CAPITOLO III:
UN CARATTERE D’ACCIAIO

Mark non perse tempo e appena negli spogliatoi, vedendo che Kevin continuava a ballare e cantare con Roby, anche se in modo meno sfacciato di prima poiché nei pressi c’era anche Thiago, se la prese comoda di proposito per poter stare un po’ solo con lui.
Kevin lo aspettava sempre, non usciva mai senza di lui di conseguenza anche quella volta, come previsto dall’olandese, era rimasto lì sempre canticchiando allegro. Quando finalmente anche l’ultimo fu andato, Mark calcolò un margine di tempo di cinque minuti prima di essere richiamati e senza girarci intorno attaccò deciso. Non era arrabbiato ma era risoluto, questo sì.
- Kevin, cosa cazzo combini? - Il ganese finse di non capire e preso in contropiede rispose:
- Canto? Abbiamo vinto, sono contento! -
Lo sguardo di Mark divenne severo e sottile, non era normale vederglielo, solitamente aveva una pazienza infinita:
- Non sono idiota. Ci stai provando con Roby! Cos’è, credi di mettere alla prova Thiago? Vuoi vedere come reagisce? Se ti parla? -
Kevin solo allora lo capì e lo disse prima ancora di averlo pensato da sé. Precipitoso e impetuoso come sempre:
- Forse così la pianterà di evitarmi! - Si morse subito la lingua rendendosene conto. Aveva pensato veramente di voler riallacciare con Roby perché gli piaceva la sua compagnia prima del casino con Thiago…
Mark scosse il capo continuando a vestirsi.
- Cosa? - Chiese infatti Kevin sull’aggressivo andante, era solo un modo per difendersi, per lui…
- Lo fa per tatto! - Alla fine non ce l’aveva fatta a stare zitto, la sua sincerità era proverbiale ma solitamente non perdeva mai le staffe. Kevin ci rimase di sasso nel vederlo rivoltarsi contro a quel modo e, completamente zitto e fermo, rimase ad ascoltare il resto: - Thiago. Non si avvicina a te per tatto, perché sa che è presto e che ci stai male, quindi non vuole obbligarti a sopportare lui od una situazione che ancora non ti va giù, pensa che sia presto! È solo sensato! Sei tu quello strano! Cosa ti salta in mente di provarci con Roby per provocarlo a reagire nei tuoi confronti? Vuoi davvero che scenda in campo? Sei matto? Se uno come quello attacca non va per il sottile, non l’hai capita la lezione? - Kevin ancor più stordito si bevve le sue parole, non aveva immaginato pensasse quello ma soprattutto che avesse ragione.
Era vero, in realtà.
Thiago era come diceva lui. Perché continuava a non capire nulla?
Possibile che fosse così limitato?
Perché dovevano sempre spiegargli gli altri le cose oppure capirle col secondo treno?
Mark capì che ci stava arrivando solo ora e che probabilmente, come sempre, si era già pentito di aver fatto ogni cosa, ma ormai era tardi…
Sospirò e pronto per uscire con l’altro che l’aveva aspettato, si avvicinò e mettendogli le mani sulle spalle l’aveva guardato sempre indulgente come usava spesso essere con lui. Appariva posato e maturo e non è che lo sembrava ma lo era veramente. Molto più di Kevin.
- Ormai l’hai fatta. E comunque non è male riavvicinarsi a Roby ma in amicizia, non in altri sensi. Cerca di… - Poi si fermò. Non gli piaceva dare consigli, non pensava di essere adatto. Era convinto infatti che anche se glieli chiedevano lui non poteva avere in mano la verità assoluta od una effettiva buona soluzione.
- Cerca di? - Chiese però ansioso Kevin che, per l’ennesima volta, doveva fare i conti con qualche proprio errore involontario.
Mark strinse le labbra, sospirò e scosse la testa stringendosi semplicistico nelle spalle:
- Non fare più niente! Non provarci più con lui, magari Thiago non farà nulla. Ricuci i rapporti ma d’amicizia e basta. Secondo me semplicemente devi lasciar perdere… - Poi vedendo il suo sguardo di nuovo confuso ed amareggiato, disse senza capire: - Perché l’hai fatto? Voglio dire, pensavo che riprendere la tua vita sessuale ti avesse aiutato davvero. Perché di nuovo questa fissa? Oltretutto affrontata così subdolamente. Solitamente vai di petto! - Non era veramente da lui. Niente di tutto quel che aveva fatto.
