive auto e ce ne andiamo.
È il tramonto ma non è una bella giornata, il cielo si sta annuvolando e si sta anche alzando un vento fastidioso che porterà di certo un tempo del cazzo.
Ogni volta che ci separiamo dopo aver scopato o passato qualche ora insieme, mi sembra di essere estirpato da un meraviglioso sogno, ma poi vivendo quella che chiamo vita pubblica mi rendo conto che è questa il mio vero sogno e che quella che per me è vera e unica è quella che ormai da qualche mese vivo con Mike, a cui non potrei più rinunciare per niente al mondo, non dopo tutto quello che ho passato per riuscire ad averlo.
Devo dire che ultimamente il nostro legame si è rafforzato paurosamente, colpa di certi discorsi che fa… tipo quando mi ha parlato del suo passato -oddio, quella volta avevo insistito io per saperlo, ma non ha importanza- o quando abbiamo parlato di quando non ci saremo più.
Ma dico, porco mondo! Come diavolo puoi tirarmi fuori discorsi simili?
Seguo la sua auto per qualche metro per poi dividermi e turbato da quella volta che mi ha detto di aver sognato che era morto ed io disperato, non posso che mandarlo sistematicamente a cagare.
Volevo ucciderlo io perché mi faceva pensare a quelle cose, io odio pensarci, specie dopo tutta la fatica che ho fatto per poter stare finalmente con lui!
L’idea che un giorno, prima di quel che penso magari visto quanto sono sfigato, potrei davvero separarmi di nuovo da lui mi fa star male.
Ed è solo un pensiero fugace, pensa se dovesse succedere davvero!
Cazzo, mi odio quando ci penso ma è inevitabile dopo quel discorso.
Tutta colpa sua, stronzo di un Mike!
Sono quasi arrivato a destinazione che vedo le ambulanze sfrecciare, accosto per farle passare, vanno verso la strada che ho appena lasciato.
Odio quelle dannate sirene, annunciano disgrazie, le cancellerei per sempre dall’universo.
Sospiro insofferente… fra i pensieri cupi che mi sono venuti per colpa di Mike e le sirene del cazzo ormai sono liberamente inquieto e so che mi mangerò chiunque mi incontrerà ora.
Fanculo, pensiamo a qualcosa di bello… domani è il giorno di San Valentino, odio anche quella dannata festa di merda ma so che a Mike invece piace.
Sarebbe la prima insieme, odio passare questo tipo di feste con chi amo perché sembra quasi un comando universale, un dovere. Io lo faccio perché voglio, non perché quel giorno si deve fare!
Però so che Mike ci tiene, ha già preso il mio regalo.
Dannazione, quanto odio quel giorno di merda… non voglio regali, non voglio farglieli e soprattutto non voglio gli auguri o passare una fottutissima sera romantica!
Chi diavolo l’ha inventato quel giorno del cazzo?
Vorrei cancellarlo!
Ok, forse questo non era tanto meglio di pensare al discorso di Mike e del suo ‘cosa lascerò quando me ne sarò andato?’, ma fortunatamente sono arrivato e non devo nemmeno rispondermi.
Per me domani sarà come tanti altri, nulla di speciale o diverso.
Anche se Mike sarà particolarmente idiota.
Oddio, non che lo possa sapere con certezza… cazzo, è la prima volta che lo passiamo da compagni!
Parcheggio l’auto e scendo. Le nuvole sono sempre più consistenti sopra la mia testa, il vento mi fa socchiudere gli occhi, è davvero forte, cazzo. Non lo sopporto!
Poi per colpa dell’inverno ancora pieno, fa un freddo cane.
Generalmente apprezzo il fresco ed odio il caldo afoso, ma quando è così esagerato ed il vento soffia come un congelatore, mi dà fastidio e basta.
E poi è tutto così eccessivamente buio…
I lampioni sono aperti da un pezzo ed ormai sembra già notte.
Che palle!
Sbuffo mentre il telefono suona, quindi lo prendo e mi fermo fuori dal cancello.
È Mike.
Ma guarda, si parla del diavolo!