Kevin si strinse nelle spalle smarrito, spostò lo sguardo senza riuscire più a reggere quello preoccupato e gentile dell’amico, era così paziente e solidale con lui che gli veniva da chiedersi perché.
- Il sesso mi ha aiutato a togliere la nebbia dalla testa, quando ho rivisto Thiago in questi giorni mi sono inconsciamente chiesto cosa provasse per me. Perché mi evitava. Oppure non so, forse volevo solo provare a farlo reagire, come ti ho detto, ed invece di parlargli direttamente ho provato questo stupido espediente. All’epoca tentare di far ingelosire Alex usando Thiago è stato disastroso. Non imparo un cazzo! - Decisamente le cose ingegnose non erano per lui…
Il secondo nome di Machiavelli era Thiago, non Kevin, visto che poi ad avergliela fatta era stato lui e non l’opposto come avrebbe voluto.
L’aveva fatto innamorare e poi l’aveva piantato. Fantastico!
Mark vedendolo di nuovo depresso come giorni prima, si pentì di averlo ridimensionato ma sapeva che andava fatto e senza saper poi che altro dire semplicemente lo circondò per le spalle e poggiando la testa lateralmente alla sua, mormorò comprensivo:
- Freak Bar? - Codice loro per dire ‘chiacchierata privata depressiva fra amici?’
Per la serie ‘tu ti lagni e cerchi di ubriacarti ed io ti ascolto e te lo impedisco‘.
Kevin solo per quello, per essere di nuovo stato capito oltre che ridimensionato in tempo, si sentì subito meglio e capì che era l’unico in grado di arrivare veramente a lui.
In poco tempo erano arrivati a quel punto.
Al punto di pensare cosa avrebbero fatto senza l‘altro.
Nel rendersene conto Kevin cominciò a spaventarsi.
Dopo aver appurato che i sentimenti erano i suoi nemici, ogni qual volta che sentiva di provarne di nuovo semplicemente scappava in qualche modo, o si preoccupava, o ne combinava una delle sue di proposito per cambiare tutto.
Però alla sola idea di piantare Mark che comunque lo considerava solo un amico e di allontanarsi da lui, stava ancora peggio. Era semplicemente impensabile.
Comunque non poteva evitare di spaventarsene ugualmente.
Così come di non esserne ancor più dipendente di così. Ancora di più.
E di più.


Quando il mister li vide arrivare insieme, anche se ultimi, capì che aveva fatto bene a lasciarli quei cinque minuti in più trattenendo gli altri sbuffanti che volevano andare a chiamarli per poter tornare a casa… erano abbracciati e sorridevano scherzando insieme, il sorriso di Kevin era sempre una buona notizia, di quegli ultimi tempi. Non poteva certamente più darlo per scontato.

Tornati in sede dove il bus li lasciò, scesero dirigendosi ognuno alla propria auto per tornare a casa o andare a bere qualcosa insieme per festeggiare la vittoria. Spesso lo facevano senza naturalmente esagerare.
Mark e Kevin diretti al Freak Bar avevano deciso di muoversi insieme e di recuperare una delle due macchine il giorno dopo o più tardi, quindi quando Massimiliano fermò Mark, Kevin dovette aspettarlo in auto.
L’olandese si trattenne senza farsi problemi, nonostante non riuscisse a comunicare praticamente per niente con lui in italiano come in inglese od in qualunque altra lingua, riuscivano a capirsi comunque. Non si poteva dire facessero grandi discorsi, l’italiano di Mark era anche peggio di quello di Kevin che imparava molto più in fretta… però nonostante l’ostacolo linguistico, mister e centrocampista riuscivano a comunicare e capirsi. Avevano insomma un ottimo rapporto, quasi paritario ad un certo punto, il che era tutto dire poiché Massimiliano era una persona strana che non facilitava molto il rapporto confidenziale e amicale, aveva un’aria sempre composta e capire cosa pensasse risultava difficile a tutti. Questo non fermava quasi nessuno. Quasi. Alex sì, ma la maggior parte andava oltre quella maschera da Sfinge che si ritrovava, specie quando lo vedeva gridare -di rado in realtà- contro gli arbitri fino a farsi espellere. Non che succedesse spesso, anzi, però poteva accadere.