Sicuramente vorrà ricordarmi che domani io e lui dovremo trovare il modo di vederci, mi sciorinerà le scuse perfette che probabilmente si è inventato perché lui è un genio e trova sempre un modo per fare ciò che vuole, anche se sembra impossibile.
Rispondo sicuro che voglia spiegarmi il suo piano perfetto, quindi lo blocco sul nascere brusco come mio solito, già esasperato all’idea di pensare a San Valentino.
- Non me ne fotte un cazzo di domani! Lo vuoi capire che per me quel giorno è una fottuta tortura? Non ci penso minimamente a vederti domani! Vaffanculo! - Soliti modi di parlarci.
Ma non è la sua voce quella dall’altra parte e tutto svanisce perché divento di piombo e le orecchie bruciano.
Le orecchie.
Il resto probabilmente è già fottuto.
- Signor Bennington? - Non mi piace.
Non mi piace proprio per un cazzo.
Credo di grugnire qualcosa, non lo so.
Poi quella maledetta voce riprende.
- Il signor Shinoda ha appena avuto un incidente in auto, ha detto di chiamarla subito… lo stiamo portando al Pronto Soccorso di… - Mi dice l’ospedale e non so che diavolo altro, poi c’è casino, non capisco un cazzo e mette giù.
Vorrei gridare e chiedergli che diavolo dice, che non dica stronzate e se non altro che mi passi Mike, ma poi realizzo che nessun’anima viva oserebbe farmi uno scherzo simile.
Nessuno.
Al di là del fatto che non conosco quella voce di merda.
Però cerco di pensare che se Mike ha voluto che mi chiamassero significa che sta bene.
Sta bene. Vero?
Sì? E perché non mi ha chiamato direttamente lui?
Cazzo, qualcuno mi dica che sta bene.
Non so come diavolo ci sono finito di nuovo nell’auto e come io stia guidando, non so nemmeno di star guidando, in effetti.
Arrivo come un automa o forse come una scheggia al pronto soccorso, lascio la macchina dove capita e corro.
Ma forse cammino.
Forse non sono nemmeno qua.
Ho mille sensazioni diverse, è un casino, ma quando sbraito che mi diano informazioni sulle condizioni di Mike e ringraziando il Cielo mi riconoscono e mi fanno passare, credo di dare di matto.
Sento il fuoco divorarmi nel non sapere ancora un cazzo.
Voglio sapere, fatemi sapere, porca puttana!
Ditemi qualcosa!
Imbestialito, finalmente un’altra voce mi parla, un altro viso, un altro qualcuno che non ricorderò mai.
- Non le nascondo che le condizioni del signor Shinoda sono critiche. Purtroppo è stato un brutto incidente e nel tragitto ha perso conoscenza. Ora lo stanno operando, è un momento delicato. Appena sapremo qualcosa la informeremo subito. - Credo che mi dica anche di avvertire io gli altri e non so cos’altro.
Di fatto non mi dice un cazzo di un cazzo, solo che Mike sta male e che è nella merda.
Perché diavolo non mi dice altro?
È morto e non vogliono dirlo a me perché sanno che ho tendenze violente?
Hanno paura che li uccida?
Cazzo, è morto davvero?
Ha paura di guardarmi, ha paura di darmi dettagli, vuole parlare con qualcun altro, non vuole stare qua con me.
E Mike è rinchiuso chissà dove.
Oh cazzo, cosa è successo?
Io devo sapere, devo.
Ma nonostante voglia gridare isterico contro questo idiota, non mi esce una sola parola, niente di niente. Non un movimento.
Respiro, o forse è proprio che non lo faccio, ma il fuoco improvvisamente dopo avermi bruciato all’istante e completamente tutta la mia carne e i miei organi, mi ha lasciato le intestina in cenere ed ora si sgretolano così lentamente che forse ho le allucinazioni.
Qualcosa mi trascina via, come il vento di prima, poi non sento più niente di fisico se non che diventa tutto freddo e basta.
Solo freddo.
E questo vento che non so proprio da dove venga.
Poi crollo.
Chiara la percezione del mio corpo che si scioglie senza più sangue in corpo.
Sto congelando e tutto è come un nero inverno che mi inghiotte togliendomi la vista.
È notte anche qua dove sono.
Dove sono?
Dove?
Sbatto le palpebre e finalmente torno a respirare.
Sono fuori da questo ospedale del cazzo, quando ci sono andato?
Mi sembrava di essere caduto contro qualcosa di freddo, o magari ero io ad essere freddo, non so.
Ero diventato di piombo e poi di fuoco e poi di cenere e mi ero disperso con qualcosa di forte che soffiava trascinandomi via.
Ma ora sono qua fuori, nella notte, a respirare affannoso e a guardare in alto.
Le nuvole continuano a rincorrersi sopra di me ed il vento è dannatamente forte e freddo in questo inverno del cazzo.
È così nero.
Nero.
Sono nel retro, dove non ci sono luci, non c’è un cazzo.
Non c’è nessuno.
Sono solo.
E cosa sto facendo?
Penso che quest’oscurità sopra il giorno si chiama notte e vorrei che tornasse il sole, ma forse non verrà più.
Cosa è successo dopo?
Nel chiedermelo una mano mi tocca da dietro ed io mi giro di scatto, vedo Rob coi suoi occhiali che addolciscono la sua espressione di natura già dolce per i lineamenti che si ritrova.
Ho sempre pensato che se fosse una donna me lo sarei fatto, poi però mi sono messo con Mike e penso che significhi che non mi fotte niente se uno è maschio o femmina.
Quando lo vedo mi concentro sui suoi occhi, sono mortificati, tesi e non so cos’altro. Parla e non so cosa dice, poi ripete perché mi vede smarrito e questa volta capto qualcosa…
- Ho saputo e quando sono arrivato mi hanno detto che ti eri sentito male alla notizia, poi sei uscito sul retro. -
Notizia.
Parla di notizie ed ora mi ricordo cosa ho pensato quando il tipo mi ha informato.
È la mia voce che arriva così lontana?
- Mi nascondeva qualcosa… non mi ha detto tutto, voleva parlare con qualcun altro… non mi ha detto come sta veramente Mike… come sta?
Dimmi come cazzo sta? Ti prego… non so niente… -
Poi credo che mi metto a ripetere all’infinito che non so niente e in risposta mi abbraccia.
Il vento soffia fortissimo e gelido trascinandomi via, le prime gocce cominciano a scendere, a breve si scatenerà il finimondo ed i lampi illuminano questo posto buio. Flash seguiti da tuoni e boati.
Magari un fulmine mi colpirà… lo raggiungerei subito…
È questo pensiero che mi fa capire perché Rob mi sta abbracciando e tutto si irrigidisce in me.
I nervi si tendono e poi realizzo che se non mi stesse tenendo stretto, cadrei come un coglione a terra.
E vorrei finirci, giù. Ma sotto, più sotto che posso.
Fino a raggiungere Mike.
È un incubo?
Ci devo credere a tutto questo?
È possibile che stia succedendo davvero?
Ma così male non lo sono stato mai e mi sembra di essermi fatto di qualcosa di pesante. Se non fossi sicuro di aver smesso crederei di essere in overdose o di essere sotto l’effetto di qualche droga forte.
È la stessa identica cosa.
Allucinazioni, stati alterati, deliri…
Mi lascio così stringere da Rob che mi sostiene di peso, io non so se ricambio, non so cosa faccio, però registro il cielo e le gocce di pioggia che sempre più grosse e fitte mi ricoprono, quindi non chiudo gli occhi e rimango a guardarle sperando sempre che un fulmine mi colpisca.
Non so dirlo.
Non so dirlo davvero.
Non voglio dirlo.
Non lo dirò mai.
Mike è…
No, non lo dirò.
Posso solo dire che sono io quello che è morto.
Di nuovo mi lascio condurre, di nuovo mi lascio fare, di nuovo non so cosa sto facendo.
Ripenso solo al discorso dell’altra notte con Mike, quando lui mi raccontava di essersi sognato morto e mi diceva che io nel sogno ero disperato e mi lasciavo morire.
Ecco cosa succederà.
Già lo so, quindi perché combatterlo per evitarlo?
Sono io il primo a volerlo.