Il fatto che Mark fosse arrivato a gennaio di quello stesso anno, il 2011, e che nonostante la scarsa comunicazione linguistica avessero instaurato già un rapporto simile, aveva davvero dell’incredibile.
Il merito era di Mark. Il ragazzo -se tale uno a 34 anni poteva considerarsi- infatti non aveva problemi coi contatti fisici, gli piacevano e li trovava confortevoli. Ma avere contatti come abbracci e pacche e cose simili con i suoi compagni o amici era un conto, averne anche col mister -Massimiliano Allegri fra l’altro- era tutt’altro.
Oltre che poi dieci anni di differenza fra loro era quasi niente nonostante uno fosse un allenatore e l’altro un giocatore.
- Come lo vedi? - Chiese Massimiliano diretto in modo da essere capito, col capo indicò Kevin alla macchina e Mark capì cosa gli chiedeva. Non era veramente un problema capire l’italiano quanto il parlarlo e l’essere comprensibili.
Mark si strinse nelle spalle e cercando di scorgere la figura di Kevin dentro l’auto accesa che stava intanto facendo scaldare, cercò le parole adatte fra le poche italiane che conosceva.
- Insomma… - Storse la bocca, qualcosa non lo convinceva ma non sapeva bene come esprimerlo, Massimiliano lo capì comunque da solo dalla sua spiccata espressività. Di norma era un tipo sorridente e sereno, nel momento in cui esprimeva preoccupazione o poca convinzione era evidente. Oltretutto non era capace di mascherare nulla, era una persona cristallina.
- Cos’è che non ti convince? -
Mark lo guardò e senza filtrare minimamente il suo pensiero o la capacità di usare il lei poiché straniero, disse immediato:
- Lo stesso che non convince te! - Massimiliano sapeva che alcuni non riuscivano a capire il discorso del ‘lei’, non gli importava molto se l’atteggiamento rimaneva rispettoso.
Oltretutto Mark era una persona davvero acuta.
- Stagli dietro, vedi che non faccia cazzate! - Kevin solitamente non dava grattacapi alla Ibrahimovic o alla Cassano, ma non era comunque uno stinco di santo, c’era poco da dire.
Mark capendo cosa gli aveva chiesto annuì col capo mantenendo un’aria consapevole e affidabile quale aveva sempre, quindi accennando ad uno dei suoi sorrisi disponibili e gentili gli diede una pacca sulla spalla come se fosse un suo pari, dopo di che lo salutò e se ne andò da Kevin per la loro ‘serata Freak Bar’.
Se l’allenatore ci teneva tanto valeva la pena stare anche più attento di quanto aveva pensato servisse in origine.
Poi sorrise entrando in macchina, prima di sentir sbuffare Kevin stufo.
“Arriva per vie traverse. Non è diretto se proprio non deve, ma cura a dovere tutti i suoi ragazzi, coglie tutto e ci tiene. È solo una facciata quella di uomo zen tutto d’un pezzo che non partecipa a nulla.”
- Cosa diavolo voleva? - Non aveva certo nulla contro il mister, era solo che detestava aspettare.
Mark si allacciò la cintura e cominciò mentalmente a pregare tenendosi duro per la sua guida spericolata. C’era da chiedersi chi avesse avuto il coraggio di dargli la patente. Suo malgrado con un filo di voce e tornando al più facile tedesco, rispose:
- Mi ha chiesto come stavi. - Semplice. Del resto era così, perché mentire? Non c’era mica niente di male.
Kevin rallentò di schianto e Mark per poco non andò a sbattere contro il cruscotto.
- KEVIN, DANNAZIONE, GUIDA COME SI DEVE! - Tuonò temendo per la propria vita.
Kevin si riscosse e senza dargli nemmeno retta, riprese l’argomento che decisamente gli interessava di più:
- Davvero ha chiesto di me? -
Mark sospirò cercando la pazienza che a volte con lui scarseggiava.
- Sì… - Fece infatti: - Arriva a tutto solo che si serve delle persone giuste per risolvere le cose. Sa ad esempio che se cercasse di aiutarti lui non ne caverebbe un ragno dal buco, per cui chiede a me di starti dietro, perché sa che io ho successo con te, un buon ascendente. - Kevin lo guardò sbandando pericolosamente, Mark gli diede un pugno per indicargli di guardare la strada e proseguì duro: - Arriviamo al bar e ne parliamo! -
Ma Kevin non era della stessa opinione!
- E così il mister è preoccupato per me veramente! - Come se non gli avesse detto nulla…
Mark sospirò e si rassegnò aggrappandosi alla manopola sopra la portiera.
- La gente lo fraintende perché fa poche espressioni e quelle poche sembrano smorfie e pensano che ce l’abbia con qualcuno o che sia di cattivo umore. Poi magari non è uno abituato a condividere le sue idee o i suoi pensieri quindi sembra uno sulle sue. In realtà non è così solo che ha i suoi metodi. Con Alex, ad esempio, secondo me aspetta che Thiago se lo lavori per bene per fargli capire che può parlargli. O che si sblocchi da solo, perché sa che se va là e gli dice di parlargli non funziona! - Kevin rimase colpito dalla sua profonda conoscenza di quell’uomo. Era al Milan solo da Gennaio, praticamente un anno, come mai ne sapeva tante su di lui?
Sembrava fosse il suo migliore amico!
- Come mai lo conosci così bene? - Domanda topica fatta con per niente nonchalance!
Mark capì al volo il tono con cui lo disse e fissandolo di sottecchi ridacchiando per la sua poco velata gelosia, rispose:
- Perché stiamo segretamente insieme, lui è il mio amante, per questo non posso avere anche te, poi mia moglie si insospettisce. Fra l’altro dove ti imbuco? Non ho mica tutto questo tempo! Fra famiglia e amante… -
Lo disse semi serio, uno non acuto avrebbe anche potuto fraintenderlo ma Kevin più che acuto lo conosceva e per punirlo prese una curva a gomito a cento Km/h facendo finire la macchina quasi su due gomme, a Mark vennero i capelli bianchi e dritti sulla testa e per quando la macchina si fermò era pallido come un cencio attaccato alla portiera che pregava di non morire. Kevin fermò l’auto dopo aver parcheggiato con una mossa azzardata delle sue e lo fissò malignamente soddisfatto, con l’aria di chi voleva proprio dire ‘attento a quel che dici!’
- Non prendermi per il culo, stronzo! - Mark però gli tirò un altro pugno sulla spalla robusta:
- Stronzo lo sei tu! Non posso morire solo perché non ti piace che ti prenda per il culo come meriti! Che sparate idiote! Fare il geloso col mister! E poi per cosa? Mica siamo veri amanti, io e te! Siamo solo amici! E solo da gennaio, ripeto! Ho rapporti di anni e anni con altre persone… con Wesley Sneijder stesso, ad esempio, per dirne uno… o Luka Podolski, o Thomas Muller, o Bastian Schweinsteiger, o Arjen Robben, o Dirk Kuyt, o Miroslav Klose… -
- PIANTALA HO CAPITO! NON SONO UN CAZZO PER TE! HAI UN SACCO DI AMICI PIU’ AMICI DI ME, IO NON SONO FRA QUESTI, STRONZO! - Alla fine Kevin non aveva resistito e urlando era sceso dalla macchina offeso sbattendo la portiera. Mark allibito ma comunque divertito e sempre ridacchiando scese a sua volta e seguendolo a braccia larghe lo fermò deciso e sicuro:
- Non è questo il punto. Ho tanti amici, ho tanti rapporti… non puoi essere geloso del rapporto che ho col mister. Io coi coach sono sempre in ottimi rapporti! E comunque non puoi essere geloso punto e basta! Siamo amici anche noi come lo sono con tutti quelli che ti ho detto! Non fare l’idiota, era questo che volevo dirti! - Certamente non le mandava a dire, Mark, e la loro fortuna era che parlando in tedesco nessuno li aveva capiti. Kevin tornò così indietro e sorridendo come un agnellino lo agganciò col braccio intorno al collo scoccandogli anche un sonoro bacio entusiasta sulla guancia. Cose tipiche sue che non risparmiava a chi considerava suo vero amico.
Mark basito da quel suo cambio repentino d’umore lo seguì ricambiando mettendogli il braccio intorno alla schiena, quindi così insieme si diressero alla bettola di bar che per chiamare tale serviva coraggio.