Perché dopo averlo avuto, dopo aver avuto il Paradiso, non posso semplicemente lasciarlo andare e rassegnarmi e andare avanti senza.
Perché non voglio.
Perché lui mi ha dato troppo per non volerne ancora e per troppo poco tempo.
Troppo poco.
Niente, un cazzo, in pratica!
Ma forse le ore sono trascorse infallibili e la notte è passata, però intorno a me è sempre scuro, non sembra giorno.
Il temporale continua a scatenarsi, il vento continua a soffiare come ieri.
Continua tutto come ieri.
Tutto.
Non è cambiato nulla, solo che oggi è un giorno in più ed è quel dannato San Valentino che io odierò per sempre, più di prima.
Non me ne fotteva un cazzo di quel giorno, non l’avevo mai considerato ed ora… che posso dire?
Avanzo insieme agli altri che mi conducono dove dobbiamo andare.
Dove stiamo andando?
Non capisco ma il telefono squilla, non è il mio ma mi riporta a ieri a quando era il mio ad aver suonato.
Torno a quel momento e lo rivivo nei dettagli che non avevo notato bene.
Le nuvole sopra si avvicinavano guardandomi insoddisfatte e il vento senza cuore continuava a soffiare fortissimo senza farmi sentire bene.
È tutto identico ad oggi ma oggi mi sembra diverso, perché…
Ero abituato a proteggermi da solo, Mike.
Non facevo entrare nessuno in me, non mi fidavo di nessuno, mi distruggevo liberamente e con violenza affrontavo la vita.
Poi sei arrivato tu e mi hai scombinato tutto.
Sei riuscito a prenderti la mia fiducia, la mia serenità, i miei sentimenti. Sei entrato in me. Mi hai curato, mi hai tolto la droga, mi hai rimesso in strada ma questa volta quella giusta ed ora non so più proteggermi da solo.
Tu mi hai rimesso sul sentiero giusto ma ora sono qua che cammino e seguo gli altri che non so dove mi stanno portando, ma io ho smarrito la direzione.
Ho perso in qualche modo la via che tu mi avevi indicato di percorrere.
Perché non sei qua a camminarmi avanti. Non è più te che sto seguendo, quindi come prima di incontrarti, come quando mi avevi lasciato per fare altro, io mi sono perso.
E un nero inverno ti ha portato via dalla mia vista, un’altra oscurità sopra il giorno, come quella notte.
Quella.
Quale?
Ieri.
Poco tempo.
Poche ore.
Sono qua fuori insieme agli altri che ti portano giù, sotto questa terra fredda e bagnata, è fango e loro ti portano giù.
E il vento soffia proprio come ieri.
La pioggia scende, proprio come ieri.
E l’inverno è nero e freddo, proprio come ieri.
Domani mi ritroverò sempre fuori, in un altro posto, sempre sotto la pioggia, sotto le nuvole minacciose, sempre di notte, sempre con l’inverno nero, sempre con un giorno oscuro e penserò che la terra sotto diventava più fredda mentre loro ti portavano giù. Proprio perché ti portavano giù, diventava più fredda.
E ricorderò che il vento continuava a soffiare senza cuore.
Ed un giorno riuscirò a dirmi… Mike, te ne sei andato ed io ho sbagliato… perché mi sono dato a te buttando via tutte le mie difese… ora invece sono qua a dirmi che non sapevo che fosse così essere soli il giorno di San Valentino.
Quel fottutissimo giorno che ho sempre odiato e che non volevo festeggiare con te perché era una puttanata.
Non avevo idea di che cosa dicevo quando sbraitavo che volevo passarlo da solo.
Perché ora ci sono, solo, e sto male.
Male in un modo che non so dire.
Male come un automa che vive in un sonno senza sogni. Come uno che vuole tutto e niente. Come uno che fa e non sa di fare e forse non fa davvero ma sogna anche se pensa di non star sognando.
Male come uno che esiste ma non esiste.
Perché ero abituato a proteggermi da solo ma non ora, ora non ne sono più capace per colpa tua.
Perché ora il mio sentiero ha smarrito la direzione ed io non so più andare avanti.

Non succede che riapro gli occhi, non succede che mi sveglio, non succede che torno a galla. Non succede niente perché non ero mai svenuto, non mi ero mai addormentato, non ero mai caduto.
Non avevo mai fatto niente.
Non mi ero nemmeno mai mosso.
Mai andato fuori dall’ospedale, mai incontrato Rob, l’incarnazione della calma, colui che vorrei mi raccogliesse se Mike non ci fosse, perché lui è pace.
Non sono mai stato sotto la pioggia a guardare le nuvole che avanzavano e i tuoni che scendevano.
Mai sotto il vento senza cuore che mi soffiava via.
Mai a guardare il terreno freddo che inglobava Mike.
Mai a pensare a quanto mi sentissi solo e senza protezioni e smarrito.
Non ho nemmeno mai passato il San Valentino solo.
Sono ancora qua ad aspettare che qualcuno arrivi e mi dia delle notizie più sicure, ho chiamato gli altri senza accorgermene, non so nemmeno cosa gli ho detto… preda di quest’allucinazione atroce ad occhi aperti. Lo stesso effetto di una dose pensante di droga.
Sono quasi morto io stesso.
Le lacrime mi escono all’idea di quello che passerei se Mike morisse davvero, se davvero i medici mi avessero nascosto qualcosa di importante per paura della mia reazione devastante.
Se davvero il suo maledetto fottutissimo sogno dovesse avverarsi.
Perché lui parla e parla e mi dice tutto confidandosi, ma non sa gli effetti che ha su di me, specie se mi dice certe cose.
Le sue paure poi diventano le mie solo che mentre lui ha paura di non lasciare niente su questo mondo quando se ne sarà andato, io ho paura che lui semplicemente mi lasci.
Ripenso a domani, al giorno di San Valentino… non avrei mai immaginato nemmeno fra mille vite si star qua a pregare Dio di poterlo vivere con lui.
Non avrei mai pensato, ma ora ci sono e Lo prego chiedendoGli di darmelo per domani, che dobbiamo festeggiare il fatto che abbiamo avuto il coraggio di vivere i nostri sentimenti dopo tanta fatica.
Oh Dio, Ti prego.
Ascoltami.
Rob arriva prima degli altri, è trafelato e preoccupato ma mantiene la sua tipica calma e stabilità, non so come fa.
Anche lui in passato si drogava, significa che è emotivamente instabile e che in momenti delicati come questo rischia grosso proprio come me, eppure sta qua, si siede vicino a me e ci guardiamo negli occhi. Siamo entrambi silenziosi. I suoi occhi scuri rispecchiano i miei mentre piangono copiosamente.
Mi sentirei un imbecille se non fossi qua con lui che so può capirmi perché dopo aver visto l’inferno, uno fottutamente simile al mio, ha trovato -e non so come ma conta che l’abbia trovato- il suo equilibrio.
Anche io l’ho trovato, solo che questo mio equilibrio ora è in pericolo perché è sotto i ferri.
È colpito dalla mia reazione, si aspettava di trovarmi ad urlare e strepitare e fare casino e uccidere tutti, invece sono qua seduto in sala d’attesa e guardo fisso davanti a me e piango silenziosamente mentre immagino un San Valentino da solo e noi a seppellire Mike.
Perché dopo aver passato l’inferno, appena ti ritrovi sul baratro, in bilico, non ti viene automatico pensare positivo e dire ‘ce la farà’. Ti viene automatico pensare negativo e disperarti e pensare ‘ecco, ora mi lascerà anche lui. Perché tutti mi lasciano. Sempre’.
Mi mette la mano sulla spalla e stringe, così. Senza dire nulla. Senza fare altre cose particolari che comunque non sarebbero da lui.
Ecco dunque che mi sciolgo accasciandomi sulla sua spalla.
Sto qua.
Non aumento il pianto, non lo diminuisco, non sto meglio, non sto peggio.
Ma non riuscivo a reggermi più da solo.
Non ce la facevo.
Ti prego, fa che San Valentino lo passerò con Mike.
Ti prego.
Ti prego…

Questa volta la faccia del tipo che esce dalla sala emergenze la registro e la vedo bene, non la dimenticherò mai, così come la sua voce e le sue parole.