- Sei proprio un idiota, Kevin. Geloso per queste stupidaggini! Capisco bene le persone e riesco ad instaurare facilmente dei buoni rapporti, tutto qua. Che c’è da essere gelosi? - Kevin non aveva problemi ad ammetterlo, di conseguenza rispose spavaldo senza pensarci su troppo:
- Perché sono possessivo! Cercherò di ricordarmi che devo condividerti! -
- Mi sento un link di facebook! - Fu il commento secco dell’olandese che fece sgorgare tante di quelle risate all’amico da dimenticare il motivo per cui erano nel ‘bar depressione’.
Continuarono infatti a sparare cavolate a tutto andare un po’ sull’ego e l’idiozia di Kevin, un po’ sugli amici di Mark.
- Sneijder? -
- Compagno di nazionale, poi gioca a Milano anche lui quindi i rapporti continuano anche al di fuori degli incontri con l’Olanda. -
- Che tipo è? -
- Simpatico e socievole. È assolutamente corretto. - Mark aveva molta pazienza ma non voleva passare veramente a Kevin tutti i dettagli privati e personali dei suoi amici, specie perché erano molti… l’altro però sembrava in missione!
- E Klose? - Mark sospirò ma rispose.
- Lui era mio compagno al Bayern ed ora che gioca nella Lazio anche per lui c’è il discorso con Wesley… solo che magari è un po’ più lontano… -
- E lui che tipo è invece? -
- E’ rigido e duro, tutto d’un pezzo ma sotto sotto comprensivo. - Il terzo grado continuò anche per tutti gli altri, tutti ex compagni di squadra al Bayern o attuali della nazionale. Fino a che la domanda fatidica giunse, Mark se l’aspettava, Kevin era troppo prevedibile per lui.
- Fra questi se dovessi scegliere il tuo migliore amico in assoluto? - Mark non rise solo perché aveva un buon controllo, tutto sommato, ma dentro di sé rotolava!
Non si smentiva mai, quel tipo.
Bevve un altro sorso di birra -gran bevitore com’era gli andava giù come acqua fresca-, ci pensò sapendo che se non gli avesse risposto veramente non l’avrebbe più mollato e poi rispose:
- Arjen, direi… -
- Robben? - Chiese Kevin facendosi attento e serio e non semplicemente impiccione.
- Sì… abbiamo giocato insieme al Bayern e siamo anche compagni di nazionale, credo che al momento sia la persona a cui sono più legato. Anche se ti dirò… sto riscoprendo Wesley… sai, partire da Milano insieme per i vari ritiri della Nazionale non è una cosa da poco. Ti fai un viaggio in più insieme e ti dà la possibilità di conoscersi meglio. Anche poi tornare insieme. Però Arjen è… il mio punto di riferimento. In realtà ora che sono qua il rapporto si è un po’ allentato e naturalmente ne ho sofferto, però rimane. Quando ci vediamo è come se continuassimo a stare a Monaco! -
Kevin rimase colpito dal suo parlarne così tanto. Provò fastidio anche per Wesley che era più un fattore presente rispetto ad Arjen che era più passato, ma vedergli quella nostalgia e quella mancanza chiara nello sguardo era forse peggio.
E si dava dello stupido per provare tanto fastidio nello scavare nelle sue amicizie, ma non riusciva nemmeno a farne a meno. Era cosciente fosse un’arma a doppio taglio, ma non poteva proprio fermarsi. Era come se non avesse scelta.
- Ti manca tanto? -
Mark notò il suo cambio repentino, come se si fosse ammosciato, capì che forse era di nuovo geloso ma che si sentiva idiota ad esserlo, di conseguenza cercò di cambiare argomento. Peccato che nel provare a chiudere e liquidare il discorso in fretta, gli occhi gli divennero lucidi ed il magone crebbe inaspettatamente.
- Più di quanto pensassi. - Era da un anno che si erano separati, sostanzialmente, ma sembrava ancora ieri. Doveva essere una conclusione, doveva tirare fuori qualcos’altro e cambiare argomento, doveva fare sicuramente qualcosa che poi non fece e lasciò che il silenzio appesantisse un momento che improvvisamente era insostenibile.
Sospirò e si perse a fissare la birra ormai quasi finita, stringeva il boccale lungo e giocava con le dita sul vetro bagnato, totalmente assente, tornato di nuovo a Monaco e a quegli anni splendidi passati con lui.