Si alzano tutti in piedi ma io rimango seduto, sono di piombo, non ho le forze per tirarmi su.
Non pensavo che avrei mai reagito così, proprio io, furioso come sono in ogni momento della mia vita, nato esagerato.
Ma uno non si conosce mai abbastanza finché non vive certe cose… vedi Mike… sotto stress diventa isterico, invece!
L’uomo è intorno ai trent’anni, è un infermiere ed ha una divisa verdolina, i capelli sono corti e tirati all’indietro, il sudore lo ricopre sulla fronte spaziosa, gli occhi sono dal taglio infossato e verso il basso ma di un bel verde magnetico. Il naso è un po’ schiacciato e il mento sfuggente. Ha un filo di barba. Le spalle sono larghe ma ha un po’ di pancia, nulla di evidente. Porta delle scarpe comode da ospedale, sempre verde acqua.
Le mani sono grandi e congiunte davanti, le batte e le stringe, quindi parla.
La sua voce è carezzevole e calda, canterebbe bene e probabilmente lo fa.
Il suo accento è del nord e mi farebbe sorridere in condizioni normali.
- Il signor Shinoda è fuori pericolo, l’operazione è stata lunga ma è andata bene. Ha qualche costola rotta, un trauma cranico e subito varie emorragie interne piuttosto allarmanti, gli abbiamo salvato il polmone per un pelo e ci ha dato lavoro anche a livello cerebrale, ma è andato tutto bene. Ora è sedato e intubato. Sta dormendo, quando si sveglierà potrete vederlo uno per volta ma all’inizio avrà bisogno di riposo assoluto. Siccome è un soggetto sano ed in forze non dovrebbe avere problemi nel riprendersi presto e di certo al cento percento. -
Con gioia ora è preciso e dettagliato ed io registro tutto fino al dettaglio, non ho bisogno di chiedere nulla. È solo che mi sembra di respirare di nuovo dopo ore di apnea e mi rendo conto per l’ennesima volta cosa significa passare dall’inferno al paradiso in un battito di ciglia.
Fottiti Mike, mi hai fatto crepare, cazzo!

Hanno suggerito che qualcuno si fermasse per la notte.
Io non volevo, cazzo, ma sua moglie a momenti si sentiva male peggio di me e lui messi insieme, quindi l’hanno spedita a casa dal figlio e gli altri hanno subito guardato me.
Io mi sono stretto nelle spalle e alla fine ho accettato.
Tanto a casa non avrei dormito, meglio stare qua a guardarlo dormire.
Sto stronzo… quante me ne ha fatte passare in poche ore!
Non dovrei permettere a nessuno di ridurmi così, anzi… non dovrei dare a nessuno quel potere, ma ormai l’ho dato a Mike e devo dire che non ha solo il potere di farmi a pezzi ma anche di ricostruirmi.
Ha un potere immenso e gliel’ho dato io, devo solo insultare me stesso.
Non faccio che ripensare alla notte in cui abbiamo parlato della morte, dovremo tralasciare tutto ciò che non va bene di ciò che abbiamo fatto in vita e ricordarci le cose buone e giuste.
Ed ora sono qua a pensare a lui e a cosa significa per me, a come mi ha fatto sentire prima e all’allucinazione delirante che ho avuto quando pensavo che sarebbe morto.
Poteva morire.
Poteva succedere.
Certe cose non si possono spiegare, si vivono e basta e comunque non ci sono reazioni adeguate, parole precise o pensieri coerenti.
Stavo di merda.
Punto.
Non sono mai stato peggio.
Lo dico ogni volta che sto di merda e nella mia vita sono stato molto spesso di merda, però questa volta è stato diverso.
Era perché stavo per perdere la mia salvezza.
Ma Mike è semplicemente questo?
La mia salvezza?
No, lentamente Mike sta diventando tutto, non solo la mia salvezza.
Il mio rifugio -quello lo era da tempo-, la mia cura -quello anche lo era già-, il mio confessionale -idem a sopra-, la mia stabilità -dopo di oggi non so quanto però lo sia… più che altro mi destabilizza in effetti-, la mia dipendenza -oh, di certo-, il mio unico desiderio -sempre di più-, il mio tutto -che banale-.