- E’ stato il periodo più felice della tua vita? - Chiese di nuovo a bruciapelo. Non voleva parlarne, non voleva affrontare certi argomenti perché non pensava potessero fargli tanto male ma poi era così.
- Meraviglioso. Sono stato lì cinque anni e ogni tanto mi dico… se avessi tenuto duro… avrei finito lì la mia carriera e avrei ancora tutto quello… - Non era per niente previsto quella confessione, quell’apertura, quel parlare di sé e ammettere certe cose. Non era per niente previsto che poi fosse lui a confidarsi ma così fu e non poté dire di sentirsi meglio. Kevin lo vide teso e triste, sull’orlo del pianto e capendo che in realtà doveva essere più emotivo di quel che normalmente non desse a vedere, non riuscì proprio a risollevarlo cambiando argomento. Era infastidito che si sentisse così ma soprattutto che gli mancasse tanto Monaco.
- Io invece ho cambiato troppo per essere affezionato ad una città, Londra forse… ma non saprei dire… insomma, ho anche legato con un mucchio di persone ma non sono veramente addolorato all’idea di chi mi sono lasciato indietro. Certo, ero amico di tutti ma… insomma, non ai tuoi livelli. Perché te ne sei andato? - Voleva cambiare discorso ma al tempo stesso non voleva perché sapere tutto di lui era più importante. Si rendeva conto di stare ficcandosi in una marea di guai e che probabilmente stava prendendo Mark per il suo salvagente o per il suo chiodo scaccia chiodo. O per lo meno si auto convinceva che fosse solo così perché in questo modo non sarebbe stato nulla di grave. Se fosse stato altro… se fosse stato altro sarebbe stato davvero tragico, per lui. Specie perché si era giurato di non innamorarsi più.
Però non poteva fare a meno di continuare a correre per quella strada, stupidamente.
Del resto non si era mai reputato uno troppo intelligente.
- Problemi con l’allenatore. Per far spazio alle nuove leve mi metteva da parte. Giusto, per carità… ma io non sono un Pippo Inzaghi che sopporta in disparte e tiene testardamente duro perché non sa mollare un club ed una città di cui è innamorato. Io… io forse sono troppo presuntuoso, ma ho sempre voluto finire la mia carriera di giocatore sul campo facendo quante più partite possibili e lasciando un segno fino al mio ultimo giorno di carriera. Per questo me ne sono andato. Col cuore in mano, ti giuro, perché quello che ho trovato là a Monaco dove andavo d’accordo con tutti, come ti ho detto, non penso che comunque potrò mai più trovarlo, in futuro. Ho pianto tantissimo quando me ne sono andato, quando ho deciso di andare via, ma non ne potevo più. Non sono uno che subisce e si lascia mettere da parte calpestando i propri sogni di sempre…-
- Sei un lottatore… - Suggerì Kevin con un sorriso comprensivo e delicato. Lo capiva e lo condivideva ed era soprattutto ammirato per quella sua enorme forza di carattere.
Sarebbe stato ore ad ascoltarlo parlare di sé ed era sconvolgente di suo perché solitamente preferiva essere lui a parlare.
Mark alzò allora lo sguardo dal bicchiere e incontrò il suo, era lì con lui e assorbiva ogni sua parola volendone anzi sapere di più. Pensava si sarebbe annoiato.
Sospirò, una volta aperto il coperchio come si faceva a chiuderlo?
Non avrebbe nemmeno mai immaginato di pensare tutte quelle cose, di averle dentro, di sentirsi così… era andato via dopo molta sofferenza ma l’aveva fatto e basta. Poi aveva saputo voltare pagina, a Milano aveva trovato tanti altri nuovi compagni con cui si era trovato bene e… che poteva aggiungere? Era andata bene, aveva saputo legarsi anche ad altri compagni, al mister…
- Strano comunque che non ti sei più trovato col mister… - Rifletté Kevin.
Mark si strinse nelle spalle. Parlare di sé in un periodo dove avevano praticamente sempre e solo parlato di Kevin era strano ma doveva dire bello, nella sua dolorosità. Del resto doveva essere in grado di affrontare tutto, se c’erano argomenti tabù significava che era un debole o che qualcosa non andava e non doveva essere così.
- Già… specie dopo tanto che invece andava bene. Non so, le cose cambiano nel modo più imprevedibile… e non so se sono cambiato io, lui o cosa… io sono sempre quello che per dimostrare che meritavo la mano della figlia del CT della Nazionale Olandese, mi allenavo il doppio degli altri. Che non si dicesse che non meritavo qualcosa. Nessuno ha mai osato dirlo. Sono diventato il capitano e non ci sono mai state voci ma perché io non ho permesso nascessero. Ho sempre fatto tutto così… senza spezzarmi. Non potevo farlo ora. Ma mi è costato rimanere intero… e qualche notte mi sono chiesto se invece non mi fossi spezzato lo stesso… - Gli occhi tornarono a minacciare un nodo che ormai non sapeva se sarebbe riuscito a tenere ancora dentro, quindi bevve l’ultimo sorso e abbassando ancora lo sguardo per evadere il più possibile, commentò sperando di essere abbastanza sarcastico e di asciugarsela:
- Com’è che stasera ho fatto io il lamentoso? Di solito reggo molto meglio l’alcool! -
Kevin capì subito cosa cercava di fare ma non l’assecondò e non ebbe pietà, non per cattiveria, perché pensava non gli facesse bene e voleva cercare di fare qualcosa per lui. Gli prese infatti il boccale vuoto ma non glielo tolse di mano, in questo modo non si toccarono le mani ma fu quasi come se se le stringessero lo stesso.
Poi si sporse in modo da arrivargli più vicino col volto e sempre serio ed intenso, disse:
- Va bene anche se frigni, non lo dirò a nessuno! -
Sentendosi dire di proposito la stessa cosa che gli aveva detto lui quella famosa sera tragica, Mark per poco non vacillò e stringendo convulsamente il manico del boccale che teneva ancora Kevin, alzò lo sguardo e ne rimase incatenato. Più serio di così non sarebbe potuto essere ed era lì per lui, veramente interessato a quel che stava dicendo, a lui e a quello che aveva passato. Molte di quelle cose non le sapeva ma per Kevin venirne a conoscenza fu un cogliere delle sfumature di Mark preziose. Lo vide in modo più completo e non poté che ammirare quel carattere d’acciaio che aveva. Un carattere sensazionale che giurava di non aver mai visto in nessuno perché comunque si manteneva allegro, sorridente e disponibile a tutto e tutti. Poteva sembrare non si legasse seriamente a niente, ma poi era sposato da anni ed aveva tre figli ed era anche molto fedele. Era uno che si legava, invece, e che si impegnava oltre il dovuto in tutto quello che faceva e che ci credeva. Credeva in ogni cosa che esisteva nella propria vita. Non voleva compromessi, voleva solo meritare le cose.
Non poteva che ammirarlo ma sapeva bene che non era solo quello. Non era solo una questione d’ammirazione. Oh, per nulla.
Avrebbe voluto stringergliela davvero, quella maledetta mano, ma dovette accontentarsi di un boccale e del suo sguardo che non riusciva a staccare. Non poteva andare oltre, se lo impose da solo.
- Grazie. - Disse solo con un filo di voce. Consapevole che se gli avesse chiesto quando fosse stata l’ultima volta che aveva pianto per la sua decisione di lasciare Monaco, probabilmente avrebbe detto ‘pochi giorni fa’ e poi avrebbe mostrato come faceva a piangere ancora, di tanto in tanto, al solo pensiero. Non farlo ora fu davvero un’impresa ma con forza riuscì a trattenersi. La cosa più complicata mai fatta, ma ci riuscì.
Kevin sorrise incoraggiante e fu davvero confortevole perché riprendendo a respirare prese il suo boccale e finì la sua birra per bagnare la propria gola secca e sciogliere quel dannato nodo. Kevin lo lasciò e sospirando finalmente si decise a cambiare argomento tornando alle buone vecchie e facili cavolate fra amici che a lui, a loro insieme, venivano tanto bene, lisce come l’olio.
E allo stesso modo le loro risate, le nubi si rischiararono dal volto di Mark che riuscì a non piangere. Per Kevin vederlo così dopo tanta cupezza fu un sollievo che avrebbe giurato non poter provare, ma fu e si rese conto che avrebbe potuto stare di nuovo tutta la notte ad ascoltare cose che lo riguardavano, come avesse sete di lui e non di altro. Stringendo un legame già paurosamente stretto.
Inteso. Pauroso per Kevin.