Quindi a che conclusione posso arrivare?
Ce n’è una, dopotutto quello che ho passato stanotte?
Dalle finestre chiuse il vento finalmente si placa e la pioggia cessa, guardo l’ora. È l’alba. Chissà se il cielo si schiarirà abbastanza da farci vedere un inverno meno nero e freddo di ieri?
Non è più notte e mi concentro su questo dettaglio.
Conclusioni… non credo possiamo raggiungerne finché siamo vivi, perché di volta in volta troviamo nuove considerazioni che ci fanno rivalutare tutto.
Che conclusioni posso trovare?
Torno a fissare Mike, steso nel letto col respiratore e i valori sul monitor accanto.
È tutto regolare e stabile.
Sembra solo che dorma, lo stronzo, dopo avermi fatto passare l’inferno.
Sospiro e mi piego. Starei anche tutta la vita a guardarlo in attesa del suo risveglio, ma so che succederà a breve perché non può stare senza me che lo scopo e lo tocco. So che si sveglierà se non altro per questo.
Realizzandolo mi do definitivamente pace.
In ogni caso è tutto passato, oggi è già San Valentino e lo stiamo passando insieme, non mi fotte di come, volevo solo che fossimo insieme e lo siamo.
Tranquillizzato e calmo, il sonno mi schiaccia e non è qualcosa di allucinato come prima, che comunque non dormivo ed era ancora peggio.
Quello che sogno non è traumatico e drammatico, ma fottutamente bello.
Io e Mike che ci svegliamo insieme.
Quando riapro gli occhi è per la luce che entra dalla finestra, ormai è mattina e le nuvole sono andate via.
Sposto gli occhi assonnati su Mike, anche lui li sta aprendo nello stesso momento e cazzo lo sapevo, quindi per assurdo non mi stupisco.
Ogni tanto li faccio anche io questi dannati sogni che poi si avverano, solo che i miei lo fanno per davvero mentre i suoi proprio per un cazzo. Mi fanno solo spaventare… per fortuna!
Ci troviamo subito con lo sguardo, non può ancora parlare per il tubo che gli hanno messo, ma lo vedo questa volta bene e reattivo, non sembra più un morto come prima così mi rilasso e ancora prima di muovermi per chiamare il dottore, gli dico quello che devo e senza il minimo tatto o problema.
Ghigno.
- Pezzo di stronzo che non sei altro, mi hai fatto cagare addosso dallo spavento! Non azzardarti a farlo più o ti uccido io se non muori tu! - Questa minaccia ‘alla Chez’, come la definirebbe lui, lo fa sorridere con gli occhi e comincia a lamentarsi con le mani del tubo in gola, così l’espressione mi si addolcisce come solo a lui mi mostrerei e alzandomi gli prendo la mano. Esito prima di avviarmi alla porta.
Mi chino e me la porto alle labbra, quindi gli lascio un leggero bacio sulle dita, trattiene il fiato, ci allacciamo con gli sguardi e per un attimo non mi muoverei più, ma è la sua bocca che comunque voglio. E non solo quella.
- Cazzo, muoviti ad uscire da qui, non ne posso più! Mi sei mancato, stronzo! - Glielo dico di nuovo a modo mio e so che lui apprezza e che vede tutta la mia fragilità in queste parole.
Solo qualche ora, qualche dannatissima ora di merda ed io sono ridotto così.
Spero che questa fosse l’ultima maledetta prova, porco mondo, altrimenti non sopravvivo più ad altre.
Dopotutto ne ho passate un paio, posso anche pretendere un po’ di pace, no?
Dammi il mio Paradiso!
Separandomi dalla sua mano alzo gli occhi al Cielo, più che un rimprovero ed una richiesta alla fine risulta un ringraziamento per avermelo dato come avevo chiesto.
Quindi sulla porta aperta mi fermo a metà, mi giro e accennando ad un ghigno dico:
- Buon San Valentino. -
I suoi occhi diventano lucidi e pieni di stupore.
Adoro lasciarlo di merda.
Penso proprio che questa festa comincerà a piacermi di più, ora…

FINE